sabato 3 aprile 2021

Agricoltura Idroponica: La Passione del Verde

 

Chissà se il nuovo Medio Evo potrà basarsi sulla coltura idroponica, invece che sui servi della gleba? Un post di "PG"

 

Agricoltore o ingegnere? 

di Pierluigi Germano

Comincio con una precisazione: non ho nulla contro gli agricoltori, né tantomeno mia moglie li considera una categoria men che consona. Anzi, a dire il vero, una delle tendenze moderne è che l'agricoltura, prima meccanizzata, diventi progressivamente sempre più automatizzata. Il passaggio dalla meccanizzazione all’automazione, di conseguenza, rende l’associazione contadino - uomo di zappa e vanga non più di un trito stereotipo.

Eppure mia moglie, vedendomi tornare da scuola in modo dimesso e con le mani segnate da lavorazioni in piena terra, mi faceva notare un piccolo inganno alla base del nostro matrimonio: era convinta di aver sposato un ingegnere e non capiva perché si ritrovasse compagna di vita di un agricoltore (ripeto con tutto il rispetto per gli agricoltori: mio nonno lo era e lo sono ancora buona parte dei miei zii).

Dal momento che la passione del verde e della cura dell’ambiente è cosa che continua ad affascinarmi, mi sono ingegnato di rispondere a questo appunto in modo creativo, ovvero diffondendo metodi di coltivazione a scuola tra i miei ragazzi senza l'uso di terra e concime ma con la sola acqua. Per non farmi mancare nulla intreccio tali temi con la progettazione e la stampa 3D e l'automatizzazione informatica (integrazione BBC micro:bit e in prospettiva Arduino e Raspberry). Una nuance anglofila mi ha spinto a chiamare il progetto Hydroponics @school e spero di coinvolgere i miei ragazzi in una traduzione aggiornata dei testi nella sezione inglese del sito. Con l’acqua non ci si sporca e questo rende mia moglie più soddisfatta del sottoscritto: una prospettiva win win.

I risultati. Semplicemente sorprendenti! sia in termini di entusiasmo dei ragazzi sia in termini di crescita rigogliosa delle piante. Come sempre le mogli vanno ringraziate!

In primo piano apprezziamo i primi, acerbi frutti di una pianta di pomodoro





L'insieme si presenta così:





Si apprezza la pianta di pomodoro e sedano in evidenza, entrambe cresciute con il metodo Kratky (ne parleremo diffusamente), attorniate da piante di menta. Il pomodoro ha raggiunto un’altezza di circa 90cm in un mesetto.

Perché un simile progetto?

È una domanda che mi pongo sempre, avendo maturato, in questi (pochi) anni di insegnamento un atteggiamento scettico, almeno in prima battuta, verso progettualità stiracchiate o tirate per i capelli: nella mia vita professionale precedente ero project manager, certe domande ti entrano nel DNA. E poi credo sia questo il quesito più importante e rivoluzionario in una scuola che va sempre più sostituendo le lezioni con i progetti, in un gattopardesco processo di mimesi spesso creativa.

Lo confesso. Ho sviluppato un'allergia viscerale, nel mio proprio periodo scolastico, verso i cartelloni e simili vettori di "progettazione". Ritengo, opinione personalissima, che il progetto dovrebbe rendere uno il corpo classe (alunni e docente) nella realizzazione di un oggetto reale. Ho la fortuna di avere ragazzi nel pieno della vitalità: quale miglior modo di imparare insieme se non il misurarsi con un problema reale che conduce a un prodotto anch'esso reale, in un turbinare di competenze e (perché no?) conoscenze il cui solo elenco incute timore?

Nella fattispecie il progetto abbraccia anche tematiche molto calde e strettamente interconnesse tra di loro: ad esempio lo sfruttamento responsabile delle risorse (collegato al riciclo) e dell'acqua. Potremmo partecipare a una cinquantina di marce contro il surriscaldamento globale ma se anche uno solo dei miei o non miei (considero Internet un vettore potente di buone pratiche) ragazzi si sentirà ispirato da un simile progetto e impianterà una serra idroponica o (perché non sognare?) aeroponica a queste latitudini... mi sentirò immensamente ripagato da tutti gli sforzi legati al progetto e sentirò di aver avuto, dopotutto, uno scopo nella mia attività didattica.

Contribuire in modo fattivo e responsabile ai problemi del pianeta si può solo a partire dalla scala del piccolo che ci circonda: ridurre o eliminare le proteine animali, sprecare meno acqua e risorse, coltivare con il minimo di queste ultime non sono slogan ma atti concreti che dobbiamo cominciare a fare da subito.

Tutti.

Cosè l'idroponica?

Per coltivazione idroponica (dal greco antico ὕδωρ hýdor, acqua + πόνος pónos, lavoro) s'intende una delle tecniche di coltivazione fuori suolo: la terra è sostituita da un substrato inerte (argilla espansa, perlite, vermiculite, fibra di cocco, lana di roccia, zeolite, ecc.). La pianta viene irrigata con una soluzione nutritiva composta dall'acqua e dai composti (per lo più inorganici) necessari ad apportare tutti gli elementi indispensabili alla normale nutrizione minerale. La tecnica è altrimenti conosciuta con il termine di idrocoltura. La coltura idroponica consente produzioni controllate sia dal punto di vista qualitativo sia da quello igienico-sanitario durante tutto l'anno: per una descrizione formale prosegui su Wikipedia


Principali aspetti didattici

Nel suo svolgersi il progetto sarà istruttivo nei seguenti (principali) aspetti didattici:

- Concettualizzazione spaziale alias Geometria: dal progetto esecutivo alla realizzazione

- Manualità: realizzazione di un manufatto con i mezzi e le tecniche a disposizione

- Scienza dei materiali: realizzazione di un manufatto col miglior mix di materiali a disposizione e privilegiando i materiali riciclati e assemblati (es. via colla a caldo o ricostruiti con penna 3D)

- Fisica: studio delle leggi idrauliche (portata, prevalenza etc), elettriche (circuiti, utilizzatori, relay, sorgenti) e gravitazionali (piano inclinato ad esempio) sul campo

- Matematica: studio di un sistema chiuso e dei fabbisogni di un circuito, basi della logica della programmazione

- Informatica/Coding: programmazione di un interruttore crepuscolare e di un timer acceso spento per la pompa idraulica

- Inglese: contiamo di fare una versione in inglese del sito tematico di documentazione dell’esperienza, le traduzioni saranno a cura dei ragazzi stessi

Sono sicuro che i ragazzi stessi individueranno altri filoni a mano a mano che procederanno nel progetto.

Per dare la giusta eco a queste iniziative (svolte a una latitudine ingrata, siamo nel cuore della Capitanata, San Severo, un territorio che non brilla di certo per eccesso di legalità o imprenditorialità) ho iscritto le mie tre classi prime al progetto le serre idroponiche del MIUR. Il progetto consiste nel seguire e documentare le attività, attenendosi a metodologia e contenuti ufficiali. Vedremo come attagliare le nostre attività a quanto proposto: come al solito cercheremo di andare oltre…


Prime esperienze con Kratky


Il problema da risolvere è evitare che le radici marciscano e, al contempo, dare alla pianta il massimo di ossigeno, azoto e altri nutrienti, in una parola nutrirla e difenderla dai nemici esterni.

Il metodo Kratky, che fa parte del ramo dell'idroponica passiva, predica che, allo scendere del livello dell'acqua a causa dell'assorbimento della pianta, una parte delle radici si riconverta all'assorbimento aereo di ossigeno e idrogeno.







Il metodo è sicuramente semplice: l'abbiamo adottato in una growbox, coibentata in polistirolo con i ragazzi e illuminata da due pannelli led a luce rosa, specifici per la crescita. L'insieme è gradevole, nel suo essere spartano.








Nella nostra growbox abbiamo messo a dimora su letto di lana di roccia del basilico, in un altro contenitore abbiamo ricavato due occhi per quattro piantine di pomodoro e nell'ultimo contenitore (per ora) abbiamo cercato di clonare del basilico genovese (clonato da qualche piantina bio acquistato al supermercato, con aggiunta di ormone radicante nella parte terminale del gambo)

Non avendo avuto l'autorizzazione all'utilizzo 24/24 della growbox con illuminazione forzata, ho scelto l'angolo più soleggiato e presidiato della scuola (Nazario, il collaboratore, è un ottimo e fidato alleato: sorveglia ma, soprattutto, dà sempre una mano, un consiglio, un'idea). I risultati sono sorprendentemente strabilianti...soprattutto se si pensa che sono ottenuti riciclando molti materiali e oggetti, come mostrato da due mie alunne.





Trovate qualche le considerazione sulla crescita sul mio blog didattico teckne21.blogspot.com.

Il metodo DWC (Deep Water Colture) prende le mosse da Kratky ma utilizza una pompa ad aria per insufflare aria nell’acqua e, arricchendola di ossigeno, rivitalizzare le radici delle piante.

Nella mia esperienza ciò non ha prodotto un enorme risultato, appesantendo progettazione e gestione dell’impianto.


Il metodo NFT

Vogliamo farci del male, lo so. Abbiamo delle tendenze sadiche che ci spingono a cercare sempre nuovi metodi alla ricerca dell’optimum della coltivazione. Non che il metodo Kratky non vada bene, tutt’altro.

Siamo fatti così.

Il metodo NFT (Nutrient Film Technique) predica lo scorrimento continuo, grazie a un impianto di ricircolo della soluzione nutriente sotto le radici della pianta.



Sad to say... dopo un certo successo iniziale le piante non hanno mostrato alcun segno di crescita. Dopo qualche tempo ho sospeso l'esperimento.
 

Lesson learned: mai iniziare una cultura idroponica in un locale senza luce e senza avere la possibilità di avere la luce forzata. Al momento il progetto è in standby. Ripartirà con una nuova struttura a luce forzata che abbiamo realizzato da zero, a partire da bancali donatici da aziende del posto: potete vedere le fasi della realizzazione qui.


 

C'è anche un'installazione aereoponica / fogponica DYI







Ma, la soluzione più interessante è probabilmente questa:






è una colonna idroponica che, mediante un sistema a ricircolo (pompa immersa in fondo che rifornisce un serbatoio posto in alto) permette la creazione di pioggia continua nella sezione interna, in modo da nutrire direttamente le radici delle piante.

È un metodo particolarmente adatto alle piante che tendono a marcire in presenza di acqua ferma, come le bulbose.

La struttura è stata stampata in 3D e dipinta a nero dai ragazzi al fine di minimizzare la quantità di luce che penetra all’interno e rendere meno infestante la presenza di alghe. Questa struttura, se ci si pensa bene, sta a cavallo tra l’idroponica e l’aeroponica.

Se possibile in una puntata ulteriore parleremo delle modalità aeroponiche…

Se, come noi, si punta al riciclo spinto, possiamo riutilizzare delle bottiglie di plastica (dipinte in colore scuro) in modo creativo. Oppure riutilizzare semplici flaconi di detersivo





Alcune semplici lezioni (quasi un decalogo)


  • L’idroponica è per tutti, non ci sono particolari fattori limitanti
  • È scalabile a piacere
  • Occorre porre particolare attenzione ai nutrienti, che devono essere specifici
  • Puntando all’ottimo assoluto occorre fare attenzione al pH dell’acqua (noi puntiamo all’ottimo paretiano, almeno in prima battuta) con un correttore
  • La luce è un fattore fondamentale, se non è abbondante è meglio desistere o passare sin da subito all’illuminazione forzata
  • Non c’è necessità di grandi capitali né occorre farsi abbagliare dai kit “stilosi” in vendita (a grande prezzo) online: il riciclo può aiutarci
  • Sperimentare è l’imperativo fondamentale
  • Il riciclo dei materiali può darci una grande mano (bottiglie di plastica)
  • Il riciclo si applica anche agli scarti alimentari: abbiamo riutilizzato con successo scarti di sedano, insalata, finocchio, basilico
  • Partire semplici, ma con l’obiettivo di scalare prima possibile (sono Ingegnere, KISS è sempre stato un acronimo importante per me)
  • Per chi fosse arrivato in fondo a questa maratona... vi aspetto sul mio blog didattico o sul sito dedicato a Hydroponics @school

PG