giovedì 21 maggio 2020

La Nuova Strategia Forestale Nazionale: Cosa vogliamo fare delle foreste italiane?



 Paul Bunyan è una figura leggendaria del folklore nordamericano. In questo filmato di Walt Disney del 1957, lo vediamo glorificato nella sua forma più classica: un uomo gigantesco e gioviale, in grado di abbattere un albero (anche più d'uno) con un singolo colpo d'ascia. E che non si chiede perché. Possiamo prenderlo come una metafora di un atteggiamento nei riguardi delle nostre foreste che poteva ancora andar bene negli anni 1950 (forse) ma che oggi non dovrebbe più aver spazio nella nostra visione del mondo. Purtroppo, sembra che sia ancora popolare in Italia.


Qui di seguito trovate un testo di Fiorenza Adriano e dei Liberi Pensatori a difesa della natura riguardo alla recente "predisposione della Strategia Forestale Nazionale" da parte del ministero delle politiche agricole. E' un documento che ha anche qualche cosa buona, ma più che altro in termini di chiacchere. Se poi vai a vedere la sostanza, viene fuori che vede ancora le foreste principalmente come una risorsa economica. Una risorsa da tagliare per massimizzare i profitti. E, cosa ancora peggiore, rimane legata alla visione obsoleta che le foreste sono una sorgente di energia rinnovabile che non contribuisce al riscaldamento globale. Ma, come sempre, quando considerazioni di profitto prevalgono, si finisce per fare danni -- anche molto grossi.

La questione è discussa in dettaglio nel testo qui sotto. Se vi sembra che i "Liberi Pensatori a Difesa della Natura" abbiano ragione, potete fare qualcosa anche voi per aiutare. Andate sulla pagina del Ministero e dite la vostra. Al link trovate un modulo da compilare con delle osservazioni, delle critiche, dei pareri. E' un'opportunità di intervenire. C'è tempo fino al 28 maggio per inviare i moduli. (UB).


Su Facebook, trovate il gruppo dei Liberi Pensatori.

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Testo di Fiorenza Adriano e Liberi Pensatori a difesa della natura.


Siamo in Italia, immersi nel verde, in un paese ricco di boschi. Ha senso qui parlare di attacco alle foreste e alla biodiversità? Tenendo conto poi che il nostro stile di vita non può fare a meno del legname e dei suoi molteplici usi, che vanno dalla produzione di carta ai mobili al riscaldamento all'impiego nell'edilizia...Perché dunque da più parte i cittadini, quasi sempre invano, protestano e si oppongono ai tagli? C'è una petizione, sostenuta dal gruppo “Liberi Pensatori a Difesa della Natura” che chiede che la gestione delle foreste passi dalla competenza del Ministero delle Politiche Agricole al dicastero dell'Ambiente, in quanto ora il patrimonio boschivo viene inteso più che altro in modo produttivistico. E come mai, essendo il numero di firme cresciuto fino alle 80.000, la stampa tace e nessuna fonte ufficiale ne parla?

Attualmente è in corso una Consultazione Popolare riguardo alla nuova Strategia Forestale Nazionale proposta dal Ministero delle politiche agricole, alimentari e forestali, consultazione a cui bisogna partecipare, perché è un modo di far valere la nostra opinione.

Vorrei qui far sentire la voce di alcuni rappresentanti del gruppo “Liberi Pensatori a difesa della natura”, impegnato sul fronte della tutela del nostro patrimonio boschivo. Le domande potrebbero essere molte, ma cercherò di limitarmi a quelle, a mio giudizio, essenziali.

PRIMA DOMANDA: Come mai si dice che le foreste italiane siano aumentate, nell'ultimo secolo?

LIBERI PENSATORI. Se teniamo conto soltanto della superficie occupata dai boschi, possiamo dire che le foreste siano in espansione. Il problema è prendere come punto di riferimento la volumetria dei nostri boschi, che dovrebbe essere, come media minima, di 250/300 metri cubi per ettaro. Per le foreste vetuste,anche di 500/600. La media italiana è invece adesso di 150 metri cubi per ettaro, cioè molto bassa e sta ad indicare che gran parte della superficie che noi intendiamo come ricoperta da foreste sia in realtà occupata da boschi poveri, cioè estesi come superficie, ma poveri come biomassa.
Il bosco poi ogni anno cresce, ma mancano dati certi sulla volumetria dei prelievi che, secondo alcune rilevazioni, paiono essere superiori a quelli della ricrescita, andando così ad impoverire costantemente il bosco.

Nella Proposta di Legge del Ministero delle Politiche Agricole notiamo la mancanza di una politica forestale chiara e mirata ad indicare l'incremento dei volumi di biomassa per ettaro, come previsto dagli accordi internazionali, nonché la carenza di fonti ufficiali dirette ed affidabili sulla volumetria dei prelievi legnosi. Lo stato di salute e di effettiva importanza e realtà delle foreste su un territorio sono direttamente indicati dai dati riguardanti la loro volumetria e non solo dalla superficie da esse occupata.

SECONDA DOMANDA: Che cosa comporta per i nostri boschi il fatto che le risorse forestali siano state inserite fra e fonti di energia rinnovabile? Quali sono i dati relativi ai prelievi di biomassa dalle foreste?

LIBERI PENSATORI La definizione “biomassa=rinnovabili”, adottata nel 1997 a Kyoto, con la conseguente erogazione di incentivi per favorire l'uso di tale fonte energetica, ha provocato un eccessivo sfruttamento dei boschi mondiali mettendoli in pericolo. In Italia molti affermano che i boschi siano scarsamente sfruttati e che occorrerebbe incentivare ulteriormente l'uso delle biomasse solide (legna da ardere, altri materiali legnosi e sottoprodotti) per la produzione di energia. I maggiori esperti del settore forestale affermano invece che i dati nazionali ed europei sui prelievi boschivi presentano incertezze anche gravi. In caso di incertezza e indeterminazione sarebbe saggio adottare la cautela, mentre pare prevalga una arbitraria temerarietà.

TERZA DOMANDA:Il taglio e il prelievo degli alberi incidono sul suolo, elemento importante per la biodiversità e pozzo di CO2, nonché deterrente allo scorrere impetuoso delle acque piovane verso valle, in quanto capace di diventare come una spugna che assorbe l'acqua e le consente di penetrare lentamente nel terreno. Come si trasforma il suolo con le ceduazioni e con quali conseguenze per la biodiversità e per gli alberi rimasti?

LIBERI PENSATORI A questo riguardo si parla di “pozzo” e di “fonte” di CO2. Pozzo è un serbatoio di CO2, che la cattura e la trattiene(sequestro). Fonte è l'origine di una diffusione di CO2, che la rilascia nell'aria (emissione).

“Pare dunque che i boschi italiani, e non solo, siano destinati a passare dalla condizione, per noi favorevole, di pozzo di CO2 a quella di fonte di CO2. Invece di trattenere e togliere dall'aria la CO2 possono diffonderla."

Gli effetti della gestione forestale sono rilevanti e possono alterare profondamente il bilancio del carbonio degli ecosistemi forestali. I boschi diventano fonte o pozzo in relazione alla direzione che assumono i flussi di scambio con l’atmosfera. A livello di ecosistema, il bilancio del carbonio è rappresentato dalla quantità fissata attraverso la fotosintesi, detta produzione primaria lorda. Una quota viene respirata dalle piante per i processi di sintesi e di mantenimento, un'altra quota viene respirata dalla componente eterotrofa attraverso la degradazione della sostanza organica. La Biomassa prodotta è uguale alla produzione primaria netta, ossia produzione lorda meno respirazione autotrofa. Una foresta è sink /pozzo o source /fonte a seconda del bilancio produzione primaria netta meno respirazione eterotrofa. Questa si chiama produzione netta di ecosistema. I tagli boschivi riducendo la fotosintesi ed esaltando la respirazione , (maggiore luce e calore nel suolo ) rendono le foreste sorgenti di CO2 per decenni.

In un bosco tagliato tutto il carbonio accumulato nei secoli dentro il suolo , a causa della maggiore luce che passa tra le chiome ridotte, ridiventa pericolosa CO2 , che si riversa nell’atmosfera.”
Per non parlare poi del danno al sottobosco e all'humus che, dopo un disboscamento o un diradamento degli alberi, impiegherà un numero molto alto di anni per ricostituirsi.

QUARTA DOMANDA: Il testo della Nuova Strategia Forestale Nazionale pare non essere adeguato ad una giusta conservazione e tutela delle nostre foreste. In quali punti pensate sia particolarmente carente?

LIBERI PENSATORI L'economia circolare ha come obiettivo la riduzione della pressione sulle risorse naturali. Si può parlare delle tre R: riciclo, riuso, risparmio del legno, per non incentivarne i consumi. Ci pare che invece la Nuova Strategia Forestale sia lontana dai principi dell'economia circolare e che, presupponendo erroneamente che le risorse forestali siano in crescita, si ponga l'obiettivo di incentivarne l'uso, a beneficio delle attività produttive ad esse collegato.

Noi riteniamo invece che le risorse forestali non siano affatto in crescita, ma in sofferenza. La mancanza di dati certi sui prelievi e sull'effettiva volumetria, ci pare molto grave e altrettanto grave la mancanza di esperti del settore che possano compiere studi e ricerche per arrivare a delle conclusioni serie. Non possiamo equiparare un bosco povero, lavorato a ceduo, con alberi radi e giovani, ad una foresta matura con alberi secolari e con una volumetria nella norma fissata dalle direttive europee. Non possiamo quindi accettare il concetto di superficie forestale in espansione. Riteniamo invece che le aree in cui ci sono foreste mature vadano assolutamente tutelate e protette, per favorirne, nel tempo, l'espansione. Riteniamo che non si possa più in alcun modo utilizzare foreste per attività collegate alla filiera del legno né tanto meno per fornire biomassa alle centrali.
Al fine di produrre legname per le attività collegate alla filiera del legno, pensiamo che la soluzione più ragionevole sia un processo graduale che operi il passaggio dalla selvicoltura alla arboricoltura con foreste messe a dimora in spazi agricoli non utilizzati. Pensiamo che le foreste mature debbano essere lasciate alla loro evoluzione naturale, per poter svolgere le loro funzioni ecosistemiche. In questo modo realmente si svilupperebbe un'economia basata su valori di conservazione e non ti taglio delle foreste.

QUINTA DOMANDA: attraverso la Consultazione Popolare ogni cittadino può esprimere la sua opinione riguardo alla nuova Strategia Forestale Nazionale proposta dal Ministero delle politiche agricole, alimentari e forestali. La scadenza per inviare le nostre osservazioni è il 28 maggio. A livello pratico, come possono fare gli interessati per mandare al Ministero le loro osservazioni che, naturalmente, più saranno numerose e più avranno la possibilità di fare la differenza?

LIBERI PENSATORI La Consultazione Popolare è un mezzo di democrazia diretta che dovrebbe stimolare tutti a cercare di conoscere l'argomento. C'è poi un modulo da compilare. Ecco il link: 
https://www.politicheagricole.it/flex/cm/pages/ServeBLOB.php/L/IT/IDPagina/15339

ULTIMA DOMANDA: Volendo quindi riassumere in poche parole la vostra critica nei confronti della nuova Strategia Forestale, che cosa potete dire?

LIBERI PENSATORI Chiediamo una politica mirata alla conservazione e alla tutela del nostro patrimonio boschivo, con dati sicuri sui prelievi e sulle volumetrie dei boschi. Chiediamo inoltre che le foreste non siano più intese come fonti di energia rinnovabile per la produzione di energia. Riteniamo infine che la protezione della biodiversità sia un obiettivo primario da perseguire.


13 commenti:

  1. mio padre, esperto agricoltore da sempre, per far rialzare l'orto, la cui produzione riforniva 10 famiglie, fece portare dei camion di terra. Era terra di scavo, quella escavata dai sottosuoli dai palazzari che hanno scempiato la più bella regione del mondo per un guadagno effimero (tra l'altro la ditta che fece lo scempio so essere ancora esistente, ma fallita varie volte con riaperture continue per non pagare tasse e fornitori). Insomma dopo 30 anni l'orto produce un centesimo di prima e forse non ritornerà mai più alle rese precedenti. E' il classico esempio di chi, con buone intenzioni, causa danni irreparabili. La strada per l'inferno E' lastricata di buone intenzioni. Figuriamoci se le locuste non incendiano le foreste equatoriali o tagliano le nostre senza le cosiddette buone intenzioni. E se ti provi a ostacolarle, puoi anche finire molto male. Le avidità sono irrefutabili come i principi della termodinamica con la piccola differenza che le prime lo sono per mancanza di intelligenza, le seconde per presenza di alto QI. Gli effetti di questa differenza si vedono tutti i giorni o almeno li possono vedere quei pochi che conoscono la termodinamica. Gli altri pensano solo al covid e alle conseguenze nefaste sulle loro diminuite capacità di spreco consumistico. 2020 Olduvai? Ma chi ci avrebbe creduto? 2023 Soylent green? Ma speriamo di no!

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  2. Dal dopoguerra ad oggi l'estensione forestale è sì aumentata per l'abbandono delle pratiche agricole eroiche nelle zone montane ed alto collinari, ma si tratta di carpinete e frassinete, specie cio pioniere e spesso messe a taglio: ricordiamo che invece una foresta primaria,a d esempio una faggeta, può resistere fino a 5 gradi di aumento delle temperature, cosa niente affatto vera per le areee forestali "giovani": cioè in epoca di global warming non esiste, almeno alle nostre latitudini, silvicoltura sostenibile. In Italia non dovremmo tagliare più un albero epr dare qualche sperazna in più ai nostri boschi di sopravvivere aò rapido cambiamento climatico.

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  3. Sulla necessità di un piano di silvicoltura direi che non ci sono problemi, serve, al pari di un piano industriale.
    Il bosco "naturale" poco si adatta alla convivenza con gli umani, ha bisogno per prosperare ogni tanto di un disastro per resettare gli equilibri, durante il mio viaggio in Australia ho avuto la mia lezione più importante in materia : il servizio forestale lì ha il compito di appiccare incendi, la flora australiana richiede incendi periodici per poter rilasciare i semi, l'evoluzione di quell'ambiente ha dato origine a piante ignifughe che "si aspettano" incendi a cadenza di pochi anni. Altrettanto nei boschi italiani è necessario che ogni pochi anni un alluvione spazzi il sottobosco o una siccità pulisca dalle erbe (radici poco profonde) per dar spazio agli alberi. Questi eventi necessari se lasciati alla natura quando interagiscono con le opere umane causano danni, Genova ne è un esempio chiarificatore, alcuni anni fa una palazzina è stata abbattuta da una piena perché il ponte sul ruscello adiacente si è intasato con i residui del sottobosco ed ha agito da diga. In passato la convivenza era garantita dagli agricoltori di montagna che utilizzavano il sottobosco come fonte di biomassa, curavano gli argini e ripulivano i greti, attività utile per garantire la loro sopravvivenza (i letti puliti garantiscono sia l'approvvigionamento idrico che l'impossibilità di alluvioni).
    Il bosco accudito è sia più forte che più resistente come dimostra la persistenza dei castagneti, piantati in origine per scopi alimentari, le castagne sono la farina invernale dei poveri, persistono tuttora, l'attività umana è sempre stata minimale nei loro confronti poiché il maggior sforzo andava ai campi ma il solo lavoro di pulizia della raccolta di legna e castagne garantiva l'ambiente ottimale per il prosperare dei castagni.
    Idealmente lo scopo degli umani dovrebbe essere quello di "giardinieri", coloro che aiutano il corso naturale ed in cambio ricevono i frutti della propria opera, purtroppo siamo diventati predatori, animali tra gli animali sempre alla ricerca di una preda da uccidere e consumare.

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    1. "Mi chiamo Massimo Decimo Meridio e avrò la mia vendetta, in questa vita o nell'altra".
      Branduardi: alla fiera dell'est tutti si credono angeli della Morte, ma sono solo topolini. https://www.youtube.com/watch?v=S_GQKAbudcc

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    2. Athanasius, hai fonti per quello che dici? Ho appena finito di leggere "La vita segreta degli alberi", di Peter Wohlleben, che oltre ad essere espertissimo della materia cita anche molti studi scientifici, e dice il contrario di quanto tu affermi. In poche parole, meno si tocca il bosco meglio è, per il bosco stesso.
      Questa storia della "cura" dei boschi non l'ho mai trovata convincente. Perché mai un ecosistema naturale dovrebbe aver bisogno dell'intervento umano per stare bene? E nei milioni di anni prima che arrivassimo noi, come faceva?
      La storia dei disastri e degli incendi varia a seconda dei tipi di boschi; per alcuni, ad esempio per certi boschi americani, è vero che le specie arboree si sono adattate a resistere agli incendi, ma questo non vale di certo dappertutto.

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    3. Il mio è un parere relativo alla convivenza tra boschi e umani, la natura si autoregola bene e alla lunga trova ottimi equilibri. Sull'efficacia dell'intervento umano è difficile fare paragoni, io guardo alla storia per questo, prima della rivoluzione industriale quasi tutti gli uomini vivevano in condizioni di equilibrio con l'ambiente e le tradizioni si basavano su un osservazione secolare di cosa fosse utile o no a aumentare le rese di agricoltura e silvicoltura. La nostra "manutenzione" del patrimonio silvicolo non è giardinaggio, la pratica dovrebbe essere adatta ai singoli microambienti dove a distanza di pochi chilometri potresti avere pratiche contraddittorie per effetto di diverse condizioni. Attualmente la pratica è di individuare una pratica che vada bene per tutto e tutti, questo ovviamente produce un interferenza distruttiva che è rilevabile, per questo non mi sorprende la conclusione dell'autore da lei citato ma non vedo contraddizioni con la mia analisi.
      Il ragionamento si può osservare con la rotazione delle colture, quando il prato è a maggese ha più resa dei campi liberi. Questo si spiega facilmente con il fatto che l'accurata scelta di piante e animali da pascolo e della sequenza di utilizzo mantiene una migliore qualità del terreno e della microflora. Un altro esampio possono essere le dighe costruite sui torrenti per rallentare il flusso e permettere all'acqua di penetrare nel terreno, in natura il flusso dei torrenti è molto variabile e favorisce l'erosione del suolo. Come avrai notato gli interventi che caldeggio sono relativamente minimali, gli unici che possono essere considerati invasivi sono quelli di raccolta dei frutti e del legno caduto che, in linea molto teorica, sottraggono nutrienti, per arginare anche questo basterebbe utilizzare i fanghi dei depuratori cittadini per reintegrare fosfati e azzotati.

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    4. "Prima della rivoluzione industriale quasi tutti gli uomini vivevano in condizioni di equilibrio con l'ambiente."
      Prima della rivoluzione industriale svariate civiltà in tutto il mondo erano già collassate per eccesso di sfruttamento delle risorse (la lista è addirittura troppo lunga per farla qui), mentre moltissime specie erano state cacciate fino all'estinzione in quasi tutti i continenti e isole prima boscose (dall'Islanda all'Isola di Pasqua) erano state completamente deforestate.
      Questa mania di dare la colpa del tutto all'industria / al capitalismo mi sembra quantomeno curiosa, alla luce di tutto quello che si sa.

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    5. Non riguarda il capitalismo, anche se questa disposizione mentale aiuta, quanto la capacità di agire, prima dell'era industriale la capacità di intervento umano era prevalentemente limitata dall'energia disponibile, vento (navi e mulini) fiumi (mulini e macchine urensili) e energia biologica (lavoro umano e animale), dopo la rivoluzione industriale con la macchina termica si è assistito ad un aumento esponenziale dell'energia disponibile.
      Come fa notare precedentemente il prezzo di un eccesso era la scomparsa, una errata gestione delle risorse rappresentava un immediato contraccolpo. Oggi l'energia disponibile permette di attutire o eliminare molti degli effetti di una pessima gestione, un esempio può essere l'eccesso di sfruttamento del suolo di un podere:il contadino sfrutta eccessivamente il suolo con piante ad alta resa, il suolo diventa povero, in passato il contadino avrebbe avuto anni di magra mentre oggi usa una parte dei profitti per acquistare concimi, la produzione di azotati è enormemente energivora (gli azotati sono alla base degli esplosivi....) mentre i fosfati attraversano mezzo pianeta (pensa che alcune nazioni vendono guano su scala planetaria).
      Come ripeto spesso non è questione di ideologia, personalmente ritengo l'attuale interpretazione del capitalismo quantomeno tossica perché interpreta il vivere come una permanente ricerca di un eccesso (profitto) che per di più deve essere sempre aumentato (crescita permanente). Senza scadere nel comunismo basterebbe guardare il levitico e vedere come una delle prescrizioni riguardi il "giusto salario"....
      Oggi non abbiamo un antitesi al capitalismo che possa mediare in una nuova sintesi, personalmente vedo come possibile antitesi la via francescana ma non si è ancora formata la massa critica per permettere un confronto, storicamente siamo comunque vicini alla condizione antropologica del 1200.

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  4. https://smallfarmfuture.org.uk/2020/05/from-energy-transition-to-energy-reduction
    tanto la riduzione energetica arriverà comunque. Covid o non covid.

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  5. https://www.rt.com/op-ed/489584-covid-lockdown-suicide-deaths/
    USA più suicidi che morti di covid!!! Ai tempi della morte nera o del Manzoni non era così. Gli effetti degli idrocarburi?

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  6. Le foreste tropicali si stanno trasformando da serbatoi di co2 a fonti di gas serra, sono a un punto di mon ritorno?
    https://www.independent.co.uk/environment/climate-crisis-tropical-rainforest-carbon-sequestration-tipping-point-global-warming-a9529956.html

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  7. Io penso che il problema sia nell'idea stessa di una legislazione: ci vuole, perché lo strapotere umano la rende necessaria, ma come fai con una legge, qualsiasi legge, stabilire a priori cosa è giusto e cosa no? Ci saranno enormi variazioni da situazione a situazione, e poi ci sono dei parametri che sfuggono a qualsiasi misurazione quantitativa. Puoi misurare la superficie, forse la massa, ma la bellezza? La salute? La biodiversità la puoi misurare, ma non è sempre vero che debba esserci il massimo possibile di biodiversità, anche questo è un feticcio umano... (vedere libro che ho citato sopra)
    E, come se non bastasse, la natura agisce nel migliore dei modi quando viene lasciata libera di agire. Più che "piantare" boschi (spese, leggi, vincoli, gente da pagare, carte, burocrazia...) basterebbe andarsene da certi posti e osservare cosa succede, senza la solita presunzione di sapere noi cosa è meglio che succeda.
    Un'altra cosa secondo me è che bisognerebbe cercare di ricreare boschi in pianura, anziché concentrarsi sempre e solo sulle aree montane e collinari. Ci sono molte zone montane in cui aumentare ulteriormente la superficie boschiva (o anche ridurre di molto il prelievo di legna) significherebbe cacciare la gente che ci vive, il che oltre a non essere molto facile da far andar giù non è neanche tanto giusto. E poi ci sono le pianure italiane, praticamente degli orridi deserti di asfalto e cemento. In Friuli, non la peggiore delle regioni italiane, la nostra pianura ora completamente dedicata al mais, al vino e alle case sovradimensionate una volta si chiamava "selva lupanica." Adesso sono rimasti dei minuscoli fazzoletti di boschetti qua e là, se non sai dove sono neanche li vedi.
    Recentemente ho attraversato da est a ovest, in treno, tutta la Pianura Padana, e sono stata triste per giorni. È lì che bisogna lasciar rimboschire.

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  8. Un esempio di sana gestione forestale
    https://infosannio.com/2020/05/25/eni-deforestazione-in-indonesia-per-fare-il-biodiesel/

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