Un Post di Bruno Sebastiani
L’8 ottobre 2019 sul blog “Nuova Eden – alla ricerca del paradiso perduto” è apparso un saggio dal titolo “Riflessioni sul Cancrismo”. Ho riportato nel mio blog l’intero scritto, consistente in cinque fitte pagine di formato A4.
Vorrei approfittare dello
spazio offertomi da Effetto Cassandra per rispondere alle critiche e agli
argomenti dell’anonimo estensore dello studio (so solo che si chiama Alessandro
e che è l’amministratore di Nuova Eden).
Gran parte delle critiche
non sono indirizzate alla teoria cancrista in quanto tale ma al comportamento e
alle affermazioni di alcuni suoi “seguaci” (se così si possono definire gli
aderenti ad un Gruppo di Facebook …), e non le prenderò quindi in
considerazione.
Ma anche per quanto
riguarda la conoscenza della teoria in questione ci si trova subito davanti
alla disarmante premessa “che non ho avuto modo di leggere il libro “Il
Cancro del Pianeta”, né l’altro suo seguito”, da cui consegue che “in
questo post […] non parlerò del libro, che io non ho letto, ma parlerò
di ciò che ho avuto modo di capire e di conoscere attraverso l’autore stesso e
le altre persone che hanno velocemente aderito a questa teoria. La riflessione
che voglio fare (e le conseguenti critiche) dunque, hanno a che vedere più che
altro con l’atteggiamento di chi aderisce al Cancrismo, con il suo punto di
vista e con ciò che ho appreso interagendo con i sostenitori di tale teoria e
leggendo articoli e scritti reperibili in rete.”
Mi sentirei più a mio agio
se Alessandro avesse letto i miei libri, ma poiché alcune “critiche” riflettono
effettivamente dei punti controversi della teoria, sono lieto di cogliere questa
occasione per cercare di fugare dubbi e perplessità.
Non mi soffermerò sul punto
1 (l’accusa di “misantropia”), sia perché io non odio il genere umano,
ma anzi lo amo, sia perché Alessandro stesso afferma che l’accusa non è rivolta
alla teoria, ma a “buona parte dei sostenitori”, e dei sentimenti di costoro
ovviamente non mi ritengo in alcun modo responsabile.
Al punto 2
troviamo l’accusa di “meccanicismo” o, se preferite, di “materialismo”. In
sostanza Alessandro dice: i dati a sostegno della teoria sono certi ed acclarati,
ma non si tiene conto di ogni altra “cosa che non sia evidente o dimostrabile”.
Non per niente il paragrafo è titolato “La ragione da sola non basta” ed
accusa la teoria di non tenere in adeguato conto la “spiritualità”. Quando
Alessandro leggerà “Il Cancro del Pianeta Consapevole” si renderà conto
che tutto l’ottavo capitolo (“Chi si è parzialmente opposto alla diffusione
del male”, da pag. 101 a pag. 204) è dedicato in particolar modo a tutti i
movimenti ascetici, religiosi e spirituali che dal lontano Oriente, all’Africa e
all’Europa hanno cercato invano di limitare i danni causati dal progresso
materiale. Quanto all’affermazione che “la spiritualità … erroneamente viene
accostata alla religione o al bisogno di astrazione”, osservo che è da
ritenersi corretta ai giorni nostri, ma che dall’antichità fino a poco prima
dell’Età moderna i due termini (religione e spiritualità) potevano
tranquillamente considerarsi sinonimi, pur con vari distinguo.
Il punto 3 è
“uno dei punti focali dell’analisi fatta dal Cancrismo", e cioè "che
la comparsa dell’uomo sulla Terra non sia altro che un 'caso', un brutto
scherzo dell’evoluzione, un ‘esperimento finito male’”. Per Alessandro le
cose non sono andate così. Il paragrafo ha come titolo la famosa locuzione di
Einstein, secondo il quale “Dio non gioca a dadi con l’Universo”. Qui
non è la mia teoria a dover scuotere i convincimenti di Alessandro, ma quella
di autori ben più autorevoli. Mi riferisco in particolare a Jacques Monod e al
suo basilare libro “Il caso e la necessità”, dove è specificato che “[Le
alterazioni nel DNA] sono accidentali, avvengono a caso. E poiché esse
rappresentano la sola fonte possibile di modificazione del testo genetico, a
sua volta unico depositario delle strutture ereditarie dell'organismo, ne
consegue necessariamente che soltanto il caso è all'origine di ogni novità, di
ogni creazione nella biosfera. Il caso puro, il solo caso, libertà assoluta ma
cieca, alla radice stessa del prodigioso edificio dell'evoluzione: oggi questa
nozione centrale della Biologia non è più un'ipotesi fra le molte possibili o
perlomeno concepibili, ma è la sola concepibile in quanto è l'unica compatibile
con la realtà quale ce la mostrano l'osservazione e l'esperienza. Nulla lascia
supporre (o sperare) che si dovranno, o anche solo potranno, rivedere le nostre
idee in proposito.” (J. Monod, Il caso e la necessità, Oscar Mondadori,
2017, p. 111)
Subito dopo, Monod
soggiunge: “Fra tutti i concetti di natura scientifica, quello del caso
distrugge più degli altri ogni antropocentrismo ed è il più intuitivamente
inaccettabile da parte di quegli esseri profondamente teleonomici che siamo noi.”
(ibidem)
La vita nasce dal caso, “soltanto
il caso è all'origine di ogni creazione nella biosfera”, ce lo dice la Biologia,
che ci dice anche tante altre cose.
In particolare, se l’uomo
in quanto “primate” è anch’egli frutto del caso, nel senso che si è evoluto in
centinaia di milioni di anni da quelle prime combinazioni casuali che hanno
dato origine alla vita, la sua specie è stata oggetto in tempi molto più
recenti di un avvenimento del tutto casuale che lo ha trasformato in Homo
sapiens: il suo encefalo ha subìto una abnorme evoluzione come conseguenza
di una mutazione genetica. Il biologo molecolare Pietro Buffa così descrive la
possibilità di un tale accadimento: “Le mutazioni spontanee sono eventi del
tutto casuali perché sono il risultato di una complessa catena di cause ed
effetti che, di fatto, è impossibile ricostruire secondo un modello
deterministico. Si tratta di errori di copiatura inseriti durante la replicazione
del DNA e dovuti, secondo recenti indagini, a ‘tremiti quantistici’ che
normalmente interessano le basi nucleotidiche. Per alcuni microsecondi una base
può risultare instabile rispetto alle altre, un tempo brevissimo ma sufficiente
perché l’apparato di replicazione del DNA la scambi per un’altra, commettendo
un errore di trascrizione.” (P. Buffa, I Geni Manipolati di Adamo,
Uno Editori, 2015, p. 93)
Studi scientifici
riportati anche nel blog de Il Cancro del Pianeta confermano l’ipotesi che lo
sviluppo del nostro cervello e dell’intelligenza umana siano conseguenti a
mutazioni intervenute in uno o più geni (vedi “Quel
gene che ha fatto la differenza tra noi e le scimmie” e “Il
cervello dell’uomo è così grande a causa di un ‘errore’ genetico”).
La Biologia tende a ristabilire
l’oggettività degli accadimenti, il Cancrismo tende ad attribuire loro il
corretto significato in rapporto all’armonia che avrebbe continuato a regnare
nella biosfera in assenza di quelle imprevedibili mutazioni genetiche, del
tutto analoghe a quelle che sono alla base della carcinogenesi.
Il punto 4 e
il punto 5 sono tra loro intimamente connessi. “Il cervello
non può essere né buono né malvagio, esso è soltanto uno strumento come un altro”
e “Il libero arbitrìo esiste ed ogni essere vivente può applicarlo o meno”.
Il discorso qui rischia di
divenire assai complesso. Potremmo risalire alla polemica tra Erasmo da
Rotterdam (“De libero arbitrio”) e Martin Lutero (“De servo arbitrio”),
ma mi limiterò a questa semplice osservazione: se effettivamente fossimo stati
liberi di optare per la salvaguardia della “omeostasi” tra tutte le cellule di
Gaia (il mantenimento cioè dell’equilibrio tra le varie componenti della
Natura), perché non l’abbiamo fatto? Perché abbiamo brutalmente distrutto
questo equilibrio a nostro scandaloso vantaggio e continuiamo a farlo senza
alcun segno di ravvedimento?
Secondo la mia teoria ciò
è addebitabile al micidiale “combinato disposto” di due elementi.
1 – La neocorteccia,
ovvero la parte del nostro encefalo frutto di abnorme evoluzione, è venuta a
posizionarsi al di sopra di precedenti “strati” di cervello, ben meno potenti
quanto a “capacità elaborativa”, ma nei quali erano (e sono) radicati dalla
notte dei tempi i nostri istinti più ancestrali, quello di sopravvivenza
individuale e della specie, istinti sviluppatisi per garantire la conservazione
delle nostre vite a fianco di quelle di tutti gli altri animali, i quali, a
loro volta, sono mossi da analoghi istinti.
2 – Questi istinti
spingono ogni essere vivente a utilizzare tutti i mezzi a sua disposizione per il
raggiungimento del proprio scopo conservativo / espansivo. Lo scontro con gli
istinti altrui stabilisce spazi e modalità per la reciproca convivenza. Laddove
i mezzi a disposizione di una specie diventano prevalenti, questi garantiscono
a quella specie il successo nei confronti delle altre.
È ciò che è accaduto a
noi. Siamo divenuti bipedi, abbiamo iniziato ad usare gli arti superiori per produrre
strumenti taglienti, abbiamo addomesticato il fuoco, abbiamo sviluppato un
linguaggio simbolico che ci ha consentito di coordinare al meglio le nostre attività
di caccia, insomma abbiamo sbaragliato ogni avversario nella lotta per la vita,
e non potevamo fare diversamente, in quanto sospinti da quegli incoercibili istinti
primordiali.
Vorrei concludere le mie
osservazioni sullo studio di Nuova Eden con una postilla finale.
Alessandro, l’amministratore
di quel sito, aveva pubblicato un post dal titolo “L’uomo,
il cancro del Pianeta” nel 2013, ben due anni prima dell’uscita del mio
primo libro sul Cancrismo. In tale post aveva mostrato una sincera attrazione nei
confronti della teoria, frenata però dalla speranza / illusione di una
possibile regressione spontanea della malattia (dovuta essenzialmente ai
comportamenti degli “uomini di buona volontà”).
Non è l’unico
intellettuale a sentirsi attratto dalla teoria cancrista, ma al tempo stesso a
respingerla per paura della sua “radicalità”. Esemplare in tal senso il
carteggio intercorso tra me e Igor Giussani, riportato per intero nel mio
blog.
Il Cancrismo
effettivamente è duro da accettare in quanto sconfessa ogni convincimento
antropocentrico di cui ci siamo nutriti sin dalla nascita. Ma una volta accettato
è in grado di mostrare al nostro intelletto i guai procurati alla Natura e come
quest’ultima sarebbe bella se solo avessimo rispettato gli equilibri stabilitisi in centinaia di milioni di anni.