domenica 24 aprile 2011

Pensieri di Cassandra sul nucleare

Una riflessione pasquale sulla situazione dell'energia nucleare e dei rischi di guerra atomica. La profetessa non è molto ottimista sulla situazione - speriamo che (per una volta) abbia torto.


Al momento in cui scrivo, a oltre un mese di distanza dall'incidente nucleare di Fukushima, non ci sono vittime accertate causate direttamente dai reattori danneggiati. I danni nelle zone circostanti, per quanto spaventosi, sono piccola cosa rispetto a quelli causati dallo tsunami. Eppure, siamo ancora a parlare dei reattori di Fukushima mentre non parliamo quasi più dello tsunami.

C'è una ragione - ed è una buona ragione.

La ragione è che la questione nucleare è su un altro livello. Con gli tsunami, gli uragani, i terremoti e tutto il resto, ci abbiamo convissuto per millenni - e anche di più. E' la Terra che si scuote; noi ci aggrappiamo dove possiamo, ma sappiamo che passerà. Il nucleare è una cosa diversa; è un ordine di grandezza in più di catastrofe; forse molti ordini di grandezza. E' qualcosa di sconosciuto che non era mai esistito su questo pianeta (eccetto un caso molto particolare, miliardi di anni fa).

Le cose sconosciute fanno paura; giustamente, e quel poco che sappiamo della faccenda è abbastanza per fare ancora più paura. In circa 50 anni di storia dell'energia nucleare civile ci sono stati incidenti causati dall'umana imperizia ma - forse per miracolo - nessuno causato direttamente dall'umana malvagità. Ma questo non ci deve far dimenticare che abbiamo ancora decine di migliaia di bombe nucleari immagazzinate negli arsenali dei vari paesi. Queste sono state costruite apposta per sterminare esseri umani. E qui, forse è veramente un miracolo che, dopo le due bombe di Hiroshima e Nagasaki nel 1945, non sono mai state utilizzate di nuovo. Eppure, le potenze nucleari hanno tenuto, quasi letteralmente, il "dito sul grlletto" per almeno 60 anni - e alla guerra ci siamo andati vicinissimi in molte occasioni. Un miracolo, appunto, ma le bombe sono ancora li' e siamo ancora a sperare che il miracolo continui. Curiosamente, oggi si parla meno della possibilità di un conflitto nucleare di quanto se ne parlasse qualche decennio fa, al tempo della "guerra fredda". Eppure, oggi le armi nucleari sono molto più diffuse di quanto non lo fossero allora; sparpagliate fra stati e staterelli che ne hanno accumulate decine o centinaia. 

A dimostrazione del fatto che l'umana follia non conosce limiti, negli anni 1950 si parlava di "guerra nucleare limitata" o addirittura di "vincere una guerra nucleare". Era follia allora, lo è ancora di più oggi; quando possiamo stimare gli effetti di una guerra nucleare sull'atmosfera terrestre. Lo sviluppo dei modelli climatici ci ha permesso di validare e raffinare il concetto di "inverno nucleare", che era stato proposto negli anni 1980.

I risultati sono, letteralmente, agghiaccianti. Basterebbe la detonazione di poche centinaia di bombe atomiche per causare un raffreddamento planetario di alcuni gradi centigradi. Questo distruggerebbe i raccolti di cereali perlomeno per qualche anno - e quanti milioni di vittime? Milioni? Quali milioni? Qui si parla di miliardi di vittime. E la possibilità di generare un disastro del genere ce l'hanno anche stati con arsenali nucleari relativamente piccoli: il Pakistan, per esempio, che sembra abbia un centinaio di bombe atomiche a disposizione..

La nostra vita è nelle mani di chi comanda in Pakistan? Sembrerebbe proprio di si. E non solo nelle loro mani. E' nelle mani di tutti quei leader che hanno il dito sul bottone e dei quali basta che uno abbia una crisi di follia. E si sa che i leader sono spesso persone mentalmente instabili e soggette a crisi di follia.

Tutto quello che ha a che fare con l'energia nucleare è, in qualche modo, legato a questa follia che ci ha preso nell'ultimo mezzo secolo. Incidenti come quello di Fukushima ci ricordano questo legame. Un legame che qualcuno ha chiamato "patto faustiano" ma, perlomeno, Faust aveva dato la sua anima per qualcosa di importante. Noi per che cosa abbiamo accettato il rischio della nostra stessa sopravvivenza? Per una massa di ordigni mostruosi e inutili e per meno del 15% dell'energia elettrica che produciamo. Lo slogan "Nucleare? No grazie" forse contiene più saggezza di quanto i suoi stessi ideatori non avessero immaginato.

Ma così è l'umana specie e speriamo che - per una volta - Cassandra abbia torto. Buona Pasqua a tutti.

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Un libro recente che dimostra come i pericoli di una guerra nucleare non si siano affatto ridotti con la fine della guerra freda è "How the end Begins" di Ron Rosenbaum, (Cambridge 2011). Sul libro di Rosenbaum, vedi anche il mio post su "Cassandra's Legacy"


A proposito dell'inverno nucleare, si può vedere l'articolo relativo su wikipedia


giovedì 21 aprile 2011

Dal Big Bang all'Apocalisse



Per un attimo di stacco dalle cose troppo serie, un video molto divertente - segnalato da "La Boite Verte."  Non che sia un trattato di paleoclimatologia, certo, ma, in fondo, qualcosa di vero in questa ricostruzione c'è.................

venerdì 15 aprile 2011

Fracking gas: un'altra tegola che ci arriva sulla testa


e fai ancora più danni all'atmosfera......



Del "fracking gas" detto anche "non convenzionale" oppure "shale gas" avrete certamente sentito nominare. E' descritto come l'ultima meraviglia che la tecnologia di estrazione ci regala - un vero oceano di gas che ci farà nuotare nell'abbondanza per decenni.

Come sempre, un certo scetticismo è di rigore di fronte ai grandi proclami di abbondanza. Lo faceva correttamente notare, fra gli altri, Massimo Nicolazzi su ASPO-Italia. Il gas non convenzionale potrebbe non essere così abbondante come ci raccontano e, soprattutto, la sua estrazione è costosa.

Ma non c'è dubbio che lo "shale gas" esiste e, se uno è in grado di pagare i costi di estrazione, ne può ricavare una boccata di energia in un momento di necessità quasi disperata. E' quello che sta succedendo negli Stati Uniti, dove la produzione di gas naturale ha ripreso fiato dopo un periodo di declino ed è attualmente ai massimi storici.

Il problema è un altro: è un problema ambientale. Ed è qui che ci arriva la classica tegola sulla testa. Un recente studio della Cornell University, descritto in dettaglio sul sito della BBC, è arrivato a delle conclusioni agghiaccianti in termini di effetti sul clima. ("agghiaccianti" forse non è la parola appropriata parlando di riscaldamento globale; qui sarebbe il caso di dire "ustionanti")

Estrarre lo shale gas richiede processi complessi di fratturazione della roccia mediante iniezioni di acqua ad alta pressione e di altre sostanze. Questo non è soltanto costoso, ma anche inefficiente nel senso che l'operazione rilascia quantità di gas metano importanti nell'atmosfera. Ne rilascia molto di più di quanto non faccia l'estrazione del gas "convenzionale" dove si va semplicemente a estrarre da un deposito sotto pressione.

Il metano, come si sa, è un gas serra molto più potente del biossido di carbonio. Col tempo si trasforma in biossido di carbonio  e come risultato la sua azione di "forcing" climatico scende col tempo; ma non va mai a zero. Secondo i ricercatori di Cornell, tenendo conto delle perdite nell'operazione di estrazione, il danno climatico fatto dal fracking gas è superiore a quello fatto dal carbone a parità di energia generata su una scala di tempo anche fino a 100 anni.

Si sta avverando la previsione peggiore, ovvero che la carenza di combustibili fossili non riduce le emissioni di gas serra. Al contrario, può anche peggiorare le cose, dato che ci stiamo riducendo ad attaccarci a risorse difficili e costose che fanno più danni all'atmosfera a parità di energia generata. (vedi anche questo articolo di Luca Chiari e Antonio Zecca)

In sostanza, un'altra bella tegola sulla testa che ci arriva in un momento diffficilissimo in cui la propaganda anti-scienza è ancora in grado di bloccare ogni iniziativa per ridurre le emissioni. L'unica speranza è premere al massimo sulle rinnovabili. Ci potremo liberare di questa robaccia soltanto se riusciamo a renderla non economica sul mercato.

Nota: l'articolo originale di Robert Howarth non sembra essere accessibile sul sito della rivista "Climatic Change" ma lo si può trovare qui (ringrazio Hydraulics per la segnalazione). Per una discussione più approfondita sulla questione dello shale gas, vedi il mio articolo sul blog Cassandra's legacy


martedì 12 aprile 2011

Io sono Gagarin, figlio della Terra


Mentre ricordiamo il cinquantenario del primo volo umano nello spazio di Yuri Gagarin, merita un piccolo pensiero anche il cane Laika che ha preceduto l'uomo in orbita, nel 1957, sacrificandosi per mostrare la via verso lo spazio.  

A 50 anni dal primo volo spaziale di Yuri Gagarin, riprendo dal blog di Marco Pagani, "Ecoalfabeta" questa splendida poesia di Evgeny Evtushenko.

L'epica di Gagarin, oggi ha un che di malinconico, con l'ultimo volo dello Space Shuttle previsto per quest'anno. Può darsi che l'avventura umana nello spazio si sia conclusa per sempre; o comunque per un tempo molto lungo. Ma tutto va per cicli e tutto quello che succede è perché doveva succedere. Yuri Gagarin ci ha fatto sognare dei sogni che per ora non possiamo tradurre in realtà ma, chissà, forse un giorno ritorneremo a sognarli.



Io sono Gagarin, il figlio della Terra
Evgeny Evtushenko

Io sono Gagarin.
Per primo ho volato,
e voi volaste dopo di me.
Sono stato donato
per sempre al cielo, dalla terra,
come il figlio dell'umanità.
In quell 'aprile
i volti delle stelle, che gelavano senza carezze,
coperte di muschio e di ruggine,
si riscaldarono
per le lentiggini rossigne di Smolensk
salite al cielo.
Ma le lentiggini sono tramontate.
Quanto mi è terribile
non restare che un bronzo, che un'ombra,
non poter carezzare né l'erba, né un bambino,
né far scricchiolare il cancelletto d'un giardino.
Da sotto la nera cicatrice del timbro postale
vi sorrido io
con il sorriso ch'è volato via.
Ma osservate bene cartoline e francobolli
e capirete subito:
per l'eternità
io sono in volo.
Mi applaudivano le mani dell'intera umanità.
La gloria tentava di sedurmi,
ma no, non c'è riuscita.
Sulla terra mi sono schiantato,
quella che per primo ho visto tanto piccola,
e la terra non me l'ha perdonata.
Ma io perdono la terra,
sono figlio suo, in spirito e carne,
e per i secoli prometto
di continuare il mio volo
al di sopra al di sopra dei bombardamenti,
delle tele-radiomenzogne,
che la stringono con le loro volute,
al di sopra delle donnaccole che baldanzosamente
ballano lo streep-tease
per i soldati nel Vietnam,
al di sopra della tonsura
del frate
che vorrebbe volare, ma è imbarazzato dalla sottana,
al di sopra della censura
che nella sua tonacaccia, inghiottì in Spagna le ali dei poeti...
C'è chi
è in volo
nel simun vorticoso di stelle.
C'è chi
si dibatte
nella palude da se stesso voluta.
Uomini, o uomini
ingenui spacconi,
pensate: non vi fa paura
alzarvi dal Capo che porta il nome dell'uomo che avete ucciso?
Vergognatevi di questo baccano da mercato!
Voi siete gelosi,
rapaci,
vendicativi.
Come potete cadere tanto in basso se volate tanto in alto?!
Io sono Gagarin, figlio della Terra,
figlio dell'umanità:
sono russo, greco e bulgaro,
australiano e finlandese.
Vi incarno tutti
col mio slancio verso i cieli.
Il mio nome è casuale,
ma io non sono stato per caso.
Mentre la terra s'insozzava
di vanità e di peccato,
il mio nome cambiava,
ma l'anima no.
Mi chiamavano Icaro.
Giacqui nella polvere, nella cenere.
Mi aveva spinto verso il sole
il buio della terra.
La cera si sciolse, spargendosi qua e là.
Caddi senza salvezza,
ma un pizzico di sole
rimase stretto nella mia mano.
Mi chiamarono servo.
La rabbia mi pesava sulla schiena
mentre, ritmando il tempo con le mani e coi piedi,
danzavano sul mio corpo.
Io caddi sotto le bastonate,
ma, maledicendo la servitù,
mi costruii delle ali coi bastoni
dei miei torturatori!
Ad Odessa fui Utockin.
Fece uno scarto il duca,
quando al di sopra dei suoi pantaloncini a piffero
si levò un cavallo volante.
Sotto il nome di Nesterov
girando sopra la terra,
feci innamorare la luna
col mio giro della morte.
La morte fischiava sulle ali.
È una virtù disprezzarla
e con Gastello imberbe
mi gettai in volo sul nemico.
E le ali temerarie
ardendo come un rogo, hanno protetto,
voi che foste allora ragazzi,
Aldrin, Collins, Armstrong.
E, sicuro della speranza
che gli uomini sono un'unica famiglia,
dell'equipaggio di Apollo
invisibile io ero.
Mangiammo dai tubetti,
avremmo brindato in viaggio
come sull'Elba,
ci abbracciammo sulla Galassia.
Il lavoro procedeva senza scherzi.
Era in gioco la vita
e con lo stivale di Armstrong
io scesi sulla Luna.
Evgenij Evtusenko, 1969

domenica 10 aprile 2011

giovedì 7 aprile 2011

Passeggiata nel post-olocausto giapponese



Riprendo questo video da "Crisis" (postato da Debora Billi). E' veramente impressionante. Ricorda i film di Fantascienza anni '50.

Da notare che i giornalisti non hanno corso veri e propri rischi. Da qualche calcolo approssimato che ho fatto, quello che hanno misurato è quasi mille volte il "background" naturale della radiazione di fondo, ma ancora lontano da valori che fanno danni fisici per una breve esposizione.

Ciononostante, il beep-beep dei contatori è snervante, come pure il panorama delle strade vuote con in cani che scorrazzano liberi, i semafori tutti rotti, eccetera. Post-olocausto; decisamente