martedì 1 ottobre 2013

Le bufale sono tutte sorelle



Paolo Attivissimo ritorna ad occuparsi dell'auto ad aria compressa. E' un argomento dove mi sono esercitato forse per la prima volta a smontare una bufala con un articoletto che risale al 2005! Mi ricordo che arrivai alla conclusione che, per bene che andasse, la macchina ad aria compressa avrebbe potuto portare un paio di passeggeri piuttosto magri per qualche chilometro in pianura. Non esattamente il top per una rivoluzione nei trasporti.

Sono passati otto anni da quel primo articolo, che peraltro era a proposito di un annuncio che risaliva al 2001 - quindi la storia dell'aria compressa ha ben 12 anni - è impressionante notare come se ne continua a parlare come se fosse qualcosa di imminente!

Questo del continuo rimandare l'ingresso sul mercato è una delle tante caratteristiche ricorrenti delle varie storie di tecnologie miracolose. Ci sono altri esempi eclatanti e avete certamente capito a chi e a che cosa mi riferisco; ma scusate se non lo menziono esplicitamente (c'è gente in giro, là fuori,  più rognosa di un gatto abbandonato da 10 anni in una discarica).

Notate altri dettagli ricorrenti: queste proposte non si limitano al congegno miracoloso da solo; no, ti raccontano di rivoluzioni altrettanto miracolose nella produzione (anche qui, avrete capito a chi mi riferisco). Per l'auto ad aria compressa, si parla di "nanofabbriche" - costruiranno nano-automobili? Magari per formiche?

Ma il dettaglio che si ripete tipicamente in queste storie è il franchising. Chi ha un congegno che funziona, di solito trova la migliore strategia nel vendere il brevetto. Chi invece cerca di vendere un congegno che NON funziona non lo può brevettare e allora si deve ingegnare con il franchising. Vende licenze; intanto incassa l'anticipo. (anche qui, avete capito........)

In ogni caso, questa faccenda dimostra l'incredibile persistenza di certe cose. 12 anni dal primo annuncio; non si è visto niente e se ne parla ancora sui giornali. Insomma, dategli ancora qualche decennio e poi vedremo l'annuncio di una fabbrica che produce dischi volanti ad aria compressa.


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Ricordate Eolo/AirPod, l'auto ad aria? Se ne parla sempre come se fosse imminente. Dal 2001. La storia di questo veicolo è costellata di promesse e di fallimenti, non solo tecnici ma anche economici. Nel 2002 doveva essere costruita a Rieti: non è successo. Nel 2008 l'indiana Tata ha annunciato un accordo per la ricerca e la produzione, con vendite previste entro un anno: non s'è visto nulla. Nel 2009 Guy Negre, il progettista dell'auto, ha annunciato che il veicolo sarebbe stato in vendita nel Regno Unito entro tre anni: il 2012 è arrivato ed è passato senza che la promessa venisse mantenuta.

Adesso si parla dell'apertura imminente, entro la prossima estate, di uno stabilimento in Sardegn, nell’area industriale tra Ottana e Bolotana. La Nuova Sardegna ne parla in questo articolo, citando Pier Paolo Pisano, “responsabile della comunicazione di AirMobility, la società cagliaritana che da circa due anni ha contatti con Nègre per produrre la vettura”.

Pisano promette entro “dicembre, massimo gennaio 2014” la prima distribuzione dell'auto, costruita nello stabilimento francese della Mdi a Carros e annuncia che “a dicembre uscirà per il solo mercato indiano con un modello ad aria compressa, modificando un'auto che ha già in catalogo ma è a benzina”. Poi offre una descrizione dettagliata del “modello seriale” di fabbrica che “costituirà la base di future nano-fabbriche ‘clonate’ in tutto il mondo, secondo un modello economico simile al franchising”. Ma forse, prima di parlare di modelli economici e di clonazioni di nano-fabbriche, bisognerebbe avere un prodotto da fabbricare. Ed è qui il problema.

La Nuova Sardegna raccoglie le mie perplessità, basate su quelle dei tecnici, che sono le solite: la fisica indica che l'efficienza promessa avrebbe del prodigioso. Ma senza entrare in disquisizioni di fisica, c'è un fatto imbarazzante di fondo: a quanto mi risulta nessuno ha mai portato in giro una vettura ad aria compressa realizzata da Guy Negre per una prova estesa e indipendente, in condizioni realistiche, ed è riuscito a confermare l'autonomia e le prestazioni promesse. L'auto ad aria, per ora, è priva di qualunque riscontro.

Non è questione di malafede o di scetticismo ad oltranza. Si tratta semplicemente di chiedere quel che si chiede sempre di fronte a chi fa affermazioni straordinarie: dimostrate quello che dite, e ne saremo contenti insieme a voi. Fatecela provare. Ma fino a quel momento, visti i precedenti ampiamente documentati e visto che ci sono di mezzo soldi pubblici e privati e posti di lavoro, il dubbio è decisamente sensato. Tutto il resto è cortina fumogena. O forse, visto l'argomento, è aria fresca.
Scritto da Paolo Attivissimo per il blog Il Disinformatico. Ripubblicabile liberamente se viene inclusa questa dicitura (dettagli). Sono ben accette le donazioni Paypal.

Ultima opportunità

Da “The Oil Crash”. Traduzione di MR

Salvador Ferreiro, che cura il blog molto valido e coraggioso “Renovables sin límites” mi ha fatto arrivare questo post semplice e necessario. Lascio a lui la parola.

Saluti. AMT



QUESTA E' L'ULTIMA OPPORTUNITA' 

Non vi farò perder tempo.

E' tutto molto semplice da capire: 

Il NOSTRO conto in banca riflette senza menzogne il NOSTRO consumo.

1kg di prodotto fabbricato = una tonnellata di materie prime.

Più soldi = più consumo. Più prodotti a buon prezzo = più consumo.

LA TERRA sopporterà gli esseri umani-termiti per altri 25 anni?

LA GENTE è davvero consapevole?

ESISTE un modo per spiegarlo, a QUALSIASI TIPO di personalità, e fare in modo che questa lo ACCETTI veramente?

E' sempre necessario un MINIMO, ma siamo molto al di sopra di questo MINIMO.

Ti chiedo solo di ascoltare senza pregiudizi.

E' fatto col meglio del meglio ed è per te e i tuoi.

E' la nostra ultima opportunità.

(Purtroppo è sottotitolato solo in spagnolo, ndt.)

http://vimeo.com/72537831

http://vimeo.com/72092268

http://vimeo.com/72056098

Non sono io che posso dare l'esempio. Guardo me stesso e anch'io ho la TV, il portatile, il telefono e i DVD. Ma per favore non dimenticare questi video la settimana che viene.

Ti chiedo solo che consideri ogni nuovo acquisto futuro che farai. La sua frequenza. Il suo impatto. La sua durata. Fra 25 anni avremo poco da considerare. Poco come poche saranno le materie prime disponibili. Di ecosistema meglio non parlare.

E ti chiedo un ultimo favore. Se veramente ti è piaciuto, diffondi questo post, o postalo nei social network come Twitter o Facebook, basta solo il link al primo video di 9 minuti. Se alla gente piacerà, continuerà da sola. Altrimenti vuol dire che ha già deciso.

https://vimeo.com/72537831

Grazie

PROBLEMA:

Chi pensa che la crescita esponenziale possa continuare all'infinito in un pianeta finito, dev'essere un pazzo, o un economista.

Kenneth Boulding

SOLUZIONE:

La guerra del Vietnam non è finita perché Richard Nixon era pacifsta. Ha ritirato le nostre truppe solo dopo che i cittadini di tutto il paese esigerono la fine di un conflitto che sembrava del tutto inutile.

Il cambiamento è sempre partito da noi.

John Perkins





lunedì 30 settembre 2013

Il futuro dell'OPEC

Da “The Oil Crash”. Traduzione di MR


di Antonio Turiel

Cari lettori,

come forse saprete, l'OPEC (Organization of the Petroleum Exporting Countries) è un cartello di paesi esportatori di petrolio la cui funzione è quella di stabilire quoto di produzione di modo che il prezzo del petrolio si mantenga entro valori adeguati: né troppo ridotti da far sì che i proventi dei suoi membri siano troppo bassi, né troppo alti da far sì che crolli la domanda (o si diano incentivi per cercare alternative; anche se sembra ingenuo per il lettore assiduo di questo blog, a un certo punto si pensava che le energie alternative avrebbero potuto finire per rimpiazzare il petrolio).

Durante la mia infanzia si  parlava sempre dell'OPEC, sempre come i “cattivi del film”, come il negoziante disprezzabile che praticava l'usura sul pane che gli dovevamo comprare per forza, essendo lui l'unico negoziante del quartiere. L'arrivo del petrolio Brent estratto nel Mere del Nord e il fiorire di altri paesi esportatori al di fuori dell'infame cartello chiarì, nella percezione popolare, l'orizzonte del petrolio, dopo i turbolenti anni 70 durante i quali l'embargo arabo del 1973 e la guerra Iran-Iraq del 1979 fece sì che il prezzo del petrolio giungesse a livelli stratosferici. E, come si vede nel grafico seguente, effettivamente il 1973 e il 1979 hanno marcato due punti di flessione dopo dei quali sono venuti decenni di prezzi molto bassi (notate che i prezzi sono espressi in dollari costanti del 2011 – pertanto al netto dell'inflazione – e che la scala verticale è logaritmica):


Anche se nell'immaginario popolare è rimasta questa idea per cui l'OPEC sia composta da sanguisughe che manipolano il prezzo del petrolio per danneggiarci, in realtà nei decenni che sono seguiti al 1979, ciò che l'OPEC ha fatto è esattamente l'opposto: stabilizzare i prezzi entro una fascia di valori molto bassi, dai 20-30 dollari al barile del 2001 fino a che, a partire dal 2008, siamo entrati in una dinamica molto diversa e che commenteremo fra poco. Notate anche il picco dei prezzi del 1991 che poi commenteremo. Ma prima spieghiamo per quale motivo l'OPEC ha agito da meccanismo di contenimento del prezzo del petrolio e non il contrario, come pensa molta gente.

Gli Stati Uniti hanno una storia di decenni di collaborazione con l'Arabia Saudita, anche se punteggiata da gravi scontri. Un momento che risalta in questa storia è stata la fondazione della Dottrina Carter, secondo la quale gli Stati Uniti avrebbero attribuito a loro stessi il diritto di intervenire nella regione se ci fosse una minaccia importante lo giustificasse. Nella pratica, questo è servito a trasformare gli Stati Uniti nei garanti della continuità delle monarchie del Golfo e in particolare della più grande di esse, l'Arabia Saudita (importante non solo per il fatto di essere la prima esportatrice del mondo di petrolio, ma anche per essere la nazione che custodisce i luoghi più sacri dell'Islam).

Un dettaglio che molta gente di solito ignora è che nel 1985 il Kuwait ha scatenato una guerra sotterranea interna all'OPEC: i paesi dichiaravano di avere riserve di petrolio superiori a quelle reali perché allora la quota di produzione che veniva loro assegnata era proporzionale alle loro riserve. La tentazione di falsificare le riserve nazionali per poter vendere così più petrolio era molto grande e il Kuwait ha ceduto a questa tentazione nel 1985, trascinando nello stesso gioco molti altri paesi. Di conseguenza, i paesi aumentavano nottetempo le riserve dichiarate senza che ci fossero grandi scoperte di giacimenti che lo giustificassero. Ad aggravare la situazione, in seguito queste riserve non sarebbero diminuite col tempo, nonostante non si fosse nemmeno a conoscenza di scoperte che giustificassero questa stabilità. Guardate questa tabella con le riserve di petrolio dichiarate dai paesi dell'OPEC che esemplifica questa “guerra delle quote” dal 1985 al 1995:

Tabella estratta dal post
di The Oil Drum

Insomma, non ci sono cifre pubbliche affidabili sulla quantità di petrolio nelle riserve dell'OPEC, anche se sappiamo che sono inflazionatissime: David King le ha ridimensionate da 1,3 miliardi di barili a 0,9 miliardi nel 2010. Di conseguenza, il dirigente americano, nel momento in cui imposta la propria politica nella regione, brancola nel buio, perché crede, sbagliando, che la capacità dei paesi dell'OPEC di regolare la produzione e il prezzo del petrolio nei prossimi decenni sia maggiore di quella reale. Dall'altro lato, i paesi dell'OPEC ora non possono contraddirsi, ma corrono il rischio di contrariare i propri alleati se non fanno la loro nel patto.  

In risposta alla minaccia commerciale costituita dai nuovi giacimenti di petrolio del Mare del Nord e animata anche dagli Stati Uniti – che volevano petrolio a buon mercato – l'Arabia Saudita, col suo ruolo preponderante nella produzione dell'OPEC , ha contribuito a mantenere il prezzo del petrolio basso durante gli anni 80 del ventesimo secolo. In maniera voluta o accidentale, i prezzi bassi hanno contribuito alla caduta dell'Unione Sovietica, la cui produzione è crollata col suo collasso in quanto stato e non sarebbe mai tornata a recuperare fino ai livelli di allora. Effettivamente, nel 1991 c'è stato un periodo di crisi economica propiziata dagli alti prezzi del petrolio, spinti dalla scarsità di greggio, essendo praticamente scomparsa l'esportazione di greggio russa a causa del collasso dell'Unione Sovietica. Non appena si sono messi in moto nuovi giacimenti ed è stata recuperata lentamente la produzione russa si è potuta superare la crisi di quegli anni. In seguito, la Russia è diventata un paese capitalista e poco a poco è tornata la normalità nel mondo del petrolio. 

E cosa sta succedendo adesso? E' interessante studiare l'evoluzione della capacità inutilizzata dell'OPEC. La capacità inutilizzata è la produzione di petrolio che i paesi dell'OPEC potrebbero mettere in moto in tempi ragionevolmente brevi e in un periodo ragionevolmente lungo da avere un impatto sul mercato; fondamentalmente si tratta del materasso produttivo che l'OPEC ha per controllare i prezzi all'interno di una forbice desiderata. Come si può vedere nel seguente grafico, la capacità inutilizzata dell'OPEC, che con quasi 9 milioni di barili al giorno era giunta a rappresentare il 25% della produzione dell'OPEC del 2002, è crollata verso il 2003 e si è mantenuta abbastanza bassa fino all'inizio della fase acuta della crisi, alla fine del 2008, mostrando che l'OPEC non aveva la capacità di mettere in linea della nuova produzione per garantire che questo materasso fosse sufficientemente importante. 

Come è anche possibile vedere, fino al 2011 questo “materasso di produzione” si è mantenuto intorno ai 6 milioni di barili al giorno grazie al crollo della domanda a causa della crisi, ma la nuova ascesa dei prezzi ha forzato, più  che a mettere in linea della nuova produzione, a andare di nuovo a ridurre questa capacità inutilizzata. Pensate che la capacità inutilizzata reale è, secondo alcuni autori, gonfiata da 1 a 2 milioni di barili al giorno, per cui si potrebbe dire che l'OPEC sta grattando il fondo del barile. 

Ulteriori indizi del fatto che l'OPEC sta perdendo la capacità di controllare i prezzi si può vedere nell'analisi fatta da Peak Oil Barrel sull'ultimo rapporto dell'OPEC sulla propria attività e da dove ho preso i seguenti grafici, che sono abbastanza chiari. Da un lato vediamo che l'insieme dell'OPEC ha difficoltà ad aumentare la produzione di petrolio nonostante i prezzi alti (e questo problema comincia piuttosto prima dell'esplosione dell'attuale situazione in Egitto, che adesso si usa come scusa per spiegare l'impennata dei prezzi). 

Dall'altro lato, se si scorpora la produzione congiunta di Arabia Saudita, Emirati Arabi e Kuwait (i tre paesi che ancora sembrano avere un certo potenziale per far crescere la propria produzione) dal resto dei paesi dell'OPEC, si vede chiaramente che il resto dei paesi si trova in pieno declino produttivo, mentre il congiunto di Arabia Saudita, EAU e Kuwait stanno giungendo al proprio tetto produttivo. 

In realtà, nonostante tutta la retorica vuota che si vede sulla stampa specializzata e sui supplementi economici, ciò che si vede è che l'OPEC sta cominciando a perdere la sua capacità di controllo sui prezzi. Anche la IEA riconosce che l'Arabia Saudita sta già arrivando alla sua produzione massima di petrolio, ipotizzando che gli Stati Uniti potranno essere, nei prossimi anni, i primi produttori di petrolio al mondo (contando tutti i liquidi del petrolio) con una produzione molto simile a quella attuale dell'Arabia Saudita, che equivale a riconoscere che l'Arabia Saudita non potrà più aumentarla (abbiamo già commentato tutto questo per esteso). 

La cosa certa è che oggigiorno quasi nessuno commenta il ruolo dell'OPEC nel regolare i prezzi (e ciò che è stato il tema ricorrente per 40 anni). E' successa la stessa cosa al Texas nel 1972: per molti decenni, questo stato degli Stati Uniti ha controllato il prezzo del petrolio negli Stati Uniti, e nel mondo, ma giungendo al picco produttivo, che è stato anche quello degli Stati Uniti, ha perso la sua capacità di influenza. In questo momento l'OPEC non è già semplicemente in grado di regolare i prezzi. Questa situazione è del tutto nuova e terribilmente pericolosa. Da una parte, perché in realtà nessuno regola più i prezzi: nel 1972, l'influenza del Texas è stata sostituita da quella dell'OPEC, ma adesso nessuno raccoglierà il testimone, perché adesso si produce tutto ciò che si può produrre e punto. Dall'altra parte, perché in mezzo alle crescenti difficoltà potrebbe esplodere l'ira dei paesi occidentali contro i paesi dell'OPEC, con la percezione che per decenni è stata alimentata, cioè che essa controlli i prezzi a proprio beneficio e a nostro svantaggio. Adesso che non potranno evitare di restringere l'accesso al nostro petrolio, perché non potranno produrlo, è possibile che cresca il malcontento popolare contro quei paesi e anche che si prendano delle misure assurde (la situazione ricorda vagamente quella del rapporto di dipendenza dell'Italia pre-bellica dal carbone inglese, ndt.). Da ultimo, molti dei paesi chiave dell'OPEC sono essenzialmente instabili a causa di molti squilibri interni, fra i quali la possibilità che si scatenino Rivolte della Fame (come in Egitto) o Guerre della Fame (che forse sono più vicine di quanto sembri). 

Non è una situazione irrecuperabile; bisogna solo capire che il futuro post-OPEC non è un futuro di mercati regolati e riforniti, ma un futuro di limitazioni e necessità di adattamento. Si può fare, insistiamo: si può passare dall'idea all'azione. Ma la prima cosa è comprendere una realtà più complessa e caleidoscopica di quella che mostrano i mezzi di comunicazione di massa. 

Saluti.
AMT

domenica 29 settembre 2013

Viaggiare col Sole




La Gazzetta del Mezzogiorno, martedì 13 agosto 2013

di Giorgio Nebbia nebbia@quipo.it 

Su strada, nel mare, in cielo: è in corso una sfida internazionale per la costruzione di mezzi di trasporto alimentati soltanto con l'energia solare, dotati di motori elettrici funzionanti con pannelli fotovoltaici. I pannelli che si stanno diffondendo sui tetti delle case e nei campi, sotto la spinta di incentivi statali, e che producono elettricità alternativa a quella delle centrali termoelettriche, possono muovere autoveicoli, battelli e aerei con tecnologie in continuo perfezionamento, destinate ad avere ricadute di pace e di miglioramento dell'ambiente.

Alla fine degli anni cinquanta del Novecento, sono diventati disponibili in commercio i pannelli fotovoltaici studiati e sviluppati originariamente per fornire energia ai veicoli spaziali. In quegli anni la tecnologia delle auto elettriche era già matura e sembrava che ci volesse poco per sostituire le pesanti e ingombranti batterie di accumulatori con i leggeri pannelli fotovoltaici, rendendo così le automobili del tutto indipendenti dalla ricarica delle batterie. Ricordo di avere visto, esposta ad una mostra del 1960, una automobile americana azionata con un pannello solare.

 Col passare degli anni la tecnologia dei pannelli a silicio e a sali di cadmio ha fatto grandi progressi e oggi sono disponibili su scala industriale, a prezzi abbastanza bassi, pannelli fotovoltaici capaci di produrre in media, per ogni metro quadrato di superficie, nel corso di un anno, 100 chilowattore di elettricità; 0,1 chilowattore di elettricità in ogni giorno di elevata insolazione, dal sorgere al tramonto del Sole. Se collegata con un motore elettrico, una adeguata superficie di pannelli solari è in grado di far girare le ruote di un veicolo.

Nell'ultimo mezzo secolo diecine di inventori, laboratori universitari, industrie, hanno prodotto degli autoveicoli alimentati con pannelli solari, spesso con notevole successo: nel 2004 l'inventore svizzero di origine ungherese Louis Palmer costruì una automobile solare, chiamata "Solartaxi", con la quale è riuscito a fare il giro del mondo, 54.000 chilometri, usando soltanto l'energia solare, mostrando in 40 paesi i vantaggi di questa fonte energetica rinnovabile e non inquinante. Da molti anni in Australia si corre, ogni due anni (la prossima gara nell'ottobre 2013), una "millemiglia" per automobili lungo 3000 chilometri in Australia, fra Canberra, nel nord dell'isola, e Darwin nel sud. A tale gara partecipano diecine di concorrenti di tutti i paesi (da qualche anno fortunatamente è presente anche un veicolo italiano, "Onda solare", costruito nell'Università di Bologna); altre simili corse si svolgono in America.

Queste gare permettono di verificare i continui progressi tecnici sia nel rendimento dei pannelli, sia nell'efficienza dei motori elettrici, sia nell'aerodinamica dei veicoli e nei materiali da costruzione delle carrozzerie. Sono ormai in funzione nel mondo vari battelli azionati con l'energia solare che aziona i motori collegati con le eliche. I battelli solari stanno trovando diffusione nei laghi e nei corsi di acqua in cui finora i motori tradizionali a combustibili fossili, sono stati fonti di inquinamento dell'aria e delle acque. Vari modelli di battelli solari, un perfezionamento rispetto ai battelli elettrici esistenti. sono stati costruiti e utilizzati anche in Italia.

La sfida più grande e affascinante riguarda però la possibilità di costruire aerei solari; a "volare col Sole" hanno pensato già molti anni fa, inventori e costruttori. Le ali offrono una vasta superficie su cui stendere i pannelli fotovoltaici che fanno ruotare le eliche; anche qui si tratta di impiegare materiali molto leggeri e di perfezionare la tecnologie delle eliche. I primi tentativi di successo sono stati fatti con aerei solari senza pilota. Il passo successivo è rappresentato dagli aerei solari con pilota, capaci di volare anche di notte, quando il Sole non è più in grado di fornire energia ed occorre utilizzare l'elettricità accumulata di giorno in speciali batterie.

 Il principale protagonista di questa sfida è lo svizzero Bertrand Piccard, figlio di Jacques (1922-2008), che era riuscito a scendere con il batiscafo "Trieste" nel punto più profondo degli oceani, a 11.000 metri nella fossa delle Marianne, e nipote di August Piccard (1884-1962), l'uomo che aveva stabilito il primato di altezza (17.000 metri) con un pallone aerostatico. Da alcuni anni Bertrand Piccard, discendente da questi primatisti, sta perfezionando l'aereo solare "Solar Impulse" con il quale sono già stati effettuati voli con pilota all'interno dell'Europa, fra l'Africa e l'Europa e, di recente, dalla costa del Pacifico a quella dell'Atlantico degli Stati Uniti.

Questi successi sono stati possibili grazie a radicali perfezionamenti nei materiali da costruzione, ma soprattutto nelle batterie di accumulazione dell'elettricità; le nuove batterie a base di litio hanno consentito un volo continuo di oltre 24 ore usando soltanto l'energia solare. I casi citati non rappresentino futili esercizi di bravura, ma sono i primi passi verso progressi tecnologici che hanno ricadute immediate in tutti i settori dell'uso dell'energia solare.

Ho un sogno: mi piacerebbe che l'Italia, magari con Università pugliese, fosse maggiormente attiva nel campo delle ricerche sui veicoli solari, i cui successi, con relativamente poca spesa, consentirebbero al nostro paese una presenza in una gara internazionale per un mondo meno inquinato.


sabato 28 settembre 2013

Charles Tellier, pioniere dell'energia solare



La Gazzetta del Mezzogiorno, giovedì 22 agosto 2013

di Giorgio Nebbia nebbia@quipo.it 
 
 
 

C'è una grande tristezza nello sguardo di Charles Tellier come appare nella fotografia riprodotta nel francobollo da 15 franchi emesso delle Poste francesi nell'aprile 1956 per ricordare il grande ingegnere e inventore. Tellier era nato ad Amiens nel 1828 da una famiglia benestante di industriali tessili, che era andata in rovina con la rivoluzione del 1848, quella che, dopo una lunga serie di scandali politico-finanziari, aveva fatto finire il regno di Luigi Filippo e instaurato la Repubblica. Dopo una breve esperienza di rappresentante di commercio, Charles si dedicò con passione per tutta la vita a inventare delle cose che fossero utili al prossimo, che aiutassero lo sviluppo: la crescente popolazione mondiale aveva bisogno di più alimenti: Tellier pensò di conservare e trasportare a distanza la carne col freddo; nei sottosuoli africani c'erano immense riserve di acqua; Tellier pensò di sollevare tale acqua mediante macchine azionate dall'energia solare, per rendere fertili i deserti.

Attento alle nuove scoperte scientifiche le applicò a macchine utili, promosse imprese commerciali per sfruttare le sue invenzioni, incontrò gelosie, collaboratori infedeli, concorrenti che copiavano le sue invenzioni, scontò otto mesi di prigione per debiti, si riprese, crollò ancora. Riconosciuto come "padre del frigorifero", fu insignito della Legion d'onore e gli fu assegnato un premio in denaro che non fece in tempo a ricevere e morì a 85 anni in due povere stanzette a Parigi, alla fame. 

"Troppo tardi":è il titolo con cui il quotidiano americano New York Times il 19 ottobre 1913, cento anni fa, annunciò la morte in miseria di Charles Tellier in una casa di Via d'Auteuil 75 a Parigi; le sue ultime parole furono: "Mi aspetta il carro funebre dei poveri, ma non me ne lamento". Troppo tardi era arrivato l'aiuto di 200 franchi messi insieme da alcuni amici per soccorrere l'inventore del processo per la conservazione col freddo della carne e delle derrate alimentari, che avrebbe sfamato milioni di persone e avrebbe arricchito tanti, l'inventore di un nuovo processo per l'utilizzazione dell'energia solare.

Appassionato di chimica e sperimentatore instancabile, nel 1857 Tellier aveva fabbricato il primo frigorifero con circolazione di ammoniaca. L'ammoniaca è un gas che, per compressione, può essere portato allo stato liquido a circa trenta gradi sotto zero; se si lascia evaporare, l'ammoniaca raffredda lo spazio circostante e può poi essere riportata allo stato liquido di nuovo per compressione e raffreddamento. Queste proprietà Tellier descrisse in un libro, "L'ammoniaca nell'industria", pubblicato nel 1867; nel frattempo Tellier aveva sperimentato altri fluidi come l'etere metilico e l'anidride solforosa che avevano un comportamento simile a quello dell'ammoniaca, gettando le basi del funzionamento dei frigoriferi.

Tellier installò il suo primo frigorifero nel 1865 nella fabbrica di cioccolata Menier ma il suo obiettivo era più ambizioso: tutti gli alimenti avrebbero potuto essere conservati con i frigoriferi e sarebbe così stato possibile evitare le perdite per putrefazione e anzi trasportare a distanza le derrate alimentari deperibili come la carne, come descrisse in una conferenza all'Accademia delle Scienze di Parigi nel 1870. La carne era disponibile nei grandi allevamenti di bovini nell'America meridionale e si deteriorava nel lungo viaggio per mare dall'America all'Europa. Tellier cercò allora dei finanziamenti per la costruzione di un frigorifero su una nave.

La guerra franco-prussiana e i moti di Parigi del 1870 fecero rimandare la realizzazione del progetto. Finalmente nel 1876 una nave oceanica a vela e a vapore fu dotata di un frigorifero e, ribattezzata "Le Frigorifique", portò in Europa dall'Argentina una partita di carne in perfetto stato di conservazione. L'evento ebbe una enorme risonanza internazionale; davvero col freddo si poteva vincere la guerra contro la fame nel mondo. Il successo di Tellier destò invidie e gelosie: gli allevatori francesi protestarono perché l'importazione di carne dall'America avrebbe danneggiato i loro affari; un inventore francese, Ferdinand Carrè (1824-1894), rivendicò la priorità dell'invenzione del frigorifero e perseguitò con infiniti processi Tellier che ne fu amareggiato per tutta la vita.

In compenso il grande Georges Haussmann (1809-1891), l'urbanista della nuova Parigi, suggerì a Tellier di costruire dei frigoriferi per la produzione di ghiaccio da distribuite a livello domestico. Il biologo francese Louis Pasteur (1822-1895) suggerì a Tellier di costruire dei frigoriferi per le camere mortuarie. Tellier costruì anche macchine per comprimere l'aria e l'ossigeno per uso medico, inventò una miscela di catrame e sabbia per la pavimentazione stradale. Molte idee di Tellier furono ridicolizzate e sarebbero state "riscoperte" con successo molti anni dopo.

Ma a Tellier si deve anche un'importante innovazione nel campo dell'utilizzazione dell'energia solare. Nella prima metà dell'Ottocento erano stati costruiti vari motori azionati col vapore prodotto nel "fuoco" di forni solari a specchi parabolici o cilindro-parabolici. Gli specchi di queste macchine dovevano essere continuamente ruotati in modo da "seguire" il Sole nel suo moto apparente nel cielo, variabile ogni giorno. Inoltre gli specchi raccolgono soltanto la radiazione solare diretta, quella che è disponibile quando il cielo è libero da nuvole. Alcuni avevano già costruito dei collettori solari piani, capaci di raccogliere sia la radiazione solare diretta, sia quella diffusa, irraggiata anche dal cielo coperto; erano costituiti da scatole coperte con lastre di vetro al cui interno erano disposte delle tubazioni contenenti dell'acqua, proprio come gli attuali scaldacqua solari. In questo modo il calore solare che attraversa il vetro, trattenuto all'interno del collettore, scalda l'acqua fino a circa 80 o 90 gradi, troppo pochi per azionare una macchina a vapore ma sufficienti per far evaporare un fluido frigorifero: insomma per azionare un frigorifero alla rovescia.

Tellier sostituì, all'interno delle tubazioni, l'acqua con uno dei fluidi frigoriferi allo stato liquido; scaldati col calore solare questi evaporavano azionando delle macchine e tornavano poi allo stato liquido per raffreddamento. Nel 1889 Tellier costruì il suo primo motore solare usando come fluido una soluzione acquosa di ammoniaca; sul tetto di una casa pose dieci pannelli solari piani, ciascuno di circa 4 metri quadrati; il vapore di ammoniaca liberato dal calore solare azionava un motore collegato con una pompa; l'acqua sollevata dal sottosuolo serviva anche a raffreddare l'ammoniaca e riportarla in soluzione nel collettore. La sua macchina riusciva a sollevare all'altezza di dieci metri tremila litri di acqua all'ora.

Tellier pensò di applicare questi motori solari nei paesi africani: in molti deserti è presente acqua nel sottosuolo; manca solo l'energia per sollevarla e usarla per l'irrigazione. Tellier descrisse le prospettive dell'uso del suo motore solare nei deserti africani nel libro del 1890: "La conquista pacifica dell'Africa Occidentale grazie al Sole" (l'Algeria era stata annessa alla Francia da pochi anni, con una conquista tutt'altro che pacifica). Nel libro c'è un disegno dei pannelli solari, del motore e della pompa e si vede un soddisfatto contadino che annaffia i campi con l'acqua sollevata con l'energia del Sole. L'idea di Tellier è stata sfruttata successivamente per la costruzione di molti motori solari a collettori piani.

Il benessere degli altri ha ispirato tutta la vita di Tellier, un genio generoso ma poco portato agli affari, tanto che molte sue imprese finanziarie sono andate male al punto da farlo morire in miseria. Comunque se tutti noi abbiamo accesso a carne trasportata attraverso i continenti e gli oceani in carri e navi frigoriferi lo dobbiamo a Charles Tellier. Almeno un grazie.
 

venerdì 27 settembre 2013

Disaccoppiamento: dov'è la mia torta?

Da “Cassandra's Legacy”. Traduzione di MR (Peak & Transition Translators Team)

Questa è la versione breve di una conferenza che ho tenuto il 21 settembre 2011 all'incontro del Club di Roma di Ottawa. Ho aggiunto alcune figure e link, così come la citazione di Herman Daly.


Se vogliamo una torta più grande, il cuoco può mescolare più velocemente in una ciotola più grande e cuocere la ciotola vuota in un forno più grande che, in qualche modo, si scalda da solo - Herman Daly

Signore e signori, siamo ora a parlare della questione del “disaccoppiamento”. Quindi, per prima cosa, che cosa intendiamo con questo termine? Be', il disaccoppiamento è un concetto basato sulla definizione di “intensità energetica” o “efficienza”; il rapporto del consumo energetico totale di un paese col suo prodotto interno lordo, PIL. E' stato spesso osservato che questo rapporto tende a scendere per molti paesi. In questo caso, si genera più PIL per unità di energia consumata e questo dovrebbe significare che la gente sta imparando ad essere più intelligente e più efficiente nel fare il proprio lavoro. In altre parole, sembra che possiamo “disaccoppiare” la nostra capacità di produrre ricchezza dal bisogno di consumare energia.

Quest'idea mi ricorda molto una cosa che ha detto qualche tempo fa l'economista Herman Daly. Ha confrontato l'economia al fare una torta. La tua efficienza come cuoco è data da quanta farina (l'energia) ti serve per fare la torta diviso la dimensione della torta (il PIL). Alcuni economisti, ha detto Daly, sembrano pensare di poter fare la torta senza farina, solo mescolando più rapidamente – questo è il “disaccoppiamento”. Senza dover arrivare a questa interpretazione piuttosto estrema, l'idea di “intensità energetica” è che sei un buon cuoco se puoi continuare a fare torte sempre più grandi senza il bisogno di un aumento proporzionale della quantità di farina.

Forse potrebbe funzionare, anche se ho qualche dubbio circa questa definizione di efficienza. Vi faccio vedere alcuni dati sull'Italia che potrebbero aiutarvi a capire come questi concetti possano essere applicati a un caso pratico. Ecco gli ultimi dati dell'intensità energetica in Italia (da knoema):


Sembra che l'Italia abbia mostrato una certa tendenza al miglioramento dell'efficienza così come l'avevamo definita prima, ovvero il rapporto fra consumi energetici e PIL. Possiamo dire che abbia mostrato una tendenza a “disaccoppiare”. La tendenza sembra rallentare, ma c'è ancora oggi. Questa dovrebbe essere una cosa buona, ma c'è un problema.Vi faccio vedere il PIL dall'Italia (ancora da Knoema)


Vedete che il PIL dell'Italia non ha mai recuperato dalla crisi del 2008. Potrei mostrarvi i dati dei consumi energetici italiani ma tanto vale che non lo faccia: vi dico solo che hanno raggiunto il picco nel 2004 e che da allora sono in discesa. Quindi, l'intensità energetica è diminuita non perché il PIL sta crescendo, ma perché il consumo energetico stava declinando più rapidamente. 

Quindi, vedete, forse in Italia dovremmo essere felici perché stiamo diventando più efficienti ma, come sicuramente comprendete, non c'è nulla di cui essere felici nel vivere in un paese con un PIL in declino. Le industrie stanno chiudendo, la gente perde il proprio lavoro e non ci sono soldi per cose che una volta erano date per scontate: sicurezza sociale, salute pubblica, trasporti pubblici e tutto il resto. 

Come dicevo ieri il problema dell'economia italiana è collegato all'aumento del costo delle materie prime minerali. Posso citare a memoria che nel 2012 l'Italia ha importato 66 miliardi di euro di combustibili fossili e che il bilancio netto delle importazioni o delle materie prime minerali è stato negativo per circa 110 miliardi di euro. Questo di sicuro non è trascurabile in confronto al PIL italiano che è di circa 1.500 miliardi di euro, specialmente se consideriamo che, non molti anni fa, il costo delle importazioni era molto più basso. Oggi abbiamo un peso aggiuntivo sull'economia che io stimo essere intorno ai 70 miliardi di euro in confronto a 10 anni fa. Sono soldi che devono venire da qualche parte e possono solo venire dalle tasche dei cittadini italiani. Stiamo semplicemente diventando più poveri. 

Non c'è prova che l'aumento dei prezzi dell'energia abbia causato un aumento dell'efficienza dell'economia italiana. Posso dirvelo per esperienza personale. Vedete, come ricercatori universitari, dovremmo aiutare le ditte a diventare più efficienti e cerchiamo di fare del nostro meglio. Ci sono molti modi per farlo: energia rinnovabile, metodi produttivi più agili, migliori tecnologie ed altro. Ho lavorato su questo argomento per lungo tempo, almeno 20 anni.

Il problema è che, oggigiorno, quando dico ai manager di una società che possono adottare delle tecnologie che li renderanno più efficienti, loro chiedono quando recupereranno i loro investimenti. Nei casi migliori, posso dir loro che potrebbe essere, diciamo, fra 3-4 anni. Al che mi rispondono che non possono dire con sicurezza se la ditta sarà ancora in produzione il mese prossimo, quindi non si sognano nemmeno di chiedere i soldi ad una banca (e di pagarci un forte interesse) per diventare più efficienti. Non faranno niente a meno che non paghino i governi, ma i governi non hanno più quel tipo di soldi. 

Quindi, vedete, questa è la situazione italiana – ma penso che sia un problema molto diffuso in molti paesi che hanno smesso di crescere. Non stiamo diventando più efficienti, non stiamo “disaccoppiando”. Per fare questo, avremmo bisogno di risorse – energia e minerali – ma quelle risorse stanno diventando sempre più care. Quindi, investire in efficienza sta diventando costoso e non ce lo possiamo permettere. 

Alla fine, torniamo alla metafora della torta di Herman Daly. Se siamo dei bravi cuochi possiamo fare una grande torta anche con piccole quantità di farina. Il problema è quando la mancanza di farina ci costringe a fare torte sempre più piccole. E' una magra consolazione, quindi, rendersi conto di essere dei cuochi efficienti, il problema è che la gente chiede “dov'è la mia torta?” e non è felice del fatto che non ne ha. Ma non c'è via d'uscita: per fare una torta serve la farina e per continuare a far funzionare un'economia serve energia. Dal mio punto di vista, l'energia rinnovabile è un prerequisito per il disaccoppiamento – se abbiamo energia pulita possiamo realmente disaccoppiare e saremo anche spinti a farlo, perché nemmeno l'energia a basso costo può ricreare i minerali che abbiamo distrutto e sparpagliato per il pianeta. Ma senza energia, ci sarà sempre meno torta per tutti.


giovedì 26 settembre 2013

La bolla del gas di scisto: bruciare la propria casa per salvarla

Da “Cassandra's Legacy”. Traduzione di MR (Peak & Transition Translators Team)




Questa è una versione scritta di un commento che ho fatto durante la discussione all'ultima riunione del Club di Roma ad Ottawa.


Signore e signori, vorrei fare un commento su un punto di questa interessante discussione. Ci è stato detto, correttamente, che la produzione di gas di scisto in Nord America sta esplodendo ed anche che i prezzi sono molto bassi, circa 2 dollari per milione di piedi cubici. In realtà, sono un po' più alti di così ma è ancora un prezzo basso in confronto a quello di qualche anno fa, prima della “rivoluzione” del gas di scisto.

D'altro canto, produrre gas di scisto è costoso. Il “fracking” è una tecnologia che è stata sviluppata molto tempo fa, ma non era stata mai usata su larga scala fino ad oggi perché era troppo costosa in confronto alla produzione convenzionale di gas. Ed è ragionevole: per il fracking servono apparecchiature sofisticate, sostanze chimiche ed altro. In aggiunta, un pozzo di gas di scisto si esaurisce rapidamente, quindi si deve continuare a perforare per mantenere la produzione. Infatti, la tecnologia mineraria ha questa caratteristica: può essere usata movimentare più risorse, ma raramente può renderle più economiche.

Quindi qui c'è una contraddizione: stiamo usando una tecnologia più costosa per produrre un bene i cui prezzi, tuttavia, sono scesi considerevolmente. Cosa sta succedendo?

Penso che la spiegazione sia da individuare in fattori finanziari. Ciò che vediamo, infatti, è principalmente una bolla finanziaria nella quali gli investitori sono portati a immettere soldi in un mercato con la speranza di fare un sacco di soldi. Questa è una speranza per il futuro, ovviamente, perché al momento sono sicuro che nessuno possa fare tanti soldi con i prezzi del gas così bassi – di fatto penso che molta gente ce li stia perdendo. Ma questa è la magia del mercato finanziario: se tutti credono che un certo bene avrà un grande valore in futuro ci investono e il risultato è la sovrapproduzione.

Quindi stiamo parlando di una bolla finanziaria e possiamo confrontare la bolla del gas con quella edilizia, quella che è esplosa nel 2008. C'è una differenza, però: mentre le rispettive bolle crescevano, i prezzi delle case sono cresciuti mentre quelli del gas sono diminuiti. Be', c'è una logica: abbiamo una capacità molto limitata di stoccare la sovrapproduzione di gas, quindi lo dobbiamo bruciare. In un certo senso, stiamo bruciando gas per mantenere il mercato del gas vivo. Per la sovrapproduzione di case non è così: non è necessario bruciare la propria casa per salvarla (anche se a volte c'è chi ricorre a misure piuttosto drastiche per togliere le case dal mercato*).

Quindi, tutto il gas prodotto in eccesso deve essere venduto sul mercato e questo ha portato i prezzi a scendere. E' questo cui stiamo assistendo. Ora, il punto è per quanto tempo il mercato vorrà finanziare la produzione di qualcosa che genera dei ritorni così ridotti (sempre che ne generi). Consideriamo anche che nel processo stiamo anche distruggendo risorse idriche ed inquinando vaste aree, per non dire niente del metano che fuoriesce dalle perforazioni. Tutti questi sono costi, qualcuno li dovrà pagare, prima o poi. Quindi penso che vedremo i prezzi salire, è inevitabile. Ma questo potrebbe tagliare la domanda e causare anche una riduzione della produzione. Sembra che stiamo vedendo entrambi gli effetti in corso, oggi: produzione in discesa e prezzi in salita. E' ancora troppo presto per vedere una tendenza robusta, ma penso che sia inevitabile: la rivoluzione del gas di scisto potrebbe essere già finita.

Vedi anche questo articolo di Ugo Bardi sul gas di scisto

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(*) Una palazzina vicino a casa di Ugo Bardi. I proprietari non riuscivano ad affittare gli appartamenti ad un prezzo che giudicavano giusto, quindi hanno preferito lasciarli vuoti. Per assicurarsi che non entrasse nessuno abusivamente, hanno murato tutte le porte e le finestre. Stanno aspettando che il mercato torni miracolosamente ai prezzi alti di un tempo. Buona fortuna!