Greta aveva 15 anni quando cominciò il suo sciopero solitario; ne ha 16 adesso che è un personaggio famoso e conta molte migliaia di seguaci, soprattutto in Europa, USA e Canada (come al solito).
Qui vorrei accennare a due aspetti specifici di questa vicenda: l’attacco massiccio contro la ragazza e quanto c’è di vero in quel che dice.
L’attacco a Greta.
Non mi interessano le posizioni, scontate e spesso triviali, di soggetti come Feltri ed altri, sostenitori da sempre di un anti-ambientalismo fanatico. Mi intriga di più l’attacco, ben più studiato e subdolo, portato anche da ambientalisti dichiarati, ivi compresi alcuni che, magari, hanno lavorato per anni proprio su questi temi.Certo, è legittimo chiedersi chi aiuta Greta e perché, ma chi davvero è interessato a questo fa attenzione a informarsi senza collaborare alla “macchina del fango”. Sulle motivazioni di chi, invece, usa la calunnia e l’illazione come armi contro la ragazza ed il suo nascente movimento si possono fare parecchie ipotesi. In attesa di delucidazioni dai diretti interessati, ne avanzo due: gelosia e vecchiaia.
Gelosia, perché persone che per anni, magari per decenni, hanno tentato di portare alla ribalta il tema del GW e delle sue conseguenze (o altri temi correlati), potrebbero vedere di malocchio l’essere “sorpassati a destra” da una ragazzina apparentemente qualunque (ma che evidentemente “qualunque” non è). E’ comprensibile, ma non fa onore a nessuno.
Poi ci sono coloro che, in quanto adulti o anziani, si sentono offesi dalle dichiarazioni decisamente esplicite della ragazza svedese. “Voi adulti dite di amare i vostri figli, ma state distruggendo il loro futuro” è, in sintesi, uno dei principali messaggi di Greta e, penso, quello che ha fatto maggiormente breccia nel cuore e nella mente di tanti suoi coetanei o quasi. Beh, ha ragione.
A livello individuale ognuno ha le sue colpe ed i suoi meriti, ma a livello generazionale è esattamente quello che è accaduto e siamo noi “babyboomers” i principali responsabili perché è gente della nostra generazione che ha ricoperto quasi tutti i ruoli di rilievo negli ultimi 30 anni; cioè nel periodo in cui l’emergenza climatica è diventata una certezza ed è stato deciso di ignorarla.
Personalmente, alla metà anni ’60 facevo collette scuola per il neonato WWF-Italia e da allora non ho mai smesso di occuparmi di ambiente sia come professionista che come attivista, ma proprio per questo dico che se i ragazzi di oggi sono incazzati con la nostra classe di età, hanno semplicemente ragione.
Cosa c’è di vero in quel che dice?
Molto e poco allo stesso tempo. Lei e quelli che la aiutano conoscono bene i dati ufficiali e le dichiarazioni finali di rapporti o congressi, e ne fanno un estratto utile al tipo di comunicazione che usa Greta. Dunque, qualcosa di approssimativo,ma sostanzialmente corretto, come è giusto che sia in questo contesto. Semmai sono proprio i rapporti ufficiali che lasciano i punti essenziali fra le righe, e di questo Greta & co non si possono accorgere.Mi spiego e, per cominciare: di chi è la colpa del Global Warming? Se si fa un calcolo dello storico: Europa, Stati Uniti e Russia, in ordine decrescente. Se si guarda la situazione attuale: soprattutto Cina, USA con distacco; Russia, Europa, Giappone, India molto dietro. Se invece si guarda il dato tendenziale, Cina e India sono in crescita esponenziale, mentre USA, UE, Russia e Giappone sono in flessione.
Questo significa che, se volessimo fare sul serio sulle emissioni, faremmo una convenzione a 6, lasciando perdere tutti gli altri che si dovrebbero occupare piuttosto di fermare la loro crescita demografica, la deforestazione, l’erosione ecc., mentre potrebbero aprire qualche centrale elettrica in più senza che muoia nessuno. Però non lo facciamo e si capisce bene anche perché.
Prendiamo ad esempio l’Europa che è il paese che ha maggiormente ridotto le sue emissioni:
Come si vede, negli anni ’90 e 2000 abbiamo ridotto principalmente spostando all'estero buona parte della nostra industria pesante e sostituendo alcune centrali a carbone con altre a metano. Poi siamo rimasti stazionari fino al 2008, quando abbiamo ripreso a ridurre, principalmente in conseguenza della crisi economica e dell’impoverimento delle classi medie e basse. USA e Giappone presentano dinamiche simili e la Russia ha ridotto drasticamente le sue emissioni quando collassò l’Impero Sovietico. Il "disaccoppiamento" rimane in gran parte una leggenda basata più su trucchi contabili che sui fatti.
Vediamo ora consumi e fonti di energia primaria, ai tempi di Arrhenius ed ai tempi di Greta: la differenza sta nell'enorme crescita del carbone e nell'aggiunta di petrolio e gas. A tutt'oggi, solare ed eolico rappresentano una percentuale assolutamente trascurabile dei consumi energetici globali; molto, ma molto inferiore al legname che utilizziamo da prima ancora di essere veramente umani.
Ciò significa che incrementare le fonti davvero rinnovabili è certamente utile, ma l’unico modo per renderle una percentuale importante dei consumi globali sarebbe dimezzare (almeno) i consumi di carbone, petrolio e metano; che è esattamente quello che ci dicono bisognerebbe fare entro 10 o 20 anni per sperare di stabilizzare il clima entro il +2 C°. Ma nessuno dice che l’unico modo per farlo è distruggere l’economia globale: un intervento da alcuni miliardi di morti perché tutte le filiere vitali di tutti i paesi del mondo sono fatte di capitalismo globalizzato.
E’ infatti molto vero che il capitalismo globale è esattamente ciò che sta distruggendo il Pianeta e che azzerare molto rapidamente le emissioni probabilmente stabilizzerebbe (o quasi) il clima, ma significherebbe anche scatenare una situazione di tipo Venezuelano in tutti i paesi del mondo contemporaneamente. Anche se lasciare che le cose procedano sul binario attuale apre scenari ancora peggiori, quale politico potrebbe proporre di farlo? Chi potrebbe dire "saltiamo ora dal terzo piano, perché domani dovremo saltare dal quarto"? E quanti sarebbero disposti a farlo? Non coloro che ancora sognano una qualche variante di utopia eco-tecnologica, neo-primitivista o che, semplicemente, aspettano che "la scienza trovi la soluzione", trascurando il fatto che la scienza ha già da tempo trovato che la soluzione sarebbe stata fermare la crescita economica e demografica cinquanta anni or sono.
Come disse Curtis Moore (un membro del “Committee on Environment and Public Works”) nell'ormai lontano 1986: il clima non è un problema politico perché non ha soluzioni politiche praticabili.
Alla fine, se qualcuno è da biasimare per la cattiva informazione, sono dunque gli scienziati, i governi e le grandi associazioni ben più di una cocciuta ragazza di 16 anni od i suoi genitori (che sono artisti e non climatologi).