Post di Silvano Molfese
Inizio
questa trilogia con San Francesco d’Assisi: i versi in volgare del
Cantico delle Creature segnano l’inizio della letteratura italiana.
Il
Cantico delle Creature ebbe una vasta eco anche perché trovò
terreno fertile tra gli uomini del tempo che erano a stretto contatto
con l’ambiente circostante: gli atti del vivere quotidiano erano
scanditi dai ritmi stagionali, da disponibilità di risorse materiali
locali, in carenza delle quali, si poteva sopperire con scambi
commerciali in modo limitato; tutta la produzione richiedeva
manualità e via dicendo.
Penso
che San Francesco possa essere considerato a tutti gli effetti anche
il primo ecologo italiano. Nel Cantico Francesco, esaltando tutte le
creature, ci ricorda l’armonia della natura.
Dopo
la lode al Signore San Francesco comincia per prima cosa a
magnificare “messor lo frate sole”; ciò indica una radicata e
diffusa consapevolezza nella società del tempo: quanto fosse
indispensabile la nostra stella per la vita sulla terra.
A
dire il vero da sempre e ovunque è stata riconosciuta la necessità
della luce solare per la vita; forse di meno in questo breve
intervallo temporale caratterizzato dall’intenso consumo di
combustibili fossili (petrolio, carbone, gas e uranio) che volge al
termine col suo venefico colpo di coda: il riscaldamento globale.
In
un primo momento il cantico era stato intitolato da San Francesco al
“frate sole” come rammenta Chiara Frugoni (*); erano passati
quasi sette secoli dal misterioso e prolungato oscuramento della
nostra stella causato dalla grande eruzione vulcanica del 535 AD.
Forse rimanevano ancora i ricordi della fame e delle sofferenze patite dai sopravvissuti alla carestia causata dal prolungato oscuramento del sole.
Francesco conclude il cantico invocando gli uomini al perdono e ricorda che nessun uomo può sfuggire alla “sora nostra morte corporale”. Manca ogni riferimento al denaro probabilmente per rimarcare l’importanza dei doni offertici dalla natura. San Francesco, provenendo da una famiglia mercantile, forse percepiva che tra le classi sociali più agiate, la spinta interiore si stava indirizzando sempre più verso l’accumulazione di ricchezze. (Comunque nulla a che vedere con quanto avviene ai giorni nostri).
Francesco conclude il cantico invocando gli uomini al perdono e ricorda che nessun uomo può sfuggire alla “sora nostra morte corporale”. Manca ogni riferimento al denaro probabilmente per rimarcare l’importanza dei doni offertici dalla natura. San Francesco, provenendo da una famiglia mercantile, forse percepiva che tra le classi sociali più agiate, la spinta interiore si stava indirizzando sempre più verso l’accumulazione di ricchezze. (Comunque nulla a che vedere con quanto avviene ai giorni nostri).
E
del resto in quel periodo, sette nobili fiorentini andarono sui monti
a nord di Firenze a fondare un Santuario sul monte Senario, per
essere di esempio e forse anche per allontanarsi dalle iniziali
diatribe locali di una Firenze sempre più proiettata verso gli
scambi commerciali.
(https://it.wikipedia.org/wiki/Santuario_di_Montesenario)
Nelle
vicinanze di questo santuario è rimasta la ghiacciaia di monte
Senario, semicadente, testimonianza di inverni normalmente molto
nevosi, ma adesso, col cambiamento climatico in atto, lì vi cade
sempre meno neve come su tutto l’Appennino e l’arco Alpino
italiano.
La
neve è una fondamentale riserva d’acqua per tutti i cicli vitali
e, quando era abbondante, è stata una ricchezza per la nostra
agricoltura.
Bibliografia
(*)
Frugoni C. . 1995 - Vita di un uomo: Francesco d’Assisi. Einaudi,
149