Da “The Guardian”. Traduzione di MR (via Luca Mercalli)
Di George Monbiot
I media relegano la più grande sfida che ha di fronte l'umanità alle note a piè di pagina mentre l'industria e i politici ci scagliano verso il collasso sistemico del pianeta
Ciò che è essenziale non è importante. Ciò che è importante non è essenziale. I media ci sviano dai problemi che determineranno il corso delle nostre vite verso argomenti di un'irrilevanza da fondere il cervello.
Quest'anno, con le tendenze attuali, sarà l'anno più caldo mai misurato. Il record precedente è stato stabilito dal 2015, quello precedente dal 2014. Quindici dei sedici anni più caldi si sono verificati nel XXI secolo. Ognuno degli ultimi quattordici mesi ha battuto la temperatura globale media del mese. Ma si può ancora sentire gente che ripete la vecchia affermazione, proposta per la prima volta dai lobbisti dei combustibili fossili, che il riscaldamento globale si è fermato nel 1998.
Il ghiaccio marino artico ha ricoperto un'area più piccola lo scorso inverno rispetto a qualsiasi altro inverno da quando sono iniziate le registrazioni. In Siberia, imperversa un'epidemia di antrace fra la popolazione umana e quella di renne perché corpi infetti bloccati nel permafrost dall'ultima epidemia del 1941 si sono fusi. L'India è stata martellata da cicli di siccità ed inondazioni, mentre un caldo che appassisce secca il suolo e infiamma i ghiacciai in Himalaya. L'Africa meridionale ed orientale è stata catapultata in emergenze umanitarie dalla siccità. Gli incendi imperversano sull'America; le barriere coralline in tutto il mondo si stanno decolorando e stanno morendo. Nei media, queste tragedie vengono riportate come impatti de El Niño, un evento meteorologico naturale causato da blocchi di acqua calda che si formano nel Pacifico. La fase de El Niño ora è finita, ma i record cadono ancora.
Otto mesi fa a Parigi, 177 nazioni hanno promesso di provare ad assicurarsi che la temperatura media del mondo non aumentasse di più di 1,5°C al di sopra del livello preindustriale. Ma questa è già aumentata di 1,3°C – più rapidamente e oltre quanto previsto da tutti. In un certo senso, gli scienziati avevano torto. Ci hanno detto di aspettarsi una crisi climatica nella seconda metà di questo secolo. Ma è già qui. Se avete dato uno sguardo rapido potreste esservi persi i rapporti, ma forse l'aspetto che colpisce di più della Piattaforma democratica (il manifesto di partito) approvato a Philadelphia la settimana scorsa è stata la sua posizione sul cambiamento climatico. La campagna di Hillary Clinton ora promette una mobilitazione nazionale e globale “su una scala mai vista dalla Seconda Guerra Mondiale”. Cercherà di rinegoziare gli accordi di scambio per proteggere il mondo vivente, per fermare la trivellazione di petrolio nell'Artico e nell'Atlantico e per garantire che gli Stati Uniti “siano alimentati interamente da energia pulita per la metà del secolo”.
Ci sono alcune contraddizioni evidenti nella piattaforma. A giudicare da un paragrafo bizzarro, i democratici credono di poter risolvere il cambiamento climatico espandendo strade ed aeroporti. Si vanta del record di vendite dell'industria automobilistica e promette di tagliare “la burocrazia”, che è il termine usato dai lobbisti delle multinazionali sulle protezioni pubbliche che odiano. Ma dove è buono è molto buono e riflette l'influenza di Bernie Sanders e dei candidati da lui proposti al comitato di redazione. Donald Trump, dall'altra parte, - be', che cosa vi aspettavate? Il cambiamento climatico è una "truffa" e un "inganno" che è stato“creato da e per i cinesi per rendere la produzione statunitense non competitiva”. Il suo manifesto suona come una lettera d'amore per l'industria del carbone. Il carbone, dice, “è una fonte di energia interna abbondante, pulita, accessibile, affidabile”. Difenderà l'industria rifiutando l'accordo di Parigi, fermando i fondi per il lavoro sul cambiamento climatico dell'ONU, mollando il piano per l'energia pulita del presidente Obama e proibendo all'EPA (Environmental Protection Agency) di regolamentare il biossido di carbonio. La cosa più allarmante della piattaforma è che non l'ha scritta Trump: la spacconata squilibrata e contraddittoria del partito repubblicano è uno sforzo collettivo. Ma almeno chiarisce alcune cose. Anche se vanta la sua grande ricchezza e potere, si propone come l'amico del cittadino comune e il nemico del capitale multinazionale. Su ogni problema significativo nel manifesto, il capitale multinazionale vince. Leggerlo significa scoprire come si è evoluta la situazione e a che punto sta.
Incidentalmente, i dirigenti di Trump non condividono la loro credenza che il cambiamento climatico è un inganno. Il suo resort di golf in Irlanda sta chiedendo il permesso di costruire un muro – non per tenere fuori i messicani, ma per difendere i suoi affari dall'aumento dei livelli del mare, dall'erosione e dalle mareggiate causate, dice la richiesta, dal riscaldamento globale. Se ci si può pagare l'uscita dai guai, chi se ne frega degli altri 7 miliardi?
Non è che i media non abbiano menzionato ciò che dicono le due piattaforme sulla crisi esistenziale umana. Ma la copertura è stata, in gran parte, relegata alle note di piè di pagina, mentre le banalità evanescenti delle convention hanno condotto i bollettini e riempito le prime pagine. Ci sono molti livelli di pregiudizio nei media, ma il più importante è il pregiudizio contro la rilevanza. In Gran Bretagna, i media non sono riusciti a costringere David Cameron a rendere conto delle sue promesse verdi stravaganti e il record scioccante come primo ministro. Il suo successore, Theresa May, ha fatto qualche nomina terribile, ma il nuovo ministro per il cambiamento climatico, Nick Hurd, un adulto fra i suoi buffoni di corte, è una scelta interessante in quanto sembra capire l'argomento. Il problema fondamentale, tuttavia, è che i costi politici del fallimento sono molto bassi. Fingere che i quotidiani e i canali televisivi siano arbitri neutrali di tali questioni significa ignorare il loro posto nel cuore corrotto dell'establishment. Alle convention statunitensi, solo per fare un piccolo esempio, il Washington Post, l'Atlantic e il Politico sono stati pagati dall'American Petroleum Institute per tenere una serie di discussioni, alle quali erano rappresentati i negazionisti climatici. La penna potrebbe essere più potente della spada, ma la borsa è più potente della penna.
Perché dovremmo credere che le multinazionali ci raccontino la verità sulle multinazionali? E se non possono informarci correttamente sul potere in cui sono inserite, come possono informarci correttamente su qualsiasi cosa? Se l'umanità non impedisce il collasso climatico, l'industria che ha la responsabilità maggiore non è quella dei trasporti, del gas, del petrolio e nemmeno del carbone. Tutte queste possono comportarsi come fanno, spingendoci verso il collasso sistemico, solo con una permesso sociale per farlo. Il problema comincia con l'industria che, più o meno consapevolmente, garantisce loro questo permesso: quella per cui lavoro.
Di George Monbiot
I media relegano la più grande sfida che ha di fronte l'umanità alle note a piè di pagina mentre l'industria e i politici ci scagliano verso il collasso sistemico del pianeta
‘Il ghiaccio marino artico ha ricoperto un'area più piccola lo scorso inverno rispetto ad ogni inverno passato da quando esistono le registrazioni'. Foto: Alamy
Ciò che è essenziale non è importante. Ciò che è importante non è essenziale. I media ci sviano dai problemi che determineranno il corso delle nostre vite verso argomenti di un'irrilevanza da fondere il cervello.
Quest'anno, con le tendenze attuali, sarà l'anno più caldo mai misurato. Il record precedente è stato stabilito dal 2015, quello precedente dal 2014. Quindici dei sedici anni più caldi si sono verificati nel XXI secolo. Ognuno degli ultimi quattordici mesi ha battuto la temperatura globale media del mese. Ma si può ancora sentire gente che ripete la vecchia affermazione, proposta per la prima volta dai lobbisti dei combustibili fossili, che il riscaldamento globale si è fermato nel 1998.
Il ghiaccio marino artico ha ricoperto un'area più piccola lo scorso inverno rispetto a qualsiasi altro inverno da quando sono iniziate le registrazioni. In Siberia, imperversa un'epidemia di antrace fra la popolazione umana e quella di renne perché corpi infetti bloccati nel permafrost dall'ultima epidemia del 1941 si sono fusi. L'India è stata martellata da cicli di siccità ed inondazioni, mentre un caldo che appassisce secca il suolo e infiamma i ghiacciai in Himalaya. L'Africa meridionale ed orientale è stata catapultata in emergenze umanitarie dalla siccità. Gli incendi imperversano sull'America; le barriere coralline in tutto il mondo si stanno decolorando e stanno morendo. Nei media, queste tragedie vengono riportate come impatti de El Niño, un evento meteorologico naturale causato da blocchi di acqua calda che si formano nel Pacifico. La fase de El Niño ora è finita, ma i record cadono ancora.
Persone che aspettano per riempire le loro taniche di acqua durante una siccità a Latur, in india, nell'aprile 2016. Foto: via Getty Images
Otto mesi fa a Parigi, 177 nazioni hanno promesso di provare ad assicurarsi che la temperatura media del mondo non aumentasse di più di 1,5°C al di sopra del livello preindustriale. Ma questa è già aumentata di 1,3°C – più rapidamente e oltre quanto previsto da tutti. In un certo senso, gli scienziati avevano torto. Ci hanno detto di aspettarsi una crisi climatica nella seconda metà di questo secolo. Ma è già qui. Se avete dato uno sguardo rapido potreste esservi persi i rapporti, ma forse l'aspetto che colpisce di più della Piattaforma democratica (il manifesto di partito) approvato a Philadelphia la settimana scorsa è stata la sua posizione sul cambiamento climatico. La campagna di Hillary Clinton ora promette una mobilitazione nazionale e globale “su una scala mai vista dalla Seconda Guerra Mondiale”. Cercherà di rinegoziare gli accordi di scambio per proteggere il mondo vivente, per fermare la trivellazione di petrolio nell'Artico e nell'Atlantico e per garantire che gli Stati Uniti “siano alimentati interamente da energia pulita per la metà del secolo”.
Ci sono alcune contraddizioni evidenti nella piattaforma. A giudicare da un paragrafo bizzarro, i democratici credono di poter risolvere il cambiamento climatico espandendo strade ed aeroporti. Si vanta del record di vendite dell'industria automobilistica e promette di tagliare “la burocrazia”, che è il termine usato dai lobbisti delle multinazionali sulle protezioni pubbliche che odiano. Ma dove è buono è molto buono e riflette l'influenza di Bernie Sanders e dei candidati da lui proposti al comitato di redazione. Donald Trump, dall'altra parte, - be', che cosa vi aspettavate? Il cambiamento climatico è una "truffa" e un "inganno" che è stato“creato da e per i cinesi per rendere la produzione statunitense non competitiva”. Il suo manifesto suona come una lettera d'amore per l'industria del carbone. Il carbone, dice, “è una fonte di energia interna abbondante, pulita, accessibile, affidabile”. Difenderà l'industria rifiutando l'accordo di Parigi, fermando i fondi per il lavoro sul cambiamento climatico dell'ONU, mollando il piano per l'energia pulita del presidente Obama e proibendo all'EPA (Environmental Protection Agency) di regolamentare il biossido di carbonio. La cosa più allarmante della piattaforma è che non l'ha scritta Trump: la spacconata squilibrata e contraddittoria del partito repubblicano è uno sforzo collettivo. Ma almeno chiarisce alcune cose. Anche se vanta la sua grande ricchezza e potere, si propone come l'amico del cittadino comune e il nemico del capitale multinazionale. Su ogni problema significativo nel manifesto, il capitale multinazionale vince. Leggerlo significa scoprire come si è evoluta la situazione e a che punto sta.
‘Il manifesto di Trump è una lettera d'amore per l'industria del carbone'. Una centrale a carbone vicino Page, Arizona. Foto: Alamy
Incidentalmente, i dirigenti di Trump non condividono la loro credenza che il cambiamento climatico è un inganno. Il suo resort di golf in Irlanda sta chiedendo il permesso di costruire un muro – non per tenere fuori i messicani, ma per difendere i suoi affari dall'aumento dei livelli del mare, dall'erosione e dalle mareggiate causate, dice la richiesta, dal riscaldamento globale. Se ci si può pagare l'uscita dai guai, chi se ne frega degli altri 7 miliardi?
Non è che i media non abbiano menzionato ciò che dicono le due piattaforme sulla crisi esistenziale umana. Ma la copertura è stata, in gran parte, relegata alle note di piè di pagina, mentre le banalità evanescenti delle convention hanno condotto i bollettini e riempito le prime pagine. Ci sono molti livelli di pregiudizio nei media, ma il più importante è il pregiudizio contro la rilevanza. In Gran Bretagna, i media non sono riusciti a costringere David Cameron a rendere conto delle sue promesse verdi stravaganti e il record scioccante come primo ministro. Il suo successore, Theresa May, ha fatto qualche nomina terribile, ma il nuovo ministro per il cambiamento climatico, Nick Hurd, un adulto fra i suoi buffoni di corte, è una scelta interessante in quanto sembra capire l'argomento. Il problema fondamentale, tuttavia, è che i costi politici del fallimento sono molto bassi. Fingere che i quotidiani e i canali televisivi siano arbitri neutrali di tali questioni significa ignorare il loro posto nel cuore corrotto dell'establishment. Alle convention statunitensi, solo per fare un piccolo esempio, il Washington Post, l'Atlantic e il Politico sono stati pagati dall'American Petroleum Institute per tenere una serie di discussioni, alle quali erano rappresentati i negazionisti climatici. La penna potrebbe essere più potente della spada, ma la borsa è più potente della penna.
Perché dovremmo credere che le multinazionali ci raccontino la verità sulle multinazionali? E se non possono informarci correttamente sul potere in cui sono inserite, come possono informarci correttamente su qualsiasi cosa? Se l'umanità non impedisce il collasso climatico, l'industria che ha la responsabilità maggiore non è quella dei trasporti, del gas, del petrolio e nemmeno del carbone. Tutte queste possono comportarsi come fanno, spingendoci verso il collasso sistemico, solo con una permesso sociale per farlo. Il problema comincia con l'industria che, più o meno consapevolmente, garantisce loro questo permesso: quella per cui lavoro.
Sembra di leggere il giornale, e ascoltare la radio, della confindustria italiana, che fiuta l'affare.
RispondiEliminaLa nostra classe industriale e' all'avanguardia mondiale e non ce n'eravamo accorti.
Onore al giornale inglese "Guardian" che fornisce una onesta informazione riguardo alla condizione ecologica del pianeta Terra.
RispondiEliminaCondizione che è drammatica e prossima all'infarto (forse entro il 2030).
Saremo estinti anche noi tutti, bianchi, neri, gialli e rossi.
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E' inaccettabile che la gran parte dei media (televisione, giornali, radio) non diano il giusto e necessario rilievo al cambiamento climatico.
Anche la trasmissione di Luca Mercalli (Scala Mercalli) è stata tolta dai palinsesti RAI.
E anche Ambiente Italia.
Dritti nel precipizio.
Gianni Tiziano
Questo commento è stato eliminato dall'autore.
RispondiEliminail finale ironico ci fa capire che siamo tutti sulla stessa barca. Partecipiamo tutti al consumismo, loro in modo assatanato, noi storcendo la bocca e tappandoci il naso. L'unica soluzione sarebbe tornare tutti da subito ad una società di sussistenza, ma la scelta adottata sarà quella classica dell'homo homini lupus. Quindi godiamoci quel poco che rimane prima che qualcosa di catastrofico accada, come lo sprofondamento in mare dell'immenso ghiacciaio antartico, in procinto di farlo tra poco più di 10 anni, che distruggerebbe la società dei consumi in un colpo solo, facendo crescere il livello del mare di 2 m., almeno a quello che riporta meteo giornale. Il fatto stesso che sui tg rai e mediaset parlino del GW è senz'altro un campanello d'allarme. Certo che tornare alla schiavitù per i vinti, com'era prima che l'energia dei fossili sostituisse quella degli schiavi, non è per nulla desiderabile, ma finiti questi o la società nata da questi, l'energia da qualche parte i vincitori dovranno prenderla. Solo che non siamo ai tempi dei romani e le armi a disposizione sappiamo tutti quello che possono causare.C'è solo da sperare che i governanti non ne facciano uso, anche se come disse Abbatantuono in "Mediterraneo": "Chi visse sperando nei governanti, morì facendosela addosso dalla paura". (Versione leggermente modificata, ma dal senso molto chiaro e compiuto).
RispondiEliminaSi vede che l'attuale specie Homo dev'essere sostituita da un'altra.
RispondiEliminaPotrebbe anche essere che La Terra stia per sostituire la sua biosfera, in ogni caso.Con l'aiuto di qualche ciottolo della nube asteroidea.
In entrami i casi, se così fosse, possiamo decidere se vivere il tempo rimanente, come ci siamo definiti: Homo Sapiens sapiens.
Oppure come una specie che non ha mai veramente creduto a quella che man mano scopriva essere la sua vera natura.
Stiamo ormai operando di modo che la probabilità che Homo perduri per millenni a venire,stia diventanto sempre più esigua, e lo stiamo facendo in modo che lo diventi in modo esponenziale e con un esponente in crescendo.
Devo aggiungere un punto esclamativo od interrogativo al fondo della precedente frase?
Per me é più facile accettare le premesse iniziali di questo mio commento.
Se non altro perché mi aiuta l'età anagrafica.
Ma cerco d'immedesimarmi in chi sta entrando ora nella vita e nella gioventù.
Molti passeranno dalla intrinseca spensieratezza di quell'età alla responsabile accettazione della realtà, con una ferocia e un disincanto superiori a quella di molte fiction e cybergame.
Ma pensando alla vastità del Multiverso, dolce mi è questo sprofondare nel collasso planetario.
Marco Sclarandis.
Giustissimo battere il tasto sulla nostra responsabilità personale. Adesso è ancora più importante della sola informazione scientifica. Il punto è che dell'informazione corretta un popolo de-responsabilizzato non sa che farsene, quindi bisogna svolgere un lavoro anche sulle coscienze e non solo sui fatti.
RispondiEliminaLa bugia più grande è negare il cambiamento climatico o negare che servirebbero regimi molto molto molto meno democratici ad esempio di quello russo attuale per mitigare il cambiamento climatico?
RispondiEliminaNon mi sembra che i regimi autoritari rispettino l'ambiente mediamente più delle democrazie, anzi di solito capita il contrario.
EliminaNella storia della vita sul pianeta il responsabile delle grandi estinzioni di massa è stato sempre il cambiamento climatico. Anche quando sono avvenuti i grandi impatti degli asteroidi, che hanno causato cambiamenti climatici globali. La nostra fine come specie dominante del pianeta è scritta nelle 5 estinzioni di massa che hanno preceduto l'attuale sesta in corso (provocata da noi), ma perfettamente evitabile se avessimo e avessimo avuto la lungimiranza di agire d'anticipo in base a tutti i segnali che anticipano la catastrofe climatica incombente. Così non è stato e non sarà mai. Sia mai rinunciare al BAU e alla maledetta crescita. Non ci estingueremo ma rimarrà ben poco della nostra presenza come specie sul pianeta. Così sia.
RispondiEliminaSolo la prima, perché nella seconda c'è un difetto: non "regimi", ma regime. Uno solo.
RispondiEliminaPer mitigare il cambiamento climatico differenti regimi sarebbero inefficienti, poiché dovrebbero probabilmente sprecare risorse, mantenendo le rispettive separate forze armate per guardarsi l'uno dall'altro, essendo le risorse disponibili a rischio carenza, invece che coordinarsi nello sforzo di usarle in modo comune.
Rientrerebbero in logiche competitive tra di loro, attivando processi di accaparramento ed accumulazione di materie prime, prodotti industriali, armi.
Dei regimi totalitari separati sarebbero utili invece per "mitigare" solo alcuni effetti del cambiamento climatico, non il cambiamento stesso.
Ma se volessero ad esempio imporre una riduzione della popolazione sotto il proprio controllo rischierebbero di dimostrare debolezza verso altre che invece non adottano tale politica, incoraggiandole anzi a progettare una colonizzazione appoggiata da un'invasione armata.
Mi chiedo però come sarebbe possibile instaurare un unico regime mondiale totalitario privo di conflitti interni. Mi viene in mente solo l'opzione "intelligenza artificiale", cui tra l'altro stanno già cercando di sviluppare. Nel frattempo cercano di implementare l'internet of things.
Quello che stà succedendo di brutto al pianeta Terra è terribile, e la causa siamo noi, quindi potremmo evitarlo.
RispondiEliminaMa i media informano pochissimo, in mezzo a tante altre notizie, e quindi il risalto dovuto non emerge.
Dovrebbe essere dedicata gran parte della prima pagina ogni santo giorno, su ogni media, a questo evento che ci stà travolgendo.
Dovrebbe, per amore dei nostri figli e nipoti.
Gianni Tiziano
Madre Terra, i media sono persone, individui e la gente che li compra e li legge.Non entità fantasmatiche ed astratte.
RispondiEliminaE appunto è proprio il presunto amore per i figli di tutte queste persone, che ormai è ridotto ad una folle recitazione, che ci trascina nel gorgo.
Se desiderassimo la vita per i nostri discendenti,istantaneamente ci adopereremmo per rimediare agli errori commessi.Il risalto andrebbe così all'azione, non alla alla sterile lagnanza per i tempi che corrono.
Allora, cominceremmo a leggere notizie di un nuovo rinascimento.
E forse meno violento di quello che fu e che diede fama universale a Firenze.
Marco Sclarandis.
https://www.greenme.it/informarsi/ambiente/21806-ceta-falliimento
RispondiEliminaNon sempre vincono le multinazionali.
Nel mondo ci sono 2400 centrali a carbone in fase di costruzione o di progettazione.
2/3 di questi sono in India o Cina.
Non è vero che il carbone sia l'unica fonte di lotta contro la povertà energetica.
Il calo dei prezzi registrato nell'energia solare ed eolica rende questi sistemi il modo più flessibile e meno costoso per portare l'elettricità a chi non ha mezzi.
Si eviterebbero così la catastrofe climatica ed ingenti danni sanitari.
Angelo
http://www.rinnovabili.it/energia/rinnovabilisradicare-poverta-666/
EliminaIl link.
Angelo
Sul sito de La Stampa: Il vaticinio dei giganti del petrolio: il barile si avvia a un nuovo boom : La russa Rosneft prudente: 55 dollari fra 18 mesi. Ma una banca d’affari dice 150 dollari in tre anni e la saudita Aramco prevede un deficit produttivo globale di 10 milioni di barili al giorno nel 2020.
RispondiEliminaIl mondo della speculazione finanziaria (= banca d'affari) campa (e molto bene) sulle voci che servono a manipolare i prezzi di mercato dei beni, modificandone artatamente desiderabilita' e disponibilita'.
EliminaNon diamogli una mano.
Come ecologisti abbiamo gia' dato, moltissimo, fino e ben oltre l'autodistruzione.
Anche se il sistema finanziario fosse onesto al 100%, il petrolio convenzionale (il 90% delle forniture di petrolio) ha raggiunto il picco nel 2005, ed è per questo che la nostra economia ha smesso di crescere in modo esponenziale. Il petrolio non convenzionale riesce a malapena a compensarne il calo. Quando il petrolio convenzionale declinera' più di quanto il non convenzionale potrà sostituirlo, chi prestara' denaro che non può assolutamente essere rimborsato? Ogni affare dipende dall'energia per crescere.
EliminaE quando il sistema finanziario crollerà, da dove verrà il denaro per perforare più petrolio?
http://energyskeptic.com/2016/when-will-the-corrupt-banking-system-cause-another-financial-collapse/
Angelo
Cambiamento climatico... oggi ho raccolto gli ultimi pomodori, ho dei cavoli già grandi come la testa d'un bue, i finocchi sembrano gravidi (da tanto che son gonfi) e spunta erba "a prato" in ogni angolo dell'orto. Fra meno di una settimana siamo a novembre e non s'è ancora vista l'ombra nè della nebbia, nè tantomeno della brina.
RispondiEliminaSaran contenti i tanti Africani, Sudamericani e Sudasiatici che ormai infestano queste zone più delle cimici che stanno facendo così tanta notizia. Forse è per quello che le amatissime dirigenze provvedono a iniettarne quotidianamente e a forza nuove dosi da cavallo nel nostro corpo sociale. Loro sono già acclimatati e possono sostituire la mandria attuale, composta da noi capi non più adatti al tipo di pascolo.
confermo lo stesso identico raccolto, in più il mio prugno ha fatto foglie e qualche fiore! Non sono in Sicilia ma in Veneto
EliminaPer quanto riguarda le quantita', _una parte_ del merito e' senz'altro da ascrivere all'aumentata quantita' di CO2 nell'aria, che influenza molto la crescita delle colture (in serra viene aggiunta per incrementare le rese, mentre la sua carenza arresta la crescita). Le piante, il primo anello della catena alimentare, sono essenzialmente fatte di co2.
Eliminanon scambiare GLI EFFETTI delle miti temperature del GW colla co2. Se coltivassi in serra, anche senza co2, lo sapresti. In fondo fare il contadino a tempo perso da quasi 60 anni, qualcosa mi ha insegnato. Mi pare già di aver segnalato il caso dei cocomeri che, guarda caso con l'aumento della co2, non ce la fanno più a maturare .
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