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domenica 23 agosto 2015

In che modo gli scienziati affrontano il timore per la propria esistenza?

Daslate.com”. Traduzione di MR (via Ugo Bardi)

In che modo gli scienziati affrontano il timore per la propria esistenza? 

Di Eric Holthaus


Uomini che dormono sul pavimento durante un'ondata di calore in una moschea presso la sede del Jinnah Postgraduate Medical Centre (JPMC) a Karachi, in Pakistan, il 28 giugno 2015. 

C'è stata una ressa di notizie distopiche sul cambiamento climatico durante la scorsa settimana, più o meno. Una raffica di venti occidentali fuori scala nell'Oceano Pacifico sta bloccando uno degli El Niño più forti mai registrati, garantendo virtualmente che il 2015 sarà l'anno più caldo mai registrato nella storia umana. Il sistema meteorologico ha generato una rara tripletta di tifoni in Cina.
Temperature record sono state stabilite in Spagna, Francia, Regno Unito e Germania in una ondata di calore soffocante. Incendi diffusi in Alaska stanno bruciando il permafrost e il fumo persistente degli enormi incendi canadesi hanno portato a Minneapolis l'aria peggiore del decennio. Nel nordest del Pacifico, sotto una siccità in intensificazione, persino la foresta pluviale è in fiamme. Se il cambiamento climatico è già così, il futuro è praticamente fottuto, giusto? Be', forse. Nonostante alcuni momenti memorabili di intenso realismo sulla scena mondiale, i capi del mondo non hanno fatto essenzialmente niente. Il timore per la propria esistenza è piuttosto comune fra coloro che lavorano sul cambiamento climatico quotidianamente. Questo è l'argomento esaminato questa settimana da John H. Richardson su Esquire in una discussione affascinante e franca con Jason Box ed altri scienziati del clima. Ho avuto anch'io le mie fasi di disperazione da cambiamento climatico e questo articolo mi colpisce come affascinante excursus nella psicologia di una scienza sempre più apocalittica. Dovreste leggerlo per intero, ma eccovi alcune perle. Richardson descrive Box come “stranamente distaccato dalle cose che dice, esponendo previsioni orribili una dopo l'altra senza emozione, come se fosse un antropologo che che osserva il ciclo di vita di una civiltà lontana”.