venerdì 19 novembre 2010

Prepararsi per l'inverno più freddo degli ultimi 1000 anni


Da political Irony 

Gratis!! Attrezzo ufficiale, verificato, per lo sbufalamento del global warming.

1. Tagliare lungo la linea tratteggiata
2. Orgogliosamente piazzare verticalmente sulla neve accumulata
3. Prendere nota della profondità misurata per screditare instantaneamente tutti gli studi scientifici sul global warming.

Bonus: lo si può anche tenere orizzontalmente per confermare scientificamente l'innegabile fatto che la terra è piatta.



Ha cominciato già Emilio Fede sul TG4 a dire che questo inverno sarà "il più freddo negli ultimi 1000 anni". Ha seguito ultimamente a parlare di inverni rigidissimi tal Madrigali, noto per predire ogni anno l'arrivo della nuova era glaciale.

Non si sa da dove arrivino queste idee. Sono comunque alquanto improbabili, considerando che il 2010 si avvia a essere l'anno più caldo da quando si fanno misure di temperatura.

Ma, alla prima nevicata, vedrete come strepitano, questi!

mercoledì 17 novembre 2010

Climategate: un anno dopo


Guarda questi messaggi scandalosi!!

Un anno fa, subito dopo la notizia del furto delle email private dal server del Climate Research Unit, quello che sarebbe poi diventato noto come "Climategate", scrivevo definendolo un avvertimento mafioso contro gli scienziati. Lo era.

Per chi lo ha inventato e sfruttato per i propri scopi, il climategate è stato un successo. La leggenda degli scienziati imbroglioni si è sparsa facilmente, come fanno tutte le leggende. Così, oggi, ogni volta che si parla di clima, viene sempre fuori qualcuno che dice "ma ho sentito dire che gli scienziati hanno truccato i dati." E' stata una facile vittoria dei professionisti della propaganda contro gli scienziati, poco abituati a questo tipo di battaglia.

Tuttavia, ogni sconfitta è un insegnamento per chi la subisce, che non si farà imbrogliare un'altra volta. Ed è anche vero che a vincere imbrogliando ci si fanno dei nemici. C'è una ragione se il blog "Cassandra" è nato poco dopo il Climategate.

martedì 16 novembre 2010

Intervista a Rajendra Pachauri, presidente dell'IPCC - parte III


In questa terza e ultima parte dell'intervista, Rajendra Pachauri, presidente dell'IPCC;  ci racconta qualcosa su quelle che ritiene le priorità che fronteggiamo. Su questo punto, per la verità, Pachauri appare un po' convenzionale anche se corretto. Forse più interessante è la sua risposta sul suo romanzo "Ritorno ad Almora", dove viene fuori una ricerca della spiritualità che viene, probabilmente, dalla sue origini culturali in India.

Prima di partire con l'ultima parte dell'intervista a Rajendra Pachauri, fatemi fare un commento generale: da quello che mi ha detto e da altro materiale che appare su internet, viene fuori una persona di grande entusiasmo, capace di un incredibile attivismo e - soprattutto - di onestà specchiata. Quest'ultima qualità l'hanno dovuta ammettere anche i suoi detrattori, ritrattando le infami accuse che avevano lanciato contro di lui (come potete leggere nella prima parte dell'intervista). Fra le altre cose, il suo entusiasmo e la sua correttezza vengono fuori anche dalla disponibilità che ha dimostrato a rispondere alle mie lettere e alle mie domande; cosa rara da parte di persone a quel livello. Vi posso dire che è un piacere conversare con Pachauri via email.

Nessuno è perfetto, di Rajendra Pachauri possiamo dire che ha fatto degli errori di comunicazione - più che altro con il suo romanzo che è apparso in un momento infelice, dando ai suoi nemici la possibilità di attaccarlo anche su quello. Ma la posizione di Pachauri è difficilissima: come presidente dell'IPCC fa da parafulmine a tutti gli attacchi lanciati dalle forze dell'anti-scienza. Immaginatevi per un momento di essere voi al suo posto e potete capire come sarebbe difficile, forse impossibile, resistere ad attacchi concertati da gente senza scrupoli e che sono anche dei razzisti (come potete leggere in questo post).

Quindi, probabilmente Pachauri è l'uomo giusto per essere alla testa dell'IPCC (e in effetti è stato recentemente confermato): uno dei pochi in grado di uscire dalla tempesta a testa alta. Io l'ho definito un eroe della scienza del clima e secondo me merita di essere chiamato così. Finché abbiamo uomini come lui, c'è speranza. 

Ciò detto, ecco l'ultima parte dell'intervista.


5. Dr. Pachauri, il cambiamento climatico è soltanto una delle molte sfide che l'umanità sta fronteggiando oggi. In aggiunta, ci sono altre forme di inquinamento, erosione del suolo, esaurimento delle risorse minerali, fra le quali il petrolio e altri. Un problema che vedo spesso e che si tende a vedere un singolo problema come se fosse il solo di qualche importanza e scartare tutti gli altri. Questo è tipico dei litigi da quattro soldi fra i "picchisti" e i "climatisti", ognuno che sostiene che un problema è più importante degli altri. Lei, Dr. Pachauri, si trova nella posizione di essere alla testa dell'IPCC ma di non essere uno specialista nella scienza del clima. Così, lei può avere una visione più vasta di molti di noi. Cosa pensa delle priorità che fronteggiamo? Quali sono i problemi più importanti e dove dovremmo allocare le nostre risorse?

Essenzialmente, quello su cui dovremmo focalizzarci globalmente è l'ottenimento di uno schema sostenibile di crescita e sviluppo. Tenendo presente la definizione di sviluppo sostenibile descritta dalla Commissione Bruntland, un tale schema di sviluppo dovrebbe andare incontro alle necessità della generazione corrente senza mettere a repentaglio la possibilità delle generazioni future di soddisfare le loro necessità. Il cambiamento climatico è dunque soltanto parte di un problema molto più importante che ha a che fare con l'esaurimento e la degradazione delle risorse naturali della Terra e dei suoi fragili ecosistemi. Io credo che dobbiamo adottare politiche e allocare risorse per ridare vita e restituire alla salute una varietà di beni comuni globali. Dobbiamo tenere il benessere umano al centro dei nostri sforzi che si espandono da una regione all'altra e attraverso le generazioni. Io credo che il nostro problema principale sia di essersi allontanati dall'armonia della natura e questo si può correggere non soltanto attraverso l'innovazione e nuove tecnologie ma anche attraverso cambiamenti nello stile di vita e modi di comportarsi.

6. Nella recente esplosione di polemiche sul cambiamento climatico, credo che abbiamo tutti imparato che una bella storia può attirare di più l'attenzione del pubblico che dei fatti senza vita. Allora, potrebbe raccontarci qualcosa a proposito del suo ultimo romanzo?

Il mio romanzo, "Ritorno a Almora” è essenzialmente un viaggion verso la comprensione dello spirito umano e che cosa costituisce l'anima dell'essere umano. Il messaggio che ho cercato di mettere insieme nel libro è l'enfatizzare che raggiungere un alto livello di spiritualità e di sublimazione del comportamento umano non richiede vivere in un monastero o rinunciare al mondo. Lo sviluppo spirituale è qualcosa che la maggior parte degli esseri umani normali  possono ottenere. Il libro è un totale di 400 pagine a stampa, ma mi diverte che gli stessi detrattori che mi hanno attaccato per mezzo di bugie sulle mie operazioni finanziari e sulle mie attività professionali non hanno nemmeno risparmiato i miei umili sforzi come romanziere e hanno estratto passaggi fuori contesto e cercato di infangare il mio lavoro che io credo la maggior parte dei lettori hanno trovato essere una fonte di ispirazione sul pensiero e sul comportamento umano.

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Parte prima dell'intervista a Rajendra Pachauri
Parte seconda dell'intervista a Rajendra Pachauri

Ulteriori notizie su Rajendra Pachauri, anche su dove compra i vestiti che indossa (che NON sono di Armani, nonostante le accuse che gli hanno fatto) la trovate a questo link: http://www.livemint.com/2010/02/02003231/Pachauri-blames-global-lobbies.html

In questa intervista fatta a Taipei, invece, potete avere qualche idea della posizione di Pachauri sul fatto di essere vegetariano e di come questo può aiutare a ridurre l'impatto umano sull'ecosistema:
http://award.godsdirectcontact.net/en/news/her20100321163605274.htm


Qui trovate un articolo di Pachauri sul "Guardian" dove commenta gli attacchi contro gli scienziati sulla questione del climategate. http://www.guardian.co.uk/commentisfree/cif-green/2010/mar/26/dont-hound-the-climate-scientists

lunedì 15 novembre 2010

Intervista a Rajendra Pachauri, presidente dell'IPCC - Parte II


In questa seconda parte dell'intervista, Rajendra Pachauri affronta la questione della comunicazione, ammettendo che l'IPCC ha fatto dei notevoli errori nel trascurare il problema e promettendo miglioramenti in proposito. Affronta anche una domanda molto delicata che gli ho fatto: cosa ne pensa dell'aumento della popolazione umana come una delle cause principali del riscaldamento globale. Come vedete, la sua risposta è molto diplomatica. D'altra parte, fa giustamente notare che il suo paese, l'India, è meno sovrappopolato di altri paesi "sviluppati" e che le emissioni - e l'accumulo delle stesse nella storia - sono molto maggiori per i paesi sviluppati.


3. Dr. Pachauri, la recente campagna anti-scienza ci dice che dobbiamo aver fatto qualche errore fondamentale nel modo in cui abbiamo presentato la scienza se viene fuori che il pubblico è così facilmente influenzabile da bugie e storielle carine. Come presidente dell'IPCC, lei ha una grande responsabilità nel fare qualcosa per cambiare il modo in cui la scienza, e la scienza del clima in particolare, è presentata al pubblico. Cosa pensa che si dovrebbe fare in termini di priorità? Ha qualche piano in questo senso? 

Si sa che gli scienziati non sono sempre i migliori comunicatori e - nel caso della scienza del clima - questo diventa un problema serio perché stiamo parlando di un'area di interesse diretto per tutta la società. Se non comunichiamo la scienza del cambiamento climatico al pubblico altri, che hanno interessi nascosti, riempiranno il vuoto. Nell'IPCC, in particolare, abbiamo creato molto poco in termini di capacità di fronteggiare questa sfida e certamente questo ha causato una disseminazione poco efficace di studi scientificamente validi sul cambiamento climatico, con il risultato che che l'IPCC e la comunità scientifica si sono trovati sotto attacco da parte di coloro che intendono mettere in dubbio quei risultati ormai consolidati che l'IPCC ha diffuso sulla base di osservazioni consolidate e solida evidenza. Possiamo sperare che con il review fatto dall' Inter Academy Council, e le loro comunicazioni come una parte importante delle attività dell'IPCC, i governi, che sono i decisori finali nel Pannello, appoggeranno la creazione di capacità adeguate di comunicazione entro la struttura dell'IPCC.

4. Quando parliamo di "Cambiamento Climatico Antropogenico" intendiamo che gli esseri umani sono in gran parte responsabili per il cambiamento. Sembrerebbe che ne segua come inferenza logica che meno persone significherebbero meno cambiamento climatico e meno danni per il pianeta. Questo ci porta al tema controverso del "controllo della popolazione", un termine che era di moda negli anni 1970 ma che, oggi, sembra essere sparito dalla sfera politica, perlomeno nei paesi occidentali. Qual'è la sua opinione sulla questione della popolazione? Specialmente dal punto di vista del suo paese, l'India, che in molti definiscono come "sovrappopolato" come si vede la situazione?

La popolazione è certamente un fattore determinante nelle attività economiche che generano le emissioni di gas serra, che sono responsabili per il cambiamento climatico causato dall'uomo. Ma non possiamo ignorare le tendenze al consumo che determinano le emissioni attuali e sono state responsabili per le emissioni cumulative nella storia. Per esempio, il consumo di energia in alcuni paesi poveri è un centesimo dei livelli che sono comuni nelle regioni più ricche del mondo. Dato che il termine "Controllo della Popolazione" va contro i concetti basilari di diritti dell'uomo, libertà di scelta e libertà, in un paese democratico non possiamo fare di più che creare delle condizioni per le quali gli individui prendono decisioni riguardo alla loro fertilitò che dovrebbero volontariamente portare a ritmi più bassi di crescita di popolazione. Quello che è molto più importante e che può essere ottenuto in periodi di tempo molto più brevi è un miglioramento nell'efficienza dell'uso dell'energia e una riduzione delle emissioni per persona. La popolazione dell'India è certamente grande e sta ancora crescendo a un ritmo rapido, ma la densità di popolazione in India è tuttora più bassa di quella di parecchi paesi che sono considerati come avanzati e sviluppati. Naturalmente, un paese come l'India deve focalizzarsi in modo molto più efficace nell'educazione delle bambine e assucurare l'accesso a cure mediche e servizi sociali. Questo migliorerebbe la condizione umana in aggiunta a conseguentemente portare a più bassi valori della fertilità.


La prima parte dell'intervista a Rajendra Pachauri.

domenica 14 novembre 2010

Intervista a Rajendra Pachauri, presidente dell'IPCC (Parte 1)


Rajendra Pachauri, presidente dell'IPCC, ha gentilmente acconsentito a un'intervista per il blog "Cassandra". Il risultato sono quattro pagine di testo che trovate nell'originale in inglese a questo link. Pachauri si rivela persona molto diplomatica, come è ovvio che sia dato il suo ruolo. Ci da però molte interessanti informazioni. In questa prima parte, ci racconta qualche cosa della sua carriera di economista preoccupato per il cambiamento climatico (cosa che non è piaciuta a tutti i suoi colleghi). Poi ci parla degli eventi recenti e dell'attacco personale che ha ricevuto dal "Sunday Telegraph" - che è stato costretto a ritrattare le infami accuse fatte.



1. Dr. Pachauri, per prima cosa grazie per aver acconsentito a questa intervista. Poi, potrebbe dirci qualcosa su di lei? Il suo curriculum è pieno di titoli di studi, onori, premi, presidenze, posti di professore, eccetera. Ma io credo che il pubblico non abbia una chiara idea si chi lei sia, soprattutto nei paesi occidentali: Qual'è il suo background culturale? Dove è cresciuto e come è diventato presidente dell'IPCC?. Come ha influito sulla sua carriera il fatto di essere nato in India?

Non sono sicuro di poter dire tante cose su di me. Ho cominciato la mia carriera come ingegnere e nel periodo del mio master in ingegneria industriale ho cominciato a studiare economia come un area di minore importanza. L'ho trovata una materia così stimolante che ho deciso di cambiare i miei interessi accademici e alla fine sono diventato un economista dell'energia. Sono uno dei pochi che hanno creato l'associazione internazionale per l'economia dell'energia (IAEE), un'organizzazione di professionisti a livello globale della quale sono diventato presidente nel 1988. Nel corso del mio lavoro accademico, sono diventato acutamente conscio degli impatti ambientali dell'intero ciclo dell'energia. Questo mi ha portato a studiare la scienza che sta dietro al problema del cambiamento climatico. L'effetto degli studi che ho fatto è stato che mi sono convinto della gravità del cambiamento climatico come una delle sfide principali che sono di fronte alla professione dell'economista dell'energia. Durante la mia prolusione annuale all'IAEE nel 1988, ho messo in luce l'importanza di considerare il cambiamento climatico come una parte integrale della politica energetica (cosa che non è piaciuta per niente ad alcuni dei miei colleghi molto conservatori dell'IAEE). E' stata la produzione e l'uso dell'energia che ha causato il cambiamento climatico generato dall'uomo. Così, sono diventato Autore Principale nel secondo rapporto IPCC e sono stato eletto vice-Presidente per il terzo rapporto. Ho poi deciso di presentarmi per la presidenza dell'IPCC nel 2002 è sono stato fortunato da essere eletto in quel ruolo con un margine molto ampio.

Il fatto di essere nato in India mi ha reso acutamente conscio dei problemi della povertà - la vulnerabilità dei poveri agli impatti del cambiamento climatico. Tuttavia, io vedo il problema climatico come globale; per il quale ci vogliono soluzioni che coinvolgono tutti gli angoli del globo.

2. Come presidente dell'IPPC lei è stato oggetto - come ci si poteva aspettare - di attacchi di tutti i generi, il più recente è stato quello da parte di Richard North e Christopher Booker sul Sunday Telegraph. E' una cosa buona che lei sia riuscito ad ottenere che la verità sia ristabilita, ottenendo una lettera di scuse dal Telegraph. Sfortunatamente, le bugie sopravvivono a lungo nella mente della gente. Ci potrebbe raccontare la sua impressione su questi eventi? Il Telegraph se l'è cavata con solo qualche riga di scuse a denti stretti oppure - sperabilmente - c'è di più che dovranno fare per ripagare il danno fatto?

Non mi sarei mai aspeato di ricevere attacchi di questo genere, in particolare da parte di gente che impiega i più bassi livelli di menzogna. Ho trovato curioso che questi attacchi sono arrivati a valanga come se fossero stati programmati per essere lanciati dopo due anni interi che l'IPCC aveva ricevuto il premio Nobel per la pace insieme all'ex Vicepresidente degli Stati Uniti Al Gore. Ho cercato pazientemente di convincere il Sunday Telegraph a ritrattare il loro articolo infame che ha dato inizio alla pioggia di pubblicazioni e rapporti ripetitivi che ne sono seguiti. Tuttavia, sono stati sordi alle mie comunicazioni decenti e giustificate. Alla fine, non mi è rimasto che assumere degli avvocati competenti di Lonra e cercare la possibilità di dare inizio a un'azione legale nel Regno Unito con l'accusa di diffamazione. Dopo molti scambi che i miei legali hanno avuto con il giornale, si sono decisi a pubblicare un articolo di scuse e a pagare le spese legali al livello di 53.000 sterline. Credo che avrei potuto portare l'azione legale alla sua logica conclusione e insistito per il pagamento di danni, che poi avrei donato a un'istituzione non-profit come faccio con tutti i fondi che ricevo in aggiunta al mio salario da parte di TERI. Tuttavia, credo di avere usi migliori per il mio tempo che trovarmi coinvolto in un'azione legale, in particolare dopo che il giornale ha pubblicato una lettera di scuse e tirato fuori 53.000 sterline. 

Segue.....

Un'update sugli attacchi a Pachauri da parte del Sunday Telegraph si trova in questo articolo di George Monbiot. Vedi anche questo articolo e quest'altro sul blog Cassandra.

sabato 13 novembre 2010

Non c'è ragione di preoccuparsi per il cambiamento climatico!


Possiamo tutti tirare un sospiro di sollievo, ragazzi. Dio ha promesso che non distruggerà la terra un'altra volta dopo il diluvio universale - dopo Noé, non avremo bisogno di un'altra arca. E, allora, possiamo stare tranquilli: il riscaldamento globale ci fa un baffo.

Perlomeno così ha dichiarato il membro del congresso degli Stati Uniti, John Shimkus, che aspira a diventare il presidente del comitato per l'energia e l'ambiente. E chi siamo noi per non fidarci?

http://www.dailymail.co.uk/news/article-1328366/John-Shimkus-Global-warming-wont-destroy-planet-God-promised-Noah.html

giovedì 11 novembre 2010

La sindrome di Venere




Venere: un pianeta ben diverso dalla Terra, con una temperatura di superficie di 460 C causata dall'effetto serra associato a un'atmosfera satura di CO2. Purtroppo, Venere ci mostra un possibile destino del nostro pianeta via via che l'intensità dell'irradiazione solare aumenta. In principio, ci vorranno ancora centinaia di milioni di anni prima che la Terra si trasformi in un inferno di fuoco come Venere, però non si può escludere che possa avvenire anche molto prima. Questa è l'opinione di James Hansen che nel suo libro "Tempeste" accusa gli scienziati di non dire veramente al pubblico quali sono i rischi che corriamo con il cambiamento climatico in corso.


Vi consiglio di leggere il libro di James Hansen "Tempeste," però facendo attenzione a una cosa. State attenti a non avere a portata di mano strumenti taglienti o contundenti mentre lo leggete; altrimenti potreste essere tentati di usarli contro voi stessi.

Quello di Hansen è un libro complesso e che affronta una molteplicità di argomenti; sia politici che scientifici. Il nocciolo della faccenda è - comunque - l'accusa che fa Hansen ai suoi colleghi climatologi di essere troppo conservativi, di non voler raccontare in pubblico i rischi che corriamo con il riscaldamento globale. Ovvero, secondo Hansen, i rischi potrebbero essere molto più gravi e immediati di quanto uno non si possa rendere conto dai rapporti IPCC, dai dati pubblicati e, in generale, da quello che si dice nel dibattito.

Quali sono questi rischi? Beh, secondo Hansen e altri quello che si rischia è un "runaway greenhouse effect", un "effetto serra incontrollato" che potrebbe essere generato dalla liberazione in atmosfera degli idrati di metano. Questo potrebbe portare a un riscaldamento talmente intenso da causare l'estinzione della maggior parte dei vertebrati, come è già successo alla fine del Permiano, 250 milioni di anni fa. Al limite estremo, potrebbe portare all'evaporazione degli oceani e alla sterilizzazione del nostro pianeta, che diventerebbe un gemello di Venere dove queste cose sono accadute centinaia di milioni di anni fa.

Ora, prima di mettervi a urlare "dalli al catastrofista" notate che queste non sono previsioni - sono scenari. Ovvero, sono eventi incerti ma fisicamente possibili. Sappiamo che l'intensità della radiazione solare aumenta gradualmente - molto lentamente, ma inesorabilmente - circa il 6% in più ogni miliardo di anni. Se la Terra deve mantenere una temperatura compatibile con la vita, questo aumento deve essere compensato dall'ecosfera terrestre con una riduzione della concentrazione di CO2. Questa concentrazione si deve dimezzare, circa, per ogni 2% di aumento dell'intensità della radiazione solare. Questo è quello che è osserviamo nel passato geologico della Terra: la concentrazione di CO2 si è gradualmente ridotta mantenendo la temperatura entro i limiti necessari per il mantenimento della vita.

Oggi, come fa notare Hansen, ci troviamo in una situazione in cui il sole non è mai stato così intenso come nel passato e - contemporaneamente - stiamo immettendo nell'atmosfera una gran quantità di gas serra a una velocità mai sperimentata nel passato del pianeta. Gli effetti di queste due condizioni combinate sono imprevedibili. Può darsi che non succeda niente di veramente grave a parte un riscaldamento di qualche grado; oppure può darsi che tutto il sistema vada fuori equilibrio - appunto - la sindrome di Venere.

Attenzione: questo non vuol dire che ci aspettiamo che una cosa del genere accada in tempi brevi. Anzi, ci sono ragionevoli argomentazioni per dire che potrebbe non accadere mai. Ma non possiamo escludere l'ipotesi peggiore. E, comunque, non importa nemmeno finire come Venere. Basterebbe qualcosa di simile a quello che è successo alla fine del Permiano per spazzare via la specie umana e la maggior parte dei vertebrati. Questa è una cosa che è già successa e quindi è provato che potrebbe succedere di nuovo.

Fatemelo ripetere: questi sono scenari, non previsioni. Una previsione è qualcosa che uno si aspetta che accada in un tempo specifico. Uno scenario è qualcosa che potrebbe accadere - non si sa quando ma per il quale è bene essere preparati. Uno si mette la cintura di sicurezza quando entra in macchina non perché prevede un frontale contro un TIR proprio quel giorno. Se la mette perché lo scontro con un TIR (o cose del genere) è un evento possibile. E' uno scenario, non una previsione.

Su questo punto, non è il solo Hansen a notare la reticenza degli scienziati. Parlare chiaramente di certi rischi non è cosa molto popolare. Fate caso al quarto rapporto dell'IPCC: la faccenda del rischio connesso con gli idrati di metano non c'è nella "sintesi" e meno che mai nel "summary for policymakers". La trovate solo nelle sezioni I e II, si, ma bisogna andarsela a cercare.


Quindi, alla fine dei conti, il problema posto da Hansen è un problema di comunicazione. E, in effetti, il dogma fino ad oggi nella comunicazione pubblica sul cambiamento climatico è stato di non allarmare la gente. Il terrore è quello di essere tacciati di "catastrofismo", di scatenare reazioni imprevedibili e forse anche violente, di allontanare la gente spingendola verso chi gli racconta bugie rassicuranti.

Però, pensateci solo un attimo: tutto questo è esattamente quello che sta succedendo. Gli scienziati sono tacciati di catastrofismo e allarmismo, oggetto di minacce di morte e di cacce alle streghe e c'è pieno, là fuori, di gente che fa successo raccontando bugie rassicuranti. Quindi, è possibile che sia stato un clamoroso autogol quello di cercare a tutti i costi di non allarmare troppo la gente?

A questo punto, ci accorgiamo che il problema è uno di strategia di comunicazione. Come dobbiamo comunicare il pericolo del cambiamento climatico? Con quali dati? A chi? Con quali obbiettivi?

Appena ci poniamo queste domande, vediamo che una strategia di comunicazione non esiste. Sono domande che, semplicemente, nessuno si è mai posto in modo professionale. Gli scienziati non sono preparati in questo campo. Non è il loro mestiere e questa è probabilmente una delle ragioni principali del clamoroso insuccesso del tentativo di prendere misure serie contro il cambiamento climatico.

Ora, io non sono uno specialista di comunicazione e non so se veramente potrebbe essere opportuno un cambiamento di strategia nel modo in cui comunichiamo certe cose. Vedo però che peggio di così le cose non potrebbero andare. Allora, non sarebbe il caso di provare a smettere di sforzarsi di indorare la pillola a tutti i costi?

Attenzione: questo che sto dicendo non vuol dire lanciare allarmi ingiustificati. Assolutamente no; ripeto che vuol solo dire che dobbiamo raccontare le cose come stanno. Vuol dire che la fisica del cambiamento climatico ci indica che eventi catastrofici sono possibili, e non li possiamo ignorare. E se non li possiamo ignorare, vuol dire che dobbiamo dire pubblicamente e con chiarezza che questi rischi esistono.

Questa, perlomeno, è la posizione di Hansen; che anche lui è uno scienziato, non uno specialista in comunicazione. Io tenderei a essere d'accordo con lui, ma c'è qualcuno che legge che è un professionista in queste cose e che ci può dare un'opinione informata? E, anche se non siete specialisti, che cosa ne dite?


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Ah.... sul "runaway greenhouse effect" potete dare un'occhiatina a questo link - vale la raccomandazione fatta all'inizio. Evitate di avere vicino a voi oggetti taglienti o contundenti.


http://csep10.phys.utk.edu/astr161/lect/venus/greenhouse.html

Oppure anche potete guardare questo video, alquanto agghiacciante, di Stephen Hawking

http://www.youtube.com/watch?v=weHr1aTC5-o&feature=related