giovedì 13 giugno 2013

La realtà ci sta sommergendo?




Da “The frog that jumped out”. Traduzione di MR


Non so quale sia la vostra impressione; forse sono prevenuto, ma ho questa sensazione di accelerazione, di qualcosa che sta bollendo nella mente delle persone. Sempre più persone stanno entrando nella mischia e lo stanno facendo con forza e con argomenti robusti. E non solo scienziati: persone con diversi background e capacità si stanno facendo avanti. L'ultimo articolo nel quale mi sono imbattuto è di Gaius Publius. Ancora una volta non si tratta di uno scienziato climatico. E' scritto molto bene ed è un esempio di come comunicare il pericolo del cambiamento climatico. La verità ci sta finalmente sommergendo?


Di Gaius Publius 01.05.2013 

Mi sto preparando a ritornare sulla crisi climatica, cominciando con qualche riformattazione dei primi post delle Serie Climatiche — il passaggio a Wordpress non è stata gentile con loro – e l'organizzazione di questo materiale in forma di libro (nel lavoro c'è anche un racconto sul tema del clima; fan del thriller, restate in ascolto). Di conseguenza sto facendo uno studio serio per affinare entrambi i concetti (o, piuttosto, la spiegazione degli stessi) e la datazione degli eventi in arrivo (la crisi ai suoi vari livelli).

La prima parte di questo ritorno comprende include due apparizioni sui media questa settimana. Sarò presente a 'Virtually Speaking With Jay Ackroyd' questo martedì 2 maggio alle 9 di sera (ora dell'est) per discutere della crisi climatica per un'ora intera, seguita da un'apparizione domenicale con Avedon Carol come parte del gruppo mediatico di 'Virtually Speaking Sundays'. E' la discussione sul clima sulla quale mi voglio concentrare qui e mi piacerebbe farlo concentrandomi su 3 grafici ed alcuni riferimenti ai miei precedenti articoli sul clima.

La catastrofe climatica ci proietterà in una nuova era geologica

La storia della Terra è suddivisa in Eoni, poi Ere e poi Periodi. Ma di fatto, prima del periodo Cambriano, quando la vita sulla Terra è esplosa in numero e specie, la storia della Terra è la storia della non vita o della vita mono o multicellulare. E a partire dal periodo Cambriano, c'è comunque un solo “eone”. Sono le sue ere e periodi che ci interessano.

Quindi, cominciamo lì, col Periodo Cambriano e lo sbocciare della vita sulla Terra. Prendete in considerazione il grafico qui sotto:


La divisione in alto sono i periodi geologici, a partire dal Cambriano (“Cm”). Il periodo della “vita visibile” - vale a dire una proliferazione delle specie dal guscio duro. E' la grande esplosione della vita sulla Terra. I numeri in basso sono i milioni di anni fa. I picchi mostrano eventi estintivi, con la percentuale di specie marine estinte espresse sull'asse verticale delle ordinate (y). Il grafico non le sottolinea, ma a partire dal periodo Cambriano abbiamo avuto 3 ere geologiche (le divisioni più grandi).

Era Paleozoica — “vita primeva”
Era Mesozoica — “vita mediana” o l'Era dei Rettili (i giorni dei dinosauri)
Era Canozoica — “vita nuova” o l'Era dei Mammiferi (noi compresi)

L'Era Paleozoica va dall'inizio del grafico al grande picco di 250 milioni di anni fa sull'asse delle ascisse (X). Essa comprende sei periodi geologici ed è terminata nel più grande evento estintivo di massa del pianeta – i geologi lo chiamano la “Grande Moria”.

L'Era Mesozoica va dalla Grande Moria di 250 milioni di anni fa al grande picco di 65 milioni di anni fa, l'evento che ha spazzato via i dinosauri – ed ogni altra specie grande. Ciò ha spianato la strada ai mammiferi ed ha loro permesso di crescere in dimensioni e di prosperare. 

Ora ci troviamo nell'Era Cenozoica. Tenete a mente queste transizioni - quando le estinzioni di massa cambiano i gruppi di specie che possono evolvere e dominare, è la fine di un'era e l'inizio di un'altra. Ora guardate di nuovo il grafico. L'intero grafico mostra 540 milioni di anni e tre sole ere geologiche. Il prossimo evento estintivo sulla scala di quello di 250 milioni di anni fa, o quello di 65 milioni di anni fa, cambierà la forma della vita sulla Terra e sfocerà in una nuova era. Siete pronti per questo?

[Aggiornamento: per un grafico che mostra ere geologiche, periodi e le loro suddivisioni in un luogo, cliccate qui. Si apre in una nuova scheda.]

Quand'è che si inserisce l'uomo?

Grande domanda – quand'è he si inserisce l'uomo? Risposta: siamo arrivati molto tardi. Prima di tutto, notate gli ultimi 3 periodi geologici in alto a destra del grafico sopra. Il periodo segnato come “K” è il Cretaceo, il periodo alla fine dell'Era Mesozoica. Il periodo successivo (“Pg”) è il Paleocene, quello che segna l'inizio dell'Era Cenozoica (vita nuova). Il periodo successivo (“N”) è il Neogene, che si è concluso solo 2 milioni di anni fa. Il periodo ancora successivo, non visibile, è il Periodo Quaternario, quello attuale nostro. 

Il confine Neogene-Quaternario è l'inizio del tempo dei grandi ghiacciai ed il modo migliore per vederlo è con il grafico sotto, che mostra le temperature terrestri mappate attraverso i periodi geologici (in fondo a sinistra)

Cliccate qui per aprire la versione completa in un'altra scheda. E' un grafico grande e interessante (qui la fonte).

Prima di tutto, orientiamoci. Sull'asse Y c'è la temperatura globale che usa il cambiamento – in °C – rispetto alla temperatura globale nell'anno 1800 come normalità o punto zero (la temperatura globale prima della Rivoluzione Industriale è generalmente il punto dal quale vengono misurate le altre temperature, salvo dove diversamente indicato. Per convertire °C in °F, raddoppiate semplicemente il numero; ci andrete molto vicini). 

Sull'asse X, la prima grande divisione – da 542 milioni di anni fa a 65 milioni di anni fa – rappresenta le prime due ere geologiche, Paleozoico e Mesozoico (che purtroppo non vengono nominate in questo grafico). “K” in cima e in fondo è sempre il Periodo Cretaceo, e la fine del Periodo Cretaceo è anche la fine dei dinosauri e la fine dell'Era Mesozoica. 

A questo proposito, i grafici sono gli stessi. L'uomo non c'era ancora – i nostri antenati mammiferi erano l'equivalente di topi di campagna in quel mondo, piccole prede con deboli corazze è capacità di nascondersi. 

Ma prima di guardare al resto dell'asse X, notate che nella parte più a sinistra del grafico, l'asse Y mostra un cambiamento enorme della temperatura globale rispetto a quelle pre industriali. E' un picco mostruoso, specialmente il primo, non è vero?

Il picco della temperatura del Cambriano è di 6-8 °C (circa 11-14 °F) maggiore dei livelli pre industriali. E' anche la temperatura verso la quale siamo diretti per il 2100. Ma non distraiamoci. Stabiliamo dei riferimenti in questo grafico lungo la dimensione orizzontale (il tempo). Tutto il resto del grafico – la parte successiva al periodo chiamato “K” - mostra l'Era Cenozoica (“vita nuova” o l'Era dei Mammiferi).

Da questo punto verso destra, le suddivisioni del grafico mostrano le Epoche, che sono sottoparti dei Periodi. 

[Aggiornamento: per un grafico che mostra la relazione fra ere, periodi ed epoche, cliccate qui. Vi aiuterà a rimanere orientati].

Saltate le successive 5 divisioni – le epoche segnate come “Pal” attraverso il “Pliocene”. Ciò vi porta nel Periodo del Neogene (“N” nel primo grafico) ed all'inizio del moderno Periodo Quaternario, quello in cui ci troviamo, e quello che ci interessa. 

L'epoca del Pleistocene, che da inizio al Periodo Quaternario (guardate ancora il grafico), è la grante età dei ghiacciai. L'Homo Habilis si evolve in quel tempo, poco più di 2 milioni di anni fa. L'Homo Erectus si evolve poco dopo. Tutto comincia in Africa – ora potete indovinare il perché – e tutto lascia l'Africa e si diffonde sul globo (l'Homo Erectus, a proposito, dura per un lungo periodo sulla Terra. Di parecchio più lungo del nostro). 

L'Homo Sapiens si è evoluto molto più tardi, nel Pleistocene – l'età dei ghiacciai, ricordate – solo 250.000 anni fa, si è quasi estinto in Africa, ma si è poi ricostituito in numero per poi diffondersi oltre l'Africa come i nostri cugini. Siccome quella era l'età dei ghiacciai, siamo ancora cacciatori-raccoglitori come il resto dei nostri cugini. I grandi animali della Terra sono creature come pelosi mammut e tigri dal dente a sciabola e noi viviamo in un pianeta piuttosto gelato con ghiacciai che vanno e vengono.   

Alla fine del Pleistocene c'è un altro evento estintivo. Mentre i ghiacciai recedono (vedete il grafico), i grandi mammut e le tigri (et al) si estinguono. Simultaneamente ad un notevole cambiamento del clima, ha inizio ciò che chiamiamo “civiltà umana”. Lo potete vedere sopra, circa 10-12.000 anni fa [corretto] quando la temperatura planetaria si è stabilizzata. Da allora a quasi adesso, la temperatura è molto stabile. Notate che ci vuole appena un'oscillazione per determinare la “Piccola Era Glaciale”.  

Solo due ulteriori punti da fare in questo articolo ed ho finito.

Prima la cattiva notizia

Gente, questo piccolo aumento di temperatura che vedete vicino al margine destro del grafico sopra è solo l'inizio. Ricordate il picco del Cambriano al margine sinistro del grafico? Date un altro sguardo e notate l'aumento – circa 7 °C. Ora, ecco la Figura 21 dalla Copenhagen Diagnosis, un rapporto preparato da... ehm... tutti i migliori scienziati del clima del mondo a beneficio dei “leader” del mondo, che si sono incontrati nel 2009 per discutere come rinviare ancora una volta il problema climatico: 




Ciò che vedete sono le temperature da 500 dopo Cristo a circa il 2000, con alcuni scenari di previsione per il futuro. Vedete lo scenario chiamato “A1F1”? E' quello in rosso. E' quello nel quale ci troviamo se non smettiamo sputare carbonio. Io lo chiamo lo scenario “non facciamo niente” - detto anche lo scenario “Fate felice David Koch” (delle Koch Industries, famoso negazionista e finanziatore della comunicazione negazionista del clima, ndt.). Tutto ciò che dovete sapere? Siamo sulla strada di un aumento di 7 °C – il picco della temperatura del Cambriano – per il 2100.

Ora la buona notizia

Nonostante questa morte-e-distruzione, non è ancora finita. Davvero. Secondo i miei calcoli, abbiamo una finestra di 5-10 anni per evitare la catastrofe. Non sarà facile – abbiamo superato il punto critico e qualsiasi transizione non sarà morbida – ma possiamo fare la transizione e sopravvivere come specie civilizzata, esseri umani in un mondo riconoscibile.

Ma servono 2 cose:

1. Questa dev'essere la nostra prima priorità, il che significa che voi e tutti quelli che conoscete dovete essere pienamente consapevoli e pronti alla battaglia (come riferimento, viene chiamato, “abbracciare il mostro”).

2. Siamo noi contro David Koch e tutti i suoi amici e sostenitori. Affrontare ogni altro nemico significa prendersela con un finto nemico. Sensibilizzate i vostri amici e buttate una chiave inglese negli ingranaggi della macchina dei Koch. Come potrebbe non essere un beneficio?

Se i fratelli Koch continuano ad arricchirsi, andiamo indietro. Se Barack “Speranza di Cambiamento” Obama approva il Keystone, andiamo indietro. Se gli Stati Uniti sviluppano le risorse interne di petrolio, andiamo indietro. Per ogni nuova automobile (“sistema di diffusione del carbonio nell'atmosfera”) venduta, andiamo indietro. La gente deve sapere questo e pensare così. Possiamo fermare la crisi, ma solo se fermiamo il carbonio. E' così semplice. E così netto.

Ma è anche fattibile e noi siamo la specie più attrezzata per il “fattibile”. E ciò per cui servono i nostri grandi cervelli.

Scriverò ancora nelle prossime settimane e mesi. Non mi sono arreso, non sul lungo termine. Ma non puoi tirarti fuori da una spirale se non ammetti di esserci dentro. Io credo che possiamo tirarci fuori.

[Aggiornato per chiarezza e corretto due errori di battuta, uno di nome ed uno nell'età della nostra specie. Noi siamo vecchi di 250.000 anni, non di 250 milioni. Aggiornato anche per aggiungere i link al grafico che mostra tutte le ere, i periodi e le epoche collegate le une alle altre].

GP


mercoledì 12 giugno 2013

"Il pianeta saccheggiato" - una recensione

(da greenreport)

Il saccheggio del Pianeta, il nuovo rapporto del Club di Roma 


Il 6 di giugno sarà presentato ufficialmente a Berlino il nuovo rapporto del prestigioso Club di Roma, stilato questa volta dal prof. Ugo Bardi, docente di chimica presso l’Università di Firenze e, come riporta la sua biografia su wikipedia, “autore di molteplici contributi in vari campi della scienza, divulgatore scientifico, nonché blogger assai attivo in tale ambito: il suo blog (Effetto Cassandra) è uno dei più letti tra la comunità scientifica italiana.

Il rapporto si intitola PLUNDERING THE PLANET, HOW TO MANAGE THE EARTH’S LIMITED MINERAL RESOURCES, in cui il prof. Bardi offre un’indagine unica e affascinante della storia geologica del nostro pianeta. L’ispezione ci fa rabbrividire per le gigantesche forze che muovono le placche tettoniche e come si formano i depositi di minerali, metalli, combustibili fossili.  È in questo contesto geologico che l’umanità deve riflettere  sul modo di trattare i tesori limitati del nostro pianeta.

Nelle prime fasi della storia umana, queste risorse sono apparse senza limiti. Limitata erano piuttosto le capacità umane per accedervi. Si può interpretare la storia umana come la crescente capacità di accedere a queste risorse naturali. Dopo secoli di sempre più successo di prospezione e di sfruttamento dei tesori minerarie, siamo giunti al punto in cui dobbiamo trattenerci perché, ormai è noto, le risorse non sono infinite.

Una pietra miliare in questo dibattito è stata la pubblicazione del primo rapporto del Club di Roma nel 1972, “I limiti dello sviluppo” (è anche noto che la traduzione italiana di questo studio fu errata, in quanto si sarebbe dovuto dire “I limiti della crescita”,  dettaglio non da poco poiché crescita e sviluppo non sono proprio la stessa cosa). Questo studio presentò gli scenari di possibili percorsi di sviluppo tra il 1972 e il 2100. Per la prima volta fu presentato un modello quantitativo del percorso della civiltà industriale mondiale come funzione della ridotta disponibilità di risorse minerali.

Come già affermato in I limiti dello sviluppo, non stiamo andando a “corto” di minerali nel prossimo futuro, ma siamo di fronte a un aumento dei costi per l’estrazione e lo sfruttamento. Anche la quantità di energia necessaria per una tonnellata di metallo puro è in aumento, come dobbiamo fare affidamento sui minerali in concentrazioni minori. Quindi, i limiti reali possono risiedere soprattutto nella disponibilità di energia.

I combustibili fossili (carbone, petrolio e gas naturale) sono le risorse minerarie (di origine biologica), ma anche rappresentano le risorse energetiche che ci permettono di estrarre minerali inorganici. I combustibili fossili sono stati la nostra principale fonte di energia per gli ultimi due secoli e sono stati il ​​fattore principale che ha creato la nascita della rivoluzione industriale e lo sviluppo della nostra attuale civiltà.

Il buon senso suggerirebbe che si dia inizio alla gestione delle risorse naturali in modo sostenibile spostandoci dai combustibili fossili alle fonti energetiche rinnovabili e per dissociare la crescita economica dal consumo di risorse. Faremmo meglio a evitare di essere ingannati dalla campagna pubblicitaria corrente di gas di scisto, scisti e sabbie bituminose. Essi possono rinviare il momento di reale scarsità di una trentina d’anni, ma allo stesso tempo, essi aggravano il problema del riscaldamento globale e rischiano di bloccare sempre più in profondità i processi industriali, infrastrutture e abitudini di consumo insostenibili nel lungo periodo.

Aldo Ferretti

martedì 11 giugno 2013

“Il Pianeta saccheggiato” in pillole

Di Ugo Bardi

Da “Cassandra's Legacy” Traduzione di MR



La presentazione di Berlino del nuovo rapporto al Club di Roma “Saccheggiando il Pianeta” sembra essere andata bene e c'è molto interesse intorno al nuovo libro, almeno per quelli che possono leggerlo in tedesco! Al momento, sto facendo interviste una dopo l'altra con i media tedeschi (in inglese!) e sto maturando un certo “senso” per le cose che i giornalisti trovano utili per i loro articoli. Ho scoperto che devi condensare in singole dichiarazioni concetti che richiedono interi capitoli per essere sviluppati nel libro, Così, ecco una selezione di queste dichiarazioni; si tratta di “Saccheggiando il Pianeta” in pillole.


- Dibattere sulla quantità di riserve minerali rimaste è come preoccuparsi del bilanciamento del tuo conto in banca dopo che sei naufragato su un'isola deserta.

- Finora, abbiamo pensato alle riserve minerali come a dei soldati allineati per la battaglia: più sono e meglio è: Saddam Hussein pensava la stessa cosa quando programmava l'invasione del Kuwait.

- Tutti sanno che prezzi più alti creano più risorse. Maria Antonietta diceva la stessa cosa a proposito di pane e le briosce.

- Il mercato può rendere l'estrazione remunerativa, non può renderla poco costosa.

- Pensare che le tecnologie possano creare risorse minerali è come pensare di poter fare una pizza senza farina; soltanto con un lievito OGM innovativo.

- La più conveniente tecnologia estrattiva è quella che non hai bisogno di usare.

- Perforare di più è inutile (più perfori, prima finisci la risorsa), perforare più in profondità non serve (i depositi minerali esistono solo vicino alla superficie), perforare il fondo del mare non è una buona idea (in gran parte è geologicamente troppo giovane per avere depositi minerali), perforare gli asteroidi è stupido (troppo costoso; inoltre, gli asteroidi non hanno depositi minerali). Ah... anche stampare più soldi non aiuta.

- L'inquinamento è un altro costo della produzione dei minerali, solo che lo pagherà qualcun altro.

- C'è chi dice che esaurire il petrolio ci salverà dal riscaldamento globale. Forse. E forse finire i soldi ti salverà dalla tua dipendenza dal crack. Molto probabilmente, però, comincerai a farti sniffando colla da quattro soldi.

- Dibattere di “transizione energetica” è come dibattere a proposito di invecchiare. Il problema è che non c'è scelta.

- La transizione energetica non è solo una buona idea, è la conseguenza delle leggi della fisica.

- O gestiremo la transizione o saremo gestiti dalla transizione.


- Date combustibile fossile a un uomo ed avrà energia per un giorno. Insegnate a un uomo come produrre energia rinnovabile e avrà energia per sempre.


- La previsione è sempre difficile, specialmente se ha a che fare col futuro. Ma se il futuro non può essere previsto, almeno ci possiamo preparare al suo arrivo.


lunedì 10 giugno 2013

"Il Pianeta Saccheggiato" su "Giornalettismo"


“Il costo del petrolio è già insostenibile per la società”

di - 07/06/2013 - Secondo il Club di Roma l'esplosione dei prezzi degli idrocarburi costringerà ad un ripensamento della società industriale

Il petrolio ed altri fondamentali materie prime stannoraggiungendo la soglia di sostenibilità economica per la civiltà umana. Il loro prezzo è già così alto da rappresentare una minaccia per il benessere della società, e le nuove tecnologie non sembrano in grado di poter aiutare una discesa del loro costo.

ALLARME PETROLIO - Il Club di Roma, uno dei più prestigiosi centri studi specializzati in ricerche sulle politiche energetiche, ha pubblicato un nuovo rapporto che evidenzia la scarsa sostenibilità economica dei prezzi delle materie prime. Il petrolio, così come altri metalli pesanti fondamentali per la lavorazione dell’industria, occidentale e ormai stabilmente anche dei paesi emergenti, hanno raggiunto un costo tale da minacciare in modo esplicito il benessere complessivo della nostra società. La civiltà contemporanea, rimarca il Club di Roma, è ancora dipendente dal petrolio, ma la scarsità delle risorse fossili rendono sempre più difficile una diffusione di questo bene a prezzi sostenibili. L’autore del rapporto del Club di Roma, il chimico italiano Ugo Bardi, ha rimarcato come l’esaurimento del petrolio o delle altre materie prime sia un problema di secondo piano in questo momento, visto che il vero pericolo deriva dall’esplosione del suo costo.
COSTI ESPLOSIVI - Secondo il rapporto del Club di Roma presto si dovrà investire più energia nell’estrazione del petrolio così come del gas rispetto a quanto se ne potrà ottenere. “Già ora l’industria mineraria consuma il dieci per cento dell’utilizzo globale del diesel”. In questa fase storica esistono risorse fossili ampiamente sfruttabili che sono però collocate sempre più in profondità nella Terra, e bisogna impiegare tecnologie sempre più costose ed avanzate, come il fracking, per poterle poi utilizzare a fini industriali o commerciali. Il consumo del “fuoco fossile” come è definito liricamente nel rapporto del Club di Roma, la distruzione degli ecosistemi a causa dell’elevata concentrazione di anidride carbonica così come l’inquinamento degli oceani e le coste vittime di inondazioni trasformeranno il volto del nostro piante. Secondo Bardi questo scenario ci renderà “abitanti di un nuovo mondo, un pianeta con altre condizioni climatiche, e una minore disponibilità di risorse energetiche”.

SFIDA ENERGETICA - La graduale ma inevitabile scomparsa di petrolio e gas, che incrementerà la crescita del loro prezzo, potrebbe definitivamente cambiare il volto della nostra società, che secondo la previsione del Club di Roma potrebbe tornare al suo passato agricolo. Un mutamento radicale, che costringerà ad un ripensamento dell’attuale modello di sviluppo. I combustibili fossili, così come l’uranio, stanno di conseguenza diventando un problema sempre più rilevante. Presto sarà superata la quantità massima di petrolio estraibile in modo convenzionale, e anche per gli idrocarburi ci sarà lo stesso esito. Secondo il Club di Roma la conseguenza di questo processo, vista l’arretratezza delle fonti energetiche attuali, sarà un significativo aumento della fonte fossile più disponibile nel Pianeta, ovvero il carbone. La crescita del suo utilizzo però potrà durare solo per poco tempo, visti gli enormi danni ambientali che potrebbe provocare. L’uranio non potrà compensare questo mutamento, anche perchè la sua produzione è significativamente arretrata nel corso degli ultimi anni.

SISTEMA DA RIFONDARE - In un’intervista a Die Zeit, l’autore dello studio del Club di Roma, Ugo Bardi, sottolinea come le accuse di eccessivo pessimismo si basino su un’incomprensione del loro lavoro. “Le risorse energetiche non si esauriranno di colpo, ma stanno diventando così care da non potere essere più utilizzate da un’ampia fetta della nostra società, dai cittadini alle imprese”. Per l’accademico italiano il problema del nostro sistema industriale è rappresentato dalla sua scarsa adattabilità alle fonti rinnovabili, visto che è stato modellato sulle risorse fossili. “Ora il loro costo è ancora sostenibile, ma a breve non sarà più così. Dovremo accettare che l’energia costerà troppo per un consumo ai livelli attuali. Sarà un processo di adattamento che dovrà essere accettato. Già ora le persone comprano macchine meno care visto il caro benzina. Il problema sarà che in futuro si potrebbe essere costretti a muoversi in bicicletta od andare a piedi nelle città, se il prezzo del carburante proseguirà su questa traiettoria”. Secondo Baldi anche l’attuale crisi dell’euro dipende dall’esplosione dei costi energetici: “L’Italia importa la stessa quantità di risorse fossili della Germania, ma ha la metà della sua industria. Tutti i paesi in difficoltà dipendono dall’importazione delle materie prime”.

venerdì 7 giugno 2013

Il pianeta saccheggiato: il nuovo rapporto del Club di Roma



C'è stata ieri a Berlino la presentazione del nuovo libro del modesto sottoscritto, Ugo Bardi, "Il Pianeta Saccheggiato." E' anche il 33esimo rapporto al Club di Roma, con il primo il famoso "I limiti dello sviluppo" del 1972. Qui di seguito, riproduco l'annuncio del nuovo rapporto come è apparso sul "Fatto Quotidiano"


‘Il pianeta saccheggiato’: il nuovo rapporto del Club di Roma

Vi ricordate del Club di Roma? Quello che aveva commissionato il famoso rapporto del 1972 intitolato ‘I limiti dello sviluppo. Quel rapporto che oggi, a distanza di più di 40 anni, si sta rivelando incredibilmente profetico, con la crisi che ci stiamo trovando di fronte, alti prezzi di tutte le materie prime, cambiamento climatico galoppante e tanti altri problemi. Tutte cose che, bene o male, quel vecchio rapporto del 1972 aveva visto (o perlomeno intravisto) ma, come succede quasi sempre con queste cose, si era preferito infamare il messaggero piuttosto che cercare di capire il messaggio.

Ma, nonostante le grandi polemiche create da quel primo rapporto, in tutti questi anni il Club di Roma non è affatto sparito; anzi ha continuato a studiare il problema delle risorse naturali e a produrre rapporti su quello che ci possiamo aspettare per il futuro. Quest’anno, il Club pubblica il suo 33-esimo rapporto con il titolo di Il pianeta saccheggiato’, scritto dal modesto sottoscritto, Ugo Bardi, che ha avuto l’onore di continuare la tradizione.

Il libro riprende molti dei temi dei “Limiti dello Sviluppo;” in particolare il graduale esaurimento delle risorse minerali e le sue conseguenze. E’ una storia completa di come la civiltà umana sia cresciuta sulla base di una disponibilità crescente di risorse minerali che, però, stanno cominciando a diventare costose da estrarre nelle gigantesche quantità di cui la civiltà industriale ha bisogno.

Il tema centrale del libro è che l’“esaurimento delle risorse” non è qualcosa che avviene all’improvviso; non succederà mai che ci troveremo ad accorgerci tutto ad un tratto che abbiamo “finito il petrolio” o qualcosa del genere. No; l’esaurimento è un problema graduale che ha cominciato a porsi molto tempo fa, che si sta ponendo oggi in modo pressante e che diventerà sempre più pressante nel futuro. Non è una questione di quantità; è una questione di costo e il costo di estrarre una risorsa minerale dipende principalmente dal costo dell’energia necessaria per estrarla. Estrarre sta diventando sempre più costoso, sia perché abbiamo esaurito le risorse “facili” da estrarre, sia perché l’energia che usiamo per l’estrazione ci arriva principalmente da risorse minerali in progressivo esaurimento: i combustibili fossili.

Così, siamo di fronte a un grande problema: quello di adattarsi a un mondo che non sarà più in grado di avere l’abbondanza di risorse alla quale ci eravamo abituati. La transizione verso questo mondo non è una scelta: è un obbligo creato dal progressivo esaurimento. L’unica alternativa che abbiamo è se gestiremo noi la transizione o se sarà la transizione a gestire noi; trascinandoci con la forza. Ma se riusciremo a gestire la transizione sulla base dell’energia pulita e rinnovabile, non è detto che questo mondo verso il quale ci stiamo dirigendo sarà così brutto. Meno abbondante, si, ma anche più tranquillo, più sano e più pulito – e se smettiamo di usare combustibili fossili avremo anche meno problemi con il riscaldamento globale.

Il rapporto al Club di Roma scritto da Ugo Bardi è disponibile per il momento soltanto nella versione in tedesco “Der Geplünderte Planet” pubblicata da Oekom. Il nuovo libro riprende molti degli argomenti di un libro precedente in Italiano è stata pubblicata da Editori Riuniti nel 2011 con il titolo “La Terra Svuotata.” La presentazione ufficiale del nuovo rapporto sarà a Berlino, il 6 Giugno p.v. Per informazioni, vedi questo link


lunedì 3 giugno 2013

Michael Mann sul ruolo degli scienziati nel comunicare le implicazioni del cambiamento climatico






Da “The frog that jumped out”. Traduzione di MR




Il libro del climatologo Michael E. Mann porta il sottotitolo di “Dispacci dalla linea del fronte” perché racconta la storia di una vera guerra di comunicazione. Con la sua ricostruzione del clima del passato, nota con il nome “Mazza da hockey”, Mann è stato scelto come obbiettivo di una campagna di disinformazione diretta a screditare la scienza del clima e la scienza in generale. La campagna ha avuto successo solo in parte, anche perché Mann e molti altri hanno resistito e contrattaccato. Questo è compito di tutti, ora: contrattaccare per ristabilire la verità.



Ecco un estratto dal libro di Mann (p. 253)


Da “La mazza da hockey e le guerre del clima” di Michael Mann


Quando abbiamo pubblicato la nostra 'mazza da hockey' per la prima volta alla fine degli anni 90, credevo che il ruolo di uno scienziato fosse, detto semplicemente, di fare scienza. Sentivo che altri avrebbero dovuto valutare e pubblicizzare ogni implicazione della scienza. Prendere qualsiasi cosa anche lontanamente somigliante ad una posizione riguardo alla politica sul cambiamento climatico era, per me, un anatema. Facendo così, pensavo, avrei compromesso l'autorità della mia scienza. Sentivo che gli scienziati dovessero avere una visione completamente spassionata quando discuteva di cose scientifiche – che dovessimo fare del nostro meglio di affrancarci da tutte le nostre tipiche inclinazioni umane – emozione, empatia, preoccupazione. Nelle interviste che mi sono state fatte, sono stato attento a non addentrarmi nelle acque pericolose dell'espressione di un'opinione personale e di evitare totalmente il tema delle implicazioni politiche.

Tutto ciò che ho vissuto da allora mi ha gradualmente convinto che il mio vecchio punto di vista fosse sbagliato. Sono diventato una figura pubblica mio malgrado quando il nostro lavoro è stato messo sotto i riflettori alla fine degli anni 90. Sono rimasto una figura pubblica da allora, ma sono giunto ad abbracciare, piuttosto che rifuggire, quel ruolo. Nonostante le ferite subite in battaglia per aver servito sulla linea del fronte nelle guerre per il clima – e sono numerose – rimango convinto che non ci sia niente di più nobile di sforzarsi di comunicare, in termini che siano contemporaneamente precisi ed accessibili, le implicazioni sociali della nostra conoscenza scientifica. Infatti, molto del mio tempo e sforzo, durante l'ultimo decennio, è stato dedicato a fare questo.

Posso continuare a convivere con i cinici assalti contro la mia integrità e la mia persona da parte della macchina negazionista finanziata dalle multinazionali. Ciò con cui non posso convivere è sapere che sono rimasto immobile e silenzioso mentre i miei simili esseri umani, confusi e sviati dalla propaganda alimentata dall'industria, vengono involontariamente portati giù per un sentiero che ipotecherebbe le future generazioni.

venerdì 31 maggio 2013

Distopia I: prima meccanosi

Da “The Oil Crash”. Traduzione di MR



di Antonio Turiel


[Le persone e le situazioni che appaiono in questa storia sono del tutto fittizie. Qualsiasi riferimento a persone o a fatti reali è del tutto casuale]

E' iniziata come cominciano sempre le grandi tragedie: in modo banale, anodino, abitudinario...

Stava finendo il turno di guardia all'Ospedale Provinciale di Lleida. I medici che entravano parlavano con quelli che uscivano dei casi clinici dei pazienti giunti al Pronto Soccorso durante la notte. Jordi stava finendo il suo racconto della notte appena trascorsa:

- ... e il paziente della stanza 3 ha la polmonite, con fuoriuscita pleurica bilaterale. Gli abbiamo messo l'ossigeno e l'amoxicillina per via venosa, per vedere se reagisce rapidamente perché è un po' lento. Antecedenti di interesse: fumatore per più di 30 anni.

- Vedi, Jordi - gli disse Jose – ti dico subito che fumare non c'entra niente. Per la pelle, chiaro – e gli diede una pacca sulla spalla.

- E come credi che resisteremo al turno di 24 ore? Perché tu sei uno zio sportivo, che corre tutte le mezze maratone, quelle complete e quelle doppie che ti si pongono e ti si porranno di fronte. Ma la maggior parte di noi, ragazzo, deve tirare avanti a caffè e sigarette per tenere questo ritmo, ora ancora di più coi tagli.

- Dai, non te la prendere. Spostati, su, me ne occupo io e va subito a letto , che hai una faccia...

- No, mi pare di avere la febbre... ancora una volta qualcuno di questi mi avrà attaccato qualcosa.

Alle 8 di sera, Jordi entrava nel suo stesso ospedale con doppia fuoriuscita pleurica, come gli dissero. Respirava a fatica, gli facevano male i polmoni ad ogni inspirazione. Lo sorprese il fatto che non lo misero in nessuna stanza, ma in un padiglione a fianco dell'ospedale, pieno di militari e tutti con la mascherina. Gli misero l'ossigeno e l'amoxicillina in vena e gli antiinfiammatori, ma col passare delle ore non presentava nessun miglioramento. Al contrario, si sentiva sempre peggio. Il momento in cui si spaventò, fu quando vide entrare Jose, sdraiato su una barella come lui.

- Jose... - mormorò – che cazzo fai qui... - lo sforzo di sollevarsi quasi lo affoga, quindi torna a sdraiarsi.

- Polmonite - tossì Jose – il paziente della camera 3... è morto tre ore fa.

In quel momento a Jordi si fermò il cuore. E fu il panico.


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Durante quella lunga giornata che finì insieme alla vita del paziente della camera 3, di Jordi, di Jose e di altre 50 persone, la reazione delle autorità sanitarie fu, dal punto di vista tecnico, impeccabile; da manuale. Dopo una ventina di casi di polmoniti fulminanti come quella del paziente della camera 3, uno dei medici più esperti si rese conto che la cosa non era normale e diede l'allarme.

L'applicazione del protocollo per le epidemie pericolose fu messo a punto in meno di due ore, ma prima di allora erano già morte 50 persone di polmonite, in un ospedale completamente sopraffatto dalla enormità degli eventi. Nel tardo pomeriggio, l'ospedale era militarizzato e la città di Lleida in stato di emergenza. Alcuni dei soldati che si occuparono del contenimento di quelle prime difficili ore, si ammalarono a loro volta, come si poté verificare, per mancanza di precauzione nell'uso delle mascherine. Apparentemente, l'isolamento ed un uso corretto delle mascherine era sufficiente ad evitare la propagazione della malattia, ma i medici civili e militari specializzati in malattie altamente contagiose e pericolose indossavano una protezione totale, con un mono isolante ed un sistema di respirazione autonomo. Non se ne poteva fare a meno: il 95% dei pazienti morivano in un lasso di tempo di massimo 48 ore dai primi sintomi. Fosse quello che fosse, era la malattia più pericolosa e letale affrontata dall'Umanità dei tempi della Peste Nera.

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Il comandante Javier Pérez, medico militare con il grado massimo in carica, era in riunione nel centro di controllo che avevano improvvisato in una piccola tenda laterale. Era circondato da alcuni dei migliori specialisti del paese, civili e militari, in malattie contagiose e del sistema respiratorio, la maggioranza dei quali con un'ampia esperienza in medicina interna, cardiologia ed altre specializzazioni. Le prime analisi dei pazienti vivi e le autopsie non lasciavano spazio a molti dubbi sulla natura della minaccia che si aveva di fronte: si trattava di una nuova specie di pneumococco, una particolarmente contagiosa e letale. Ma c'era di peggio: il bacillo non rispondeva agli antibiotici comuni.

- E' un Microorganismo Multiresistente – concludeva così la sua presentazione un rinomato pneumologo di Madrid – con un ampio spettro di resistenze che copre in pratica la totalità degli antibiotici comuni e la maggior parte di quelli ospedalieri. Tuttavia, sta rispondendo bene al... - e qui lo specialista usò il nome commerciale al posto del principio attivo. Il comandante Pérez pensò che di sicuro il laboratorio che commercializzava quell'antibiotico di nuova generazione stesse pagando qualche congresso e, chi lo sa, le vacanze, all'autorità che ora lo rappresentava. Interruppe improvvisamente l'oratore in quel punto.

- Percentuale di recupero? - sbottò.

- Beh, il 10% dei pazienti trattati recuperano pienamente in due o tre giorni – la sua voce tramava leggermente.

- Dimensione del campione? - la voce del comandante era gelida.

- Eh... be', ci sono solo 200 persone ospedalizzate in questo momento ed il trattamento è stato applicato a 50 persone... - il grande specialista non sembrava più così sicuro di sé stesso.

- ... e se ne sono salvate 5, cioè, solo 2 o 3 in più di quanti non si sarebbero salvati senza il suo meraviglioso intruglio. Il campione è troppo piccolo, i suoi risultati non sono significativi – il comandante stava alzando la voce man mano che parlava – In definitiva, lei non ha un cazzo su cui lavorare. Signore, non siamo qua per perdere tempo – fece una pausa, per riprendere l'offensiva – né per meritarci una vacanza a Cancùn.

- Comandante, lei mi offende! - rispose lo specialista adirato.

- Sig. González Mejía - la voce del comandante era più gelida che mai – ho potere e potestà per metterla agli arresti militari se lo considero conveniente e non indugerò a farlo se non mi fa la cortesia di chiudere il suo Power Point del cazzo e tornare al suo posto – il suo dito indice, indicando la sedia dove prima sedeva il dottor González Mejía, sembrava una frusta per spronare i cavalli.

Il Dr. González Mejía aprì la bocca per dire qualcosa, probabilmente per protestare per il suo uso di “Signore” al posto di “Dottore” - una dimostrazione di poca considerazione imperdonabile da parte del comandante – ma si rese conto che il comandante lo aveva fatto intenzionalmente e che in realtà la sua pazienza era già finita. Esitò ancora di fronte alla sua sedia vuota, meditando se prendersi l'umiliazione e sedersi o manifestare il proprio rifiuto alla maniera del comandante e svignarsela. C'erano due agenti militari all'ingresso della tenda. Si sedette.

Il comandante Pérez era furioso. Furioso per il pavoneggiarsi della medicina nazionale, sì, ma furioso anche perché la situazione gli stava sfuggendo di mano. Erano passati 5 giorni: 1000 ingressi, 947 morti. E l'epidemia aveva cominciato a propagarsi fuori dalla città di Lleida. Presto si sarebbe dovuto decretare lo stato d'emergenza in tutta la provincia e a lo avrebbero sostituito con un ufficiale di grado maggiore anche se probabilmente con meno esperienza medica. Gli avrebbero almeno permesso di continuare a guidare la squadra medica – o almeno così sperava.

- Nessuno ha qualcosa di meglio? - tuonò la voce del comandante – Nessuno sa cosa fare per fermare tutto questo?

Il comandante si girò e guardò lo schermo di protezione, ora in bianco. Non avevano armi con le quali lottare ed erano l'ultima linea di difesa prima della sconfitta finale. Dell'Apocalisse...

- Comandante – tossicchiò una voce giovane – noi abbiamo avuto alcuni risultati incoraggianti in vitro.

Il comandante si girò verso la voce. Era di un trentenne, con barba ben curata che portava gli occhiali. Li chiamano Hipsters a questi, se non fosse per il camice bianco che portano. La sua faccia gli era familiare: era una giovane promessa di un ospedale universitario della Galizia, gli sembrò.

- Ti ascolto figliolo, ma ti avverto: non mi far perder tempo.

- Abbiamo usato una combinazione di antibiotici convenzionali insieme ad un inibitore dell'attività enzimatica. Con la soluzione otteniamo una quasi eliminazione del 100% in vitro. Abbiamo cominciato già le prove con organismi modello, ratti, e l'efficienza per somministrazione endovenosa è del 85%. Vorremmo chiedere il permesso per fare già una prova clinica con pazienti umani, data l'urgenza della situazione...

- Niente prove. Date quel preparato a quelli in condizioni più critiche.

- Ma, signore, non siamo sicuri delle possibili reazioni avverse, l'inibitore enzimatico...

- E' uguale. Trattamento compasssionevole. Non abbiamo tempo. E' un tentativo disperato, ma dobbiamo farlo.

Nessuno si azzardò a replicare. Il comandante sapeva che molti di loro (González Mejía, per primo) avrebbero riferito per filo e per segno alla stampa che la colpa era del comandante Javier Pérez se alla fine sarebbe andato tutto male. E più avrebbe fatto, più lo avrebbero riferito, indipendentemente dalle sue misure. L'importante era che là fuori la gente moriva come mosche. Era una guerra da vincere, e lui era un militare.

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Il comandante Pérez si alzò di buon umore quella mattina. Rasato in maniera impeccabile, una bella doccia (gli operai si facevano la doccia di notte, i quadri lo fanno la mattina, pensò, ricordando i suoi giorni all'accampamento) e un buon caffè per cominciare il giorno. La medicazione preparata dal dottor Solana (la giovane promessa galiziana) era risultata essere abbastanza efficace: la mortalità si era ridotta dal 95% al 35% e praticamente allo 0% se si prendeva la polmonite ai sui primi stadi. Certamente c'erano anche state reazioni avverse, in un paio di casi con risultati di morte, ma si trattava di pazienti con uno stato di salute molto cattivo di base, mentre nel resto dei casi i problemi non si manifestavano se non come disturbi passeggeri che finivano nel giro di un paio di giorni.

Ma la cosa migliore è che erano 3 giorni che non si registrava nessun nuovo caso. I commercianti e i politici facevano pressione perché si togliesse lo stato di emergenza, ma il comandante non lo avrebbe sollecitato al governo finché non fosse passata almeno una settimana senza nuovi casi, “o si vuol prendere lei la responsabilità di nuove morti?”, gridò al sindaco; questi si azzittì, così come fece  tutta la comitiva che era venuta il giorno precedente all'accampamento militare. Sciocchi, cantare vittoria dopo soli due giorni. Certamente l'incubazione della super polmonite (come la chiamavano nei quotidiani) era molto rapida, in meno di 12 ore dal contatto si sviluppavano i primi sintomi e senza trattamento la morte sopravveniva prima di 48 ore dal contatto iniziale. Davvero questo batterio era fra i più bastardi che avesse mai incontrato nella sua vita di medico militare e ed era stato anche in Africa centrale... “Alla fine”, pensò, “aspettiamo una settimanella e poi raccogliamo gli attrezzi e lasciamo il campo libero agli epidemiologi”.

Perché era lì il nocciolo della questione. Da dove era uscito il super-batterio? Non c'era alcun punto evidente. Il primo caso registrato (quello che uccise Jordi e José) precedette di poche ore una cinquantina di casi più dispersi in tutta la città. Non era come se la gente arrivata ad un centro di diffusione della polmonite, no. Non c'era un modello spaziale chiaro: le persone che si erano infettate durante le prime ore del bacillo vivevano in luoghi distanti dalla città, non avevano relazioni fra loro e non erano andate negli stessi luoghi nelle 24 ore precedenti. Questo fece pensare all'inizio, data la contagiosità della malattia, che la propagazione fosse stata fra i pazienti della prima ondata, ma poi si verificò che i pazienti non erano infetti durante il periodo finestra di 12 ore nel quale si sviluppava la malattia. Non aveva alcun senso. Era come se il caso 0 si fosse mosso a tutta velocità per tutta la città, tranne che le zone pedonali. E dopo una tale corsa, perché non era andato all'ospedale, sicuramente si sarà sentito davvero male? Sarebbe morto da qualche parte?

C'era una possibilità inquietante ed è che forse il caso 0 era portatore ma non sviluppava la malattia e avrebbe continuato ad infettare la gente on la quale avrebbe avuto a che fare. Lo stato di emergenza lo avrebbe tenuto confinato a casa sua, ma quando questo sarebbe cessato sarebbe uscito di nuovo, a seminare la morte per la città. E chi lo sa se stavolta il patogeno non sarebbe arrivato a Barcellona, a Madrid, a Parigi, a New York... Peggio ancora. E si trattava di un bioterrorista? E se quello di Lleide fosse stata una prova per qualcosa di peggiore?

Calma, Javier, calma. Le cose sono tranquille dopo 3 giorni e la situazione è sotto controllo; inoltre, abbiamo sviluppato un farmaco efficace, quindi siamo preparati per la prossima battaglia, se si trattasse di un attacco. In questo senso, il comandante poteva essere orgoglioso: si era guadagnato i galloni lottando contro un nemico implacabile ed invisibile. Ma gli mancava di compiere un ultimo dovere: trovare il suo rifugio, l'ultima trincea, e sterminarlo, se il suo portatore, il caso 0, non fosse ancora morto.

A Madrid e all'estero si prendeva la cosa piuttosto sul serio, anche se con discrezione. Per questo, al termine della prima settimana, il Centro Nazionale di Epidemiologia inviò una squadra dei sui migliori esperti, ai quali si aggiunsero progressivamente i migliori specialisti che l'OMS aveva riunito. Ora il fronte successivo era trovare l'origine dell'infezione.

Due giorni più tardi il comandante non era più così di buon umore. Il governo aveva appena tolto lo stato d'emergenza. Non erano ancora passate due settimane dallo scoppio dell'epidemia, ma erano 5 giorni che non arrivava nessun nuovo paziente. La squadra medica era inorridita, gli epidemiologi scandalizzati, ma non ci fu niente da fare. Gli affari dovevano andare avanti ed ogni giorno di chiusura erano milioni di euro in meno di introiti. Con la montante crisi economica era impossibile assumersi ulteriori perdite. Così il governo rimosse lo stato di emergenza una domenica pomeriggio ed le attività ripresero il lunedì mattina. La nuova ondata di casi di polmonite arrivo lunedì notte.
Ma stavolta era qualcosa di diverso. Nessun caso proveniva dalla città di Lleida.

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Artur e Luis erano due degli epidemiologi con più esperienza al Centro Nazionale di Epidemiologia. Erano più di 20 anni che si conoscevano e a loro piaceva lavorare insieme. Artur era minuzioso ed appassionato nel suo lavoro, mentre Luis era pratico e spedito. Formavano una buona squadra, anche se Artur a volte deplorava l'eccessivo arrivismo del suo amico. Ma la cosa certa è che avevano una buona sintonia fra loro e insieme avevano portato a termine studi molto buoni senza un aiuto esterno. Chiaro che in questo caso si trattava di una questione urgente, un affare di Stato; così la pose chiaramente il direttore del CNE prima di partire da Madrid. Urgente e affare di Stato: brutta combinazione.

Luis era di Albacete e pertanto non conosceva granché il terreno sul quale si muovevano, ma Artur era di Barcellona e la sua famiglia materna era di una frazione di Lleida, quindi conosceva abbastanza bene la città e le regioni attorno. Forse per questo egli vide subito uno schema, una regolarità nel leggere la lista degli infettati della seconda ondata. Mentre i più gurdavano alle professioni, ai luoghi di lavoro ed altre cose, egli si concentrò sulla lista di paesi di provenienza: Térmens, Balaguer, Camarassa, Tremp, La Pobla de Segur,... e disse senza indugio.

- E' la C-13.

- Che vuoi dire? - gli chiese Luis.

- Tutta questa gente vive intorno alla strada C-13. E' la strada più veloce per andare da Lleida a Tremp e la Pueble – disse Artur in modo spassionato.

- E pertanto la strada più veloce per scendere a Lleide ed infettarsi – il tono di Luis era un po' burlesco, anche se sapeva che il suo amico ci avrebbe pensato – La tua osservazione non è da disdegnare, comunque; forse tutta questa gente o i loro famigliari sono sono giunti direttamente in un unico punto di Lleida dove è localizzato il focolaio.

- Se guardi la lista di infettati – proseguì Artur con voce calma – vedrai che ci sono molti pensionati che è da anni che non si muovono dal loro paese. E di questi la maggior parte hanno sviluppato la malattia durante le 12 ore di finestra nelle quali nessuno delle loro famiglia li ha potuti infettare. No, non non sono venuti a prendersi l'infezione a Leida. L'infezione è venuta a cercarli nelle loro case. In quelle di tutti. La morte ha circolato per la C-13.

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La strana via di propagazione della malattia fu, giustamente, la chiave per risolvere il mistero. Quasi tutte le persone infettate avevano ricevuto la visita di un rappresentante di una nota marca di caldaie a gasolio (l'ultimo inverno era stato molto freddo e la gente pensava di passare dalla legna al gasolio). Comparando i dati con quelli della prima ondata, risultò che più della metà delle vittime della prima settimana avevano ricevuto la visita dello stesso rappresentante. Avevano incontrato il paziente 0.

Una squadra di contenimento delle malattie si dislocò al domicilio del rappresentante Pere Alierta. Era una casa unifamiliare in periferia. Il soggetto aveva poco contatto col suo vicinato e questo spiegherebbe il perché lo stato di emergenza era riuscito a contenere il bacillo. Se Pere Alierta era resistente al batterio, col suo sangue si poteva fare un vaccino e si potevano studiare meglio e più rapidamente i meccanismi della folgorante propagazione del microbo all'interno dell'organismo umano.

Bussarono alla porta ma non aprì nessuno. Non c'era tempo di cercare un mandato di perquisizione e il comandante Perez, sotto sua esclusiva responsabilità (non era ancora stato decretato il nuovo stato di emergenza; il governo era titubante data la nuova distribuzione spaziale delle persone colpite) autorizzò lo sfondamento della porta. La squadra di contenimento irruppe nell'appartamento e trovò il rappresentante, che li guardava con uno sguardo supplichevole, agonizzante. L'uomo viveva da solo e non aveva avuto nemmeno la forza di fare il 118 (112 in Spagna, ndt.).

Morì tre ore più tardi. L'autopsia confermò che era stato infettato all'inizio di lunedì e non prima. Niente nel suo organismo faceva pensare che fosse più resistente al batterio. Avevano seguito una falsa pista.

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- Una pista falsa. Vedi Artur. La tua idea era buona, ma era un pista falsa – ripeté, quasi per scherzo, Luis.

- Non può essere. Gli schemi coincidono, il profilo di probabilità è quasi perfetto. Se non è lui dev'essere qualcuno che viaggi con lui.

- Viaggiava da solo: i rappresentanti non viaggiano mai accompagnati. Inoltre l'azienda sta attraversando delle difficoltà economiche importanti: guarda catorcio di macchina che ha – indico una sgangherata utilitaria, di circa 20 anni, che era parcheggiata all'entrata- quest'uomo avrebbe dovuto moltiplicarsi e coprire un'area molto grande. E tutto una mera coincidenza.

Artur non rispondeva. Pensava.

- Di sicuro era in ritardo col pagamento dell'ipoteca – proseguì Luis. Guardando la casa: non era granché, non valeva nemmeno la pena; la banca si sarebbe arricchita con questa operazione.

Artur faceva finta di non sentirlo. Si muoveva frenetico per la casa, rovistando nei cassetti, aprendo il frigorifero – vuoto. Era lì da qualche parte, ma dove, dove, dove...

- Ammettilo – lo fermò Luis – quest'uomo si è infettato da un'altra parte, a Lleida. Non abbiamo ancora trovato il caso 0. Non c'è un compagno infettato. La sua unica compagnia è questo catorcio di macchina diesel.

Lo sguardo di Artur si fissò, per la prima volta, sulla macchina. E la vide.
- E' lei, Luis! E' lei! - gridò euforico.

- Lei chi, lei chi, lei chi – disse a voce sempre più alta Luis, ma Artur non lo sentiva. Usando un bastoncino e con molta attenzione, estrasse una specie di gelatina bianca che fuoriusciva da tubo di scappamento e la introdusse in un vasetto.

- Andiamocene al dannato laboratorio – disse Artur – se ho ragione abbiamo trovato il nostro caso 0..

- Che dici? Chi è questa persona?

- Non chi – Artur accelerava per le strade di Lleida. - Cosa.

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L'analisi di laboratorio confermò il sospetto di Artur. La gelatina era stata creata da una colonia di super-pneumococco. Quando rottamarono con molta attenzione la macchina, scoprirono che era completamente infestata di batteri. La macchina aveva bisogno di un buon riesame ma, siccome era un diesel vecchio – sicuramente di seconda mano – nonostante i grumi di gelatina organica che galleggiavano nel combustibile, il motore era in grado di bruciare e continuare ad camminare. Una parte per niente trascurabile del diesel usciva senza bruciare dal tubo di scappamento e il batterio, miracolosamente, era in grado di resistere alla camera di combustione. Un pneumococco vaporizzato nell'aria col fumo della combustione: brutta combinazione.

Il momento in cui più batteri erano vaporizzati nell'aria era quando si accendeva il motore; la macchina emetteva un fumo nero e letale che appestava le povere persone che, per educazione, avevano accompagnato il rappresentante alla porta. Per questo le persone che vivevano in appartamenti non erano stati infettati. Disgraziatamente, alcuni passanti erano stati esposti al gas di scarico della macchina, ampliando così il circolo di morte. Lo stesso Pere Alierta aveva avuto la fortuna di non infettarsi fino a quel fatidico lunedì, forse lasciò la macchina accesa, forse la mise in un garage, forse si accovacciò a guardare qualcosa nel tubo di scappamento...

Luis terminò la sua spiegazione di fronte al comandante e al ministro della sanità, dislocato a Lleida per l'occasione – e di fronte ai fotografi. Erano rimasti d'accordo che sarebbe stato Luis, come sempre, colui che avrebbe fatto la presentazione pubblica – Artur era un po' goffo in contesti del genere, “tanto ufficiali”, e tirava fuori d'improvviso questioni sconvenienti. La presentazione andava liscia come l'olio. Il ministro tutto impettito: un medico spagnolo aveva trovato il rimedio a tempo di record – per fortuna non era terminato il su contratto – due specialisti spagnoli avevano identificato il focolaio iniziale, che era prima di tutto del tutto inusuale... Il sistema di scienza e salute spagnolo era uno dei migliori del mondo.

- Come si è formato il super-pneumococco – è ancora un mistero, anche se relativo. Le stazioni di servizio si vedono obbligate ad utilizzare molti biocidi – antibiotici, in realtà – per evitare la proliferazione batterica nelle loro cisterne. Come ben sapete, di tanto in tanto devono alternare i diversi biocidi perché, dopo averli usati a lungo, i batteri delle cisterne diventano resistenti. Se non si miscelasse il biodiesel al carburante questo non accadrebbe, ma attualmente per legge il 7% della miscela in Europa ed il 15% negli Stati Uniti dev'essere biodiesel. Così che nella sua stazione di servizio si sviluppa continuamente una lotta per mantenere l'infezione del combustibile a bada. Infezione dovuta a microorganismi che colpiscono gli esseri umani a che ora colpiscono le macchine perché diamo loro un'alimentazione da esseri umani (il biodiesel deriva da grassi vegetali) – l'ultima frase l'aveva scritta Artur, come tutte le precedenti, e la lesse quasi senza rendersene conto, abbassando la voce nel finale. Il ministro si accigliò. “Accidenti Artur, mi hai giocato, ho dovuto dribblare un'impertinenza”. Artur abbozzò un mezzo sorriso ironico, indovinando il pensiero dell'amico.

- Ma – proseguì, prestando più attenzione alla parte successiva che stava per leggere nelle note della presentazione – siccome le macchine non hanno un sistema immunitario, bisogna continuare a medicarle alla cieca e non sono in grado di eliminare i residui organici al loro interno. E' solo questione di tempo e, a forza di combinare antibiotici, un ceppo diventerà sufficientemente resistente a tutti loro. Teoricamente, dopo diverse decine di generazioni (ciò è rappresentato da giorni o settimane, nel caso di un batterio) il batterio si è evoluto tanto da perdere la capacità di infettare gli esseri umani. Tuttavia, un qualche processo di ricombinazione fra batteri, già all'interno della cisterna della stazione di servizio o in una macchina, potrebbe dar luogo a un super batterio, Poco probabile,  infinitesimalmente probabile in realtà, ma stiamo ripetendo questo esperimento migliaia, forse milioni di volte, su scala mondiale. Se un tale legame evolutivo è possibile, è questione di tempo il fatto che alla fine si produca. E' ciò che è accaduto qui. Ciò che è successo, per tragico e terribile che sia stato, ha dimostrato che i sistemi di risposta ed allerta sanitaria spagnoli funzionano e sono efficaci. Dall'altro lato, questa tragedia rivoluziona il nostro concetto delle malattie infettive ed apre una nuova strada per la ricerca sulle malattie infettive e la biotecnologia, discipline nella quali la Spagna è un paese di riferimento...”. La presentazione di Luis continuava con le sue note ed il ministro sorrideva, orgoglioso. Era il momento che Artur uscisse fuori, a prendere aria.

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- Questa è come una zoonosi – decretò Luis – ma al posto di animali come vettori della trasmissione, abbiamo delle macchine.

- Una meccanosi - rifletté Artur, con riluttanza, ma inconsciamente continuando con lo scherzo nei confronti dell'amico.

- Esatto! Una meccanosi! - euforia di Luis – alla fine abbiamo trovato il termine per concludere la relazione.

La relazione, pensò Artur. La lieta relazione. Più di 10.000 persone morte in tre frenetiche settimane e l'unica cosa che interessava a Luis era la fottuta relazione. Perlomeno, ad Artur rimaneva la consolazione di aver fermato l'epidemia prima che si propagasse in modo esplosivo per tutto il paese e, forse, per tutto il continente o in tutto il mondo. Rabbrividì. Il caso aveva voluto che il il batterio fosse molto rapido a causare la morte. Cosa sarebbe successo se fosse stato ugualmente letale ma il suo tempo di incubazione e sviluppo dei sintomi fino alla morte fosse stato più lento, diciamo di una o due settimane? In quel periodo di tempo praticamente tutto il mondo avrebbe potuto infettarsi. Scosse la testa. Meglio non pensarci.

- Bisogna immediatamente sigillare tutte le stazioni di servizio per fare analisi e ispezioni – disse infine – e sicuramente quelli in altro dovranno pensare di proibire l'uso dei biocombustibili... - disse quest'ultima cosa con un mezzo sorriso, quasi un ghigno - … c'è troppo denaro in gioco, sicuramente cercheranno una scusa per non farlo...

- Meglio per noi! - disse Luis, sempre più euforico, di fronte allo sguardo attonito di Artur – ora avremo lavoro a bizzeffe! Ti rendi conto, Artur? Migliaia di pompe di benzina da controllare, centinaia di migliaia di analisi da fare. Dovranno darci dei progetti, borsisti, apparecchiature... soldi, Artur, soldi! Questa epidemia ci permetterà di tornare alla prima divisione di ricerca microbiologica.


Artur aveva le opzioni o di dare un pugno in faccia al suo amico e di andare in bagno a vomitare. Scelse la seconda.