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sabato 15 gennaio 2022

Auto Elettrica: Morire di Freddo nella Tormenta

 




Non c'è limite al peggio.
 
Ma veramente il peggio è senza limiti: viene fuori questo post (vedi più sotto) di un tizio che sostiene che se finisci bloccato in una tormenta con un'auto elettrica muori di freddo perché le auto elettriche "non hanno praticamente riscaldamento," e per questo "sono la più grande truffa che il mondo abbia mai visto". Il tutto condito dal solito complottismo finale: "Naturalmente nessun politico o giornalista ne parla."

Ti viene la malinconia a dover rispondere a uno che parla di cose di cui, evidentemente, non ha la minima idea. Ma proviamoci.

Allora, partiamo dalla mia macchina elettrica che ha una pompa di calore e le batterie che portano 58 kWh. Ora non credo che per scaldare l'abitacolo ci voglia più di un kW, ma il prelievo dalle batterie è molto minore ammesso che la pompa di calore abbia un COP (coefficient of performance) di 2-3 (ragionevole se fuori non ci sono 20 gradi sotto zero, ma non siamo in Alaska). Quindi, se le batterie fossero cariche al 100%, avrei più di 100 ore di riscaldamento! Anche se fossi agli sgoccioli, diciamo al 10%, avrei comunque una decina di ore di riscaldamento.

Per non parlare dell'ipotesi di trovarsi bloccati all'interno di un tunnel, dove se hai una macchina elettrica puoi tranquillamente accendere il riscaldamento senza avvelenare te stesso e gli altri. (e non ti puoi nemmeno suicidare con i gas di scarico, semmai ti venisse questa idea balzana!)

La cosa è un po' diversa per macchine elettriche più piccole, ma anche quelle di solito hanno almeno 20-30 kWh di stoccaggio. E non parliamo della Tesla, con la quale puoi stare al caldo per una settimana, probabilmente. Poi, se te ne vai in giro col rischio tormenta con la Twizy (6 kWh a bordo), allora il tuo problema non è la batteria scarica ma il tuo cervello vuoto (ma la Twizy non ha nemmeno i finestrini proprio per ricordarti di non andare a giro quando fa troppo freddo).
 
Incidentalmente, la pompa di calore nei veicoli elettrici è un'innovazione abbastanza recente. Quelle più anziane avevano un riscaldatore ausiliario a benzina, tipo quello delle roulotte. Oggi è obsoleto, ma anche con quelle non correvate il rischio di congelare nella tempesta di neve.
 
Insomma, parlare di cose di cui non si sa nulla è un hobby assai diffuso, ma non importa essere esperti per evitare di tirar fuori le peggio fesserie. Basterebbe informarsi prima. Cosa ci vuole?


L'auto elettrica - la più grande truffa che il mondo abbia mai visto?

Qualcuno ci ha pensato?

"Se tutte le auto fossero elettriche... e dovessero restare bloccate in un ingorgo di tre ore nel freddo di una nevicata, le batterie si scaricherebbero tutte, completamente

Perché nell'auto elettrica praticamente non c'è riscaldamento.

Ed essere bloccato in strada tutta la notte, senza batteria, senza riscaldamento, senza tergicristalli, senza radio, senza GPS per la batteria tutta scarica, non deve essere bello.

Puoi provare a chiamare il 911 e proteggere le donne e i bambini, ma non potranno venire ad aiutarti perché tutte le strade sono bloccate e probabilmente tutte le auto della polizia saranno elettriche.

E quando le strade sono bloccate da migliaia di auto scariche, nessuno potrà muoversi. Le batterie come potranno essere ricaricate in loco?

Lo stesso problema durante le vacanze estive con blocchi chilometrici.

Non ci sarebbe in coda la possibilità di tenere accesa l'aria condizionata in un'auto elettrica. Le tue batterie si scaricherebbero in un attimo.

Naturalmente nessun politico o giornalista ne parla, ma è questo che accadrà.





Testo da me liberamente tradotto, ripreso da Marian Alaksin (Repubblica Ceca)

mercoledì 5 maggio 2021

Idrogeno: I Veicoli Elettrici Sono Molto più Efficienti


Vi passo qui di seguito (cortesia di Veronica Aneris) l' "Executive Summary" del recente rapporto di "Transport and Environment" a proposito dell'idrogeno come combustibile per veicoli stradali. La conclusione è ed era scontata: l'idrogeno semplicemente non è comparabile con le batterie, specialmente in vista della transizione verso le rinnovabili. Tuttavia, sembra che anche le cose scontate debbano essere spiegate ai nostri decisori politici. Quindi ecco il riassunto, per il rapporto completo, questo è il link. .




Executive Summary

Quale deve essere il ruolo dell’idrogeno nel futuro del trasporto su strada? Sempre più frequentemente ne sentiamo parlare come soluzione strategica per la decarbonizzazione del settore. L’attenzione al tema si è intensificata notevolmente negli ultimi mesi in seno al dibattito sul Piano Nazionale di Ripresa e Resilienza. Tuttavia, malgrado la centralità che gli viene conferita, i limiti dell’utilizzo dell’idrogeno come soluzione per decarbonizzare il trasporto su strada sono molteplici e noti da tempo.

Primo fra tutti l’efficienza energetica, che nel caso dei veicoli a idrogeno a celle combustibili è meno della metà rispetto agli elettrici a batteria. L’idea di utilizzare l’idrogeno come vettore energetico non è nuova. L’enfasi nei confronti dell’“economia basata sull’idrogeno” risale all’ottimismo degli anni ‘50 quando l’energia nucleare aveva fatto nascere il sogno - mai divenuto realtà - di un'energia abbondante e a basso costo. Un secondo - temporaneo - picco di interesse nei confronti di questa tecnologia si è manifestato con l'avvento delle energie rinnovabili nei primi anni del 21esimo secolo. Quello che ha sempre tagliato le gambe all’idrogeno è stata la bassa efficienza associata al processo di produzione, distribuzione ed utilizzo.

Oggi la presa di coscienza politica nei confronti della crisi climatica in atto e la necessità di decarbonizzare l’economia in tempi brevi ha generato un nuovo ritorno di interesse nei confronti di questa tecnologia. Di fatto l’idrogeno verde, prodotto al 100% da fonti rinnovabili, può rappresentare una soluzione importante nel complesso puzzle delle differenti tecnologie che si renderanno necessarie per raggiungere l’obiettivo europeo di zero emissioni nette al 2050. Se da un lato il tallone d’Achille dell’idrogeno - la sua bassa efficienza - resta uno dei limiti principali al suo sviluppo, dall’altro l'imprescindibilità dell’obiettivo di decarbonizzazione potrebbe giustificarne l’utilizzo in quei settori dove non esistono alternative migliori, più efficienti e meno costose, come ad esempio i settori hard-to-abate o l’aviazione.

L’impellenza di effettuare rapidamente la transizione ad un’economia climaticamente neutrale ha però messo in campo una nuova sfida di portata considerevole: il dispiegamento in tempi brevi di grandi quantità di energia rinnovabile. Questo obiettivo è particolarmente sfidante per il nostro paese, per il quale la velocità di installazione di rinnovabili è largamente inferiore a quella necessaria per raggiungere gli obiettivi climatici 2030 e 2050. L’attuale frazione di energia rinnovabile prodotta è troppo piccola e troppo preziosa perché si possa pensare di sprecarne oltre la metà in processi inefficienti quando vi sono alternative migliori. Se l’impegno dei governi a raggiungere la neutralità climatica è serio, l’efficienza energetica non può certo essere un’opzione e va messa al primo posto. Il criterio alla base della scelta di qualsiasi percorso di decarbonizzazione deve essere quello di favorire - ove possibile - l’impiego di tecnologie a maggior rendimento, minimizzando la necessità di energie rinnovabili addizionali necessarie per raggiungere l’obiettivo di zero emissioni nette.

Per il trasporto su strada, che nel frattempo ha visto l’affermazione della mobilità elettrica, largamente più efficiente, meno costosa e già tecnologicamente matura per molti segmenti, l’utilizzo dell’idrogeno non è giustificabile, se non in applicazioni di nicchia, né lo è lo spazio che esso occupa nel dibattito politico attuale italiano sulla transizione energetica. Non a caso alcuni emeriti esponenti della comunità scientifica italiana hanno definito “follia energetica” l’attenzione dedicata all’idrogeno nella definizione del Piano Nazionale di Ripresa e Resilienza per tutti quei settori che non siano specificatamente nautica, aeronautica e grandi produzioni industriali (Energia per l’Italia, 2021).

Molte sono inoltre le questioni che ruotano intorno al tipo di idrogeno utilizzato, i costi di produzione e trasporto, e la prontezza commerciale dei veicoli. Questo briefing ha l’obiettivo di fornire alcune informazioni di base rispetto all'attuale catena di produzione, trasporto e distribuzione dell'idrogeno, lo stato dell’arte del mercato e l’eventuale ruolo che può giocare nella decarbonizzazione del trasporto terrestre.

La lettura dei documenti, dei progetti, delle esperienze e della letteratura tecnica e scientifica relativa alle applicazioni dell’idrogeno, quale vettore e stoccaggio energetico, nel settore dei trasporti terrestri, dimostra che non costituisce una strada percorribile e utile per la decarbonizzazione del settore. Anzi, nel caso di competizione tra risorse scarse, è di ostacolo ad altre alternative ambientalmente ed economicamente preferibili, come l’elettrificazione.

Per i veicoli leggeri la risposta alla decarbonizzazione è rappresentata dalla tecnologia elettrica a batteria e in questo senso il mercato ha già deciso. Per i veicoli pesanti, le economie di scala associate al rapido sviluppo del mercato delle auto elettriche amplificano il business case per i camion a batteria e sempre più numerosi sono gli annunci dei produttori di camion sulla messa in produzione di serie di autocarri elettrici, mentre i camion a idrogeno sono ancora in fase prototipale e bisognerà attendere almeno il 2026 per vederne la messa in produzione di serie in Europa.

Per il trasporto merci di lungo raggio (>500km) non è ancora chiaro se la mobilità elettrica sarà in grado di avere tutti i requisiti necessari per sopperire alle esigenze della logistica merci in termini di autonomia e tempi di ricarica. Ma il buon senso da un lato e lo stato dell’arte attuale della tecnologia e del mercato dall’altro indicano che il ruolo dell’idrogeno nella decarbonizzazione del trasporto su strada, se mai ne avrà uno, resterà limitato ad applicazioni di nicchia (decine di migliaia di mezzi, rispetto a milioni). Per queste ragioni è opportuno sviluppare ricerche e sperimentazioni, ma non accettabile lo sviluppo di progetti industriali, come per altro emerge con evidenza dai pochi progetti concreti tra le proposte del PNRR.


Rapporto completo

sabato 13 dicembre 2014

Se la Gigafactory di Tesla può funzionare al 100% con energia rinnovabile, perché non possono anche altri?

Da “computerworld”. Traduzione di MR (h/t Claudio Della Volpe)



La triplice scommessa sulle fonti di energia rinnovabile di Tesla è probabile che superi il proprio fabbisogno di elettricità

La Gigafactory di Tesla, la più grande fabbrica al mondo di batterie agli ioni di litio, si prevede che generi tanta energia rinnovabile quanta gliene serve per funzionare – e dell'altra in più. La scorsa settimana, Tesla ha annunciato che vorrebbe costruire la sua fabbrica fuori Reno, in Nevada. Usando stime prudenti, la triplice scommessa sulle fonti di energia rinnovabile potrebbe generare più di 2.900 MWh di elettricità rinnovabile quotidianamente, che costituisce il 20% in più di quanta ne necessiti, secondo Tom Lombardo, un professore di ingegneria e tecnologia al College di Rock Valley a Rockford, Illinois. “Queste sono stime prudenti della produzione e stime di consumi massimi ed è chiaro che c'è sufficiente energia rinnovabile da far funzionare l'impianto e un po' in eccesso”, ha scritto Lombardo in un post recente.

La fabbrica, la cui preparazione è già iniziata presso il Centro Industriale Tahoe di Reno, sarà a forma di diamante. La forma di diamante, secondo l'AD di tesla Elon Musk, si adatta meglio al profilo dell'ambiente circostante, cosicché per costruirla dev'essere movimentata meno terra. La fabbrica è anche orientata a nord, di modo che i pannelli solari sul suo tetto siano esposti alla massima quantità di luce solare possibile, ha detto Musk. “Questa fabbrica produrrà anche la propria energia. Attraverso una combinazione di geotermico, eolico e solare, essa produrrà tutta l'energia di cui ha bisogno”, ha detto Musk. “Quindi sarà una specie di fabbrica autosufficiente”.

Ritorno dall'investimento delle rinnovabili

Più della metà società di Fortune 100 negli anni scorsi hanno risparmiato collettivamente più di 1,1 miliardi di dollari all'anno riducendo le emissioni di carbonio e implementando progetti di energia rinnovabile, secondo un recente rapporto intitolato “Power Forward 2.0". Collettivamente, il 43% delle società di Fortune 500, o 215 in tutto, hanno anche stabilito obbiettivi in una delle tre categorie: riduzione dell'emissione di gas serra, efficienza energetica ed energia rinnovabile. Se ristrette alle sole Fortune 100, il 60% delle società hanno stabilito gli stessi obbiettivi di energia pulita. Per quanto ammirevole sia per la fabbrica di batterie Tesla di funzionare al 100% con energia rinnovabile, attualmente questa non è un'opzione praticabile per gran parte delle società, principalmente a causa della variabilità dell'energia rinnovabile. La fabbrica di 10 milioni di piedi quadrati di Tesla sarà coperta di pannelli solari e collegata ad un parco eolico vicino e ad una centrale elettrica geotermica, secondo l'AD di tesla Elon Musk. Una fabbrica di batterie di quelle dimensioni si stima che consumi 100 megawatt (MW) di corrente alla capacità di picco o 2.400 MWh al giorno, secondo Navigant Research. Come riferimento, è l'equivalente del consumo di elettricità di circa 80.000 case.

“E' una quantità di energia enorme per un singolo impianto”, ha detto Sam Jaffe, un ricercatore analista titolare di Navigant. Gran parte dell'energia richiesta dalla Gigafactory, ha detto Jaffe, verrà usata per alimentare i forni, che vengono usati per fondere le polveri chimiche in lamine di metallo per la produzione di catodi ed anodi – i poli positivo e negativo di una batteria. La scelta di Tesla dei siti per la sua Gigafactory è stata ottimale per diverse ragioni di cui non necessariamente beneficerebbero altri tipi di fabbriche. Per prima cosa, Reno è anche una delle poche aree del mondo in cui la crosta terrestre è abbastanza sottile da offrire l'accesso all'energia geotermica, cioè calore dal mantello terrestre. Quel calore geotermico è invariabile, costante, e può essere usato nei forni della Gigafactory o per creare vapore per alimentare turbine. Mentre Reno è una regione arida, cosa che preclude le produzioni che richiedono molta acqua, ha però in media 5 ore di picco di sole al giorno in confronto ad altre aree del paese, come il Nordest, che di ore ne ha circa 2. “E' la prevedibilità che risulta molto migliore in quella geografia”, ha detto Jaffe. L'altro uso primario nella Gigafactory sarà quello di caricare completamente le batterie e poi scaricarle in modo da renderle utilizzabili. Tuttavia, in una fabbrica di batterie efficiente, scaricare le batterie può essere fatto caricando altri – alimentare le necessità dovrebbe essere il minimo, ha detto Jaffe. Infine, la Gigafactory produce batterie, che Tesla potrebbe poi usare per immagazzinare a basso costo l'elettricità durante i momenti di bassa produzione di energia rinnovabile.

Non proprio "off grid"

Lombardo non crede tuttavia che la fabbrica sarà energeticamente indipendente sulla base dei suoi impianti di energia rinnovabile. Piuttosto, userà il “net metering”, un metodo con cui Tesla genererà la propia elettricità e venderà l'eccesso ai gestori elettrici. Poi, durante i momenti in cui la produzione di energia rinnovabile di Tesla scende al di sotto della domanda, la rete elettrica gli dirotterà intelligentemente elettricità sulla base di crediti energetici. “E' più affidabile, più conveniente e indipendente dalla posizione”, ha detto Lombardo in una email di risposta a Computerworld. “Nemmeno Tesla andrà necessariamente off-grid. Musk ha detto 'energia netta zero', che significa semplicemente che genereranno tanta energia quanta ne usano”. In media, Reno gode di cinque ore di picco di luce solare al giorno. Considerando un'efficienza media del 20% dei pannelli fotovoltaici a tetto (FV), i 10 milioni di piedi qudrati della Gigafactory produrrebbero 859 MWh di energia solare quotidianamente, ha detto Lombardo. Inoltre, usando l'interpretazione artistica della Gigafactory di Tesla, Lombardo stima che la Gigafactory avrebbe 85 pale eoliche in grado di generare circa 1.836 MWh di corrente al giorno. “Reno non è estranea all'energia geotermica – ha diversi impianti già in funzione. Il più nuovo ha una capacità di 20 MW”, ha scritto Lombardo nel suo blog. “Diciamo che Tesla si mantiene piccola e ne costruisce uno con solo la metà della capacità. Quell'impianto da 10 MW produrrebbe 240 MWh di elettricità da geotermico al giorno. Attraverso l'economia di scala, si prevede che la Gigafactory di Tesla abbassi il costo per kilowatt delle batterie agli ioni di litio della società di più del 30% nel 2017, il primo anno di produzione.

Per il 2020, Tesla crede che la sua Gigafactory produrrà più batterie agli ioni di litio in un anno di quelle prodotte nel mondo nel 2013. Durante una conferenza stampa di fronte al palazzo di stato della capitale del Nevada la scorsa settimana, il governatore Brian Sandoval  ha detto che la Gigafactory avrà un impatto economico di circa 100 miliardi di dollari per il Nevada nei prossimi 20 anni. “Non sarà soltanto la fabbrica di batterie agli ioni di litio più grande del mondo, ma sarà in realtà più grande della somma di tutte le fabbriche di batterie agli ioni di litio del mondo”. Ha detto Musk. “E' prprio una grande fabbrica”.