di Jacopo Simonetta
In Europa occidentale dove è nato, Il capitalismo è vecchio ormai di 300 anni. Non moltissimi in una prospettiva storica, ma comunque una rispettabile età. Durante questo ormai lungo periodo è stato dato per spacciato varie volte, ma sempre ha trovato il modo di cavarsela e, anzi, uscire dalla crisi più forte di prima. Direi anzi che la principale caratteristica di questo singolare sistema socio-economico è la sua incredibile resilienza. La sua capacità, cioè, di reagire alle difficoltà rilanciando ogni volta la sua scommessa ad un livello più alto. Se mai è esistita una filosofia politica della rivoluzione permanente, questa è proprio il capitalismo.
“Si dissolvono tutti i rapporti sociali stabili e fissi, con il loro seguito di concezioni e di idee tradizionali e venerabili; i nuovi rapporti invecchiano prima di essere consolidati. Qualsiasi elemento di gerarchia sociale e di stabilità di casta se ne va in fumo, tutto ciò che era sacro è profanato”. Non lo scrivono Balzac o il Conte di Chambord parlando del socialismo; lo scrive Marx nel 1848 riferendosi al capitalismo.
Tra i fattori che concorrono a questo straordinario risultato, direi che i principali sono i seguenti:
1. Fa appello ai peggiori istinti di ognuno, quali l’avidità e l’egoismo. Una volta un mio amico, sostenitore convinto del capitalismo, ne condensò così la natura: “L’istinto naturale dell’uomo è fregare il prossimo e questo è un sistema con il quale ognuno, tirando a fregare gli altri, senza saperlo fa il bene comune”. Si può dissentire, ovviamente, ma è un fatto che molti tentativi di opporsi al capitalismo sono falliti perché chiedevano alla cittadinanza un livello ed una costanza morale che non erano alla portata dei più.
2. E’ acefalo. Malgrado la passione di molti per “il nuovo ordine mondiale” ed i complotti, la forza del capitalismo risiede proprio nel fatto che si comporta come un “branco acefalo”. Questo significa che i suoi centri di comando e controllo non possono essere colpiti perché non esistono, oppure possono essere continuamente corto-circuitati o sostituiti. Alcune realtà che si sviluppano su internet funzionano sullo stesso principio e, difatti, sono molto difficili da contrastare. Chi vuol capire come funziona faccia una gita in campagna ed osservi molto attentamente come si muovono i voli di storni all'imbrunire. Anche lo storno è un animale estremamente resiliente, come il capitalista.
3. E’ onnivoro. Il capitalismo si può nutrire di praticamente qualunque cosa esista, reale o virtuale che sia. Nessun altro sistema vivente riesce a tanto.
4. E’ inclusivo e proteiforme. Chiunque e qualunque cosa riesca ad acquisire una fetta di potere sufficientemente interessante, viene automaticamente cooptato nel sistema, senza che se ne renda neanche conto. Questo vale per le persone e le organizzazioni, ma anche per le idee. Si pensi a come le parole d’ordine dell’ambientalismo siano diventate quelle della pubblicità consumista. Ma il fatto importante è che ciò non avviene per a seguito di un piano prestabilito, bensì per la natura stessa del capitalismo che è capace di assorbire e fare propria qualunque cosa possa essere usata.
Dal punto di vista di chi gli si vuole opporre, l’unico modo per non far parte del sistema è l’estrema marginalizzazione. Ma in questo modo si perde completamente la possibilità di influire sul corso attuale degli eventi.
Dunque il capitalismo è una macchina termodinamica e culturale praticamente perfetta che, finora, si è dimostrata invulnerabile ed inarrestabile. Ma proprio questa sua capacità di superare ogni limite potrebbe essere la sua condanna finale. Il capitalismo è strutturato infatti in modo che non può sopravvivere in uno stato di equilibrio dinamico. Il capitalismo o cresce o muore.
Dunque l’unica cosa che può distruggere il capitalismo è sé stesso, semplicemente esaurendo le risorse di cui vive ed avvelenando il mondo di cui fa parte. Perché, per quanto possa utilizzare praticamente tutto, ci sono comunque dei limiti che non possono essere superati: quelli del Pianeta. Una volta che l’impatto con questi limiti avrà chiuso definitivamente ogni possibilità di ulteriore crescita, il capitalismo morirà da solo. E ci sono buone ragioni per credere che questo momento sia abbastanza vicino.
Guarda caso, nessun nemico si profila all'orizzonte per sfidare il vecchio, ma il flusso di energia e materia che lo alimenta comincia a rallentare, mentre l’atmosfera, i suoli ed i mari stanno diventando inquietanti. Il mantenimento dell’ipertrofica infrastruttura di cui si è dotato diviene problematica, come quello di un numero demenziale di persone che si guardano intorno sempre più smarrite, senza capire perché.
Sarà la volta buona? Lo vedremo, intanto stanno sorgendo piccole ma agguerrite pattuglie di persone che cercano di capire quale sistema prenderà il posto del capitalismo, una volta conclusa la sua lunga e dolorosa agonia.
Un campo che trovo particolarmente interessante e, nel quale, segnalo questo articolo, Mapping the Emerging Post-Capitalist Paradigm and its Main Thinkers
Non dice niente che non si fosse già sentito tante volte, ma ha il merito di riassumere in una bella grafica “lo stato dell’arte” in materia di pensiero post-capitalista. Dunque ne consiglio senz’altro la lettura e, soprattutto, consiglio di scaricare e conservare le grafiche, possono essere molto utili per orientarsi. Non per nulla sono etichettate come “mappe”.
Tuttavia, non condivido lo spirito dell’articolo, né molte delle cose che vi si affermano. In particolare, vorrei qui discutere molto brevemente i tre punti critici che, secondo gli autori, la nostra società starebbe attraversando:
• Cambio di ordine sociale. Da una società centralizzata e gerarchica ad una società organizzata orizzontalmente, decentralizzata e funzionante “dal basso verso l’alto”. Per ora nessun paese veramente capitalista è entrato in una fase successiva, ma i crescenti scricchiolii che si odono dalle fondamenta del sistema non suggeriscono ottimismo nel futuro a breve e medio-termine. Del resto, in alcuni paesi che già sono entrati in una fase post-capitalista (Siria, Libia Iraq, Yemen fra gli altri) si assiste effettivamente alla disintegrazione delle strutture statali e sovra-statali. Ma ciò che sorge è una miriade di gruppi e gruppuscoli, ognuno dei quali fortemente militarizzato, che combattono per accedere alle scarse risorse sfuggite alla digestione del sistema precedente.
• Cambio di struttura economica. Al posto di organizzazioni grandi e burocratizzate che producono grandi quantità di oggetti a buon mercato, nella nuova economia digitale è possibile sviluppare prodotti e servizi localmente e su piccola scala. La nuova economia digitale, qualunque cosa sia o sarà, necessita di un flusso costante ed abbondante di energia, oltre che di un costante ricambio di oggetti ad altissimo contenuto tecnologico (computers, Iphones, stampanti tridimensionali, servers e moltissimo ancora). Tutta roba che solo l’economia capitalista attuale può essere in grado (per ora) di produrre in quantità massicce ed a prezzi arrivabili.
• Cambio nei rapporti di potere. Un tempo l’influenza politica e le economie di scala determinavano l’accesso alle risorse, alle conoscenze ed alle informazioni. Conoscenze ed informazioni sono adesso accessibili al di fuori delle istituzioni politiche. Ciò permetterà lo sviluppo di economie basate su conoscenze liberamente condivise. E’ vero che in rete si trova condivisa una miriade di informazioni di ogni livello e qualità. Ma nessuno posta informazioni che possano avere un interesse commerciale e perfino le informazioni scientifiche sono spesso disponibili solo a pagamento. E neanche sempre. Per essere chiari, in internet si trovano miriadi di filmati che insegnano a coltivare le rape, ma nessun softwhere per la progettazione di una turbina moderna. Certo, l’economia del futuro potrebbe essere fatta solo di ortaggi ed oggetti artigianali e ci sono buone ragioni per pensarla così. Ma questo significa che saremo in un’economia più o meno di sussistenza e, comunque, del tutto priva di gadget tecnologici.
Inoltre, quando anche disponibili, le informazioni sono utili solo se si dispone anche dell’energia e della materia per metterle in pratica. Altrimenti servono a poco.
Dunque il capitalismo sta davvero morendo? Forse, ma io credo che sia ancora presto per vendere la pelle dell’orso. Siamo d’accordo che stavolta il vecchio è in un angolo molto stretto, ma ci ha già sorpresi più di una volta. Inoltre, ammesso che il capitalismo davvero muoia, non credo proprio che un sistema sostitutivo potrà sorgere a breve termine e pacificamente. Non è mai successo nella storia. Alla fine di un sistema consolidato segue sempre un lungo periodo di disastri naturali e non. Non a caso, almeno tre dei quattro cavalieri di cui parla S. Giovanni, sono degli habitué del nostro pianeta.
La mia opinione è che il “nuovo mondo”, bello o brutto che sarà, potrà sorgere solo dopo che sarà conclusa la putrefazione di quello vecchio ed i cavalieri si saranno presi un po’ di ferie. Paracelso sosteneva che la vita nuova nasce dalla putrefazione di ciò che era precedentemente morto. Riferendosi a singoli organismi aveva certamente torto, ma parlando di sistemi sociali, forse, aveva ragione.

“Si dissolvono tutti i rapporti sociali stabili e fissi, con il loro seguito di concezioni e di idee tradizionali e venerabili; i nuovi rapporti invecchiano prima di essere consolidati. Qualsiasi elemento di gerarchia sociale e di stabilità di casta se ne va in fumo, tutto ciò che era sacro è profanato”. Non lo scrivono Balzac o il Conte di Chambord parlando del socialismo; lo scrive Marx nel 1848 riferendosi al capitalismo.
Tra i fattori che concorrono a questo straordinario risultato, direi che i principali sono i seguenti:
1. Fa appello ai peggiori istinti di ognuno, quali l’avidità e l’egoismo. Una volta un mio amico, sostenitore convinto del capitalismo, ne condensò così la natura: “L’istinto naturale dell’uomo è fregare il prossimo e questo è un sistema con il quale ognuno, tirando a fregare gli altri, senza saperlo fa il bene comune”. Si può dissentire, ovviamente, ma è un fatto che molti tentativi di opporsi al capitalismo sono falliti perché chiedevano alla cittadinanza un livello ed una costanza morale che non erano alla portata dei più.
2. E’ acefalo. Malgrado la passione di molti per “il nuovo ordine mondiale” ed i complotti, la forza del capitalismo risiede proprio nel fatto che si comporta come un “branco acefalo”. Questo significa che i suoi centri di comando e controllo non possono essere colpiti perché non esistono, oppure possono essere continuamente corto-circuitati o sostituiti. Alcune realtà che si sviluppano su internet funzionano sullo stesso principio e, difatti, sono molto difficili da contrastare. Chi vuol capire come funziona faccia una gita in campagna ed osservi molto attentamente come si muovono i voli di storni all'imbrunire. Anche lo storno è un animale estremamente resiliente, come il capitalista.
3. E’ onnivoro. Il capitalismo si può nutrire di praticamente qualunque cosa esista, reale o virtuale che sia. Nessun altro sistema vivente riesce a tanto.
4. E’ inclusivo e proteiforme. Chiunque e qualunque cosa riesca ad acquisire una fetta di potere sufficientemente interessante, viene automaticamente cooptato nel sistema, senza che se ne renda neanche conto. Questo vale per le persone e le organizzazioni, ma anche per le idee. Si pensi a come le parole d’ordine dell’ambientalismo siano diventate quelle della pubblicità consumista. Ma il fatto importante è che ciò non avviene per a seguito di un piano prestabilito, bensì per la natura stessa del capitalismo che è capace di assorbire e fare propria qualunque cosa possa essere usata.
Dal punto di vista di chi gli si vuole opporre, l’unico modo per non far parte del sistema è l’estrema marginalizzazione. Ma in questo modo si perde completamente la possibilità di influire sul corso attuale degli eventi.
Dunque il capitalismo è una macchina termodinamica e culturale praticamente perfetta che, finora, si è dimostrata invulnerabile ed inarrestabile. Ma proprio questa sua capacità di superare ogni limite potrebbe essere la sua condanna finale. Il capitalismo è strutturato infatti in modo che non può sopravvivere in uno stato di equilibrio dinamico. Il capitalismo o cresce o muore.
Dunque l’unica cosa che può distruggere il capitalismo è sé stesso, semplicemente esaurendo le risorse di cui vive ed avvelenando il mondo di cui fa parte. Perché, per quanto possa utilizzare praticamente tutto, ci sono comunque dei limiti che non possono essere superati: quelli del Pianeta. Una volta che l’impatto con questi limiti avrà chiuso definitivamente ogni possibilità di ulteriore crescita, il capitalismo morirà da solo. E ci sono buone ragioni per credere che questo momento sia abbastanza vicino.
Guarda caso, nessun nemico si profila all'orizzonte per sfidare il vecchio, ma il flusso di energia e materia che lo alimenta comincia a rallentare, mentre l’atmosfera, i suoli ed i mari stanno diventando inquietanti. Il mantenimento dell’ipertrofica infrastruttura di cui si è dotato diviene problematica, come quello di un numero demenziale di persone che si guardano intorno sempre più smarrite, senza capire perché.
Sarà la volta buona? Lo vedremo, intanto stanno sorgendo piccole ma agguerrite pattuglie di persone che cercano di capire quale sistema prenderà il posto del capitalismo, una volta conclusa la sua lunga e dolorosa agonia.
Un campo che trovo particolarmente interessante e, nel quale, segnalo questo articolo, Mapping the Emerging Post-Capitalist Paradigm and its Main Thinkers
Non dice niente che non si fosse già sentito tante volte, ma ha il merito di riassumere in una bella grafica “lo stato dell’arte” in materia di pensiero post-capitalista. Dunque ne consiglio senz’altro la lettura e, soprattutto, consiglio di scaricare e conservare le grafiche, possono essere molto utili per orientarsi. Non per nulla sono etichettate come “mappe”.
Tuttavia, non condivido lo spirito dell’articolo, né molte delle cose che vi si affermano. In particolare, vorrei qui discutere molto brevemente i tre punti critici che, secondo gli autori, la nostra società starebbe attraversando:
• Cambio di ordine sociale. Da una società centralizzata e gerarchica ad una società organizzata orizzontalmente, decentralizzata e funzionante “dal basso verso l’alto”. Per ora nessun paese veramente capitalista è entrato in una fase successiva, ma i crescenti scricchiolii che si odono dalle fondamenta del sistema non suggeriscono ottimismo nel futuro a breve e medio-termine. Del resto, in alcuni paesi che già sono entrati in una fase post-capitalista (Siria, Libia Iraq, Yemen fra gli altri) si assiste effettivamente alla disintegrazione delle strutture statali e sovra-statali. Ma ciò che sorge è una miriade di gruppi e gruppuscoli, ognuno dei quali fortemente militarizzato, che combattono per accedere alle scarse risorse sfuggite alla digestione del sistema precedente.
• Cambio di struttura economica. Al posto di organizzazioni grandi e burocratizzate che producono grandi quantità di oggetti a buon mercato, nella nuova economia digitale è possibile sviluppare prodotti e servizi localmente e su piccola scala. La nuova economia digitale, qualunque cosa sia o sarà, necessita di un flusso costante ed abbondante di energia, oltre che di un costante ricambio di oggetti ad altissimo contenuto tecnologico (computers, Iphones, stampanti tridimensionali, servers e moltissimo ancora). Tutta roba che solo l’economia capitalista attuale può essere in grado (per ora) di produrre in quantità massicce ed a prezzi arrivabili.
• Cambio nei rapporti di potere. Un tempo l’influenza politica e le economie di scala determinavano l’accesso alle risorse, alle conoscenze ed alle informazioni. Conoscenze ed informazioni sono adesso accessibili al di fuori delle istituzioni politiche. Ciò permetterà lo sviluppo di economie basate su conoscenze liberamente condivise. E’ vero che in rete si trova condivisa una miriade di informazioni di ogni livello e qualità. Ma nessuno posta informazioni che possano avere un interesse commerciale e perfino le informazioni scientifiche sono spesso disponibili solo a pagamento. E neanche sempre. Per essere chiari, in internet si trovano miriadi di filmati che insegnano a coltivare le rape, ma nessun softwhere per la progettazione di una turbina moderna. Certo, l’economia del futuro potrebbe essere fatta solo di ortaggi ed oggetti artigianali e ci sono buone ragioni per pensarla così. Ma questo significa che saremo in un’economia più o meno di sussistenza e, comunque, del tutto priva di gadget tecnologici.
Inoltre, quando anche disponibili, le informazioni sono utili solo se si dispone anche dell’energia e della materia per metterle in pratica. Altrimenti servono a poco.

La mia opinione è che il “nuovo mondo”, bello o brutto che sarà, potrà sorgere solo dopo che sarà conclusa la putrefazione di quello vecchio ed i cavalieri si saranno presi un po’ di ferie. Paracelso sosteneva che la vita nuova nasce dalla putrefazione di ciò che era precedentemente morto. Riferendosi a singoli organismi aveva certamente torto, ma parlando di sistemi sociali, forse, aveva ragione.
"Dunque l’unica cosa che può distruggere il capitalismo è sé stesso, semplicemente esaurendo le risorse di cui vive ed avvelenando il mondo di cui fa parte."
RispondiEliminaQuesta frase, insieme ad altre ( è onnivoro, è inclusivo e proteiforme, etc. ) mi richiama fortemente alla mente quel mostro mitologico, concepito e immaginato da Tolkien, Ungoliant, l'enorme ragno (velenoso) che voleva divorare tutto e tutti, che aveva sempre fame; si dice che sia scomparso dal mondo molto tempo fa, avendo divorato sé stesso.
Possiamo includerlo nel pantheon di effetto risorse, insieme al demonio, al leviatano, ai draghi !
Ungoliant mi mancava, devo studiarmelo. Grazie.
EliminaBello!
EliminaDove si compra il costume?
Quanto detto mi sembra in linea con quanto espresso da Gaia - the future of politics:
RispondiEliminahttps://www.youtube.com/watch?v=sV8MwBXmewU
Mi sono sempre chiesto una cosa. In un mondo devastato da una guerra che ha spazzato via quasi i 9/10 dell'umanità, chi mai potrebbe avere i mezzi per ricostruire la complicatissima infrastruttura ed avanzatissima tecnologia che fanno funzionare internet? E dei contadini che vivono di sussistenza in villaggi molto lontani fra loro avrebbero l'interesse e la possibilità di accedervi?
EliminaSecondo me internet sta giocando un ruolo importante nel presente e lo giocherà senz'altro nel prossimo futuro, ma non in quello "postpicco".
Nel Silmarillion il demonio si allea con un mostruoso ragno e se ne serve per divorare ogni luce del mondo. Quando ogni luce è ormai svanita, dimorando ormai in sole tre gemme residue, il demonio rompe il patto “Che altro vuoi, desideri forse il mondo intero, onde riempirti la pancia? Mica ho promesso di dartelo. Io ne sono il Signore” E i due litigano, ma il demonio la spunta e le gemme non vengono inghiottite nel nulla e con esse la loro luce, con il suo valore simbolico.
RispondiEliminaIn questo mito possiamo con sgomento intravvedere le probabili prossime guerre per le risorse, condite da un briciolo di residua speranza, che qualcosa di quello che è prezioso, si salverà. Amen
Il capitalismo non è assolvibile.
RispondiEliminaSi dovrebbe condannarlo a morte.
Subito.
Gente onesta e savia, sappiamo che ne possiamo fare a meno !
.----
L'unico sistema sociale che realmente funziona bene è quello dei popoli della natura.
Il fatto che poca gente lo capisca, è per me fonte di grande tristezza.
Gianni Tiziano
il capitalismo è resiliente , perchè costruito sull'avidità e sull'egoismo. Ma per fortuna dovremmo essere alla fine (dell'egoismo e dell'avidità).
RispondiElimina@Nicoli, secondo Fatima e la visione di Leone XIII, il demonio vuole trasformare la Chiesa di Cristo nella sua organizzazione mondiale, magari Onlus, e mi pare ci stia quasi per riuscire. ma alla fine arrivano i nostri (i 4 famosi cavalieri?).
RispondiEliminaDirei che su tre possiamo contare. Per il quarto non è detto che sia questa la volta buona.
EliminaQuesto è un argomento che passerà sempre in secondo piano ed è ancora l'ultima delle preoccupazioni della maggior parte della gente, purtroppo. Arriveranno i disastri e i danni relativi a non aver imposto dei veri limiti al consumo di risorse fossili, cosa che questo tipo di società (al plurale) non sono in grado di fare. L'unica cosa che possiamo fare è far tesoro di tutte quelle situazioni e quelle esperienze nelle quali una collettività ha posto una barriera ai desideri sfrenati del Capitale, per salvaguardare una vita decente e le risorse che la supportano. Proteggere e conservare le basi biologiche della vita e la sua complessità, ovunque e comunque, così come gli operai salvarono le fabbriche dalla distruzione fascista e nazista nel momento del loro declino. Non sarà l'ultimo modello di smartphone a salvarci dalla penuria prossima ventura, ma piuttosto un territorio ricco di diversità e gestito per rafforzare la nostra resilienza.
RispondiEliminaSuolo, acqua e biodiversità sono le tre cose indispensabili. Su tutto il resto si può discutere, su queste no. Ma non è un'idea condivisa dai più.
EliminaIo la condivido, Jacopo.
EliminaTiziano
http://theconversation.com/the-simple-life-manifesto-and-how-it-could-save-us-33081
RispondiEliminaUn progetto interessante.
Ma cos'e' il "capitalismo"?
RispondiEliminahttps://it.wikipedia.org/wiki/Capitalismo ...
Sulla Terra esiste un esempio di superorganismo, quello degli insetti sociali,quali le api le vespe ,le formiche.
RispondiElimina(vedere il saggio dal titolo omonimo, di E.O. Wilson , pubblicato anche in italiano da Adelphi).
E poi ci siamo noi.
Poi c'è n'è ancora un altro ma lo dirò a tempo debito.
Niente di spiritistico od occultistico.
Anzi, è qualcosa che risale alla notte dei tempi.
Stiamo avvicinandoci ad un numero particolare 10^10,dieci miliardi.
Che in sè non significherebbe molto, ma rapportato al resto delle misure della vita terrestre e naturalmente cosmica, si riempie di significato.
Anche qui non intendo fare della numerologia da saggio peudoesoterico.
Se gli effetti del capitalismo non possono che crescere indefinitamente, affinchè il capitalismo viva, allora una "miriatombe"* è inevitabile.
Tanto vale prepararsi allegramente, tanto non si vive di vita eterna sulla Terra.
Può essere invece che siamo giunti ad un confine oltre il quale vivranno e potranno vivere solo esseri umani di un certo genere.
Esseri esistiti da sempre ma in numro esiguo.
*"miriatombe" mutuato da ecatombe ovvero antico sacrificio di cento buoi.
Ma miriade è il nome del numero diecimila, 10^4.Quadrato di cento, 10^2.
E quindi per me miriatombe sta per immane decimazione.
Marco Sclarandis
marco cosa vuoi dire? non capisco
EliminaCd, voglio dire che quello che sta succedendo sta obbligando la specie umana ad una evoluzione fulminea.
EliminaA quanto pare l'idea che l'evoluzione biologica richieda necessariamente tempi lunghissimi non è vera nemmeno per le altre specie viventi.
I batteri sono dei maghi in proposito.Ma non s'è visto ancora un batterio evolvere in un nematode in una dozzina di generazioni.
Evidentemente ci dev'essere una fragione per cui ciò non avviene ed è facilmente intuibile.immagina se succedesse che cosa succederebbe!Alien sarembbe un fumettino animato per bambini dell'asilo al confronto.
Ma i corvi ed altri uccelli impararono subito ad aprire le bottiglie del latte recapitate sulle soglie delle case londinesi, e i paguri ad approfittare dei tappi dei tubetti di dentifricio per farne tanetta.
L'evoluzione umana è un entanglement forse unico nel suo genere tra evoluzione genetica e culturale.
Gli elefanti, non credo che si chiedano quanti essi siano sulla Terra e quant'erba ci sia per i loro banchetti.
Nè i delfini o i cani o i corvi si organizzano per convegni
sullo State of the World.
Noi sì, e mica da ieri, anzi da millenni, facendo le debite proporzioni.
Archimede di Siracusa si chiedeva quanti granelli di sabbia potesse contenere la Terra e, se ricordo bene, l'universo stesso.
A che scopo?
Semplicemente perchè era uno come noi.Un essere ossessionato dalla sensazione e terrore anche, per l'infinito.
Un essere come noi che ci chiediamo se esista il "multiverso".
In senso poetico ed astrofisico insieme.
Noi potremmo fare questo salto evolutivo, o fare una caduta evolutivamente rovinosa.Ne è giunto il tempo.
Che cosa vogliamo fare?
Sono stato più esplicito?
Ciao!
Marco Sclarandis
ammetto che le tue tesi sono affascinanti, ma per fare il salto evolutivo a singolarità ci vuole troppo di quello che non abbiamo, saggezza, intelligenza, spirito comunitario (parlo in generale). Se mi indichi una comunità che lo ha davvero (e che non si rinchiuda fra le sue mura isolandosi dal resto) saro ben lieto di visitarla
EliminaCD, per me il salto evolutivo o lo fa l'umanità intera e in una generazione, oppure questo potrebbe davvero essere l'ultimo secolo
Eliminadella nostra onnipresenza sulla Terra.Tesi sostenuta da un Martin Rees, mica da un bruto che si occupa solo di tifoseria e chiacchere e bevute al bar.
Qualsiasi tipo di comunità può fare questo salto, sebbene sia più difficile in alcune e più facile in altre.
Basterebbe già imporsi di limitare il riscaldamento climatico ad 1,5 C°, e ciò può essere fatto solo ed esclusivamente in modo collettivo e planetario, e ciò coopterebbe miliardi di persone nella più grande comunità saggia ed intelligente mai apparsa sulla Terra dall'archeolitico.(per intenderci, tempi di centinaia di millenni fa).
Succederà? Io potrei anche ancora esserci per vederlo, ma il solo fatto che potrebbe succedere mi induce a fare la mia parte a tale scopo.
Certo,gli aspetti via via più dettagliati di tale epocale metamorfosi sonosono di una qualità ed in quantità difficilmrnte immaginabili per molta gente.
E, ed é inutile nasconderselo, per le stesse persone il cambiamento assomiglierebbe all'instaurarsi di una dittatura, anche se non sanguinaria, ma sicuramente molto rude.
"Dittatura dei fatti" come l'ho intitolata già anni fa.
Poi, a chi preferisce quella delle chiacchere,delle opinioni usa e getta, delle mielose menzogne, ne siamo già sottoposti da tempo.
Marco Sclarandis
Prepara subito la valigia..
Eliminahttps://www.youtube.com/watch?v=jpz4MngYojo
per marco
Eliminahttp://theconversation.com/animals-are-evolving-faster-than-you-think-heres-the-living-proof-52087
Abbiamo ancora molto da imparare dagli animali.
Leggo i vostri commenti con le mani nelle bal..
RispondiEliminaMitico!
EliminaAnonimo 14 dicembre 2015 21:58 é come stare con le mani in mano inciampando sulle scale..................
EliminaO nelle tasche.
Marco Sclarandis
C'ė un esempio.
RispondiEliminaCristo
Se ci pensate bene e non la Chiesa tengo a precisare
http://www.ilcambiamento.it/decrescita_felice/vivere_senza_soldi.html
RispondiEliminaForse il capitalismo, ma piu' che il capitalismo il liberismo, in realta' e' cosi' resistente proprio perche' non e' pianificato e centralizzato. (in unione sovietica c'era il capitalismo di stato, quello che mancava era il liberismo).
RispondiEliminaForse sarebbe opportuno distinguere fra capitalismo e liberismo, puo' benissimo esserci l'uno senza l'altro, anche se i fanatici di entrambi gli schieramenti, capitalista e comunista, lo negano.
Con una rigorosa pianificazione e centralizzazione, una societa' complessa come la nostra non avrebbe mai potuto svilupparsi (vedi collasso dell'unione sovietica: ci sono un sacco di teorie in proposito, addirittura che e' stata l'economia in nero e sommersa a tenerla in piedi per tanti anni, fornendo al sistema la necessaria flessibilita' di cui costituzionalmente era privo, e senza la quale sarebbe crollato molto prima). Credo valga anche per l'italia ;)
Se non erro, un organismo troppo complesso deve per forza avere delle retroazioni locali che ne aggiustano il funzionamento, altrimenti non funziona. Il nostro stesso organismo, gli organismi viventi, in barba alle filosofie organicistiche, funzionano perche' a regolarli sono tante piccole retroazioni distribuite, e non c'e' un centro di controllo centrale che controlla e regola il movimento di ogni singola cellula, o molecola al suo interno. ANzi il mistero della vita forse sta proprio in questo: perche' un naso, o un osso, ad un certo punto smette di crescere? Glielo ordina il cervello? Non credo.
Qua sara' pieno di veri esperti di Sistemi, credo sarebbe interessante per tutti una loro opinione davvero informata in proposito, ammesso che il tema non sia gia' stato trattato o l'argomento considerato troppo banale o fuori tema (in realta' e' un sovra-argomento, rispetto al tema del blog, suppongo).
Nel contesto economico, questi temi sono stati in parte, indirettamente, trattati o forse sfiorati, da... chissiricorda... forse James M. Buchanan, in https://it.wikipedia.org/wiki/Teoria_della_scelta_pubblica
I sistemi complessi sono tali proprio perché funzionano su reti di retroazioni, alcune positive (spingono la crescita) ed altre negative (contrastano la crescita). Ogni sistema complesso (comunque definito) è poi a sua volta un sotto sistema di un sovrasistema più grande con cui interagisce. perlomeno fino a livello di Universo Conosciuto. Oltre informazioni zero, ipotesi non verificabili.
EliminaPensare per sistemi semplici di causa-effetto è sensato solo nella misura in cui si rimane coscienti dei limiti della nostra analisi. Altrimenti si casca necessariamente nella fantasia. "Se facessimo tutti questo succederebbe quello..."
Mica detto.
J
Osservazione molto interessante e sensata, e problematica, "nella misura in cui si rimane coscienti dei limiti della nostra analisi", pero' limiti, sempre limiti, ancora limiti, che palle!!! ;)
EliminaCOnsoliamoci pensando che il processo di indentificazione stesso, degli individui e dei gruppi (non solo quello di "genere", cosi' di moda oggi) passa attraverso la differenziazione del resto da se', ovvero delimitazione, limite, ancora limite, sempre limite!
Chi controlla il controllore? (dei sistemi complessi e anche semplici?)
RispondiEliminaInfatti, Winston Diaz, questa domanda porta subito alla regressio ad infinitum.
Ma la vita esiste con vari ordini di complessità.
Ma deve esistere, ed esiste di fatto l'autoorganizzazione, dove controllato e controllore sono indistinguibili.
Se così non fosse s'instaurerebbe la tremenda regressio............
E per lo stesso motivo il mondo é quantistico, perchè se la materia che osserviamo fosse illimitatamente divisibile, sarebbe impossibile fare degli esperimenti conclusivi.
O almeno,sembra che questa parte dell'universo sia costruita con un limite alla suddivisione della materia.
Nonostante ciò questa materia limitata ci permette di accedere a mondi astratti d'illimitata fattura.
I frattali, per esempio.Quelli matematici, ma anche fisici come felci e cavolfiori , che ne sono una parziale rappresentazione.
E mi sovvien di tartarughe
infinita torre alta
e Terra su di lei abbarbicata
in fragilissimo equilibrio.
Marco Sclarandis
L'argomentazione di Buchanan non e' banale, se non ricordo del tutto male parte dall'osservazione che la megacorporation funziona e supera in efficienza la concorrenza proprio in quanto attentamente organizzata e pianificata, solo che ad un certo punto cio' che ne fa la forza si traduce in debolezza. O perlomeno questo e' quello che io ho interpolato, e rammento ora, delle "due cose" che ho letto in proposito. E se ho interpolato bene, in sostanza non se ne ricava nulla di netto, che possa servire da guida, si resta nell'ambito della critica. Potrebbe essere proficuo intrecciare l'argomentazione di buchanan con le due righe che ci scrive sopra Jacopo a commento di un commento)
EliminaPer quanto riguarda il termitaio-formicaio-alveare, l'uomo fra gli animali superiori e intelligenti e' l'unico che ritorna a forme di organizzazione massiva tipiche degli insetti sociali, sommando la "potenza" dell'io creativo, sviluppata nella concorrenza in seno al gruppo, con quella della organizzazione di gruppo, iper-specializzata.
Ma negli insetti sociali l'intelligenza e l'io stesso non sono dell'individuo, sono della collettivita'. In tale condizione nessun "io" si sviluppa, e se si e' sviluppato si atrofizza, si deve atrofizzare?
("encounters at the end of the world" di herzog, bel documentario per una rappresentazione "artistica" di qualche aspetto della questione, raccomandato)