Referendum
17 aprile: una politica energetica per il paese ai tempi della COP21
"Chi
vuole dare un segnale politico, fa politica",
dicono i due vice segretari del PD. Noi ricercatori di Energia
per l'Italia abbiamo svolto un’azione politica chiedendo al
Presidente del Consiglio e ai Ministri interessati di aprire un
costruttivo dibattito sulla Strategia Energetica Nazionale che
l’attuale Governo ha ereditato da quelli precedenti e che poi
ha sostanzialmente peggiorato con una serie di decreti. Non
abbiamo mai avuto risposta. Il referendum ha certamente un
significato politico perché contesta una Strategia che ignora lo
stato di degrado e di pericolo in cui si trova il pianeta evidenziato
dagli scienziati, sottolineato da papa Francesco nell'enciclica
Laudato
sì
e oggetto dell'accordo alla Cop 21 di Parigi, firmato dalle
delegazioni di 185 paesi fra cui l'Italia.
“Finché
c’è gas, ovviamente è giusto estrarre gas. Sarebbe autolesionista
bloccarle dopo avere costruito gli impianti, … licenziare migliaia
di italiani e rinunciare a un po’ di energia disponibile, Made in
Italy. Col risultato che dovremmo acquistare energia nei paesi arabi
o in Russia, a un prezzo maggiore” scrivono
i due vice segretari.
Nel
Regno Unito si sta svolgendo la campagna “Keep it in the ground”
(letteralmente lasciali nel sottosuolo), perché lo spazio per i
rifiuti nella casa comune Terra è quasi esaurito: vi è posto solo
per le emissioni di CO2
che corrispondono a un quinto dei combustibili fossili che si trovano
nel sottosuolo. Se ne estraiamo più di un quinto, l’aumento di
temperatura supererà i 2 °C, la soglia che unanimemente è stata
riconosciuta come un limite invalicabile nella conferenza di
Parigi. Ecco, perché NON è giusto estrarre gas ed è invece
giusto investire sul risparmio energetico e sulle energie
rinnovabili.
Sostenere il SI al referendum significa anche definire gli indirizzi strategici della politica industriale del paese. Il principale risultato atteso è la conversione delle aziende del settore oil&gas verso le nuove tecnologie.
Il
costo dell’energia è stabilito dal mercato globale e da complessi
meccanismi finanziari ed economici. Ad esempio, l’energia in
eccesso prodotta dalle fonti rinnovabili, ovvero non consumata da chi
la produce, viene venduta a prezzi molto inferiori al costo di
mercato.
Inoltre, l’estrazione di idrocarburi in Italia ha margini di profitto relativamente bassi, perché le quantità totali sono esigue (pari al fabbisogno energetico del paese per 2-3 anni) e perché richiedono procedimenti complessi per la tutela ambientale, quali la re-immissione di acqua per ridurre la subsidenza e l’erosione delle coste.
Non
è chiaro, quindi, perché la produzione italiana dovrebbe ridurre i
costi dell’energia per gli utenti finali.
Il
referendum è una grande opportunità che il fronte politico
riformista dovrebbe cogliere per progettare una transizione
energetica coerente con gli accordi di Parigi e che avrebbe
conseguenze molto positive sulla nostra economia.
Confermiamo
la nostra piena disponibilità a progettare con il Governo questa
transizione.
Vincenzo
Balzani
coordinatore
di Energia per l’Italia