lunedì 15 marzo 2010

Mitopoiesi: ovvero il trionfo della propaganda




Professore universitario in pensione, chimico fisico. Frase sentita alla mensa universitaria. "Ho sentito dire che hanno fatto delle intercettazioni telefoniche e che i climatologi hanno confessato di aver falsificato i dati."

Ricercatore precario, chimico organico. Frase sentita a un convegno. "Nessuno può dire come evolverà il clima. Anche i climatologi non sono sicuri se andiamo verso il riscaldamento globale o verso una nuova era glaciale".

Studente di Chimica del terzo anno. Frase arrivata in una email. "Ormai è certo che è il sole a causare i cambiamenti climatici."

domenica 14 marzo 2010

La pattumiera del clima



 Esporre con chiarezza un problema complesso come quello climatico è sempre difficile. Qui, faccio qualche considerazione in proposito, proponendo che l'immagine da usarsi per spiegare il concetto è quella di una pattumiera che si riempie fino a traboccare. E' la situazione della nostra atmosfera. 



Colin Campbell, presidente di ASPO internazionale, ha un'immagine che usa spesso per introdurre il picco del petrolio. Dice: pensate a un bicchiere di birra: comincia pieno, via via che lo bevete ce n'è sempre di meno e, alla fine, non ce n'è più.

Certo, la questione del picco del petrolio è più complicata di così (per esempio, vedi qui per un analisi un po' formale della cosa). Ma l'immagine del boccale di birra di Campbell, alla fine dei conti, cattura l'essenziale della faccenda. E' un esempio semplificato quanto volete ma, dal punto di vista della fisica del sistema, è sempre meglio delle fesserie di quelli che ci vorrebbero far credere che il petrolio è infinito o quasi. La gente queste cose le capisce e quello del boccale di birra è un esempio che li aiuta a inquadrare il problema.

Il problema con il riscaldamento globale è che non c'è, almeno a prima vista, un esempio così semplice e evidente. Ho parlato in un post precedente del fatto che soltanto una piccola frazione della popolazione è in grado di capire la fisica della faccenda. Possiamo fare del nostro meglio per essere chiari e comprensibili quando spieghiamo come funzionano cose come il forcing radiativo, i feedback climatici, o i modelli di circolazione globale; tuttavia per la maggior parte di noi rimane difficile capire esattamente la concatenazione di cose che fa si che andando in automobile in Italia uno contribuisce un po' al fatto che il permafrost siberiano si scioglie.


Pensandoci sopra, tuttavia, sono arrivato alla conclusione che non è per niente impossibile trovare dei modi comprensibili ed efficaci per illustrare la questione climatica. Però, invece di parlare di un bicchiere di birra che si svuota, dobbiamo parlare di una pattumiera che si riempie. L'atmosfera è la nostra pattumiera. Così come avevamo pensato all'inizio che il petrolio fosse così abbondante che non sarebbe finito mai, allo stesso modo ci era parso all'inizio che l'atmosfera fosse pattumiera infinita nella quale potevamo scaricare di tutto. Non era così: il boccale di birra del petrolio comincia a apparire vuoto e la pattumiera dell'atmosfera sta dando evidenti segni di essere troppo piena.

Quelli di noi che si occupano di esaurimento delle risorse queste cose ce le hanno ben chiare; non per nulla i membri di ASPO-Italia hanno approvato all'unanimità un documento che appoggia l'interpretazione corrente del riscaldamento globale che lo vuole in gran parte causato dall'attività umana. Quando diciamo "esaurimento", in effetti, non vuol dire che la risorsa sparisce. Niente sparisce: le risorse vengono semplicemente trasformate in cose che non ci sono utili; anzi, che ci fanno danni. In altre parole, "consumare" una risorsa vuol dire trasformarla in un rifiuto. E non c'è dubbio che di rifiuti in questo periodo ne stiamo creando di tutti i tipi. Ne è un buon esempio la robaccia che scarichiamo in discarica o che ci riduciamo a bruciare negli inceneritori per non essere capaci di trovare una soluzione migliore.

Allora, il CO2 che scarichiamo nell'atmosfera è soltanto uno dei tanti rifiuti che scarichiamo in giro. E' un rifiuto un po' particolare, non puzza, non è un veleno per gli esseri umani, è necessario per le piante. Ma, come per tante altre cose, l'effetto dipende dalle dosi: nella giusta dose il CO2 è necessario per l'ecosistema, in dosi eccessive causa danni in termini di riscaldamento globale. Il CO2 non è la sola sostanza a causare questo effetto ma, al momento, è la principale.

Alla fine dei conti, è una questione di limiti. Chi non si rende conto che esistono limiti a quello che gli esseri umani possono fare tende a prendere posizione negando sia l'esaurimento delle risorse sia la realtà del riscaldamento globale causato dall'uomo. Ma questo pianeta non è infinito. Non solo stiamo esaurendo risorse preziose e non rinnovabili, ma se continuiamo a trattare il nostro pianeta come se fosse una pattumiera, finirà per traboccare. In fondo, è tutto qui.



giovedì 11 marzo 2010

Seduti sopra il vulcano



Vivere sulle pendici di un vulcano può sembrare qualcosa che tocca soltanto agli abitanti delle frazioni vesuviane vicino a Napoli. Ma tutti siamo seduti sopra un vulcano planetario: quello degli idrati di metano che potrebbero causare un riscaldamento globale drastico e irreversibile. Un recente articolo apparso su Science indica una tendenza preoccupante di rilascio di metano in atto dagli idrati polari


Il metano è uno dei "gas serra" (o gas climalteranti) dell'atmosfera, uno di quei gas che assorbono il calore e lo trattengono nell'atmosfera, riscaldandola. L'aumento della concentrazione dei gas serra è la causa principale del riscaldamento globale.

Di solito, quando si parla di gas serra si parla più che altro del CO2, il biossido di carbonio. Ma l'atmosfera è un sistema complesso dove ci sono vari gas serra che interagiscono fra di loro. Fra questi c'è il metano che è un gas serra più potente del CO2 ma che si trova nell'atmosfera in concentrazioni molto più piccole. A causa di queste basse concentrazioni, i suoi effetti sulla temperatura globale sono molto minori di quelli del CO2. C'è però una forma di metano di cui si sa poco e che potrebbe avere effetti dirompenti sulla temperatura: gli idrati di metano.

Gli idrati (o clatrati) di metano sono detti "il ghiaccio che brucia". Li si possono accendere con un fiammifero, come si vede in questa foto.

E' metano intrappolato nel ghiaccio, tipicamente nel permafrost delle regioni polari. E' il risultato di processi biologici molto antichi; un po' come il petrolio. Da molto tempo si parla di immense riserve di metano negli idrati e della possibilità di estrarlo per utilizzarlo come combustibile. Per ora, le difficoltà sono state tali che non se ne è fatto di niente e, sperabilmente, non lo si farà mai dato che le conseguenze potrebbero essere disastrose. Come nel caso del petrolio, potrebbe non essere cosa buona far ritornare in superficie cose che sono state intrappolate molto a lungo sottoterra.

Gli idrati di metano sono una immensa sorgente potenziale di gas serra e non c'è garanzia che rimangano tranquilli dove sono per sempre. Ci resteranno finché la temperatura planetaria rimane costante, più o meno. Ma se si alza, come si sta alzando a causa dell'immissione di CO2 nell'atmosfera, allora non è affatto detto che il metano rimanga congelato nel permafrost.

Se il permafrost si scalda, rilascia metano. Il metano rilasciato causa un ulteriore riscaldamento. Questo riscaldamento causa il rilascio di ulteriore metano e via così. Parte del metano emesso viene gradualmente trasformato in CO2 da processi biologici, ma questo cambia poco al fatto che il risultato di questa catena di eventi è un rilascio sempre crescente di gas serra nell'atmosfera. La conseguenza non può essere che un disastroso riscaldamento planetario, anche peggiore degli scenari più pessimistici presentati dai climatologi che parlano anche sei gradi di temperatura in più.

Questa esplosione dei clatrati viene detta in inglese il "cannone a clatrati" (clathrate gun). Tenendo conto che il cannone è puntato contro di noi, è chiaro che è un'espressione piuttosto efficace.

Può veramente succedere una cosa del genere entro i prossimi decenni? Non lo possiamo dire con certezza, ma alcune cose le sappiamo: una è che la concentrazione di metano nell'atmosfera sta aumentando, l'altra che il permafrost sta rilasciando grandi quantità di metano, come riportato anche di recente su Science. Non è detto che questo rilascio sia un fenomeno eccezionale, ma nemmeno che non lo sia. Dopotutto, ci troviamo oggi in condizioni di composizione dell'atmosfera che non si sono mai verificate nell'ultimo milione di anni in termini di concentrazione di CO2. Queste condizioni eccezionali potrebbero portare a delle conseguenze eccezionali come, appunto, il rilascio di metano dagli idrati. Per quanto ne sappiamo, questo rilascio è già avvenuto diverse volte nel remoto passato e i risultati sono stati molto spiacevoli: riscaldamento planetario accompagnato da estinzioni di massa e distruzioni varie.

Come minimo, dobbiamo studiare questa faccenda molto seriamente per cercare di capire cosa sta succedendo. Non sappiamo se il rilascio degli idrati potrebbe avvenire in millenni, secoli, o soltanto decenni, ma non possiamo escludere nessuna ipotesi. Sappiamo che ci deve essere un limite di temperatura oltre il quale non si deve andare se non si vuole causare un rilascio catastrofico. Non sappiamo quale sia esattamente questo limite, ma quasi certamente esiste e sarebbe bene determinarlo per evitare di sorpassarlo.

E se venisse fuori che la miccia del cannone a clatrati è già accesa? Ovvero, che il limite di temperatura è già stato sorpassato? Beh, sarebbe una situazione interessante (termine inteso nel senso dell'antica maledizione cinese). Una volta che il processo di rilascio del metano dagli idrati è partito su larga scala, non c'è modo di fermarlo. Si fermerà da solo soltanto al momento in cui non ci sarà più metano da rilasciare e a quel punto ci troveremmo ad abitare in un pianeta completamente diverso da quello in cui siamo oggi. Non ci sono trattati internazionali che tengano e neppure doppi vetri e pannelli isolanti. L'unica possibilità di sopravvivenza per gli esseri umani sarebbe di abbassare la temperatura del pianeta per mezzo di misure veramente drastiche di geoingegneria: schermi solari orbitanti, spruzzamento di solfati nell'atmosfera o chissà che altro. Il tutto da inventarsi e mettere in pratica in pochi decenni al massimo: veramente una storia da farci un film. La realtà, tuttavia, potrebbe non essere a lieto fine.

Per quelli che abitano sulle pendici del Vesuvio, è un'opzione possibile quella di cambiare casa e allontanarsi dalla zona pericolosa. Per noi, tuttavia, non lo è cambiare pianeta. L'unico modo per stare tutti tranquilli è di evitare di scaldare il pianeta oltre il limite che farebbe scattare l'eruzione climatica dei clatrati. Siamo ancora in tempo per riuscirci riducendo le emissioni di gas serra. Purtroppo, da quello che è successo negli ultimi tempi nel dibattito climatico, comincio ad avere dei dubbi sulla capacità umana di capire cosa sta succedendo e agire in proposito.

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Di idrati di metano ho già parlato in altre pagine web; fin dal 2005

http://www.aspoitalia.it/documenti/bardi/motoclima/motoclima.html

http://www.climalteranti.it/2009/12/08/il-punto-di-non-ritorno-del-clima/

http://aspoitalia.blogspot.com/2009/08/la-strategia-dei-maya-estrarre-gas.html

http://ugobardi.blogspot.com/2010/03/lincubo-peggiore.html

martedì 9 marzo 2010

Fiducia, rispetto e propaganda.

 

Questo diagramma, preso da "linguaditerra" ci da un'idea dell'estrema difficoltà che abbiamo davanti se vogliamo coinvolgere la popolazione sulla questione del riscaldamento globale. I dati non sono recentissimi, ma la situazione non credo sia cambiata molto a oggi, anzi potrebbe essere peggiorata. Allora, vediamo che circa il 65% della popolazione viene classificata come composta di "analfabeti" o "semianalfabeti" funzionali. Questo vuol dire che non sono normalmente in grado di decifrare un messaggio scritto che non sia di semplicità estrema. Questo analfabetismo che riguarda la lingua scritta si riflette poi sulla capacità di decifrare un messaggio di tipo tecnico o scientifico.

Ora, se prendiamo il problema climatico, si vede subito da questi dati qual'è il problema di spiegarlo alla gente. La catena di eventi che fa si che guidare un'automobile in Italia da un contributo alla fusione della calotta artica è una cosa che può essere capita soltanto con un minimo di preparazione scientifica. Dai dati di cui sopra, vediamo che la frazione di persone in Italia con quel tipo di preparazione potrebbe essere, al massimo, di qualche percento della popolazione.

Eppure, il fatto che "la gente" non abbia gli strumenti culturali adatti a capire certe cose non vuol dire che siano scemi; assolutamente no. La gente siamo noi, siamo le nostre famiglie, i nostri amici, siamo padri e madri preoccupati per i nostri figli. Ricchi o poveri, colti o ignoranti, vogliamo sapere come stanno le cose sulla questione del riscaldamento globale e su tanti altri argomenti importanti. E queste cose le possiamo sapere se abbiamo fiducia negli esperti e se gli esperti hanno rispetto per noi.

Se ci pensate sopra un attimo, tantissime cose che si fanno normalmente si fanno su questa base: fiducia e rispetto reciproci. Pensate al dottore che vi cura, al maestro che vi insegna qualcosa, anche semplicemente al meccanico che vi ripara l'automobile. Per essere curati dal vostro dottore non avete bisogno di una laurea in medicina per capire esattamente il meccanismo biomolecolare del funzionamento della medicina che prendete. Avete bisogno di fiducia nel medico che vi prescrive quella medicina. E il vostro medico si guadagnerà la vostra fiducia se vi rispetta come persone, e non invece vedendovi soltanto come un caso clinico. Se vi rispetta, vi potrà spiegare come funziona quella medicina e perché la dovete prendere.

E' possibile costruire questo rapporto di reciproco rispetto e fiducia fra esperti e pubblico sulla questione del riscaldamento globale? Si, è possibile. Se guardate la storia di come il problema era stato affrontato all'inizio, vedrete che era esattamente così che il rapporto fra esperti e pubblico si stava sviluppando. C'erano conferenze e rapporti sul clima che nessuno contestava. Nessuno offendeva gli scienziati dandogli di bugiardi e di imbroglioni. I politici mettevano la questione del riscaldamento globale al centro della loro azione. Insomma, il pubblico aveva fiducia negli esperti che - da parte loro - questa fiducia in qualche modo se l'erano guadagnata.

Questo rapporto di fiducia e di rispetto è continuato finché il problema climatico non è andato a impattare contro interessi economici consolidati; quelli delle lobby del petrolio e del carbone, principalmente. A questo punto, è entrata in gioco la propaganda - un meccanismo ben collaudato e ben finanziato che è stato messo in azione per distruggere tutto quello che era stato costruito fino ad allora. 

Se ci pensate sopra un momento, la propaganda anti-scienza che vediamo in azione in questo momento agisce in modo esattamente il contrario di quello che dicevo che si dovrebbe fare. Per prima cosa, mina la fiducia negli scienziati, attaccandoli a livello personale. Poi non ha rispetto per nessuno. In effetti, la propaganda disprezza il pubblico ed è così che deve fare, altrimenti come lo potrebbe imbrogliare? E questo disprezzo lo mostra in continuazione sulla questione del riscaldamento globale. Lo fa banalizzando le cose oppure dando importanza a dettagli inutili o a pure falsità. Così, la propaganda vi farà credere che le cose veramente importanti nella scienza del clima sono la temperatura di oggi, certe lettere scritte da qualcuno 10 anni fa, il clima di Plutone, oppure sapere esattamente a che velocità si sciolgono i ghiacci dell'Himalaya. La propaganda non cerca il rispetto o la fiducia di nessuno: cerca solo di distruggere entrambe le cose.

Distruggere è sempre molto più facile di costruire e non c'è dubbio che la propaganda anti-scienza ha avuto molto successo in questi ultimi tempi. Sono riusciti a minare la fiducia del pubblico negli scienziati e a generare una tale confusione che molta brava gente si trova oggi a credere in perfetta buona fede che il riscaldamento globale è tutto un imbroglio. In più, sono riusciti a scatenare un clima da caccia alle streghe che ha dato spazio a un gran numero di persone aggressive e mentalmente instabili per scagliarsi contro i loro incubi personali, in questo caso identificati nei climatologi e negli scienziati in generale.

Possiamo recuperare? Io credo di si. Io credo che ci sia ancora spazio per superare questa fiammata di propaganda. Rendersi conto di quello che sta succedendo è già un grosso passo avanti e far notare alla gente le trappole propagandistiche che li circondano spesso fa miracoli nel far loro capire che li stanno imbrogliando. Noi stessi non dobbiamo cadere nelle trappole mediatiche che ci vengono tese da gente che è pagata apposta evitando di farci menare per il naso in dibattiti insensati. Soprattutto, dobbiamo ricordarci che il pubblico (la gente; e la gente siamo noi) va rispettato. Si tratta di raccontare le cose come stanno. Non sarà facile, ma a lungo andare, la verità finisce per vincere.



lunedì 8 marzo 2010

Verso lo scontro con la tragedia

C'è un post estremamente interessante sul blog di "Lou", "The Cost of energy". Si intitola Verso lo scontro con la tragedia. La tesi di Lou è che la situazione dell'economia, dell'ambiente e del clima si è talmente degradata che molta gente si trova alla disperazione. Per questo motivo, alcuni sono arrivati a un livello di violenza verbale e di intimidazione che prelude a un possibile attacco fisico contro gli scienziati.

Non ce la faccio a tradurvi il post di Lou, ma ve lo riassumo brevemente. Parte da una breve selezione di email ricevute dai climatologi e contententi offese scurrili e minacce di morte. Va poi a indicare i nomi di quelli che hanno dato inizio alla campagna. Sono nomi poco noti in Italia, ma assai conosciuti negli Stati Uniti: Marc Morano, Tom Harris, Marc Milloy e altri uomini di "public relations", pagati dalle lobby dei combustibili fossili e che sanno indubbiamente fare il loro mestiere. Ci sono poi i giornalisti come Glenn Beck e Rush Limbaugh che hanno pubblicamente minacciato di morte chi si è dichiarato a favore dell'idea che l'uomo sia la causa del riscaldamento globale. Infine, il senatore James Inhofe, a sua volta, ha minacciato di processare i climatologi come criminali.

Questa serie di attacchi sui media hanno generato una reazione violenta (per il momento solo a livello verbale) da parte di persone evidentemente alla ricerca di un capro espiatorio per i loro guai. A questo proposito, Lou dice:

"Le persone responsabili per questi atti si sono convinti che il loro modo di vivere, le loro stesse vite, addirittura, sono minacciate da un qualche "Innominabile Entità Malvagia Esterna". Ci sono sempre persone del genere in giro, gente che vive uno spazio negativo e che definiscono se stessi per quello che odiano invece di quello che amano. Per alcuni di loro, il gruppo scelto per entrare nella categoria dell'Entità Malvagia Esterna è quello degli scienziati del clima e di quelli che vorrebbero che tutti noi agissimo in accordo con quello che gli scienziati dicono che dovremmo fare per minimizzare l'impatto umano sul cambiamento climatico."

Vale la pena di leggere il post  per il puro orrore di vedere svilupparsi una situazione di "caccia alle streghe" ormai fuori controllo ma che non è nata per caso. Qualcuno ha soffiato sul fuoco; qualcuno ha voluto questa campagna di odio. Non c'è di che stupirsene: non è certo la prima volta che qualcuno utilizza le tendenze aggressive di persone emotivamente poco stabili per avanzare una tesi politica. Ultimamente, questo modo di agire lo abbiamo chiamato "terrorismo." Per ora, nel dibattito sul cambiamento climatico il terrorismo si limita all'intimidazione, ma queste cose fanno alla svelta a passare ai fatti.


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Vi passo un pezzetto da "Climate Progress" che da un'idea di dove siamo arrivati.


One scientist was called a 

Loudmouth, arrogant, conceited, ignorant wanker”.

The emails frequently accuse the scientists of being frauds who manipulate their research in order to receive funding, such as this one to Ben McNeil at the UNSW:

“It’s so obvious you are an activist going along with the climate change lie to protect your very lucrative employment contract.”

They often blame the recipients of being guilty of crimes, as in this one received by Professor David Karoly at the University of Melbourne:

“It is probably not to (sic) extreme to suggest that your actions (deceitful) were so criminal to be compared with Hitler, Stalin and Pol Pot. It is called treason and genocide.

“Oh, as a scientist, you have destroyed peoples trust in my profession. You are a criminal . Lest we forget.”

Receiving emails like these is unsettling and at times disturbing, which of course is the point. They become worrying when they cross the line to personal threats, such as these sent to Professor Andy Pitman at the UNSW:

“There will be a day of facing the music for the Pitman type frauds… Pitman you are a f**king fool!”

And this one:

“If we see you continue, we will get extremely organised and precise against you.”

When Pitman politely replied to the last, the response was more aggressive:

“F**k off mate, stop the personal attacks. Just do your science or you will end up collateral damage in the war, GET IT.”

All threats have to be taken seriously, and at times warrant calling in the police. The police are able to trace anonymous emails to their sources and take action against those who send them. The police are now advising those who received abusive and threatening emails to resist the immediate urge to delete them and keep them in a separate folder for future reference.

Climate campaigners have also noticed a surge in the frequency and virulence of this new form of cyber-bullying. The following was received by a young woman (who asked that her name not be used):

“Did you want to offer your children to be brutally gang-raped and then horribly tortured before being reminded of their parents socialist beliefs and actions?

“Burn in hell. Or in the main street, when the Australian public finally lynchs you.”

Another campaigner opened her inbox to read this:

“F**k off!!! Or you will be chased down the street with burning stakes and hung from your f**king neck, until you are dead, dead, dead!

“F**k you little pieces of sh*t, show youselves in public!!!”

Greens Senator Christine Milne told me that senators’ inboxes are bombarded every day by climate deniers and extremists, so that now they are running at least 10 to one against those who call for action on climate change.

She describes it as a “well-organised campaign of strident, offensive and insulting emails that go well beyond the bounds of the normal cut and thrust of politics”.

It was widely reported that in the days before the Liberal Party leadership challenge last November, MPs were blitzed with emails from climate deniers. 

Some MPs were spooked into voting for Tony Abbott, the only one of the three contenders who had repudiated climate science. Australia’s alternative government is now led by climate deniers.

Journalists hit

Journalists too have become the victims of cyber-bullying. I have spoken to several, off the record, who have told of torrents of abusive emails when they report on climate change, including some sufficiently threatening for them to consult their supervisors and consider police action.

One was particularly disturbed at references to his wife. Another received the following from someone who gave his name and identified himself as medical representative at major pharmaceutical’s company:

“You sad sack of s**t. It’s ok to trash climate change sceptics yet, when the shoe is on the other foot, you become a vindictive, nasty piece of s**t not able to face the fact that you’re wrong about climate change and you’re reputation is now trash.”

Anonymous emails are usually more graphic.

“Your mother was a goat f**ker!!!!!! Your father was a turd!!!!!!! You will be one of the first taken out in the revolution!!!!!!!! Your head will be on a stake!! C**t!”

Few of those on the receiving end of this hatred doubt that the emails are being orchestrated. Scores of abusive emails over a few hours are unlikely to be the product of a large number of individuals spontaneously making the effort to track down an email address and pour forth their rage.

While some individuals act alone, increasingly the attacks are arranged by one or more denialist organisations. It’s fair to assume operatives in these organisations constantly monitor the media and, when a story or interview they don’t like appears, send messages out to lists of supporters, linking to the comments, providing the scientist’s email address and urging them to let him or her know what they think.

One or two of the cyber-bullies have hinted at the level of organisation, with one following an abusive rant with the comment: “Copies of my e-mails to you are also being passed out to a huge network for future reference.”