di Antonio Turiel
Cari lettori,
come forse saprete, l'OPEC (Organization of the Petroleum Exporting Countries) è un cartello di paesi esportatori di petrolio la cui funzione è quella di stabilire quoto di produzione di modo che il prezzo del petrolio si mantenga entro valori adeguati: né troppo ridotti da far sì che i proventi dei suoi membri siano troppo bassi, né troppo alti da far sì che crolli la domanda (o si diano incentivi per cercare alternative; anche se sembra ingenuo per il lettore assiduo di questo blog, a un certo punto si pensava che le energie alternative avrebbero potuto finire per rimpiazzare il petrolio).
Durante la mia infanzia si parlava sempre dell'OPEC, sempre come i “cattivi del film”, come il negoziante disprezzabile che praticava l'usura sul pane che gli dovevamo comprare per forza, essendo lui l'unico negoziante del quartiere. L'arrivo del petrolio Brent estratto nel Mere del Nord e il fiorire di altri paesi esportatori al di fuori dell'infame cartello chiarì, nella percezione popolare, l'orizzonte del petrolio, dopo i turbolenti anni 70 durante i quali l'embargo arabo del 1973 e la guerra Iran-Iraq del 1979 fece sì che il prezzo del petrolio giungesse a livelli stratosferici. E, come si vede nel grafico seguente, effettivamente il 1973 e il 1979 hanno marcato due punti di flessione dopo dei quali sono venuti decenni di prezzi molto bassi (notate che i prezzi sono espressi in dollari costanti del 2011 – pertanto al netto dell'inflazione – e che la scala verticale è logaritmica):
Anche se nell'immaginario popolare è rimasta questa idea per cui l'OPEC sia composta da sanguisughe che manipolano il prezzo del petrolio per danneggiarci, in realtà nei decenni che sono seguiti al 1979, ciò che l'OPEC ha fatto è esattamente l'opposto: stabilizzare i prezzi entro una fascia di valori molto bassi, dai 20-30 dollari al barile del 2001 fino a che, a partire dal 2008, siamo entrati in una dinamica molto diversa e che commenteremo fra poco. Notate anche il picco dei prezzi del 1991 che poi commenteremo. Ma prima spieghiamo per quale motivo l'OPEC ha agito da meccanismo di contenimento del prezzo del petrolio e non il contrario, come pensa molta gente.
Gli Stati Uniti hanno una storia di decenni di collaborazione con l'Arabia Saudita, anche se punteggiata da gravi scontri. Un momento che risalta in questa storia è stata la fondazione della Dottrina Carter, secondo la quale gli Stati Uniti avrebbero attribuito a loro stessi il diritto di intervenire nella regione se ci fosse una minaccia importante lo giustificasse. Nella pratica, questo è servito a trasformare gli Stati Uniti nei garanti della continuità delle monarchie del Golfo e in particolare della più grande di esse, l'Arabia Saudita (importante non solo per il fatto di essere la prima esportatrice del mondo di petrolio, ma anche per essere la nazione che custodisce i luoghi più sacri dell'Islam).
Un dettaglio che molta gente di solito ignora è che nel 1985 il Kuwait ha scatenato una guerra sotterranea interna all'OPEC: i paesi dichiaravano di avere riserve di petrolio superiori a quelle reali perché allora la quota di produzione che veniva loro assegnata era proporzionale alle loro riserve. La tentazione di falsificare le riserve nazionali per poter vendere così più petrolio era molto grande e il Kuwait ha ceduto a questa tentazione nel 1985, trascinando nello stesso gioco molti altri paesi. Di conseguenza, i paesi aumentavano nottetempo le riserve dichiarate senza che ci fossero grandi scoperte di giacimenti che lo giustificassero. Ad aggravare la situazione, in seguito queste riserve non sarebbero diminuite col tempo, nonostante non si fosse nemmeno a conoscenza di scoperte che giustificassero questa stabilità. Guardate questa tabella con le riserve di petrolio dichiarate dai paesi dell'OPEC che esemplifica questa “guerra delle quote” dal 1985 al 1995:
Tabella estratta dal post
di The Oil Drum
Insomma, non ci sono cifre pubbliche affidabili sulla quantità di petrolio nelle riserve dell'OPEC, anche se sappiamo che sono inflazionatissime: David King le ha ridimensionate da 1,3 miliardi di barili a 0,9 miliardi nel 2010. Di conseguenza, il dirigente americano, nel momento in cui imposta la propria politica nella regione, brancola nel buio, perché crede, sbagliando, che la capacità dei paesi dell'OPEC di regolare la produzione e il prezzo del petrolio nei prossimi decenni sia maggiore di quella reale. Dall'altro lato, i paesi dell'OPEC ora non possono contraddirsi, ma corrono il rischio di contrariare i propri alleati se non fanno la loro nel patto.
In risposta alla minaccia commerciale costituita dai nuovi giacimenti di petrolio del Mare del Nord e animata anche dagli Stati Uniti – che volevano petrolio a buon mercato – l'Arabia Saudita, col suo ruolo preponderante nella produzione dell'OPEC , ha contribuito a mantenere il prezzo del petrolio basso durante gli anni 80 del ventesimo secolo. In maniera voluta o accidentale, i prezzi bassi hanno contribuito alla caduta dell'Unione Sovietica, la cui produzione è crollata col suo collasso in quanto stato e non sarebbe mai tornata a recuperare fino ai livelli di allora. Effettivamente, nel 1991 c'è stato un periodo di crisi economica propiziata dagli alti prezzi del petrolio, spinti dalla scarsità di greggio, essendo praticamente scomparsa l'esportazione di greggio russa a causa del collasso dell'Unione Sovietica. Non appena si sono messi in moto nuovi giacimenti ed è stata recuperata lentamente la produzione russa si è potuta superare la crisi di quegli anni. In seguito, la Russia è diventata un paese capitalista e poco a poco è tornata la normalità nel mondo del petrolio.
E cosa sta succedendo adesso? E' interessante studiare l'evoluzione della capacità inutilizzata dell'OPEC. La capacità inutilizzata è la produzione di petrolio che i paesi dell'OPEC potrebbero mettere in moto in tempi ragionevolmente brevi e in un periodo ragionevolmente lungo da avere un impatto sul mercato; fondamentalmente si tratta del materasso produttivo che l'OPEC ha per controllare i prezzi all'interno di una forbice desiderata. Come si può vedere nel seguente grafico, la capacità inutilizzata dell'OPEC, che con quasi 9 milioni di barili al giorno era giunta a rappresentare il 25% della produzione dell'OPEC del 2002, è crollata verso il 2003 e si è mantenuta abbastanza bassa fino all'inizio della fase acuta della crisi, alla fine del 2008, mostrando che l'OPEC non aveva la capacità di mettere in linea della nuova produzione per garantire che questo materasso fosse sufficientemente importante.
Come è anche possibile vedere, fino al 2011 questo “materasso di produzione” si è mantenuto intorno ai 6 milioni di barili al giorno grazie al crollo della domanda a causa della crisi, ma la nuova ascesa dei prezzi ha forzato, più che a mettere in linea della nuova produzione, a andare di nuovo a ridurre questa capacità inutilizzata. Pensate che la capacità inutilizzata reale è, secondo alcuni autori, gonfiata da 1 a 2 milioni di barili al giorno, per cui si potrebbe dire che l'OPEC sta grattando il fondo del barile.
Ulteriori indizi del fatto che l'OPEC sta perdendo la capacità di controllare i prezzi si può vedere nell'analisi fatta da Peak Oil Barrel sull'ultimo rapporto dell'OPEC sulla propria attività e da dove ho preso i seguenti grafici, che sono abbastanza chiari. Da un lato vediamo che l'insieme dell'OPEC ha difficoltà ad aumentare la produzione di petrolio nonostante i prezzi alti (e questo problema comincia piuttosto prima dell'esplosione dell'attuale situazione in Egitto, che adesso si usa come scusa per spiegare l'impennata dei prezzi).
Dall'altro lato, se si scorpora la produzione congiunta di Arabia Saudita, Emirati Arabi e Kuwait (i tre paesi che ancora sembrano avere un certo potenziale per far crescere la propria produzione) dal resto dei paesi dell'OPEC, si vede chiaramente che il resto dei paesi si trova in pieno declino produttivo, mentre il congiunto di Arabia Saudita, EAU e Kuwait stanno giungendo al proprio tetto produttivo.
In realtà, nonostante tutta la retorica vuota che si vede sulla stampa specializzata e sui supplementi economici, ciò che si vede è che l'OPEC sta cominciando a perdere la sua capacità di controllo sui prezzi. Anche la IEA riconosce che l'Arabia Saudita sta già arrivando alla sua produzione massima di petrolio, ipotizzando che gli Stati Uniti potranno essere, nei prossimi anni, i primi produttori di petrolio al mondo (contando tutti i liquidi del petrolio) con una produzione molto simile a quella attuale dell'Arabia Saudita, che equivale a riconoscere che l'Arabia Saudita non potrà più aumentarla (abbiamo già commentato tutto questo per esteso).
La cosa certa è che oggigiorno quasi nessuno commenta il ruolo dell'OPEC nel regolare i prezzi (e ciò che è stato il tema ricorrente per 40 anni). E' successa la stessa cosa al Texas nel 1972: per molti decenni, questo stato degli Stati Uniti ha controllato il prezzo del petrolio negli Stati Uniti, e nel mondo, ma giungendo al picco produttivo, che è stato anche quello degli Stati Uniti, ha perso la sua capacità di influenza. In questo momento l'OPEC non è già semplicemente in grado di regolare i prezzi. Questa situazione è del tutto nuova e terribilmente pericolosa. Da una parte, perché in realtà nessuno regola più i prezzi: nel 1972, l'influenza del Texas è stata sostituita da quella dell'OPEC, ma adesso nessuno raccoglierà il testimone, perché adesso si produce tutto ciò che si può produrre e punto. Dall'altra parte, perché in mezzo alle crescenti difficoltà potrebbe esplodere l'ira dei paesi occidentali contro i paesi dell'OPEC, con la percezione che per decenni è stata alimentata, cioè che essa controlli i prezzi a proprio beneficio e a nostro svantaggio. Adesso che non potranno evitare di restringere l'accesso al nostro petrolio, perché non potranno produrlo, è possibile che cresca il malcontento popolare contro quei paesi e anche che si prendano delle misure assurde (la situazione ricorda vagamente quella del rapporto di dipendenza dell'Italia pre-bellica dal carbone inglese, ndt.). Da ultimo, molti dei paesi chiave dell'OPEC sono essenzialmente instabili a causa di molti squilibri interni, fra i quali la possibilità che si scatenino Rivolte della Fame (come in Egitto) o Guerre della Fame (che forse sono più vicine di quanto sembri).
Non è una situazione irrecuperabile; bisogna solo capire che il futuro post-OPEC non è un futuro di mercati regolati e riforniti, ma un futuro di limitazioni e necessità di adattamento. Si può fare, insistiamo: si può passare dall'idea all'azione. Ma la prima cosa è comprendere una realtà più complessa e caleidoscopica di quella che mostrano i mezzi di comunicazione di massa.
Saluti.
AMT