martedì 1 gennaio 2019

2018: un anno "strano." Cosa ci porterà il 2019?


Un altro anno se n'è andato. Mi domando cosa ci porterà il nuovo anno.
Altri 365 giorni, se siamo fortunati.


Da "Il Fatto Quotidiano" del 27/12/2018

2018: molti problemi ma anche qualche spiraglio di miglioramento

di Ugo Bardi


Siamo arrivati in fondo al 2018, un anno dove non abbiamo visto eventi eclatanti, ma la conferma di certe tendenze a lungo termine che già si intuivano e che adesso sono più chiare. Vediamo di riassumerne qualcuna.

- Il 2018 ha marcato il centenario della fine della Grande Guerra, quella che, al suo tempo, si diceva avrebbe dovuto mettere fine a tutte le guerre. Era troppo, certamente, ma perlomeno ci potevamo aspettare di aver riflettuto su certe cose. Invece, l’anniversario è passato in sordina e siamo nel pieno di una corsa agli armamenti che ricorda la situazione di quella che oltre 100 anni fa portò alla prima guerra veramente “mondiale” della storia umana. Purtroppo, da un’analisi statistica dei dati storici degli ultimi 600 anni che abbiamo fatto insieme con i miei collaboratori (Martelloni e di Patti) sembra proprio che non ci sia nessuna tendenza a una riduzione nel tempo della violenza delle guerre. Una nuova guerra è perfettamente possibile e stavolta abbiamo armi nucleari. Speriamo bene.

- Il 2018 conferma le tendenze relative al cambiamento climatico. Da una parte, sembra che sia stato l’anno più caldo mai registrato in assoluto (comunicazione preliminare ricevuta dai colleghi climatologi, sarà ufficiale in Gennaio), con buona pace della famosa “pausa,” ormai consegnata al bidone della spazzatura della scienza (per non parlare di quelli che ancora straparlano di “nuova era glaciale”). D’altra parte, sebbene ormai si sappia bene come stanno le cose con il clima, nessuno vuol fare sacrifici, neanche minimi per evitare il peggio. La COP24 di Katowice è riuscita perlomeno a evitare il fallimento, ma la reazione alle “ecotasse” sui motori inefficienti, sia in Italia come in Francia, lascia poca speranza alla possibilità di fare qualcosa di serio prima che la situazione diventi brutta. Ma brutta veramente.

- Nel 2018 sono venute fuori con una certa chiarezza alcune tendenze del mercato delle materie prime che erano già intuibili qualche anno fa. Mentre l’estrazione del petrolio di scisto negli USA è ancora in crescita, Antonio Turiel è stato il primo a lanciare l’allarme sul declino dell’olio pesante e sul “picco del gasolio” che rischia di portarci a gravi problemi per i trasporti. Pochi si sono accorti, invece, del “picco globale del cemento,” avvenuto nel 2015 e segnalato per primo da Steven Rocco. E’ un cambiamento epocale: la produzione di cemento cresceva in modo continuo da almeno 80 anni. Per inciso, in Italia la produzione di cemento è in crollo dal 2008, (anche se mostra qualche segno di stabilizzazione negli ultimi tempi). Secondo Rocco, siamo anche di fronte a uno stallo epocale nella crescita del PIL mondiale, ma su questo i dati sono ancora incerti.

- Il 2018 è stato anche l’anno in cui la Cina ha smesso di importare rifiuti di plastica dall’Europa e ci siamo accorti di che mangiamo plastica oltre a trovarcela intorno dappertutto in forma di rifiuti. Fino a pochi anni fa, sembrava che il problema non esistesse, anzi, la plastica era vista come un trionfo della tecnologia moderna. Ma ora siamo nella plastica (per non dir di peggio) fino al collo. Riciclare la plastica non fa altro che rimandare il problema, bruciarla negli inceneritori fa i suoi danni, usare la bioplastica è costoso. Bisognerebbe rendere illegali molti usi della plastica e ridurne la produzione. Questo però genera resistenze: molta gente crede ancora che più si produce meglio è, non importa cosa. Impareremo, prima o poi, ma nel frattempo continuiamo a mangiare plastica e non sembra proprio che faccia bene.

Tutto male, dunque? Non necessariamente. E’ vero che siamo in una situazione difficile, ma certe cose che ci sembrano problemi potrebbero poi rivelarsi delle opportunità. Per esempio, il declino della disponibilità di gasolio è un elemento positivo per spingere verso la sostituzione dei vecchi veicoli inquinanti con veicoli elettrici più puliti e più efficienti. Italia siamo ancora molto in ritardo, ma ci dobbiamo arrivare per forza. E i veicoli elettrici sono un elemento fondamentale della transizione da energia fossile a energia rinnovabile, anche quella una cosa che dobbiamo fare per forza. Se poi l’industria petrolifera sarà messa in difficoltà dalla combinazione dell’esaurimento delle risorse e riduzione della domanda, beh, produrranno anche meno plastica e questo ci farà bene alla salute. E, con un po’ di fortuna, ci saranno anche meno risorse da dedicare agli armamenti, cose estremamente energivore. Quanto poi al declino del cemento, volevamo veramente trasformare il nostro pianeta in una palla da biliardo? Forse è ora di darsi una calmata anche su quello. E quindi, avanziamo verso un 2019 che potrebbe essere molto difficile, ma che ci da almeno qualche elemento di speranza.












15 commenti:

  1. Il 2019 ci porterà la chiusura della finestra per l'universo atteso, rimarrà solo l'universo pessimista per l'Italia.

    Detto brutalmente entro il 31/10/2019 gli italiani a loro insaputa, dovranno decidere:

    H0: stare in Europa, ossia dentro l'Euro, ripagare il debito pubblico italiano, fare gli Stati Uniti d'Europa fondati solo su una DIFESA COMUNE e POLITICA ESTERA COMUNE, preparandosi alla guerra E nel frattempo finanziare dall'ONU una politica di controllo delle nascite in Africa E contestualmente respingere in modo assistito per i prossimi 40 anni gli africani, la cui pressione migratoria salirà pesantemente nei prossimi decenni, contro l'Europa ed il nordest Africa.

    H1: avviare la DIVERGENZA; uscire dall'Europa ossia fuori dall'Euro, non ripagare il debito pubblico italiano, bruciare l'Italia dentro un'inflazione che farà detonare processi dissolutivi e disgregativi non reversibili, sciogliendo la repubblica italiana dentro al Nuovo Medioevo italiano, in cui si creeranno le condizioni per cui la penisola italiana sarà sottomessa alla pressione migratoria africana, diventando una colonia di Chartago, ostile ad Euroma!.

    potrebbe anche starci l'ipotesi intermedia che degenera in un decennio in H1

    H0/B: stare in Europa, ossia dentro l'Euro ma fare DEFAULT per il 60% del debito pubblico italiano e convertire il restante 40% in una rendita perpetua d'importo risibile mentrel'Europa non finazia dall'ONU una politica di controllo delle nascite in Africa. Prima o poi la sinistrà cattocomunista rivincerà l'elezioni e riaprirà le porte alla migrazione africana, per vendicarsi contro l'Europa perchè non ha ripagato il debito pubblico italiano, per cui in poco tempo, ci sarà una secessione in Italia, con una posizione non troppo diversa dal contesto H1.
    http://lafrecciadellastoria.blogspot.com/2017/10/il-declino-economico-italiano-la-crisi.html

    Personalmente preferisco il bivio univoco H0/H1, perchè non credo che un governatore teutonico potrà ancora permettere all'Italia di bordeggiare senza met, facendo altri 300MLD di debito pubblico, come ha fatto Renzi nel mandato di Draghi.

    http://mio-radar.blogspot.com/2018/01/politici-stupidi-e-ladri-producono.html

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    1. Nel breve termine concordo, ma già nel medio le variabili climatiche, rese agricole combustibili fossili rendono il quadro ancora più cruento...Allucinante come ogni dipendente pubblico finga che il debito pubblico possa aumentare all'infinito, come la Russia che crede che i suoi combustibili fossili durino all'infinito... Il fatto che un volta iniziato il processo di default, questo si struttura non in un solo grande gradino del 30%, ma in una serie infinita di piccoli gradini, bimestre dopo bimestre...

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  2. https://peakoil.com/publicpolicy/global-revolt-against-climate-change-policies
    il 2018 ha visto le rivolte delle locuste contro le tasse sulla CO2. Che le accettassero con le buone, era pura utopia. Prima o poi arriveranno le cattive. Petrolio a 200$ e crisi globale?

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    1. d'altra parte le rivolte si sono avute tutte in paesi del 1° mondo: Australia, Canada, USA e Francia. Quando si sono provati a fare qualche manovra per ridurre la natalità nel 2008 abbiamo avuto le primavere arabe e risposte nataliste come quelle del governo del Gabon. Senz'altro perchè togliere il futuro ai poveri del 1° mondo, che hanno almeno un sistema protettivo minimo per le fasce meno abbienti, è più accettabile che toglierlo a chi non ce l'ha. Ma visto che non ce l'hanno, almeno dovrebbero tentare di limitare l'aumento del numero di questi diseredati, altrimenti facciamo sparire le popolazioni autoctone dei paesi del 1° mondo per far posto a quelli del 2° e 3°, così le elitè saranno tutte contente, da quelle industriali, a quelle religiose e politiche. La classica carne da cannone della 1° guerra mondiale, che, come detto dal prof, doveva essere l'ultima, come se l'essere umano cambiasse a comando. Solo in Paradiso, credo.

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  3. I miei auguri di Buon Anno in un nuovo video:

    "2019 - Rivoluzione scientifica? Una nuova via per affrontare il problema energetico mondiale?"

    https://www.youtube.com/watch?v=WuOT32mzv4Q&t=14s

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    1. e se l'intelligenza umana non potesse andare oltre? Ti ritroveresti come si ritrovano i giocatori compulsivi che sperano un giorno di vincere e perdono tempo e soldi correndo dietro un sogno impossibile. E poi, lo dici tu stesso, che ogni volta che il progresso c'è stato, dopo la locusta lo ha usato in modo improprio e deleterio, correndo alla conquista di spazi di altri, cioè usandolo per l'avidità e l'egoismo. Se il cuore non c'è, il progresso scientifico non può davvero rigenerarlo.

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    2. @:"e se l'intelligenza umana non potesse andare oltre?"

      Se Cristoforo Colombo non avesse rischiato di andare... dove nessun uomo (occidentale) era mai andato...

      Tra tentare... e rassegnarsi,
      passa la stessa differenza che c'è tra vivere e morire.

      Se poi i primi risultati arrivano... (salvo errori);
      tentare...
      e ritentare più volte diventa un obbligo morale verso quelle persone che:
      sperano in un futuro migliore, in cui le migliori menti si diano da fare per realizzarlo.

      Io ci provo! :-)

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  4. Più che ottimismo mi sembra volersi imporre l'ottimismo sig. Bardi. Poi se uno è ottimista di natura contro ogni evidenza reale, beato lui. Ma penso sia più il primo caso :-)

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  5. Curiosità: se si dovesse scegliere un Paese in cui vivere, al fine di massimizzare le possibilità di sopravvivenza, quale scegliereste, e perché?

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    1. Costa Rica? Uno dei pochi paesi che non hanno un esercito.

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    2. normalmente si tratta di paesi poco più che colonie di vicini militarmente ben attrezzati. Nel caso del Costarica gli USA, un pò come il nostro. Ricordiamoci che Assad non ha fatto la fine di Gheddafi e Saddam grazie alla Russia. E che l'Iran gode dell'ombrello cinese, di cui si ricordano bene gli USA dopo gli smacchi di Corea e Vietnam.

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    3. Non avere esercito è essere vulnerabili a predazione da parte di vicini senza scrupoli.
      Io andrei nell'Isola del Sud di Nuova Zelanda: clima fresco, acqua dolce in abbondanza, tre o quattro abitanti per chilometro quadrato, e migliaia di miglia di Oceano distante da ogni fonte di guai -a parte quelli generati dai miliardari in fuga, naturalmente[1].

      Saluti.

      R
      -----------------
      1: https://www.theguardian.com/news/2018/feb/15/why-silicon-valley-billionaires-are-prepping-for-the-apocalypse-in-new-zealand

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    4. Io cercherei rifugio in un posto senza zanzare. Anche l'Appennino Tosco-Emiliano può andar bene. I luoghi della mia infanzia.
      Angelo

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    5. Giuste riflessioni, grazie a tutti per i consigli. Costa Rica è menzionato spesso come meta prediletta, ma leggo sempre più spesso di come si stia anch'esso globalizzando proprio per via del crescente interesse da parte di chi vi si stabilisce. Fondamentalmente crimine, corruzione, speculazione in aumento. Solite storie.
      La Nuova Zelanda è anch'essa interessante, un po' lontana da tutto, il che se vogliamo non è necessariamente un male. So di politiche di immigrazione molto restrittive, un po' tipo l'Australia. Vantaggi: non è abitata da una fauna in buona parte letale per l'uomo :)

      Pensavo, dite che Asia ed Europa son fuori discussione? Attualmente risiedo in Svezia, ma sto pensando di lasciarla per l'aria che tira.
      Pro:
      - tanto spazio
      - tanta natura
      - son già qui...
      Contro:
      - individualismo sfrenato. Sei fondamentalmente da solo, poco senso di comunità
      - clima (inverni miti ma stagione produttiva molto breve)
      - buio
      - in Europa (non che non ami l'Europa ma la considererei una zona instabile)
      - politiche sociali discutibili: i frutti di un'immigrazione incontrollata verranno raccolti nei prossimi anni e già ora il sistema scricchiola

      Dura nascere negli anni '80 e trovarsi a dover lottare per la sopravvivenza, ma tant'è, si fa buon viso di cattiva sorte :)

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  6. http://www.lamma.rete.toscana.it/sites/all/files/doc/meteo/report/record_clima2018.pdf
    +1,6° di temperatura media dal 1955 con forti aumenti negli ultimi 30 anni. Si spera nel minimo solare, ma l'aumento repentino di 90° nella troposfera sopra il polo nord di Natale, che sta causando lo split del vortice polare, che si sta precipitando fin sul mediterraneo con masse di aria artica, mi fa pensare che a livello globale l'influenza del sole non riesca ad equilibrare granchè l'effetto serra.

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