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sabato 18 luglio 2020

Liti eccellenti. Gli esseri umani sono sempre degli attaccabrighe


Rubens, "La testa di Medusa", 1617

di Bruno Sebastiani

Recenti fatti di cronaca … religiosa mi offrono lo spunto per fare qualche riflessione sulla miseria della natura umana.
Non mi riferisco a beghe parrocchiali di basso livello o a bisticci tra confraternite per il posto da occupare in processione.
No, qui mi riferisco alla contesa che ha visto recentemente coinvolti nientemeno che il fondatore ed ex-priore della Comunità di Bose, Fratel Enzo Bianchi (e suoi seguaci), e l’attuale priore, Fratel Luciano Manicardi (e suoi seguaci).
A chi abbia un minimo di dimestichezza con il dibattito politico, culturale, religioso italiano il fatto non sarà passato inosservato, non fosse altro per la posizione pubblica di alto livello di Enzo Bianchi, definito dal Messaggeroeditorialista di punta del quotidiano La Repubblica, amico personale di Eugenio Scalfari e di tantissimi intellettuali, autore super gettonato di libri di teologia e storia del cristianesimo, uomo di punta dell'ecumenismo mondiale”.
E che la contesa fosse ai massimi livelli è testimoniato anche dal fatto che il Vaticano ha inviato per un mese intero tre “visitatori apostolici” nel monastero a indagare sulla vicenda.
C’è da immaginare che le giornate dei tre “super–ispettori” siano trascorse tra interrogatori più o meno amichevoli ed esame di ogni documento utile a far luce sulla querelle.
La sentenza è stata a dir poco eclatante: Fr. Bianchi dovrà abbandonare il monastero da lui fondato e con lui tre dei suoi più stretti collaboratori. Ancor più eclatante se si tiene conto che è stata avallata da Papa Francesco in persona e che porta la dicitura di “definitiva” e “inappellabile”.
Non entro nel merito della sentenza nè di tutta la vicenda, i cui i reali termini non sono neppure di pubblico dominio, ma risultano ben occultati dietro a frasi del tipo “sempre obbediente, nella giustizia e nella verità” o “invochiamo una rinnovata effusione dello spirito”.
Lo scopo del mio interessamento non concerne la vicenda in sé ma ciò che rivela dell’animo umano, delle sue miserie e meschinerie, al di là delle parole altisonanti, degli sguardi alteri, penetranti, della fama e dell’odore di santità.
È ben noto che situazioni conflittuali esistono a ogni livello nel mondo degli affari, della politica, dello sport ecc. Ci si poteva illudere che il mondo dello “spirito” fosse immune da questa tara. Ora questa illusione è venuta meno.
Non sarà per caso che ciò è accaduto perché in Occidente siamo intrisi di competitività, di materialismo e di utilitarismo?
Per rispondere a questa domanda provo a volgere lo sguardo altrove, ma ritrovo casi di conflittualità esasperata anche in movimenti che si ispirano alla religiosità orientale, la più pacifica del mondo.
Il movimento creato da Paramhansa Yogananda, la Self-Realization Fellowship, alcuni anni dopo la morte del fondatore si spaccò in due tronconi a causa dell’insanabile contrasto tra le “madri” che dirigevano il movimento e Swami Kriyananda, nato James Donald Walters. Quest’ultimo si separò per fondare una nuova comunità denominata Ananda, presente in vari paesi tra cui Stati Uniti, Italia, e India. La vicenda sfociò anche in spiacevoli vicende giudiziarie. Nonostante che Kriyananda sia morto nel 2013, esiste ancora un sito con tutta la documentazione delle malefatte del santone, probabilmente gestito dalla fazione avversa (vedi http://www.anandauncovered.com/IndexITA.htm), anche perché il movimento fondato da Kriyananda è tuttora vivo e vegeto, presente in varie parti del mondo con il nome di Ananda (in Italia ad Assisi).
Altre liti eccellenti che agitarono l’ambiente dei guru si verificarono tra i seguaci di Osho. Su queste vicende è stato realizzato un docufilm con interviste ai diretti protagonisti. Si intitola “Wild Wild Country” ed è reperibile anche su Netflix.
Potrei trovare molti altri esempi di questo tipo di contrasti tra personaggi “insospettabili”, cioè uomini o donne che predicano amore e fratellanza e che poi si dividono su questioni di potere o, peggio, di interessi personali.
Che morale trarre da queste vicende?
Una e una sola. Nessuno di noi, vivente o vissuto, può ritenersi “diverso” da ogni altro contemporaneo. Questo perché il cervello di ogni uomo ha struttura analoga a quello di ogni altro. Qualche neurone in più, qualcuno in meno, qualche connessione inter-sinaptica in più, qualcuna in meno. Tutto ciò influisce sul livello di intelligenza, di capacità di analisi, di sintesi, di abilità oratoria, ma poi il cervello limbico e quello rettiliano, al di sopra dei quali si è sviluppata la neocorteccia, reclamano la loro parte di influsso, che si estrinseca in prepotenti istinti di autoconservazione, di predominio, di sopravvivenza. Tutto ciò può forse essere tradotto con la locuzione “volontà di potenza” di nietzschiana memoria?
Come si inserisce questa riflessione nella teoria cancrista che da anni vado elaborando?
È un tassello in più che dimostra come, pur con tutta la buona volontà possibile, non avremmo potuto esimerci dal devastare il pianeta.
Se neppure tra le ovattate mura di un chiostro conventuale è possibile sfuggire al demone della prepotenza e della sopraffazione, come si può immaginare che Homo sapiens, una volta in possesso dell’arma suprema della ragione, avrebbe potuto astenersi dall’usarla contro ogni altra realtà per trarne i massimi benefici a proprio vantaggio?