Da “The Oil Crash”. Traduzione di MR
Salve a tutt*,
non sono solito fare introduzioni ma, come dice lo stesso Turiel a seguire, anche io ho usato l'esempio di Cuba come paese che ha avuto successo nell'affrontare il "picco del petrolio artificiale" dopo la caduta dell'Unione Sovietica. In diverse occasioni divulgative ho presentato il documentario "The power of community" proprio per mostrare un esempio positivo. Questo articolo, scritto per di più da un cubano, mi ha sorpreso. Non che nella versione del documentario non venissero evidenziate anche difficoltà e sofferenze, ma quanto si dice nell'articolo seguente è piuttosto diverso. Ora, non credo che una cosa escluda del tutto l'altra, però, alla luce di questo articolo, mi viene da pensare che tutto sommato Cuba non abbia avuto poi tutto questo successo nell'affrontare il picco. Un problema in più in prospettiva ed uno stimolo a cercare soluzioni non ancora pensate. O ad integrare meglio quelle già pensate. (M.R.)
di Antonio Turiel
Cari lettori,
nelle prime conferenze che abbiamo fatto sul problema del picco del petrolio portavamo l'esempio dei paesi che avevano affrontato una situazione di brusca caduta della fornitura di petrolio (in entrambi i casi, per via del collasso dell'Unione Sovietica) in due modi completamente diversi: o puntando su un modello industriale (Corea del Nord) o su uno più agricolo (Cuba). Gli esempi erano raccolti nel libro di Dale Allen Pfeiffer “Mangiare combustibili fossili” e noi lo riportavamo in modo un po' acritico negli incontri. Col tempo, molti cubani mi hanno fatto notare che il Período Especial cubano non è stato per niente così ideale come lo mostravamo noi e, sebbene in Corea del Nord le cose sono state molto peggiori, a Cuba lo Stato ha avuto un ruolo meno decisivo di quello che gli attribuiamo e la situazione non è stata affatto idilliaca.
Recentemente, Erasmo Calzadilla, dell'Havana Times, mi ha contattato per chiedermi di alcune questioni collegate all'energia e nelle e-mail successive siamo finiti a parlare del Período Especial. La sua visione sull'argomento, come mi aspettavo, era abbastanza critica rispetto al messaggio che riportavamo allora. Erasmo è il primo cubano che ha accettato di scrivere un saggio sulla sua visione di quel periodo perché venga pubblicato su questo blog e che inoltre lo firma a proprio nome (che sicuramente ha per noi europei una grande risonanza storica).
Vi lascio con Erasmo.
Saluti.
AMT
Il lavoro dove confronti Cuba con la Corea si chiama: “Il futuro imminente di una Spagna senza energia” ed è datato 18 febbraio 2010 (Nota di Antonio Turiel: si riferisce ad una delle prime conferenze che ho fatto sul picco del petrolio)
Su Cuba dici:
Il governo ha preso due misure fondamentali per evitare il collasso:
Un piano aggressivo di riforma agricola, un ritorno progressivo ed incentivato alla terra e la ricerca in agricoltura hanno permesso di mantenere un livello alimentare ragionevole. Non credo che siano state queste le misure che evitarono il collasso. I buoni di razionamento e quel poco di cibo che distribuivano ai più indigenti hanno portato un qualche aiuto, ma non si poteva contare su quelli per non morire di fame. In città, la soluzione è stata “la lotta e l'invenzione”. La gente pescava persino nelle pozzanghere di acqua nera, cacciava persino i gatti (anche se lasciava stare i cani), raccattava persino nei bidoni della spazzatura e/o rubava, soprattutto allo Stato. Quelli con più iniziativa e voglia di lavorare si sono appropriati dei terreni aridi intorno ai quartieri con l'obbiettivo di seminare o allevare animali (quasi sempre a titolo personale).
Lo stesso centro della città si era riempito di pollai puzzolenti che i loro proprietari costruivano proprio di fianco agli edifici o persino all'interno degli appartamenti per proteggerli dai “ninja”. I fossati si sono riempiti fino a tracimare coi resti delle porcilaie; è stato un miracolo il fatto che non sia scoppiata un'epidemia mortale. Si dice che Cuba sia sopravvissuta grazie alla cooperazione di comunità; mi pare che si idealizzi. La gente si aiutava, ma molto meno che prima della crisi e mai con un senso comunitario esplicito. Che io sappia, non è nata nessuna organizzazione sovra-famigliare (a parte la comunità dei fedeli che ha proliferato nelle chiese); più che altro si è disintegrata quella che c'era, proprio come racconta e prevede Dmitry Orlov. I capi della Rivoluzione e i mezzi di comunicazione avevano combattuto duramente e a fondo contro l'individualismo, ma questo è rifiorito alla minima occasione è si è installato sul trono della soggettività del cubano. Questo nostro rinascimento è stato positivo per molti aspetti, ma fatale per altri. Il picco della crisi, il momento in cui stavamo peggio, ha coinciso col picco dell'ostentazione, con quello dell'egoismo e della violenza spietata. Molta gente andava in giro armata per evitare di essere assalita e persino sgozzata per venire derubata di una qualsiasi cavolata.
E' stato quello il momento in cui i Macetas, gente senza scrupoli che hanno fatto fortuna sfruttando la fame, la disperazione e la mancanza di controllo, hanno alzato la testa. Una comunità organizzata e cosciente come quella che immaginano gli idealisti avrebbe affrontato e rimesso al loro posto questi personaggi, ma è accaduto piuttosto il contrario. I Macetas si sono trasformati nell'esempio da seguire, in capi della comunità e vicini di riguardo, arrivando ad occupare cariche politiche. Quando il governo ha recuperato le redini ha fatto cadere qualcuno da cavallo, ma altri sono riusciti a ripulire la propria fortuna ed oggi prosperano protetti dalla legge. In quanto al ritorno progressivo ed incentivato alla terra, non ho notizia del fatto che sia accaduta una cosa simile. Nella capitale c'era miseria, sete e fame, ma non tanta da spingere gli abitanti ad andarsene. Il fenomeno migratorio di massa di cui ho notizia è stato piuttosto in senso contrario.
Dalla sera alla mattina, L'Avana si è riempita di gente che cercava di cavarsela, gente che viveva molto male nelle province interne o che tentava di sfruttare del caos per insediarsi nella capitale. Quelli arrivati dopo costruivano una baraccopoli in un pezzo di terra, con una putrella rubata ad un traliccio dell'alta tensione, una lamiera zincata estratta da un'industria smantellata, un pezzo di cartone preso dalla spazzatura e così tutto il resto. Anche in piena crisi, L'Avana dava vita a coloro che venivano disposti a tutto: lavorare nell'edilizia, in agricoltura, nella polizia, come prostitute, come pingueros, come assalitori di strada, messaggeri, ecc. Il Governo li deportava in massa verso le loro province di origine, ma quelli tornavano indietro con lo stesso treno. C'è un documentario, “Buscándote Habana” che descrive l'argomento. Riassumendo, la gente della capitale non è andata a lavorare la terra, piuttosto è la città che si è ruralizzata, riempendosi di coltivazioni, porcilaie, pascoli e gente di campagna.
Sulla ricerca scientifica nell'ambito agricolo
Mentre fluivano gli aiuti dell'agricoltura “socialista”, qui si è praticata un'agricoltura intensiva a colpi di combustibili fossili. I diversi istituti di ricerca avevano gli occhi puntati sui progressi più smaglianti della scienza, soprattutto sulla biotecnologia. Appena prima della Caduta, i burocrati e tecnocrati avevano un entusiasmo incredibile per le coltivazioni idroponiche, che necessitano di un'impalcatura sofisticata e cara. Naturalmente tutto questo ha fatto una brutta fine al primo soffio della crisi, ma come è cominciata a gocciolare la manna dal Venezuela si sono cominciate a disporre le batterie per il transgenico ed altre delicatezze simili. “I buoi hanno un aspetto migliore nel piatto”, è un'espressione di Jorge Triana, un economista che sfrutta il riconoscimento delle alte sfere e vive facendo conferenze per l'élite politica e scientifica. Tuttavia, le forze armate rivoluzionarie (FAR) avevano pensato ad una strategia per come organizzare la società ed il lavoro in tempi di guerra. La chiamavano Opzione Zero. Applicata con sapienza, detta strategia ha aiutato a recuperare un'agricoltura, una farmacia e persino una medicina naturale alternativa che hanno aiutato a parare il colpo. Inoltre, con le reclute che entravano nelle forze armate (qui è obbligatorio per gli uomini), le FAR hanno organizzato l'Esercito Giovanile del Lavoro (Ejército Juvenil del Trabajo - EJT). Le reclute lavoravano in aziende agricole per un salario miserabile (sempre meglio che marciare sotto il sole) e poi l'esercito vendeva a basso costo o distribuiva gratis (nelle scuole, negli ospedali, nelle unità militari e nei centri di lavoro) il raccolto.
Ma dal mio punto di vista sono stati i contadini e le contadine coloro che hanno aiutato ad eliminare di più la fame, con tecniche rudimentali e a colpi di sapienza tradizionale, nucleate intorno alla famiglia e senza ricorrere al lavoro di schiavi. La gente della città faceva viaggi in campagna per scambiare qualsiasi cosa per vivande, verdure o frutta. Lo Stato-Governo era in rovina e non aveva risorse per organizzare né per controllare niente se non l'indispensabile. All'Apparato non rimaneva altro rimedio che permettere a malincuore il laisser faire, che la gente si rendesse indipendente. Molti contadini ed imprenditori di ogni tipo si spaccavano la schiena con l'illusione di avere qualcosa di proprio, di recuperare la dignità, di essere liberi. Il collettivismo forzato aveva generato tanto malessere che l'ansia di indipendenza era diventata uno dei motori soggettivi più potenti quando rimaneva a malapena le speranze e le forze per lottare. Dall'altra parte il turismo, l'investimento straniero e le rimesse famigliari hanno contribuito con un valore forte che, insieme ad altri fattori, ha impedito che cadessimo tanto in basso come la Corea del Nord. Molte brave persone prendono Cuba come l'esempio che è possibile sopravvivere a una carenza repentina di combustibile ed altri prodotti indispensabili grazie al lavoro in comunità ed alla guida di un governo socialista con l'appoggio popolare. L'idea mi sembra buona, ma è abbastanza lontana dalla realtà.
Salve a tutt*,
non sono solito fare introduzioni ma, come dice lo stesso Turiel a seguire, anche io ho usato l'esempio di Cuba come paese che ha avuto successo nell'affrontare il "picco del petrolio artificiale" dopo la caduta dell'Unione Sovietica. In diverse occasioni divulgative ho presentato il documentario "The power of community" proprio per mostrare un esempio positivo. Questo articolo, scritto per di più da un cubano, mi ha sorpreso. Non che nella versione del documentario non venissero evidenziate anche difficoltà e sofferenze, ma quanto si dice nell'articolo seguente è piuttosto diverso. Ora, non credo che una cosa escluda del tutto l'altra, però, alla luce di questo articolo, mi viene da pensare che tutto sommato Cuba non abbia avuto poi tutto questo successo nell'affrontare il picco. Un problema in più in prospettiva ed uno stimolo a cercare soluzioni non ancora pensate. O ad integrare meglio quelle già pensate. (M.R.)
Bottega di approvvigionamento popolare a Cuba
di Antonio Turiel
Cari lettori,
nelle prime conferenze che abbiamo fatto sul problema del picco del petrolio portavamo l'esempio dei paesi che avevano affrontato una situazione di brusca caduta della fornitura di petrolio (in entrambi i casi, per via del collasso dell'Unione Sovietica) in due modi completamente diversi: o puntando su un modello industriale (Corea del Nord) o su uno più agricolo (Cuba). Gli esempi erano raccolti nel libro di Dale Allen Pfeiffer “Mangiare combustibili fossili” e noi lo riportavamo in modo un po' acritico negli incontri. Col tempo, molti cubani mi hanno fatto notare che il Período Especial cubano non è stato per niente così ideale come lo mostravamo noi e, sebbene in Corea del Nord le cose sono state molto peggiori, a Cuba lo Stato ha avuto un ruolo meno decisivo di quello che gli attribuiamo e la situazione non è stata affatto idilliaca.
Recentemente, Erasmo Calzadilla, dell'Havana Times, mi ha contattato per chiedermi di alcune questioni collegate all'energia e nelle e-mail successive siamo finiti a parlare del Período Especial. La sua visione sull'argomento, come mi aspettavo, era abbastanza critica rispetto al messaggio che riportavamo allora. Erasmo è il primo cubano che ha accettato di scrivere un saggio sulla sua visione di quel periodo perché venga pubblicato su questo blog e che inoltre lo firma a proprio nome (che sicuramente ha per noi europei una grande risonanza storica).
Vi lascio con Erasmo.
Saluti.
AMT
Il lavoro dove confronti Cuba con la Corea si chiama: “Il futuro imminente di una Spagna senza energia” ed è datato 18 febbraio 2010 (Nota di Antonio Turiel: si riferisce ad una delle prime conferenze che ho fatto sul picco del petrolio)
Su Cuba dici:
Il governo ha preso due misure fondamentali per evitare il collasso:
- Programmi di alimentazione dei settori sociali più deboli
- Buoni di razionamento per tutta la popolazione
Un piano aggressivo di riforma agricola, un ritorno progressivo ed incentivato alla terra e la ricerca in agricoltura hanno permesso di mantenere un livello alimentare ragionevole. Non credo che siano state queste le misure che evitarono il collasso. I buoni di razionamento e quel poco di cibo che distribuivano ai più indigenti hanno portato un qualche aiuto, ma non si poteva contare su quelli per non morire di fame. In città, la soluzione è stata “la lotta e l'invenzione”. La gente pescava persino nelle pozzanghere di acqua nera, cacciava persino i gatti (anche se lasciava stare i cani), raccattava persino nei bidoni della spazzatura e/o rubava, soprattutto allo Stato. Quelli con più iniziativa e voglia di lavorare si sono appropriati dei terreni aridi intorno ai quartieri con l'obbiettivo di seminare o allevare animali (quasi sempre a titolo personale).
Lo stesso centro della città si era riempito di pollai puzzolenti che i loro proprietari costruivano proprio di fianco agli edifici o persino all'interno degli appartamenti per proteggerli dai “ninja”. I fossati si sono riempiti fino a tracimare coi resti delle porcilaie; è stato un miracolo il fatto che non sia scoppiata un'epidemia mortale. Si dice che Cuba sia sopravvissuta grazie alla cooperazione di comunità; mi pare che si idealizzi. La gente si aiutava, ma molto meno che prima della crisi e mai con un senso comunitario esplicito. Che io sappia, non è nata nessuna organizzazione sovra-famigliare (a parte la comunità dei fedeli che ha proliferato nelle chiese); più che altro si è disintegrata quella che c'era, proprio come racconta e prevede Dmitry Orlov. I capi della Rivoluzione e i mezzi di comunicazione avevano combattuto duramente e a fondo contro l'individualismo, ma questo è rifiorito alla minima occasione è si è installato sul trono della soggettività del cubano. Questo nostro rinascimento è stato positivo per molti aspetti, ma fatale per altri. Il picco della crisi, il momento in cui stavamo peggio, ha coinciso col picco dell'ostentazione, con quello dell'egoismo e della violenza spietata. Molta gente andava in giro armata per evitare di essere assalita e persino sgozzata per venire derubata di una qualsiasi cavolata.
E' stato quello il momento in cui i Macetas, gente senza scrupoli che hanno fatto fortuna sfruttando la fame, la disperazione e la mancanza di controllo, hanno alzato la testa. Una comunità organizzata e cosciente come quella che immaginano gli idealisti avrebbe affrontato e rimesso al loro posto questi personaggi, ma è accaduto piuttosto il contrario. I Macetas si sono trasformati nell'esempio da seguire, in capi della comunità e vicini di riguardo, arrivando ad occupare cariche politiche. Quando il governo ha recuperato le redini ha fatto cadere qualcuno da cavallo, ma altri sono riusciti a ripulire la propria fortuna ed oggi prosperano protetti dalla legge. In quanto al ritorno progressivo ed incentivato alla terra, non ho notizia del fatto che sia accaduta una cosa simile. Nella capitale c'era miseria, sete e fame, ma non tanta da spingere gli abitanti ad andarsene. Il fenomeno migratorio di massa di cui ho notizia è stato piuttosto in senso contrario.
Dalla sera alla mattina, L'Avana si è riempita di gente che cercava di cavarsela, gente che viveva molto male nelle province interne o che tentava di sfruttare del caos per insediarsi nella capitale. Quelli arrivati dopo costruivano una baraccopoli in un pezzo di terra, con una putrella rubata ad un traliccio dell'alta tensione, una lamiera zincata estratta da un'industria smantellata, un pezzo di cartone preso dalla spazzatura e così tutto il resto. Anche in piena crisi, L'Avana dava vita a coloro che venivano disposti a tutto: lavorare nell'edilizia, in agricoltura, nella polizia, come prostitute, come pingueros, come assalitori di strada, messaggeri, ecc. Il Governo li deportava in massa verso le loro province di origine, ma quelli tornavano indietro con lo stesso treno. C'è un documentario, “Buscándote Habana” che descrive l'argomento. Riassumendo, la gente della capitale non è andata a lavorare la terra, piuttosto è la città che si è ruralizzata, riempendosi di coltivazioni, porcilaie, pascoli e gente di campagna.
Sulla ricerca scientifica nell'ambito agricolo
Mentre fluivano gli aiuti dell'agricoltura “socialista”, qui si è praticata un'agricoltura intensiva a colpi di combustibili fossili. I diversi istituti di ricerca avevano gli occhi puntati sui progressi più smaglianti della scienza, soprattutto sulla biotecnologia. Appena prima della Caduta, i burocrati e tecnocrati avevano un entusiasmo incredibile per le coltivazioni idroponiche, che necessitano di un'impalcatura sofisticata e cara. Naturalmente tutto questo ha fatto una brutta fine al primo soffio della crisi, ma come è cominciata a gocciolare la manna dal Venezuela si sono cominciate a disporre le batterie per il transgenico ed altre delicatezze simili. “I buoi hanno un aspetto migliore nel piatto”, è un'espressione di Jorge Triana, un economista che sfrutta il riconoscimento delle alte sfere e vive facendo conferenze per l'élite politica e scientifica. Tuttavia, le forze armate rivoluzionarie (FAR) avevano pensato ad una strategia per come organizzare la società ed il lavoro in tempi di guerra. La chiamavano Opzione Zero. Applicata con sapienza, detta strategia ha aiutato a recuperare un'agricoltura, una farmacia e persino una medicina naturale alternativa che hanno aiutato a parare il colpo. Inoltre, con le reclute che entravano nelle forze armate (qui è obbligatorio per gli uomini), le FAR hanno organizzato l'Esercito Giovanile del Lavoro (Ejército Juvenil del Trabajo - EJT). Le reclute lavoravano in aziende agricole per un salario miserabile (sempre meglio che marciare sotto il sole) e poi l'esercito vendeva a basso costo o distribuiva gratis (nelle scuole, negli ospedali, nelle unità militari e nei centri di lavoro) il raccolto.
Ma dal mio punto di vista sono stati i contadini e le contadine coloro che hanno aiutato ad eliminare di più la fame, con tecniche rudimentali e a colpi di sapienza tradizionale, nucleate intorno alla famiglia e senza ricorrere al lavoro di schiavi. La gente della città faceva viaggi in campagna per scambiare qualsiasi cosa per vivande, verdure o frutta. Lo Stato-Governo era in rovina e non aveva risorse per organizzare né per controllare niente se non l'indispensabile. All'Apparato non rimaneva altro rimedio che permettere a malincuore il laisser faire, che la gente si rendesse indipendente. Molti contadini ed imprenditori di ogni tipo si spaccavano la schiena con l'illusione di avere qualcosa di proprio, di recuperare la dignità, di essere liberi. Il collettivismo forzato aveva generato tanto malessere che l'ansia di indipendenza era diventata uno dei motori soggettivi più potenti quando rimaneva a malapena le speranze e le forze per lottare. Dall'altra parte il turismo, l'investimento straniero e le rimesse famigliari hanno contribuito con un valore forte che, insieme ad altri fattori, ha impedito che cadessimo tanto in basso come la Corea del Nord. Molte brave persone prendono Cuba come l'esempio che è possibile sopravvivere a una carenza repentina di combustibile ed altri prodotti indispensabili grazie al lavoro in comunità ed alla guida di un governo socialista con l'appoggio popolare. L'idea mi sembra buona, ma è abbastanza lontana dalla realtà.
Avevo sentore, soprattutto per i racconti di qualche mio conoscente che è andato a fare turismo a Cuba non limitandosi a restare chiuso nei sontuosi villaggi turistici, che nell'isola il periodo post picco non fosse stato proprio un successo.
RispondiEliminaAllora è lecito pensare che in un'economia di guerra prevalgano più gli istinti individuali della sopravvivenza che l'aggregazione comunitaria per fronteggiare la scarsità dei beni primari. Le comunità ci saranno comunque, ma quanta prevaricazione violenta diffusa!
Almeno fuori delle enclave dei ricchi e potenti.
Vorrei che fosse la trama di qualche romanzo stile "The day after", ma qui si sta lavorando alacremente (le elite dirigenti globali) per piombare in un medioevo prossimo venturo tra i più foschi.
Vabbè, buona Pasqua a tutti.
Molto interessante la testimonianza di chi come Erasmo ha vissuto in prima persona il dramma del cosiddetto Periodo Especial cubano.
RispondiEliminaCerto che le considerazioni idealizzate di qualche occidentale "ricco" (al confronto con l amedia della popolazione cubana) a distanza ne escono malconcie.
Da segnalare un particolare secondo me illuminante dal punto di vista della fredda statistica dei numeri (al di là del fatto che come dopo una guerra sembra propriop che sia stata l' arte dell' arrangiarsi e la semi-anarchia individuale e famigliare a tenere a galla il popolo cubano negli anni più difficili dopo la chiusura dei rubinetti del petrolio sovietico, oltre alle rimesse del turismo)
ossia il grafico di consumo (prima busco calo e poi lenta e faticosa risalita) e produzione (faticosissima salita da valori molto modesti ad latri discreti) di petrolio mostrato nel primo link di Turiel.
> I capi della Rivoluzione e i mezzi di comunicazione avevano combattuto duramente e a fondo contro l'individualismo,
RispondiElimina> ma questo è rifiorito alla minima occasione è si è installato sul trono della soggettività del cubano.
Tempo addietro venni quasi investito sulle zebrate da una cinese (tra i trenta e i quarantanni) che conduceva pericolosamente un BMW nuovo di trinca di alta gamma.
'sta tipa che alle elementari faceva Tai chi chuan e forse leggeva in classe il libretto rosso di Mao è diventata una consumista più di tutti quelli che leggono e scrivono qui dentro messi insieme.
Perle ai porci.
Purtroppo i nobili ideali del comunismo non sono riusciti quasi neppure a scalfire i comportamenti "biologici" di specie.
Le critiche a Cuba sono anche troppo feroci. Quello è un paese che è la Svizzera dei Caraibi ed ha eccellenze in molti campi.
Possiamo sempre consolarci osservando cosa succede nella vicina Haiti o, in genere, negli altri paesi del centro america nei quali la violenza e la miseria sono straordinariamente più presenti che nella Isla Grande.
In ogni caso, sembrano emergere scenari nei quali la miseria e la carestia peggiorino radicalmente le società e non riescano a indirizzarle rispetto a spirito comunitario, solidarietà, unione nella soluzione dei problemi.
Anche per questo ritengo che la macedonizzazione etnica delle società per migrazioni di massa sia il pericolo massimo in quanto precursore di balcanizzazioni e di incommensurabili odi interetnici e interreligiosi che sono tenuti sopiti e sedati a fatica solo dall'attuale abbondanza (in veloce diminuzione) di risorse.
comunque non è il nostro caso con tutte le basi americane che abbiamo e che non vogliono troppi disturbi da popolazioni affamate e violente. Perchè lo sanno anche loro, che alla fine dovrebbero andarsene. Vedi Iraq e tra poco Afghanistan. Però mi piacerebbe sapere cosa hanno in testa per noi. Vedo più un lento declino di decenni che ci porterà ad una situazione di equilibrio miserevole nel 2050, al momento che il petrolio sarà diventato storia per le masse. Allora vedrete sfrecciare il nostro buon prof. sul suo scooter elettrico colle ruote ormai lise sù e giù per Fiesole (purtroppo le mie parti sono fuori gittata o quasi), almeno fino a quando le sue celle FV glielo permetteranno, che ci dirà dal suo blog: eppure ve l'avevo detto. Io comunque spero nell'anti-materia, perchè suona bene.
RispondiElimina"...Però mi piacerebbe sapere cosa hanno in testa per noi..."
EliminaChi, l'imperatore? Ha in mente di continuare a fare quello che ha sempre fatto. Ovviamente tra poco non potrà più farlo. Tra poco saremo soli, che piaccia oppure no. Conoscete la storia della Britannia?
Non bisogna dimenticare che Cuba è un produttore di petrolio e, che non essendo autosufficiente, importa petrolio dal vicino venezuela. Ho visto un video molto interessante ( youtube ) su come Cuba è riuscita a sopravvivere senza il petrolio, ma forse è più appropriato che il tema è come Cuba sia riuscita a sopravvivere senza il petrolio proveniente dall'Unione Sovietica.
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EliminaL'abbondanza rende solidali.
RispondiEliminaLa scarsità rende egoisti e individualisti.
L'Europa si è formata in un momento di crescita del benessere,
e difatti, adesso che c'è la crisi economica, tende a disintegrarsi in tanti Paesi, i quali, a loro volta si dividono in Sub-Paesi / regioni.
Quando parlano di "Decrescita felice", mi fanno pensare che, queste persone non hanno mai lavorato la terra e non hanno idea di quanto sia bassa la produttività del lavoro manuale.
La strada è a senso unico, non si può tornare indietro (in modo indolore).
molto spesso si parla di decrescita felice , senza conoscere bene argomento e argomentazioni. Non è tutto indenne da utopia , ma esistono spunti interessanti e cammini percorribili
EliminaSe vuoi approfondire potrebbbe esserti utile
M.Pallante Ricchezza ecologica, Manifestolibri, Roma (1ª ed. 2003) 2009
In realtà l'autore non enfatizza il "felice",ma parla di decrescita possibile con meno shock.Ed al contrario di quanto evidentemente pensi, non si riferisce al lavoro della terra.
In ogni caso ,felice o no , la decrescita verrà obtorto collo e quindi se ci sono metodi applicabili per renderla più soft., perchè non provare a prenderli in considerazione seriamente , senza buttare acqua sporca e bambino con un atteggiamento tipico dell'italiano medio ?
Ho appena comprato:
Elimina"La decrescita felice"
Maurizio Pallante
3a ed. 2012
Dopo aver letto il libro, ne riparliamo.
Sicuramente qualcosa si deve fare.
Io sono per una riduzione della popolazione e investimenti massicci in ricerca e innovazione.
Ciao Alessandro, Se non l'hai gia letto ti consiglio anche "La Grande Transizione" di Maurizo Bonaiuti (2013) (che ho appena finito di leggere) con un ottima prefazione di Serge Latouche. A pagina 166 Bonaiuti incomincia cosi' la sezione "immaginare la transizione" delll'ultimo capitolo del libro: "Se questo quadro (precedente) rappresenta seppure a grana grossa, l'intreccio delle principali dinamiche in corso, quali possono essere molto sinteticamente, alcune priorita' su cui concentrare l'azione futura"? E la nota che segue dice poi: "su questo gli autori che si richiamano alla decrescita hanno gia offerto importanti indicazioni: Latouche 2006, 2010, 2012, Pallante 2008, e Cacciari, Bianchi, Pagano e Scrocciato 2012.
EliminaIn quanto alla descrizione del "periodo especial" di Cuba e delle sue diverse fasi....NON mi trovo quasi affatto d'accordo con la descrizione e le analisi che ne vengono fatte sopra. E credo che sia quasi impossibile discutere in modo sensato di Cuba e della sua esperienza storica per varie ragioni ideologiche e di propaganda e delle interpretazioni che ne conseguono. Ma fra l'altro non credo neppure che il periodo especial abbia tanto a che fare con il picco del petrolio. Molto di piu' con il crollo dell Unione Sovietica e l'adattamento economico e politico e sociale che Cuba ha dovuto intraprendere nel periodo seguente.
Altra buona fonte sulla decrescita quest'articolo di van der Leeuwe: http://www.insiteproject.org/article/is-the-innovation-society-sustainable/
E qui un'ottima recensione del libro di Bonaiuti... http://pierluigifagan.wordpress.com/2013/06/13/dalla-grande-tarsformazione-alla-grande-transizione-recensione/
Sarebbe interessante se qualcuno scrivesse un post su questo blog sulla transizione e le sue diverse interpretazioni e possibili modalita in modo che se ne potesse poi discutere...
saluti cordiali, Max
100. PRIMO PRINCIPIO. Se viene effettuato un PICCOLO cambiamento che influenza un trend storico a lungo termine, allora l'effetto di tale cambiamento sarà quasi certamente transitorio - il trend tornerà rapidamente al suo stato precedente. (Ad esempio: un sistema riformatore pensato per eliminare la corruzione politica nella società raramente ha qualche effetto se non a breve termine. Presto o tardi il movimento di riforma si rilasserà e la corruzione ricomincerà. Il livello di corruzione politica all'interno di una società data tende a rimanere costante o a cambiare solo lentamente con l'evolversi della società. Normalmente, una pulizia del mondo politico risulterà permanente solo se accompagnata da un diffuso cambiamento sociale; un PICCOLO cambiamento sociale non è abbastanza). Se un piccolo cambiamento in un trend storico a lungo termine risulta essere permanente, questo accade solo perchè il cambiamento in questione sta agendo nella direzione in cui il sistema si stava già lentamente muovendo, cosicchè il trend non viene alterato muovendosi solo di un piccolo passo.
Elimina101. Il primo principio è di fatto quasi una tautologia. Se un trend non fosse stabile rispetto a piccoli cambiamenti, allora si muoverebbe a caso pittosto che seguire una qualche direzione definita; in altri termini non sarebbe affatto un trend a lungo termine.
102. SECONDO PRINCIPIO. Se viene effettuato un cambiamento sufficientemente GRANDE da alterare un trend storico a lungo termine in maniera permanente, allora questo cambiamento altererà l'intera società. In altri termini, la società è un sistema nel quale tutte le parti sono correlate e non è possibile cambiare permanentemente una qualsiasi parte importante senza cambiare di conseguenza tutte le altre parti.
103. TERZO PRINCIPIO. Se viene effettuato un cambiamento sufficientemente GRANDE da alterare un trend storico a lungo termine in maniera permanente, allora le conseguenze per la società nel suo insieme non possono in alcun modo essere previste. ( A meno che varie altre società non siano passate attraverso il medesimo tipo di cambiamento ed abbiano sperimentato le stesse conseguenze, nel qual caso si può prevedere, su basi empiriche, che un'altra società che passa attraverso il medesimo cambiamento con molta probabilità sperimenterà conseguenze simili).
104. QUARTO PRINCIPIO. Non è possibile progettare sulla carta un nuovo modello di società. Cioè, non è possibile pianificare a priori un nuovo modello di società, quindi realizzarla in pratica ed aspettarsi che essa funzioni come è stato progettato.
105. Il terzo ed il quarto principio derivano dalla complessità delle società umane. Un cambiamento nel comportamento umano influirà sull'economia di una società e sul suo ambiente fisico; l'economia influenzerà l'ambiente e viceversa ed i cambiamenti nell'economia e nell'ambiente influenzeranno il comportamento umano in maniera complessa e non prevedibile; e così via. La rete di cause ed effetti è troppo complessa per potere essere sezionata ed analizzata.
106. QUINTO PRINCIPIO. Le persone non scelgono in maniera cosciente e razionale la forma della loro società. Le società si sviluppano attraverso processi di evoluzione sociale che non sono sotto il controllo razionale umano.
107. Il quinto principio è una conseguenza degli altri quattro.
"La Grande Transizione"
EliminaAppena comprato su Amazon, in formato Kindle.
Nei prossimi giorni spero di avere il tempo per leggerli.
"PRIMO PRINCIPIO"
Molto interessanti questi principi.
Descrivono sinteticamente perché certe azioni non hanno effetto.
Vorrei approfondirli... dove posso trovarli?
...bhe questo è frutto di un pensatore molto controverso....e parecchio indigesto per i progressisti...
Eliminahttp://editions-hache.com/essais/pdf/kaczynski2.pdf
@Quesalid
EliminaScaricato il PDF, anche questo, appena avrò un pò di tempo lo leggerò.
Un proverbio che calza a proposito è il seguente:
"C'è crisi quando il vecchio muore e il nuovo non è ancora pronto per nascere"
per Max12345:
EliminaHo letto un pò di pagine di "La decrescita felice" di Pallante.
All'inizio sembrano concetti condivisibili, ma dopo un po' ci si accorge che le sue affermazioni sembrano vere perché trascura molti fattori.
Ancora ho letto solo il primo capitolo, vediamo come sono gli altri e poi vi esporrò la mia opinione.
Per Quesalid e per Alessandro P.
EliminaHo appena finito di leggere attentamente (l'avevo letto rapidamente qualche anno fa) l'articolo di Kaczynski (Unabomber, e condannato all’ergastolo negli Stati Uniti); e mi trovo d'accordo con ALCUNE cose che dice e NON d'accordo con altre. I 230 paragrafi che costituiscono le 30 pagine del suo articolo (ed i 5 "Principi" elencati sopra -se "principi" e’ davvero la parola giusta- ne costituiscono a stento una pagina) a mio parere dicono un sacco di cose giuste, altre sbagliate e contengono anche varie incoerenze e contraddizioni.
Sono d'accordo con la FINAL NOTE di Kazinski stesso nel paragrafo 231:
“Throughout this article we’ve made imprecise statements and statements that ought to have had all sorts of qualifications and reservations attached to them; and some of our statements may be flatly false. Lack of sufficient information and the need for brevity made it impossible for us to formulate our assertions more precisely or add all the necessary qualifications. And of course in a discussion of this kind one must rely heavily on intuitive judgment, and that can sometimes be wrong. So we don’t claim that this article expresses more than a crude approximation to the truth. 232. All the same, we are reasonably confident that the general outlines of the picture we have painted here are roughly correct. Just one possible weak point needs to be mentioned. We have portrayed leftism in its modern form as a phenomenon peculiar to our time and as a symptom of the disruption of the power process. But we might possibly be wrong about this."
Kazinski ha fatto senz’altro bene a riconoscere cio’ che dice sopra. (e’ chiaramente molto intelligente e probabilmente anche abbastanza astuto) E per applicare in maniera intelligente cio’ che lui stesso dice (e quindi cercare di capire meglio quali sono le cose giuste nel suo articolo, e perche lo sono, e quali sono quelle sbagliate, e perche’ lo sono, e quali sono le incoerenze e le contraddizioni all’interno di ciascun paragrafo e fra le varie parti del suo testo, ci vorrebbe un’altro testo di almeno 100 pagine piu’ -o le risposte di Kazinski stesso- o dei commenti approfonditi da parte di vari altri). Purtroppo in base a delle conclusioni “strategiche” sbagliate Kazinski invece di lanciarsi in un tale dibattito (di lunga durata,) decise di incominciare a mandare bombe-lettera a destra e a manca. (in se un’ altra contraddizione con cio’ che lui stesso dice). Ed il suo stesso articolo Anti-Tecnologia (il quale per farlo poi pubblicare eventualmente sul New York Times lo spinse a mandare le varie lettere-bomba) e’ adesso alla portata di mano di tutti grazie proprio alla tecnologia dell”Internet.
I cinque principi che enuncia andrebbero discussi anche quelli uno per uno in modo approfondito alla luce non solo di (veri) principi logici o di cio che (piu’ o meno ) gia’ si sa’ sulla dinamica dei sistemi. ma anche alla luce di varie esperienze storiche. Appunto per rimediare al fatto che “we’ve made imprecise statements and statements that ought to have had all sorts of qualifications and reservations attached to them; and some of our statements may be flatly false”.
Detto tutto questo potrebbe essere utile anche adesso un dibattito sull’articolo di Kazinski appunto o per confermare alcune sue idée, o per modificarle, o per dimostrarle sbagliate. (CONTINUA sotto)
.....Personalmente anche condividendo una buona parte di cio' che dice (sia in senso empirico che in senso analitico) non credo che il problema sia fondamentalmente “la tecnologia” ne che la soluzione ai problemi dell’umanita’ (e del “sistema” il quale essa ha costruito o che si e’ evoluto e dentro il quale l’umanita adesso si trova piu’ o meno costretta a vivere) siano come indicato nel paragrafo 181.
EliminaCioe’ “as we stated in paragraph 166, the two main tasks for the present are to promote social stress and instability in industrial society and to develop and propagate an ideology that opposes technology and the industrial system. When the system becomes sufficiently stressed and unstable, a revolution against technology may be possible. “
Per me rimangono invece quattro o cinque domande fondamentali: 1) E’ necessaria una cosiddetta Grande Transizione e perche? 2) E’ possible una grande transizione “voluta”, cioe’ piu’ o meno progettata ed implementata e gestita’ dall’umanita stessa? 3) Se lo e’, come farlo? 4) Se non lo e’, che cosa accadra'? 5) Quali potrebbero essere i risultati o gli effetti a media e lunga scadenza di 2, 3 e 4?
Credo che i vari libri sulla decrescita (felice od infelice che sia) gia citati sopra si indirizzino proprio a queste domande. Hanno trovato le risposte giuste? (forse, ma solo perzialmente e credo se ne potra' discutere ancora per un bel pezzo senza esserne sicuri; ma ci rimane ancora "un bel pezzo" per farlo?)
punti 105/106 ineccepibili.
EliminaIn realtà le società formatesi nella storia sono sempre state di prevaricazione e di dominio .
Più o meno occulto
.In certi periodi, elementi esterni come pestilenze e guerre, hanno in qualche modo aiutato a rivalutare l'uomo e quindi hanno forzato la mano a certi processi.
Resta il fatto che fin'ora l'uomo sociale non ha dato dimostrazione di voler concorrere al benessere assoluto della specie , ma di cercare in qualche modo di ottenere con la forza o con l'astuzia le posizioni migliori
Emblematico il fatto poi,che si pensi a come star meglio eliminando le presunte storture ,solo quando si sente puzza di bruciato.
Puzza che peraltro altri si sono appena lasciati dietro le spalle e a cui le storture fino a ieri hanno provocato danni
Oggi che le utilizzano a loro vantaggio ,diventa abbastanza difficile convincerli che stanno sbagliando
Mica per niente qualcuno si è inventato il Karma :-)
Comunque ottimi pensieri , complimenti a tutti.
Un aspetto interessante dell'articolo è che pare che l'unica istituzione che ha reagito in maniera violenta, ma efficace è stato l'esercito. Non è una novità. E' normale che in caso di estrema crisi l'esercito assuma il controllo diretto almeno di una parte dell'economia e se i generali non sono degli idioti funziona meno peggio che senza. Naturalmente non devi averci qualcosa da ridire...
RispondiEliminaDel resto, da alcuni post pubblicati su questo stesso blog emerge che FORSE nelle alte sfere del pentagono e dintorni si stanno facendo domande più concrete di quelle che circolano nei corridoi delle banche e dei governi.
Ma non voglio fare apologia di militare. Il numero di generali idioti, storicamente, si è dimostrato piuttosto elevato. E in questo caso di sommano i difetti della fame con quelli della corte marziale. (v. N. Corea, Cile ecc. (la lista sarebbe lunghissima).
Potrebbe però essere un'esperimento interessante per l'università lanciare qualche iniziativa tipo convegno, seminario od altro invitando dei militari. A Firenze c'è l'IGM, quelli dovrebbero essere meglio predisposti di altri a parlare di questi argomenti.
Jacopo
In Romania, vari anni fa, per poco non mi pestano per predarmi dei jeans che ancora là non c'erano. A Iquitos, Perù, qualche anno fa, sfuggo fortunosamente a tagliagole interessati al mio portafoglio. A Lima non mi muovo da Miraflores per evitare i rapitori di stranieri (ci fanno il sapone). A Minas Gerais, Brasile, mi getto fuori da un autobus mentre i rapinatori si accaniscono sui passeggeri. A Bruxelles non riesco ad evitare la truffa di un albergatore e resto a dormire in una stazione di servizio; ad Atene non riesco ad evitare la prepotenza di un gruppo di italiani in visita; in Italia mi tocca il peggio: ricchi signori che non ti pagano il lavoro, floridi installatori di caldaie che ti fregano, ricchi tamarri invecchiati che molestano mia figlia, panciuti amministratori di condominio che ti derubano col sorriso sulle labbra, università che ti propongono una docenza a contratto di un anno a 1600 euro l'anno, enti locali che ti pagano il lavoro dopo anni, nazistelli benestanti che ti sfregiano l'auto... eccetera (in Italia sono i più ricchi a danneggiare gli altri). Per fortuna che son tutti paesi democratici senza problemi di petrolio, altrimenti che vi raccontavo?
RispondiEliminaCerto che un post del genere e con tutti questi "allegri" commenti si può guardare fiduciosi al futuro! Se questo è [..."andare in giro armati per evitare di essere assaliti e persino sgozzati per venire derubata di una qualsiasi cavolata."] allora c'è poco da prepararsi per i tempi che ci aspettano, anzi pochissimo o nulla. L'alternativa è armarsi fino ai denti o farla finita da soli.
RispondiEliminaPerché, cerchi di essere fiducioso per il futuro? Un futuro scritto da una specie che, nonostante l'intelligenza e quindi la capacità di immaginare come andrà a finire, se lo sta costruendo nello scenario peggiore possibile.
EliminaChi spera ancora nella decrescita "felice" è meglio che si capaciti che resterà una speranza.
Arturo, diciamo che siamo nella stessa situazione di una persona che ha una patologia molto grave.
EliminaSaperlo in tempo permetterebbe di intervenire ma comporta non di rado fatica, dolore, intervento etc. Si cerca di affrontare subito il problema (il dato di fatto è che esiste un problema) prima che esso diventi ingestibile.
A livello planetario stiamo mettendo la testa sotto la sabbia e rinunciamo a intervenire perché è cruento, doloroso, va contro morale e credenze varie.
1 - La decrescita felice è razionale, ragionevole e utopica.
2 - La crescita da incubo è irrazionale, irragionevole e reale, la distopia qui e ora.
Eppure la stragrande maggioranza degli homo è infervorata del "sistema" 2 e più esso imbarca acqua e inizia a sbandare e più lavora con impegno massimo a caricarlo ulteriormente.