venerdì 18 marzo 2016

Il viaggio della speranza di Matteo Salvini



di Stefano Ceccarelli

da: Stop fonti fossili!

Narsarsuaq, Groenlandia, novembre 2120. In un austero ufficio del locale Centro accoglienza profughi alcuni uomini con l'aspetto emaciato, stravolti dal lungo viaggio e dalle privazioni subite, sostavano in attesa dell’identificazione e degli adempimenti di rito. In un'altra stanza, donne e bambini ammassati come sardine venivano rifocillati alla meglio dagli agenti della polizia groenlandese. Il responsabile della struttura, il capitano Ulf Olsvig, sbuffando e borbottando entrò nell'ufficio, si sedette alla scrivania e urlò:

"Allora, italiani pizza-e-mandolino, chi è il capo della truppa?"

Un uomo sulla quarantina alzò la mano e nervosamente rispose: "Sono io, capitano! Alla buonora! Finalmente qualcuno si degna di parlare con noi!"

"Stia calmo, per favore! Pensate forse di essere i primi a venire qui in villeggiatura a visitare la terra dei Vichinghi liberata dai ghiacci? Piuttosto, venga, si sieda qui, signor..."

"Salvini. Matteo Salvini, capitano."

"Salvini? Questo nome non mi è nuovo... "

"Beh, le ricordo io dove ha sentito il mio nome: il mio bisnonno, buonanima, da cui ho ereditato il nome di battesimo, è stato capo del governo italiano giusto cento anni fa."

"Uhm… Sì, ora ricordo, me ne parlò mio nonno! – esclamò il capitano Olsvig destandosi improvvisamente dal torpore – Dunque il suo illustre antenato era quel demagogo criminale che schierò l'esercito a protezione delle vostre coste silurando i barconi con a bordo i poveracci che fuggivano dall'Africa e dal Medio Oriente dopo la Grande Siccità del 2018?"

“Come poteva fare altrimenti? – tentò di scusarsi Salvini cercando pateticamente di salvare l’onorabilità del suo avo – Il mio paese stava subendo un’invasione, dovevamo difenderci…”

“Sì, come no… Li conosco i tipi come lei, buoni solo ad alzare la voce e a prendersela con i più deboli. Ad ogni modo, come vede noi non ci siamo comportati come il suo bisnonno, altrimenti lei avrebbe già un bel buco in mezzo alla fronte! Ma poi… non fu proprio in quegli anni che l’Italia sprofondò in una terribile crisi finanziaria proprio a causa delle ingenti spese militari, fino a dover dichiarare bancarotta?”

“Sì, ma non fu colpa del mio bisnonno, ma del debito pubblico lasciato in eredità dai precedenti governi… E poi, come sa, arrivò la Grande Recessione Mondiale che costrinse le nazioni più indebitate al default.”

“Senta, Salvini, lasciamo perdere la Storia e veniamo al sodo: lei lo sa, vero, che io sarò costretto ad espellervi? La nostra nazione è stata finora sin troppo tollerante con i profughi, ma ora siamo saturi e le nostre limitate risorse non ci permettono di accogliere altri migranti. La Groenlandia conta oggi 250 milioni di abitanti, e l’aumento del livello del mare, che non accenna a fermarsi, ci costringerà presto ad abbandonare le vecchie città costiere e a rifugiarci nell’interno. Come faremo a reggere la pressione di tutta questa gente e a tenere a bada quelli come voi originari delle latitudini più basse che durante la lunga notte artica spesso e volentieri danno di matto?”

“La prego, capitano, sia ragionevole! Non può rimandarci indietro proprio ora che abbiamo raggiunto la meta dei nostri sogni! Ma lo sa quanto è durato il nostro viaggio dall’Italia? Otto mesi! Otto lunghissimi mesi di stenti ad attraversare l’Europa da sud a nord su un autobus elettrico scalcinato, con le file interminabili alle stazioni di ricarica, costretti a difenderci di continuo dagli assalti di orde di disperati! Fortuna che prima di partire siamo riusciti a barattare le vecchie batterie al litio delle case che abbiamo abbandonato con armi e munizioni. E non le sto a raccontare quello che abbiamo patito durante la traversata in mare da Rotterdam a Reykjavík e poi fin qui!”

“A proposito, dove avete trovato il gasolio per far navigare il barcone? Non mi dica che vi è avanzato ancora il petrolio proveniente da quei giacimenti nel Mare Adriatico che avete iniziato a sfruttare un secolo fa! Da quel che mi è stato raccontato, il poco petrolio ancora disponibile dopo la Grande Penuria Post-Picco del 2030 fu rapidamente accaparrato da USA, Cina, Germania e pochi altri stati.”

“Macché, capitano, il petrolio dell’Adriatico ci bastò si o no un paio d’anni… Col senno del poi, quella scelta fu un grave errore, se a quel tempo avessimo investito massicciamente sulle energie rinnovabili invece di succhiare quel po’ di greggio dai mari, forse le cose sarebbero andate in maniera diversa e magari ora non saremmo qui…"

"E allora come avete avuto il gasolio? Al mercato nero, immagino, come tutti quelli che arrivano da noi. Vi sarà costato una fortuna!"

“Non solo il gasolio, purtroppo! L’intero viaggio ci è costato una fortuna, capitano, per arrivare fin qui abbiamo investito tutte le risorse accumulate con fatica da noi e dai nostri padri, e ora non ci è rimasto più nulla, possiamo solo ricominciare da zero, e vogliamo farlo in questa terra ancora fertile e ospitale! Non come in Italia, dove ormai chi è rimasto fa la fame, i terreni che una volta facevano crescere ogni bendiddio sono ora inariditi dal caldo torrido e dall’erosione, mentre le aree più vicine alla costa sono diventate sterili a causa del sale del mare che si spinge sempre più all’interno. La supplico, capitano, ci faccia restare! Siamo dei lavoratori onesti, abituati al sudore della fronte, vogliamo integrarci con la vostra gente, rispettare le vostre leggi, e…”

“Basta così, Salvini! – lo interruppe bruscamente Olsvig – Per favore, evitiamo scene strazianti, le ripeto che non posso farvi restare. Ora procederemo all'identificazione, poi passerete la notte nella camerata del Centro profughi, e domattina provvederemo a farvi tornare indietro. Buona fortuna.“

Così dicendo, lasciò il suo posto all'agente incaricato degli adempimenti burocratici, si accomiatò e si ritirò nel suo angusto monolocale attiguo al Centro profughi.

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Quella notte Ulf Olsvig non riuscì a prendere sonno. In quella interminabile notte artica di luna nuova il capitano mise da parte i gradi e le stellette e continuava a rigirarsi nel letto in preda a una indistinta inquietudine. Finché ad un tratto udì dei rumori felpati provenienti dall’esterno. In un lampo capì, si affacciò alla finestra e vide gli italiani che, facendosi luce con delle torce, tranciavano le reti di protezione del Centro, apprestandosi a scappare. Si precipitò al telefono, alzò la cornetta, ma un attimo prima di comporre il numero per chiamare i rinforzi, si fermò e chiuse gli occhi.

Una miriade di pensieri affollarono la sua mente in quegli istanti, rivide come in un caleidoscopio i volti delle migliaia di esseri umani che aveva accolto in quegli anni, i bambini denutriti, gli occhi lucidi delle madri, lo sguardo spento di quella gente disperata. Ripensò a tutti quelli che non ce l’avevano fatta, riascoltò in un attimo i mille racconti dei sopravvissuti e le urla di gioia strozzate di chi fu accolto in quel Nuovo Mondo. Si sentì avviluppato dall’abbraccio colmo di gratitudine di milioni di cuori pulsanti che grazie a lui e a quelli come lui continuavano a battere, e scoppiò in un lungo pianto liberatorio.

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Il capitano Olsvig non seppe più nulla dei fuggiaschi. Per la verità, le ricerche dei giorni seguenti furono condotte più che altro per salvare la forma, nessuno degli agenti aveva realmente voglia di dover rispedire indietro gli italiani. Quanto a Matteo Salvini, più volte Olsvig ripensò alla sua storia e alle gesta miserabili compiute un secolo prima dal suo bisnonno quando divenne capo del governo, e ripeteva a sé stesso che i figli non devono scontare le colpe dei padri, salvo poi dover ammettere che in effetti i patimenti della sua generazione e delle due che l’avevano preceduta non erano altro che l’ingiusto prezzo pagato per l’avidità e l’egoismo delle generazioni precedenti.

Dopo alcune settimane, al termine di un’altra interminabile notte del lungo inverno artico, Ulf Olsvig fece un sogno. Stava volando, guardava dall’alto uno dei barconi stracolmi di profughi in arrivo sulle coste della Groenlandia, librandosi poi velocemente in alto, sempre più in alto, fino a confondere alla sua vista il barcone dei migranti con la sfera azzurra del pianeta Terra in eterna navigazione in questo angolo dell’Universo. Dopo che fu desto, si alzò e uscì fuori, e si chiese che senso avesse tutto ciò, senza trovare risposta. Sentiva però che doveva esserci Qualcosa che fa navigare i barconi così come i pianeti. Decise che prima o poi gli avrebbe dato un nome.

Per il momento, si accontentò di ammirare lo spettacolo della splendida aurora boreale che magicamente si schiuse davanti ai suoi occhi.