martedì 8 novembre 2011

Que viva Australia!!

AUSTRALIA: PASSA LA LEGGE SULLA CARBON TAX!

Notizia freschissima da "Deltoid." L'Australia è uno dei maggiori produttori mondiali di carbone e il passaggio della nuova legge è una storica vittoria per il governo di Julia Gillard, come potete leggere in questo articolo del Sidney Herald. 

Secondo il Sidney Herald, il ministro delle finanze australiano, il senatore Penny Wong del partito laburista ha dichiarato "Siamo convinti della scienza e della necessità di agire [contro il cambiamento climatico] ... accettiamo il consiglio che un prezzo sul carbonio è il modo migliore di ridurre le emissioni."

Yergin: fabbricare il dubbio

Guest post di Antonio Turiel pubblicato su The oil crash il 4 Ottobre 2011.
Traduzione dallo spagnolo a cura di Massimiliano Rupalti





Cari lettori,

Le ultime due settimane hanno visto un'inusuale attività nella blogosfera e nei domini dedicati al Picco del Petrolio su tutta la rete. La ragione è la recente pubblicazione di un articolo di Daniel Yergin sul Wall Street Journal contro le tesi principali del picco del petrolio: "There Will Be Oil" (Ci sarà petrolio); così, a mo' di comandamento della Legge di Dio. Alcuni quotidiani economici spagnoli hanno fatto eco all'articolo. Persino un'autorità riconosciuta (il presidente del IHS CERA, sì, quel IHS CERA che linko nella colonna di destra sotto la voce “La visione opposta”) ha messo in dubbio il crescente pessimismo sul futuro delle risorse petrolifere. Eccone qui un esempio tradotto dal titolo originale: "Habrá petróleo". Così di forza e di grazia; gli manca solo che si aggiunga: “se non è per le ragioni è per i coglioni”, scusate il francese.

A seguito dell'articolo sono spuntate come funghi decine, se non centinaia, di repliche. Ce ne sono di specialisti come quella del geologo Jean Laherrère (che si prende la briga di smontare una ad una tutte le affermazioni della supposta abbondanza petrolifera), quella del fisico Kjel Aleklett, presidente di Aspo International (che esamina gli errori di logica dell'articolo di Yergin) o quella dell'analista Gail Tverberg (che mette in evidenza alcune contraddizioni del discorso del patron di IHS CERA , come la sua evocazione dell'efficienza contro l'evidenza storica ). A seconda degli interessi e le competenze dei commentatori, la discussione viene centrata su come Yergin faccia un uso interessato della storia per qualificare i "peakoilers" come allarmisti, agli aspetti tecnici dell'interpretazione economica del fenomeno del Picco del Petrolio, l'influenza dei tempi di scoperta di nuovo petrolio o l'errore ricorrente di spiegare quanto grandi siano le riserve mentre ciò che è in discussione è la produzione. In pochi, rendendosi conto dell'assurdità di dare tanto risalto ad un mero articolo che, in realtà, non è altro che pubblicità al suo ultimo libro, fanno questa riflessione: Chi ha paura di Daniel Yergin? Per come la vedo, chi ha colto nel segno è Kurt Cobb, che col titolo del suo post dice tutto: "Ignorare Daniel Yergin". Peccato che scrivendolo fallisce automaticamente l'obbiettivo del titolo.

Vedere tutto questo polverone mi ha fatto ricordare l'incidente di qualche mese fa, nel Novembre scorso, quando alcuni hackers rubarono centinaia di migliaia di e-mail dai servers dell'Università della East Anglia e poi filtrarono a propria convenienza alcuni messaggi nei quali, prendendo fischi per fiaschi, si potrebbe arrivare ad intuire un malcostume scientifico e da questo si pretendeva far vedere come tutta la scienza del clima, sviluppata in tutti i centri di ricerca di tutto il mondo, in realtà era malfatta o, peggio ancora, rispondeva agli interessi particolari di un malvagio gruppo di scienziati con l'ansia di imporre un programma di repressione e disperazione. Sapete già del famoso Climategate, così come lo ha battezzato la stampa (cosa sarebbe stato dei redattori di giornali senza Nixon...). Il fatto è che centinaia di scienziati erano pronti a respingere le accuse, ragionando scientificamente sul perché i propri calcoli erano fatti bene. Però, data la complessità dei propri argomenti, anziché dissipare i dubbi li hanno aumentati nel pubblico dei non addetti ai lavori, che di base li vedeva sulla difensiva. Questa strategia è sostanzialmente sbagliata; come ha spiegato bene un commentatore, la reazione degli scienziati è stata l'equivalente di chi reagisce di fronte a qualcuno che ti dà del bastardo mostrandogli che non lo sei. E' evidente che faccia la figura del babbeo; peggio ancora, come risultato della tua attitudine pedante, l'opinione pubblica può aumentare le proprie simpatie per chi offende. E' che la battaglia non era scientifica, ma di pubbliche relazioni dirette a manipolare l'opinione pubblica, qualcosa che i fabbricanti di dubbi conoscono a menadito e dove gli specialisti perdono sempre. E questo è anche il caso dell'articolo (e del libro) di Yergin.

Vediamo il caso. Quali sono i fatti nuovi? Nessuno. Yergin sbobina i suoi soliti argomenti, gli stessi di sempre. Come sempre, fa un discorso molto ben serrato in cui ogni parola è misurata al millimetro, tentando di dire le cose senza mentire. Comincia parlando della produzione di petrolio, accettando malvolentieri che Hubbert ebbe la fortuna di azzeccare la data del Picco del Petrolio degli Stati Uniti che però comunque ha commesso, secondo l'opinione di Yergin, un grandissimo errore, visto che quest'anno la produzione di petrolio è del 350% maggiore a quella che nel 1972 veniva stimata per il periodo attuale. Come se la cosa importante fosse accertare esattamente ed in ogni momento la cifra di una produzione sempre minore; come se il modello elaborato da Hubbert fosse l'ultima parola nella descrizione della produzione e le conseguenze qualitative (declino irreversibile della produzione) fossero annullate dall'errore quantitativo (quanto si sta producendo esattamente) e, naturalmente, saltando come un torero il fatto che Hubbert parlava di petrolio greggio, mentre nell'attuale produzione degli Stati Uniti c'è una gran quantità di biocombustibili e paccottiglia varia.

Da questo arriva a dire che Hubbert ha sottostimato la quantità di petrolio che si potrebbe recuperare (è vero; ha sottostimato anche l'aumento del consumo e i due effetti praticamente si compensano), che la quantità di risorse recuperabile è una variabile economica, dipende dal prezzo (il che è vero, anche se il sig. Yergin trascura il fatto che l'economia non può permettersi qualsiasi prezzo e che il prezzo massimo è in realtà più basso di quello che la gente pensa, perché altrimenti l'economia si ammala), che il miglioramento dell'estrazione e la tecnologia ci possono permettere di raschiare ulteriormente i giacimenti (senza tenere conto questa tecnologia si usa già estensivamente e contribuisce solo marginalmente ad aumentare la produzione), ecc, ecc. In mezzo, fa un glossario della figura storica di Hubbert, associandolo al movimento di tendenza totalitaria conosciuto come Tecnocrazia, il che è un modo sottile per sconfessare Hubbert come se egli avesse un programma occulto per sostenere quello che sostiene; peggio ancora non parlando di altri che di Hubbert (poco gli importa dei vari Kenneh Deffeyes, Colin Campbell, Jean Laherrère, Kjell Aleklett e tutti coloro che sono seguiti) diffonde implicitamente l'accusa di avere un programma occulto a qualsiasi sostenitore del Picco del Petrolio, declassato quindi alla categoria di teoria, per non dire setta. Poco importa se dei più di 30 paesi produttori di petrolio che ci sono al mondo, solo due non hanno ancora raggiunto (che si sappia) il proprio Picco interno (Arabia Saudita e Kuwait): secondo Yergin, il Picco del petrolio è una teoria, se il prezzo è abbastanza alto estrarremo il petrolio da qualsiasi luogo, e il gioco è fatto.

Il titolo in sé è già un alibi. Ci sarà petrolio, dice. Sicuramente ci sarà: altra cosa sarà recuperarlo ed al ritmo che serve. Quando si notasse che la produzione diminuisce, si potrà sempre dire: “Chiaro, è perché non si é investito abbastanza” oppure: “E' che la società è diventata più efficiente e non ha più bisogno di tanto”, come se la crisi economica fosse un fatto scollegato. E il bello è che il titolo non è neppure originale (cosa che nessuno pare aver notato).

Come dicevo, non c'è niente di nuovo negli argomenti: notate questo articolo del 2005 del Washington Post. Le idee centrali sono le stesse: semplicemente c'è più elaborazione man mano che passa il tempo. Cos'è cambiato, allora, che giustifichi l'uscita di questo articolo? A mio modo di vedere, sostanzialmente l'acutizzarsi della crisi, che fa sì che si dia più risalto al Picco del Petrolio. La gente comincia a vedere che c'è qualcosa che non funziona, si sente presa in giro dal potere tradizionale e comincia a considerare il Picco del Petrolio come una possibilità concreta. Pertanto c'è la necessità di contrattaccare. Perché conviene non dimenticare chi è Daniel Yergin. Daniel Yergin è semplicemente un uomo delle pubbliche relazioni dell'industria petrolifera, un fabbricatore di dubbio con la missione di minare la credibilità di coloro che possono mettere a rischio gli affari dei loro padroni. Ricordatevi questo acronimo: FUD. Significa “Fear, Uncertanty, Doubt”, ossia “Paura, Incertezza, Dubbio”. Perché non siamo di fronte ad un dibattito scientifico, basato su un confronto aperto e onesto di fatti contrastanti in cui entrambe le parti cercano solo di capire meglio, senza imporre il proprio punto di vista. No. Il Sig. Yergin, e questo conviene metterlo in risalto, non è uno scienziato: la sua formazione è giuridica e giornalistica. Presiede l'IHS Cambrige Energy Research Associates (CERA), che è un think-tank finanziato dall'industria petrolifera, la cui funzione è quella di diffondere le tesi e le previsioni più confacenti ai loro capi. E niente altro.

Le informazioni del IHS CERA sono famose per la mancanza di rigore scientifico, la mancanza dei modelli di previsione usati, opacità rispetto alle fonti dei dati, ecc. Nonostante il fatto di non avere meriti accademici sufficienti per essere presi come riferimento, a causa dei loro legami con l'industria, IHS CERA e per estensione Daniel Yergin, se ne sono spesso usciti per diffondere le loro teorie in quotidiani generalisti di prestigio; e quando lo hai già fatto abbastanza non hai più bisogno di giustificarti poiché vieni chiamato perché sei una eminente personalità, semplicemente perché sei già conosciuto e il fatto di essere stato pubblicato da un eminente giornale, fa di te un'eminenza, a prescindere dai tuoi meriti accademici. E così a questo signore, che sa scrivere bene pianificando i suoi scritti come una delicata opera di ingegneria per non dire bugie inducendo però all'errore, si pone non come pari, ma sopra i veri esperti: geologi, fisici, economisti...Tutto molto tipico dei tempi corrotti in cui viviamo. E funziona bene: la settimana scorsa, in una discussione su facebook, un noto broker del settore energetico blandiva le tesi di Yergin, descritte come “quelle del maggior esperto a livello mondiale” ed un recente lettore di questo blog, vedendo gli argomenti, riconobbe letteralmente che aveva cominciato a credere che il Picco del Petrolio fosse una questione seria, ma dopo quegli argomenti non sapeva più cosa pensare. La D di FUD; seminare il dubbio. Inoltre, Hubbert abbracciò per un periodo una corrente filosofica che proponeva una tecnocrazia. La F di FUD: paura. Per di più le riserve crescono sempre, è questione di prezzo, e la tecnologia ci permetterà di colmare il divario prima che arrivino - quando necessario, entro un paio di secoli – le tecnologie che la rimpiazzeranno. La U di FUD: incertezza. Tutto ciò è combinato in modo letale per spingere all'inazione. “Tranquilli, piccoli, il problema è complesso, ma la gente che ne sa se ne sta occupando, tornate ai vostri lavori e soprattutto consumate, consumate, maledetti”.

Il Sig. Yergin è un creatore di FUD; questo è il suo incarico e la sua missione. L'industria petrolifera si è impaurita vedendo come dopo la crisi degli anni 70 i governi occidentali (soprattutto in Europa) puntarono sulla razionalizzazione e la maggior efficienza, e doveva contrattaccare. L'obbiettivo del IHS CERA è pertanto combattere i nemici dei propri padroni, i quali erano generalmente associati agli ambientalisti ed agli ecologisti, i quali vengono squalificati sin dagli anni 70 identificandoli come nemici del progresso ottenendo così che la società li ignori. Tuttavia, quello che non era previsto è che geologi della stessa industria, fisici, chimici, matematici ed anche alcuni economisti, cominciarono a mettere in dubbio, ognuno dal proprio ambito scientifico, la validità di questi approcci. Pertanto è diventato necessario creare un'entità diversa, di carattere pseudo scientifico, ma che ovviamente non può discutere alla pari, poiché non ha argomenti. Non importa: FUD. Non si tratta di vincere la battaglia, solo di non perderla, di provocare dubbio per generare inazione perché le cose restino come sono.

Cosa possiamo fare con Yergin (e con quelli che sono come lui su scala minore, ce ne sono alcuni simili)? Evidentemente non cadere nella trappola di andare a dibattiti con tempi definiti dove ciò che si ricerca è lo spettacolo e dove un ragionamento complesso non è compreso dal pubblico, e dove un semplice dato opprimente può essere controbilanciato da un altro di segno contrario, anche se falso. Se necessario, è possibile evidenziare che IHS CERA non è un riferimento affidabile in nulla, che le sue previsioni sono un disastro e non a 40 anni come quelle di Hubbert, ma di anno in anno. C'è la rete che ci fornisce un buon glossario degli scivoloni di Yergin (fino al 2008): "Il triste registro di Daniel Yergin e della Cambridge Energy Research Associates", dal quale ho estratto il molto significativo grafico seguente:




Io credo, tuttavia, che la cosa migliore sia non farci caso. Perché in realtà Daniel Yergin è un morto vivente. In questa epoca le industrie petrolifere stanno cominciando a riconoscere che c'è un problema col petrolio e che ci possa essere una crollo delle forniture; l'ultima, Shell, che per voce del suo Amministratore delegato ha riconosciuto che servirebbe mettere in produzione l'equivalente di 4 Arabie Saudite – circa 40 milioni di barili al giorno, poco meno della metà della produzione mondiale attuale – da qui al 2020 solamente per compensare il crollo di produzione dei giacimenti attualmente in produzione (il che, sicuramente, non potrà essere coperto completamente, vale a dire che la Shell sta riconoscendo implicitamente che ci sarà una caduta significativa della fornitura di petrolio nei prossimi anni). Pertanto non ha più senso avere delinquenti come Yergin a seminare dubbi e confusione, cercando di convincere l'opinione pubblica che avrà sempre il petrolio che desidera e che gli allarmisti rompono le scatole dal 1880 in Pennsylvania, ma si sbagliano sempre. Giustamente, ciò che interessa ora alle compagnie petrolifere è non essere percepite come ulteriori truffatrici, come si vedono oggigiorno nelle banche o nelle agenzie di rating; per questo stanno cominciando ad ammettere la verità, per far sì che un domani che mancasse il petrolio non le si possa accusare di accaparrarselo per aumentare i propri benefici. E anche se l'inerzia è grande ed i cambiamenti non avvengono dalla sera alla mattina, è evidente che ad un certo momento i patron dell'industria petrolifera capiranno che Yergin più che aiutarli li danneggia. Così, che senso ha combattere Yergin? E' in piedi ma è già morto. Personalmente non credo che tornerò a parlare di lui; i lettori hanno insistito molto sulla sua traduzione su Espansiòn, e per quello e per questa unica occasione, ho voluto chiarire la mia posizione. Complessivamente gli argomenti di Yergin non cambieranno, perché non ci sono fatti nuovi, solo la semina continua di dubbio e di zizzania. Una ulteriore distrazione che ci allontana dal cammino da percorrere verso la necessaria Transizione.

sabato 5 novembre 2011

La Rivoluzione Rinnovabile III; il Paradosso di Jevons



Post pubblicato il 5 ottobre 2011 su Cassandra's Legacy. Traduzione di Massimiliano Rupalti.

Ho ricevuto un interessante commento a un mio post sulla rivoluzione rinnovabile. Il commento cita il paradosso di Jevons come un impedimento allo sviluppo delle rinnovabili. Rispondendo, ho pensato che lo scambio valesse la pena di essere pubblicato come post in sé stesso, quindi eccolo qua.






Karl North dice... 



Ugo, avrai senza dubbio familiarità con il Paradosso di Jevons, che dice che i vantaggi dell'efficienza energetica, in un tipico paese ad economia capitalistica con poche restrizioni politiche, sono usati in modi che portano ad un consumo energetico più alto al macro livello. Dal mio punto di vista, qualcosa di simile avverrebbe se le alternative energetiche “pulite” che stai sostenendo rimpiazzassero i combustibili fossili in modo significativo. L'uso delle alternative (ancora nella nostra forma dominante di economia politica) sarebbero usate per divorare le stesse risorse che divorano i combustibili fossili. Molte di queste risorse non sono rinnovabili, molte di loro sono distruttrici di portata globale in fase di produzione e di utilizzo. Tanto per fare un esempio, i combustibili fossili hanno permesso una forma industrializzata di agricoltura che è un lento disastro ecologico ma che ha temporaneamente raddoppiato la popolazione mondiale, che a sua volta è causa dei suoi stessi problemi. Come analista sistemico, sono sicuro che puoi apprezzare i feedback positivi implicati. Così in generale, la produzione significativa di combustibili alternativi porterebbe alla continuazione del disastroso processo che sta producendo il “picco di qualsiasi cosa”, sia in termini di esaurimento delle risorse, sia in termini di devastazione del nostro nido (pianeta). Pochi scrittori, occupandosi del tema del flusso di energia nel nostro sistema solare, considerano l'argomento: qualsiasi sia il livello di uso di energia (di qualsiasi tipo), questo è eccessivo, perché esaurisce il sistema. Paragono il problema al guidare una macchina sempre al massimo dei giri del tachimetro. Ancora, come analista sistemico, penserei che potresti essere interessato ad un argomentazione simile. October 4, 2011 6:50 PM  

La mia risposta:

Karl, sono contento che il mio post abbia generato questioni interessanti come questa; quello che tu dici merita un post a se stante. Ora, il “paradosso” di Jevons non è affatto un paradosso, come sai. Non è codificato esplicitamente nei modelli. E' un assunto molto semplice, è curioso che funzioni; ma è così. Di base, la gente vuole sempre di più, massimizza la sua “funzione di utilità” soddisfacendo le proprie voglie a breve termine. Nate Hagens spiega questo in termini di produzione di dopamina all'interno del cervello. Così stanno le cose, almeno per la nostra civiltà. Non sono sicuro che sia così in generale nella storia, ci potrebbero essere regole sociali che la controllano. Sono sicuro che in diverse società questi freni sociali siano stati molto efficaci, ma nel nostro caso è dopamina, dopamina, dopamina; e più è meglio è. Ora, l'idea di Jevons, feedback positivo se preferisci, è la cosa che porta al sovra-sfruttamento, o superamento, come viene spesso chiamato. E' la fonte principale dei nostri problemi.Mentre la produzione cresce, il consumo cresce di conseguenza e se non ci fossero i feedback negativi, entrambe crescerebbero all'infinito. Questi feedback negativi, inquinamento ed esaurimento, esistono, ma si manifestano con un tempo di ritardo; troppo tardi. Il risultato è che avrai pesantemente consumato le tue risorse e devi tornare non solo ad un livello di sostenibilità, ma ad un livello molto più basso in modo da permettere alle risorse di rigenerarsi. Questo è ciò che chiamiamo collasso. Alla fine, è causato da una molecola chiamata dopamina, probabilmente la più pericolosa molecola sulla Terra, forse anche di più della CO2!

Queste sono considerazioni molto generiche che si adattano alle risorse non rinnovabili o lentamente rinnovabili. C'è un caso diverso, tuttavia, quello delle rinnovabili. Il trucco con le rinnovabili basate sul solare e sull'eolico è che non puoi sovra-sfruttare il Sole. Ciò è vero, almeno, per le rinnovabili come il vento ed il fotovoltaico. L'agricoltura, invece, ha un grande problema di erosione del suolo che la rende spesso una risorsa non rinnovabile. Non deve esserlo necessariamente; puoi creare un'agricoltura che non sfrutti eccessivamente il suolo, ma ora rimaniamo sulle tecnologie che non danneggiano il suolo, come il fotovoltaico. Quindi, se fai un modello della crescita delle rinnovabili avrai alcuni degli stessi meccanismi che governano la crescita delle risorse non rinnovabili. Ciò è generato da un feedback positivo che cresce rapidamente. Ma il punto è che i feedback negativi non generano conseguenza così disastrose come invece fanno con le risorse non rinnovabili. Ovvero, potresti scoprire di aver installato troppi pannelli solari e che questo abbia avuto un impatto negativo sull'agricoltura. Be', a quel punto potresti tornare al livello di sostenibilità semplicemente rimuovendo i pannelli in eccesso. Il suolo sotto i pannelli è ancora buono come prima (e forse di più). Non hai influenzato il flusso solare, quindi non devi fare altro che rimuovere i pannelli che eccedono il livello di sostenibilità. Nel modello, puoi presumere che il flusso dalla riserva di risorse rimane immutato. Giocando coi modelli, quello che accade normalmente è che il sistema si stabilizza naturalmente al livello di sostenibilità. Non so se questo accadrebbe nel mondo reale, ma ho notato che la gente si sta già fortemente lamentando del fotovoltaico che usa “troppo terreno” e protesta per fermare le installazioni, anche se la superficie utilizzata fino ad oggi è minuscola.

Così, penso che ci siano dei meccanismi intrinseci che fermerebbero l'installazione del fotovoltaico molto prima di pavimentare l'intero pianeta con celle di silicio. Questo non è applicabile solo alle aree agricole ma anche all'uso delle risorse minerali per costruire i pannelli stessi. Se accuratamente riciclati, il che può essere fatto, queste risorse possono durare per lunghissimo tempo. Così, credo che le rinnovabili non siano soggette al sovra-sfruttamento in sé stesse, o almeno quella tendenza al sovra-sfruttamento/superamento può essere tenuta sotto controllo. E' un diverso meccanismo di crescita. Ora, per tornare al tuo commento, quello che dici, in realtà è più complesso. Se le rinnovabili da sole non danneggiano così tanto l'ambiente, hai ragione nel dire che il mix di fossili e rinnovabili è un'altra cosa. Potrebbe ben essere malsano nel senso che potrebbe generare un consumo maggiore di fossili ed altre risorse minerali. Ed ho paura che tu abbia completamente ragione. Se dovessimo raggiungere la forma di energia perfetta, diciamo con un EROEI=100 e che duri per sempre, avremmo potenza elettrica gratis, ma la gente vorrebbe ancora un SUV ed investirebbe nell'estrazione di qualsiasi cosa possa essere bruciata: sabbie bituminose, scisti bituminosi, bitume, qualsiasi cosa.... Entro certi limiti, questo è un problema irrisolvibile. Ha a che fare con la natura umana; possiamo combattere la dopamina? Non lo so, forse no. L'unica cosa che posso dire è che se avessimo energia rinnovabile avremmo perlomeno una chance di convincere la gente che distruggere la Terra bruciando combustibili fossili non è una buona idea. Possiamo dire questo perché possiamo sostenere di non averne bisogno. Se non abbiamo un'alternativa, non abbiamo chance, non funziona. Se dici semplicemente alla gente di smettere di bruciare petrolio e carbone ed essere felici con meno, beh, guarda cosa accade nel dibattito su riscaldamento globale. Guarda al dibattito sul gas di scisti. Sono dibattiti guidati dalla dopamina. Quello che dice la gente è “dobbiamo bruciare X (X=carbone, petrolio, gas di scisti, ecc.) perché non abbiamo alternative”. Se non possiamo proporre alternative,la gente brucerà qualsiasi cosa possa essere bruciata e così torneremo al Medioevo (se siamo fortunati, perché l'alternativa è la Gola di Olduvai e nemmeno quella; potrebbe essere un luogo in cui saremmo noi stessi i fossili antichi).

Sono personalmente convinto che esista una strada per la sostenibilità basata sulle rinnovabili; una strada ad un mondo che mantiene alcune delle cose buone che abbiamo realizzato, come quella modesta prosperità e la libertà dai bisogni elementari, dalla fame, che siamo stati capaci di realizzare almeno in una parte di mondo ed anche lì in una frazione della società. Ma è già qualcosa in confronto all'alternativa che è, per citare Jevons, quella “laboriosa povertà” d'altri tempi. Sono anche convinto che alla fine ci arriveremo. Ma la strada è stretta e tortuosa, e ci sono buone chance di commettere degli errori e finire come Willy il Coyote , schiacciato in fondo ad un canyon. Penso, tuttavia, che dovremmo provare a riconoscere questa strada e fare del nostro meglio per seguirla.

mercoledì 2 novembre 2011

La rivoluzione delle rinnovabili

Crescita mondiale della potenza fotovoltaica ed eolica installata, di Emilio Martines. Dati tratti da IEA Photovoltaic Power Systems Programme, European Wind Energy Association ed Earth Policy Institute.

Tanto per cambiare, ecco un post non-Cassandrico. Guardate i dati nella figura sopra, gentilmente fornita da Emilio Martines, membro del ASPO-Italia. La crescita dell'energia fotovoltaica ed eolica è stata incredibilmente veloce durante gli ultimi 2-3 decenni. La scala logaritmica evidenzia la crescita esponenziale di entrambe le tecnologie. Non ci sono segni di rallentamento, fino ad ora, nonostante la recessione ed il cattivo stato dell'economia. Secondo il grafico, l'energia eolica cresce di un fattore 10 in meno di 10 anni, l’energia FV ci mette poco più di 5 anni. A questi tassi, sia eolico sia FV potrebbero raggiungere l'obiettivo di un terawatt installato (TW) ciascuno intorno al 2020.

Naturalmente, il capacity factor (fattore di utilizzazione) di eolico e fotovoltaico è più piccolo di quello delle fonti convenzionali, cosicché un TW di energia rinnovabile è in grado di produrre molta meno energia di un TW di - poniamo - un impianto a carbone. Poi, c'è il problema dello stoccaggio ed altre questioni. Ciò nonostante, i dati sono impressionanti, considerando che la potenza elettrica totale installata nel mondo oggi è circa 2 TW. E' esattamente il valore di potenza di picco delle rinnovabili che potremmo raggiungere entro la fine del decennio in corso. Stiamo vedendo uno scorcio di luce alla fine del tunnel?

Ovviamente, nulla può crescere esponenzialmente per sempre. Ma abbiamo comunque generato una rivoluzione energetica: l’energia rinnovabile ha un mercato e cresce. E' una rivoluzione che non si può più fermare. Ci dà la possibilità di sostituire i combustibili fossili, prima che sia troppo tardi. Si tratta di una possibilità, ma ce l'abbiamo.


Traduzione dell'articolo in inglese apparso su "Cassandra's Legacy" il 30/09/2011 a cura di Pandemica-mente (Andrea Schenone).

domenica 30 ottobre 2011

ASPO-Italia 5: concluso il convegno

Si è concluso il convegno organizzato il 28 Ottobre a Firenze da ASPO-Italia in collaborazione con Climalteranti. Vedremo di relazionare nei dettagli con calma, nel frattempo qualche foto senza pretese di una cronaca completa

Ian Johnson, segretario generale del Club di Roma, apre i lavori con il suo intervento. A mio parere è stato nettamente il più interessante di tutto il convegno. Nella foto vedete anche Ugo Bardi (a destra, seduto) che fa la traduzione.


Toufic El Asmar, segretario di ASPO-Italia da la sua presentazione sul problema alimentare.





Questo è Stefano Caserini a rappresentare il gruppo "Climalteranti" nella sessione del mattino.



Ed ecco Luca Mercalli che non sta facendo il Karaoke, come potrebbe sembrare, ma sta dando la sua presentazione. Lo strumento sulla sinistra è del gruppo "Cambiamo" che ha fatto le pause musicali nel pomeriggio

 Il concetto di essere delle "Cassandre" si diffonde; qui nell'interpretazione di Pietro Cambi


Una delle pause musicali del gruppo "Cambiamo"




Per essere un convegno fatto in un giorno di lavoro, ha attirato un bel gruppo di persone.


Pausa pranzo al ristorante "Nerbone" nel cuore del mercato di San Lorenzo. Da sinistra a destra, si riconoscono Cristiano Bottone, Sergio Paderi, Terenzio Longobardi, Massimiliano Rupalti (dietro Massimiliano, si intravede una sua amica)


La pausa pranzo di Fabio Biagini, al mitico baracchino del lampredotto del mercato di San Lorenzo




Alcuni dei partecipanti dell'assemblea dei soci ASPO-Italia. Da destra a sinistra, Gianni Comoretto, Pietro Cambi, Francesco Aliprandi, Noemi Brogialdi, Andrea Fanelli e Lou del Bello. Dietro Andrea, si intravede Mirco Rossi.


La nuova triade dirigente di ASPO-Italia, da sinistra a destra: Toufic El Asmar (Vice-presidente), Luca Pardi (presidente) e Mauro Icardi (Segretario).




Per finire, questo oggetto era in un corridoio vicino a dove si teneva la conferenza. Non so se lo si debba interpretare come un partecipante che è rimasto scioccato dal tono catastrofista di certi interventi

giovedì 27 ottobre 2011

Convegno: Cassandra nel XXI secolo

Il Quinto convegno nazionale ASPO-Italia, Associazione per lo Studio del Picco del Petrolio, organizzato insieme al gruppo "Climalteranti" si terrà Venerdì 28 ottobre 2011, dalle 9:00 alle 19:00, presso la 

Sala delle Feste – Palazzo Bastogi, Consiglio Regionale della Toscana, via Cavour, 18 a Firenze.

Il Titolo del convegno che sarà trasmesso in diretta video sulla homepage del portale del Consiglio Regionale della Toscana è “Cassandra nel XXI secolo. Clima, energia e cibo: fra informazione e disinformazione, crescita della consapevolezza pubblica e politiche appropriate”. Ingresso libero.

PROGRAMMA

Apertura e Saluti 9.00-9.30

Ugo Bardi, Presidente di ASPO – Italia

Mauro Romanelli, Consigliere, regione Toscana

09:30 Ian Johnson, Segretario generale del Club di Roma. 40 years of Limits to growth.


10:15 Nicole Foss, ricercatrice economica coeditore del blog “The Automatic Earth”. Un secolo di sfide.

10:45 -11:15 Coffee Break

11:15 Toufic el Asmar, Segretario ASPO – Italia e consulente FAO. Climate Smart Agriculture.

11:45 Enrico Euli, Università di Cagliari. Informazione, apprendimento e pedagogia delle catastrofi.

12:15 Luca Mercalli, Presidente Società Meteorologica Italiana. Prepariamoci. Consapevolezza e ritardi nella percezione dei problemi ambientali.

Break pranzo 12:45-14:30

Nella sessione pomeridiana i seminari saranno intercalati da intermezzi teatral-musicali di circa 10 minuti.

14:30- 18:00 I grandi problemi dell’Umanità su web, carta stampata, editoria, radio e televisione.

Sylvie Coyaud, Giornalista. Il clima nella rete.

Pietro Cambi, Geologo esperto indipendente e blogger. Il picco nella rete. La benedizione di Cassandra.

Sergio Castellari, Centro Euro – Mediterraneo per i Cambiamenti Climatici / Istituto Nazionale di Geofisica e Vulcanologia. IPCC, climategate e i media.

Stefano Caserini, DIIAR Politecnico di Milano. Il Clima sulla carta stampata.

Mirco Rossi, Divulgatore indipendente. Energia e futuro – le opportunità del declino. Tre lenti per leggere meglio.

18:00-18:15 Conclusioni e chiusura

domenica 23 ottobre 2011

La scienza del clima spiegata agli scettici dal capitano Kirk


Il capitano James T. Kirk dell'astronave "Enterprise". Il suo motto è "non mi metto mai in una situazione senza uscita" (I never put myself in a no-win situation). Cosa che i diversamente esperti di clima, invece, hanno fatto sostenendo che le "isole di calore urbano" falsano completamente l'idea che ci sia in corso un riscaldamento globale.


I risultati del recente studio indipendente BEST ("Berkeley Earth Surface Temperature") hanno confermato in pieno quello che già si sapeva sull'incremento della temperatura terrestre; ovvero quello che definiamo di solito "Riscaldamento Globale".

Se lo studio BEST, di per se, non ha detto niente di particolarmente nuovo in termini scientifici, quello che è riuscito a fare è stato dimostrare come la posizione dei cosiddetti "scettici" (meglio definiti come "diversamente esperti") sia basata non sulla scienza ma piuttosto sull'ideologia.

La reazione dei diversamente esperti ai risultati del BEST, e in particolare di Anthony Watts, che gestisce il sito pseudo-scientifico "Watt's up with that" è stata disastrosa per la loro immagine. Si trovavano (e si trovano) infatti in una posizione senza uscita. Che neghino o che confermino i risultati di BEST, cadono in contraddizione.

Una possibile risposta dei cosiddetti scettici al BEST poteva essere: "non avevamo mai negato che la Terra si scalda, quello che è importante è se il riscaldamento è dovuto all'attività umana".  Infatti, hanno provato a dirlo. Il problema è che questa posizione è incompatibile con quello che avevano sempre sostenuto, ovvero che l'effetto delle "isole di calore urbano" (urban heat islands, UHI) falsava completamente le misure della temperatura fatte fino ad oggi. Date un'occhiata alla discussione e questo punto apparirà chiarissima: gli scettici avevano sempre sostenuto che la Terra NON si scalda, e ora non possono più tornare indietro senza contraddirsi.

Del resto, sembra chiaro dalla posizione di Watts e dei commentatori al suo sito che loro hanno piena intenzione di continuare a negare l'evidenza, sostenendo adesso che lo studio BEST è altrettanto falso e sbagliato di tutti gli studi precedenti sulla temperatura terrestre. Ma anche questa è una posizione insostenibile. Watts stesso aveva dichiarato che avrebbe accettato i risultati di BEST "qualsiasi fossero stati." Così, Watts si è contraddetto apertamente sul suo sito, andando a dire ora che non crede ai dati di BEST e facendoci una ben misera figura. Comunque la voglaino mettere, comincia ad essere difficile sostenere che quattro studi diversi (incluso BEST) fatti da quattro team diversi, che danno tutti gli stessi risultati, sono tutti parte dello stesso complotto dei climatologi per imbrogliarci. Insomma, gli scettici si trovano in una situazione senza uscita. Avrebbero dovuto dar retta al capitano Kirk!

Certo, non basta questo studio a risolvere una questione che ormai è diventata profondamente politica e sostenuta da forze che cercano disperatamente di negare i risultati scientifici che dimostrano la realtà del cambiamento climatico antropogenico. Ma l'impatto della questione BEST sul dibattito climatico potrebbe essere dirompente sulla credibilità degli scettici/diversamente esperti. Potrebbe dare una spinta decisiva ad arrivare finalmente ad accettare anche a livello politico quello che la scienza ci dice ormai da decenni. 


Ecco alcuni link a tutta la faccenda. Per il momento, quasi tutto è in inglese, a parte il commento di Mondi Sommersi. E' in programma anche un commento su Climalteranti, ma non è ancora uscito. Metterò il link appena disponibile.



Notevole anche questo post su "Watts up with that". Richard Muller, una volta beniamino dei diversamente esperti, ora è rappresentato come "nemico del popolo" secondo la miglior tradizione della propaganda staliniana.