venerdì 22 aprile 2016

A piedi nell'Universo, nella giornata della terra



Ce ne dessero una a testa
come la vorresti che cosa ne faresti
chi vorresti ospite chi rifiuteresti
me lo sono chiesto e la risposta
ho sempre preferito rimandarla
domandarmi invece se d'un posto
per un tempo lungo come ferie
d'un Luglio o d'un Agosto sulla Luna
avrei per vedervi da lì la Terra
questo mi ritorna in mente spesso
m'accontento per ora dei racconti
di chi quel posto l'ha ottenuto
certo che é uno strano luogo
dove stipati siamo e per tutti una
ne abbiamo e dover fare che ci basti
e l'astrale resto
fatto di tanto sprecato vuoto
rende sul terrazzo il vaso del basilico
un terreno dal prezzo inestimabile
un solo giorno che di questo ci si scordi
basterebbe da solo a condannarci
a raggiungere un  altro pianeta simile
a piedi nell'Universo.

Marco sclarandis


giovedì 21 aprile 2016

Nel frattempo, in Groenlandia......

Da “The Washington Post”. Traduzione di MR (via Skeptical Science)


Di Chris Mooney

In questa foto del 19 luglio 2011 si formano pozze di ghiaccio fuso sopra il ghiacciaio Jakobshavn, vicino al bordo della vasta calotta glaciale della Groenlandia. (AP Photo/Brennan Linsley)

Un nuovo studio scientifico pubblicato giovedì ha dato l'ennesima botta di cattive notizie sulla Groenlandia – la grande calotta glaciale settentrionale che contiene 6 metri di potenziale aumento del livello del mare. La calotta glaciale si sta “scurendo”, ovvero sta perdendo la sua capacità di riflettere sia la radiazione visibile sia quelle invisibile, man mano che fonde sempre di più, scopre la ricerca. Ciò significa che sta assorbendo maggiore energia solare, cosa che poi alimenta ulteriore fusione. “Lo chiamo cannibalismo di fusione. La fusione alimenta se stessa”, dice Marco Tedesco, l'autore principale dello studio, che è un ricercatore dell'Osservatorio Terrestre Lamont Doherty dell'Università della Columbia. La ricerca è stata pubblicata su The Cryosphere da Tedesco e cinque altri autori di università statunitensi e belghe. Gli scienziati hanno a lungo temuto che, per quanto riguarda la fusione della calotta glaciale della Groenlandia, ci sono numerose delle cosiddette “retroazioni positive”, o processi di auto amplificazione, che possono renderla peggiore.

martedì 19 aprile 2016

Giorgio Nebbia: dopo il referendum, abbiamo bisogno di un vero piano energetico


di Giorgio Nebbia


Prima di tutto voglio dichiarare che il 17 aprile sono andato a votare per il referendum: ho sempre votato per tutti i referendum perché sono chiamati non da un governo, o da un presidente, o da un partito, ma, una volta tanto nella vita, è il popolo “We the People”, che chiede a me personalmente che cosa penso di un certo problema. Da bambino mi hanno insegnato che quando qualcuno chiede qualcosa è buona educazione rispondere, a maggior ragione se è “il popolo” che mi interroga. Poi voglio chiarire che ho votato SI --- inutilmente --- insieme a molti altri milioni di persone, dopo aver ascoltato attentamente le ragioni dei sostenitori del SI, ma anche quelle dei sostenitori del NO, convinto che l’ostinazione nell’estrazione di petrolio e gas a ridosso delle coste dal fondo di un mare che si muove continuamente (i cui “confini” sono un nonsenso ecologico), da giacimenti in via di esaurimento, non giova all’economia dell’Italia, all’occupazione e tanto meno all’ambiente.

Adesso, a mio parere, un governo dovrebbe fare un sensato “piano” energetico, parola che abbiamo sentito ripetere infinite volte; talvolta nei decenni passati i governi hanno fatto dei piani energetici, ma tutti con previsioni di produzione e di consumo di energia sbagliati, il che ha provocato costi pubblici e dolori privati.

L’energia è una cosa che non si vede; si vedono, si comprano e vendono il petrolio, i pannelli solari, il carbone, i rifiuti (si anche quelli vengono bruciati e contabilizzati come fonti di energia, addirittura “rinnovabili”), le pale eoliche, eccetera. Ma l’energia non si vede né si tocca; se ne vedono soltanto gli effetti sotto forma di merci e di servizi, di scatole di conserva di pomodoro e di luce, di carta e di mobilità e conoscenza, eccetera. Un piano energetico ha senso se si comincia a stabilire quali merci e quali servizi si vogliono rendere accessibili ad una comunità e solo dopo si può decidere con quali forme e fonti di energia è bene “fabbricarli” e renderli disponibili ai cittadini con vantaggio per l’economia o per l’occupazione o per l’ambiente.

A tal fine occorre andare su e giù per le 65 righe e colonne delle tavole intersettoriali dell’economia, quelle che contengono i soldi che passano da un settore all’altro e da cui, alla fine, si calcola il Prodotto Interno Lordo.

I soldi di ciascuno scambio sono accompagnati da uno scambio di materiali e di energia sotto forma di calore o di elettricità, milioni di tonnellate di materiali, fra cui carbone e petrolio e gas, prodotti agricoli e legno e minerali e metalli e gomma, eccetera, e 150 milioni di tonnellate di rifiuti solidi che vanno da un posto all’altro, dai campi alle stalle, dalle strade ai negozi, dalle fabbriche alle abitazioni, tutti mossi dall’energia.

A mio modesto parere, senza un simile “piano”, nato dalla capacità di pensare al futuro di un paese e dei suoi abitanti, tutto resta al livello di chiacchiere, fertile terreno per speculazioni e frodi.

La grande sconfitta del referendum: lettera aperta agli ambientalisti



di Ugo Bardi

Ora che il grande rumore del referendum sulle trivelle si è un po' calmato, credo che sia tempo di riflettere su quello che è successo. E, a questo punto, mi sento di poter dire con certezza che è stata una pesante sconfitta per chi, in Italia, si definisce come ambientalista. Non so se questo referendum era nato fin dall'inizio come una trappola contro gli ambientalisti; probabilmente no, ma lo è diventato rapidamente. Arrivati a un certo punto, per il governo (e per la lobby dei fossili che lo sostiene) non c'è stato bisogno di fare altro che stare a guardare mentre gli ambientalisti scavavano la buca nella quale si sarebbero poi seppelliti da soli.

Non servivano particolari virtù profetiche per prevedere come sarebbe andata a finire: bastava guardare la pagina di Wikipedia intitolata "consultazioni referendarie in Italia". Dal 1997, c'erano state sette consultazioni referendarie (oggi sono otto), nessuna delle quali ha raggiunto il quorum, eccetto quella sul nucleare del 2011. Ma, per quel referendum, c'era voluto uno tsunami planetario per smuovere la gente ad andare a votare. Come ci si poteva ragionevolmente aspettare che su un quesito così astruso come quello dell'ultimo referendum si potesse fare di meglio? E allora, non era il caso di prendere un po' le distanze da un referendum che non era nemmeno nato dal movimento ambientalista?

Eppure, non sembra che in molti si siano data la pena di fare questa ricerchina su internet e tutti si sono lanciati a testa bassa a propugnare il "si" anche con iniziative chiaramente fuori misura e controproducenti, tipo quella del "trivella tua sorella." Più che altro, la campagna per il "si" è stata debole, con slogan vaghi e poco efficaci (tipo "difendiamo il nostro mare") che hanno cercato di demonizzare le piattaforme petrolifere, ma senza riuscire a spaventare nessuno. Allo stesso tempo, abbiamo visto fior di rappresentanti del movimento ambientalista: ricercatori, politici, climatologi, gruppi, associazioni e formazioni varie, impegnare il loro prestigio e il loro nome su una battaglia che, come minimo, avrebbe dovuto essere percepita come molto rischiosa, se non completamente senza speranza. E quando uno impegna il proprio nome su una causa, la sconfitta lascia un segno. Un segno che non si cancella facilmente.

Certo, si potrebbe dire, con il Mahatma Gandhi, che in una buona causa non ci sono mai sconfitte. Forse è vero, certo però che ci vuole anche un po' di strategia per vincere una battaglia come quella in cui tanti di noi sono impegnati, quella di salvare il paese dal disastro economico e ecosistemico. Ed è, mi sembra chiaro, proprio quello che manca al movimento ambientalista: un minimo di strategia che non sia dire di no a tutto.

Guardate com'è ridotto il movimento ambientalista inteso come entità politica: a parte fare campagne per il "no" all'energia rinnovabile che "deturpa il paesaggio" cosa fa? Attenzione! Non mi fate dire che non esistono ambientalisti intelligenti: esistono, eccome! E si sta facendo molto, moltissimo lavoro a livello locale. Si sta spingendo per l'efficienza, per le buone pratiche, per la salute di tutti. Il problema, però, è che non tutto si può fare a livello locale, ignorando il problema politico nazionale. La questione della riduzione delle emissioni è una questione politica a livello nazionale ed internazionale: se i governi - incluso quello italiano - non si impegnano seriamente, non si potrà ottenere nulla. Il tentativo, in parte riuscito, del governo di demolire l'industria italiana delle rinnovabili è anche quello un problema politico a livello nazionale: non si installano impianti per l'energia rinnovabile se il governo mette i bastoni fra le ruote, come sta facendo. 

E quindi, il movimento politico che si rifà all'ambientalismo si è autodistrutto in una serie di decisioni sbagliate delle quali l'ultima è stata quella di impegnarsi per il si al referendum. Ma si è autodistrutto, più che altro, non riuscendo a impegnarsi su delle tematiche condivise anche da chi non si ritiene un ambientalista. Se uno vuol decrescere e sostiene di essere "felice", è una sua scelta legittima, ma non è un programma politico che può avere successo.

Allora, permettetemi di domandare se non vi sembra che un movimento ambientalista che voglia avere un minimo di impatto sulla società (e lo sappiamo quanto è disperatamente necessario averlo) dovrebbe essere d'accordo su certe cose fondamentali, soprattutto col fatto che è necessario sostenere l'energia rinnovabile, e sostenerla seriamente e con convinzione.  

Come facciamo a essere allo stesso tempo contro il nucleare e contro il petrolio se non riusciamo a identificare un'alternativa? Ci possiamo riuscire? O continueremo per sempre nella politica del "no a tutto"? Pensateci sopra.








lunedì 18 aprile 2016

Abbiamo perso; è una novità?


pandaCome da pronostico, sconfitta ambientalista.   Un terzo scarso degli aventi diritto è andato a votare ed il referendum non è passato.   Sorpresi?   Quante volte abbiamo già visto questo film?   Non credo che nessuno fra quelli che si sono attivati per il “SI” credesse davvero di poter vincere.

Del resto, questo referendum era nato da una contesa per il potere interna alla macchina dello stato ed al partito di governo.   Allora perché una sconfitta ambientalista?
Innanzitutto direi che bisogna distinguere i due fiaschi che il 17 si sono assemblati: il fiasco dell’istituto referendario ed il fiasco del movimento ambientalista.
referendum 17 aprile 2016Per quanto riguarda il primo, c’è poco da dire se non “Grazie Pannella”.   Fu infatti il leader radicale che, oramai tanto tempo fa, tentò di scardinare la macchina del potere partitico subissando il governo con una massa di referendum che, sperava, avrebbe obnubilato le capacità di reazione dei partiti.   Invece accadde il contrario.   Da un lato, fu messa a punto una tecnica estremamente efficace per boicottare i referendum, come abbiamo visto anche nei mesi scorsi.   Dall'altro, la maggior parte della gente si è stufata di troppe domande, troppo frequenti e troppo tecniche.   Risultato, il più democratico degli istituti è morto ammazzato dal suo più ardente paladino.   Si sapeva anche la settimana scorsa.   Amen.
Il secondo punto è più complicato, a cominciare dal fatto che questo referendum è nato nell'ambito di una lotta per il potere interna al PD ed alla macchina statale.   Tuttavia aveva delle implicazioni ambientali ed il movimento ci si è buttato.   Ha perso, ma quello che mi interessa qui è che non abbiamo perso ieri: abbiamo perso sempre.    Un movimento che 50 anni fa sembrava capace di cambiare l’agenda politico-economica globale si sta disintegrando senza aver ottenuto praticamente nulla.
Un dato questo inoppugnabile alla luce dei fatti: rispetto al 1970, la situazione ambientale del mondo è peggiorata in modo terrificante.   E’ vero, il panda non si è ancora estinto, anzi è in lieve ripresa.   Ma attenzione: ciò non è accaduto in forza di norme ed interventi del governo o di una presa di coscienza popolare.   Bensì come “sottoprodotto” del boom economico ed edilizio cinese che ha drenato verso le grandi città decine di milioni di contadini e montanari.   Questo ha dato temporaneo respiro ai boschi dove vivono i panda, ma intanto è raddoppiato l’inquinamento mondiale e con ogni probabilità abbiamo oramai superato il punto di rottura climatico.   Un po’ quello che è accaduto in Europa negli anni ’50 e ’60, più in grande ed in un contesto globale ben peggiore.
indicatori di crisi
E mentre quasi tutti gli indicatori mondiali di qualità ambientale peggiorano in maniera esponenziale (andate a leggere questo link), perfino sul piano culturale l’ambientalismo ha perso buona parte della la sua forza propositiva.   Ad oggi, in Italia ed in Europa esiste una piccola e radicata nicchia di persone preoccupate per l’ambiente, ma le associazioni storiche stanno scomparendo, quelle nuove non decollano ed alle riunioni si vedono sempre le stesse teste, sempre più bianche.   E mentre sui teleschermi assistiamo alla telecronaca in diretta del collasso della nostra civiltà, continuiamo a ripetere come dei mantra parole ormai prive di senso, come “sostenibilità” ed “efficienza”.   Né servono a molto quei pochi che, viceversa, accettano il ruolo di “foglia di fico” del sistema economico, sempre senza preoccuparsi minimamente di come questo si interfacci con la realtà.
Non è un caso se tutti i testi fondamentali per l’ambientalismo sono vecchi di 50 anni: “Silent Spring” 1962, “The Population Bomb” 1968, “The Entropy Law and Economic Process” 1971, “Limits to Growth” 1972.
Dopo è stato scritto molto e molto a proposito, ma i termini fondamentali della questione erano chiari allora ben più di ora.
Le opzioni possibili invece sono cambiate perché il tempo è passato e molte delle cose che non sono state fatte in passato non potranno essere fatte in futuro.
D'altronde, sull'altro fronte le cose vanno perfino peggio.   Se nel 1970 le principali industrie europee finanziavano lo studio che portò ai “Limiti dello sviluppo”, oggi il panorama economico è dominato da individui che si occupano di grattare il fondo del barile.   Oppure da ingenui che davvero credono che eliminando i pochi brandelli di tutele ambientali e sociali ancora esistenti si possa rilanciare una crescita economica che per noi è finita da anni e per il mondo (probabilmente) sta finendo proprio adesso.   Amen (un’altra volta).
Dunque la domanda che mi pongo è questa:   Ha ancora senso che esista un movimento ambientalista?   Se si, quali gli scopi che si dovrebbe prefiggere?
Non è una domanda nata oggi dalla sconfitta di ieri.   E’ una domanda nata 10 anni or sono dalla sconfitta di 50 anni consecutivi in cui non è stato possibile modificare di un millimetro la traiettoria suicida della civiltà umana.   Oggi semplicemente la ripropongo, perché ancora non ho trovato una risposta.
sconfitta e attesa       La aspetto, non ho fretta.


Come sfottere i referendari.


A commento del referendum di ieri, mi sembra che questo post ci stia tutto e ci stia benissimo!

Dal blog "Argento Fisico" di Er Monnezza

Renzie sfotte i referendari: "sconfitto chi aveva scopi personali" (!!!), #ciaone ...






Tho, che bello eh? Ci sputa pure in faccia, sto sboroncello da canonica del cazzo. Proprio parente stretto dei vari Lupi, Forminchioni ...

Il Fatto - Referendum trivelle, Renzi: “Sconfitto chi aveva scopi personali”.


Chi e' che aveva scopi personali? Io? Poi ti stupisci e fai la vittima e gridi "ai nazisti" se ti mandano a fare in culo? (notere dietro a PittiGrullo, oltre ai culi dei cavalli, tal Guidi ... e vedere sotto il link a tutti gli indagati del PD su trivellopoli)

La Cosa - Lo scandalo #Trivellopoli spiegato in 3 minuti

Total, amici degli amici, mariti non mariti, politici del PD ... a sfregio, proprio, le uscite di sto arrogante cazzoncello faccia da beota, Bertoldo Bertoldino e Cacasenno, mangiapane (e caviale) a tradimento.

Ma perche' agli italiani devono sempre piacere gli sboroncelli cazzoni e furbetti del cazzo, gli sparacazzate paraculati? .. ah, si, perche' cosi' e' l'italiano medio, certo, che sciocco. Ignorante, paraculo, cazzone .. traditore e voltagabbana ... gia'.

Poi leggo dalla Tampieri che su twitter sti renziani si sono anche divertiti a fottere con un bel #ciaone.

Che bello eh? Ora saremo energeticamente indipendenti! Yeah! :D .. e la benza costera' 20 cent al litro :D ... si, credici.

Comunque almeno bisogna ringraziare questa kermes perche' almeno adesso qualcuno in piu' sa come l'Italia e' il paradiso fiscale delle multinazionali petrolifere, che pagano le royalties piu' ridicole del pianeta, roba che persino nelle repubbliche delle banane africane pagano il doppio o il triplo (rimetteranno in pari il bilancio energetico del paese! .. tz) - un po' di persone in piu' sanno che in Romagna le citta' srofondano e si paga gia' piu' in ripascimenti per i bagnini di quanto di guadagna con le royalties, ecc, ecc. ... non si e' comunque mai parlato di quanti posti di lavoro ha massacrato Renzie nelle rinnovabili da quando e' al potere .. si vede che quelli sono posti di lavoro di serie B.

PS: Guarda che simpatica manipolazione delle menti anche qua (RAI 3):




chi non nota di che sto parlando e' radiato dal sito a vita

domenica 17 aprile 2016

Referendum: in una buona causa, non ci sono mai sconfitte





Il Mahatma Gandhi aveva sicuramente ragione quando ha pronunciato la frase che da il titolo a questo post. Credo però che sarebbe d'accordo anche lui che a furia di prendere mazzate sulla testa, uno finisce per sentire anche male.

Me lo aspettavo (vedere il mio post precedente) ma non ne sono certamente contento. Vi dirò che stamattina, quando c'era stato un momento di ottimismo sulla possibilità di arrivare al quorum, avevo avuto un attimo di felicità al pensiero che potevo aver cannato completamente la mia previsione. Ma non è andata così.

Non tutto è perduto, però, se da questa esperienza impareremo come ambientalisti perlomeno che ci sono delle cose che non dovremmo fare, ovvero: a) dire di no a tutto, b) essere quelli che perdono sempre, c) cascare sempre nelle trappole che ci tendono.