Post di Fabio Vomiero
La questione scientifica, descrizione ed evidenze:
Secondo l'Organizzazione Mondiale della Sanità (OMS) una sana ed equilibrata alimentazione può essere in grado di ridurre significativamente l'incidenza e la prevalenza delle principali patologie cronico-degenerative, concetto peraltro ben noto almeno fin dai tempi di Ippocrate. La promozione e l'implementazione di adeguate abitudini alimentari dovrebbero pertanto essere delle priorità assolute sia per quanto riguarda il singolo individuo, che per il sistema sociale nel suo complesso.
Ma per tentare di capire, almeno a grandi linee, quale potrebbe essere il tipo di alimentazione per noi più appropriato, è necessario però chiarire che al di là dei gusti, delle tradizioni, delle culture e naturalmente degli interessi economici, dobbiamo guardare prima di tutto alla nostra fisiologia e alla nostra storia biologica, facendo comunque attenzione a non cadere nell'imprudenza, purtroppo molto comune, di trarre delle conclusioni affrettate e definitive dai relativamente pochi elementi sicuri di cui disponiamo.
Anche noi umani, infatti, esattamente come tutte le altre specie, siamo sottoposti a dei precisi vincoli biologici che stabiliscono sempre limiti e possibilità. Possediamo infatti un certo tipo di dentatura, di stomaco, di intestino, di enzimi salivari e digestivi, di microbiota intestinale, come elementi di un corredo fisiologico sostanzialmente di tipo onnivoro plasmato da una storia biologica di milioni di anni, fatta di continui cambiamenti ambientali e di conseguenti adattamenti nutrizionali determinati principalmente dalla disponibilità delle risorse.
Tuttavia, alcune evidenze scientifiche iniziano oggi ad emergere forti e chiare dalla stragrande maggioranza degli studi scientifici e in particolare dai lavori di meta-analisi più recenti.
La prima, per esempio, riguarda senz'altro la necessità, almeno nel caso della nostra attuale società occidentale palesemente ipertrofica, di una generale restrizione calorica, concetto che si traduce sostanzialmente nella raccomandazione di adottare una dieta più sobria, frugale, prevalentemente vegetariana e con il pesce eventualmente da preferire alle carni.
Seguono poi le indicazioni più squisitamente pratiche, come quelle di evitare, per quanto possibile, gli zuccheri semplici aggiunti, i dolci industriali, le bibite zuccherate, i succhi di frutta, di limitare al massimo l'uso di carni trasformate e lavorate (gli insaccati per capirci, classe 1 della classificazione IARC delle sostanze ritenute cancerogene), di moderare il consumo di carne in generale e in particolare di quella rossa (classe 2A, probabilmente cancerogena), di limitare il consumo di bevande alcoliche (l'alcol è tossico, psicoattivo e cancerogeno), di consumare regolarmente frutta e verdura (cibi ricchi di micronutrienti, vitamine e sali minerali), senza esagerare con la frutta perchè ricca di zuccheri, e di consumare regolarmente anche legumi, frutta a guscio e olio extravergine di oliva di buona qualità.
É possibile anche variare l'apporto proteico con una moderata introduzione di prodotti lattiero-caseari, per i quali i dati attuali non evidenziano alcuna relazione dannosa dimostrata sulla salute, e delle uova, alimento molto interessante e ultimamente rivalutato proprio da studi molto recenti. Un'altra interessante e promettente indicazione, anch'essa emersa recentemente, è il consiglio di cercare di limitare il tempo in cui si distribuisce la nostra alimentazione giornaliera ad un massimo di 12 ore, lasciando pertanto un altrettanto intervallo di tempo disponibile per un digiuno pressochè completo.
Tutte queste linea guida sono oggi sostenute da decine di articoli scientifici peer review di tipo prevalentemente osservativo, epidemiologico e caso-controllo, i quali, nonostante tutte le difficoltà legate alle cause multifattoriali e alle variabili confondenti, ci offrono comunque un quadro quantomeno attendibile. É comunque sempre possibile consultare una buona sintesi di quanto viene formalmente accettato e raccomandato dalla comunità scientifica di settore, accedendo in qualche modo ai LARN (Livelli di Assunzione di Riferimento di Nutrienti ed Energia per la popolazione italiana) o alle loro rappresentazioni grafiche (piramidi alimentari), se divulgate da fonti attendibili. Si tratta di documenti di consenso, periodicamente aggiornati, che espongono la posizione condivisa dal mondo della ricerca in campo nutrizionale.
Da questi documenti si possono ricavare, per esempio, le frequenze giornaliere o settimanali con cui è consigliato consumare alcuni tipi di alimenti (una porzione di pasta o di riso al giorno, meglio se integrali, va generalmente bene) e, soprattutto, importantissimo, le quantità, cioè a quanti grammi di alimento ci si riferisce quando si parla di porzione. Per esempio, per quanto riguarda la pasta o il riso, si parla di 80 gr., per la carne 100 gr., il pesce 150 gr., l'insalata 80 gr., la verdura cotta 200 gr. e così via, parametri naturalmente indicativi, ma certamente sempre molto utili per tentare di dare un senso pratico alle cose.
Per quanto riguarda invece l'apporto calorico giornaliero dato dai macronutrienti, esso viene indicativamente suddiviso in un 55% circa derivante dal consumo di carboidrati prevalentemente complessi e meglio se integrali, un 15% dalle proteine, con prevalenza di quelle vegetali e un 30% dai grassi, perlopiù monoinsaturi e caratteristici dell'olio extravergine di oliva.
Conclusioni:
La dieta è quindi un fattore estremamente importante e controllabile nell'ambito di uno stile di vita orientato al miglioramento e alla tutela del proprio stato di salute generale, il quale dovrebbe prevedere, tra l'altro, anche l'attività fisica, sociale e cognitiva, la riduzione dello stress e l'abolizione del fumo di tabacco.
Riuscire a stabilire una dieta ottimale non è per niente facile e probabilmente nemmeno possibile, anzi, pare ci siano dei buoni motivi per ritenere che, nell'ambito di una sorta di griglia di possibilità tracciata indicativamente dalla nostra predisposizione biologica, ci possano essere comunque dei discreti margini di tolleranza per l'implementazione di schemi alimentari anche diversificati, ma ugualmente efficaci. Alla fine, è sempre una questione di buon senso, equilibrio, consapevolezza e sostenibilità.
Dobbiamo perciò diffidare di tutte quelle diete troppo rigide e matematizzate, che tendono per esempio ad escludere totalmente importanti categorie di nutrienti, oppure, al contrario, a mitizzarne altre. Parlando di carboidrati, per esempio, recentemente al centro di accesi dibattiti non sempre privi di venature ideologiche, bisogna precisare che c'è una sostanziale differenza tra un carboidrato complesso (polisaccaride) introdotto con il consumo di cereali, pane, pasta, riso, cibi che apportano oltretutto anche proteine di origine vegetale e soprattutto fibra, e uno zucchero semplice, come per esempio il saccarosio (normale zucchero), in quanto le risposte glicemiche e le sollecitazioni ormonali (produzione di insulina) indotte dalla loro digestione e assorbimento sono infatti molto diverse e naturalmente molto peggiori per lo zucchero. Inoltre, una buona quantità di carboidrati deve essere comunque garantita per evitare lo stato di chetosi e di ipercatabolismo delle proteine tissutali e assicurare soprattutto ai neuroni, agli eritrociti e alle cellule muscolari, la giusta quantità di glucosio necessaria per potere svolgere le loro importanti funzioni vitali.
Ma così come l'eccesso di carboidrati va certamente evitato, anche tutte le diete, peraltro oggi molto di moda, che tendono a preferire grassi e proteine a discapito dei carboidrati, non sono esenti da rischi: l'eccesso di questi macronutrienti, infatti, può produrre dei sottoprodotti o intermedi metabolici potenzialmente dannosi, come i corpi chetonici nel caso dei grassi e l'urea nel caso delle proteine.
Naturalmente poi, per avere anche un riscontro oggettivo che possa servire a "dimostrare" in qualche modo che il modello alimentare a cui si fa riferimento sia effettivamente salutare e che non si tratti soltanto di una convinzione soggettiva, basterebbe semplicemente guardare al proprio peso, alle proprie forme, al proprio stato di salute e di forma generale sul lungo periodo (non dopo una settimana o un mese) e ai propri valori ematici sentinella, principalmente la glicemia, il colesterolo, i trigliceridi e le vitamine D e B12, eventualmente da integrare.
Infine, i gravi problemi ecologici ed ecosistemici che si stanno rapidamente palesando ed accumulando, impongono necessariamente una riflessione anche sulla sostenibilità. Una dieta come quella attuale, infatti, basata per esempio su un eccessivo consumo di carne, oltre che ad essere molto probabilmente pericolosa per la nostra salute, è assolutamente deleteria in termini di produzione di inquinanti, di contributo al riscaldamento globale e di tutela del benessere animale. In una maniera o nell'altra, quindi, essa dovrà comunque essere ripensata attentamente, sia sotto il profilo nutrizionale, che quello, non meno importante, delle questioni ecologiche ed etiche.
Bibliografia:
1) Mariani, Costantini, Cannella, Tomassi,"Alimentazione e nutrizione umana", 2016
2) Telmo Pievani, "La vita inaspettata", 2011
3) Umberto Veronesi, "Longevità", 2012
4) Valter Longo, "La dieta della Longevità", 2016
5) Filippo Ongaro, "Fino a cent'anni", 2016
6) Dale E. Bredesen, "La fine dell'Alzheimer", 2018
7) John Coetzee, "La vita animale", 2000
8) SINU Società Italiana di Nutrizione Umana
9) IARC International Agency for Research on Cancer