Da “The Oil Crash”. Traduzione di MR
Salve a tutt*,
non sono solito fare introduzioni ma, come dice lo stesso Turiel a seguire, anche io ho usato l'esempio di Cuba come paese che ha avuto successo nell'affrontare il "picco del petrolio artificiale" dopo la caduta dell'Unione Sovietica. In diverse occasioni divulgative ho presentato il documentario "The power of community" proprio per mostrare un esempio positivo. Questo articolo, scritto per di più da un cubano, mi ha sorpreso. Non che nella versione del documentario non venissero evidenziate anche difficoltà e sofferenze, ma quanto si dice nell'articolo seguente è piuttosto diverso. Ora, non credo che una cosa escluda del tutto l'altra, però, alla luce di questo articolo, mi viene da pensare che tutto sommato Cuba non abbia avuto poi tutto questo successo nell'affrontare il picco. Un problema in più in prospettiva ed uno stimolo a cercare soluzioni non ancora pensate. O ad integrare meglio quelle già pensate. (M.R.)
di Antonio Turiel
Cari lettori,
nelle prime conferenze che abbiamo fatto sul problema del picco del petrolio portavamo l'esempio dei paesi che avevano affrontato una situazione di brusca caduta della fornitura di petrolio (in entrambi i casi, per via del collasso dell'Unione Sovietica) in due modi completamente diversi: o puntando su un modello industriale (Corea del Nord) o su uno più agricolo (Cuba). Gli esempi erano raccolti nel libro di Dale Allen Pfeiffer “Mangiare combustibili fossili” e noi lo riportavamo in modo un po' acritico negli incontri. Col tempo, molti cubani mi hanno fatto notare che il Período Especial cubano non è stato per niente così ideale come lo mostravamo noi e, sebbene in Corea del Nord le cose sono state molto peggiori, a Cuba lo Stato ha avuto un ruolo meno decisivo di quello che gli attribuiamo e la situazione non è stata affatto idilliaca.
Recentemente, Erasmo Calzadilla, dell'Havana Times, mi ha contattato per chiedermi di alcune questioni collegate all'energia e nelle e-mail successive siamo finiti a parlare del Período Especial. La sua visione sull'argomento, come mi aspettavo, era abbastanza critica rispetto al messaggio che riportavamo allora. Erasmo è il primo cubano che ha accettato di scrivere un saggio sulla sua visione di quel periodo perché venga pubblicato su questo blog e che inoltre lo firma a proprio nome (che sicuramente ha per noi europei una grande risonanza storica).
Vi lascio con Erasmo.
Saluti.
AMT
Il lavoro dove confronti Cuba con la Corea si chiama: “Il futuro imminente di una Spagna senza energia” ed è datato 18 febbraio 2010 (Nota di Antonio Turiel: si riferisce ad una delle prime conferenze che ho fatto sul picco del petrolio)
Su Cuba dici:
Il governo ha preso due misure fondamentali per evitare il collasso:
Un piano aggressivo di riforma agricola, un ritorno progressivo ed incentivato alla terra e la ricerca in agricoltura hanno permesso di mantenere un livello alimentare ragionevole. Non credo che siano state queste le misure che evitarono il collasso. I buoni di razionamento e quel poco di cibo che distribuivano ai più indigenti hanno portato un qualche aiuto, ma non si poteva contare su quelli per non morire di fame. In città, la soluzione è stata “la lotta e l'invenzione”. La gente pescava persino nelle pozzanghere di acqua nera, cacciava persino i gatti (anche se lasciava stare i cani), raccattava persino nei bidoni della spazzatura e/o rubava, soprattutto allo Stato. Quelli con più iniziativa e voglia di lavorare si sono appropriati dei terreni aridi intorno ai quartieri con l'obbiettivo di seminare o allevare animali (quasi sempre a titolo personale).
Lo stesso centro della città si era riempito di pollai puzzolenti che i loro proprietari costruivano proprio di fianco agli edifici o persino all'interno degli appartamenti per proteggerli dai “ninja”. I fossati si sono riempiti fino a tracimare coi resti delle porcilaie; è stato un miracolo il fatto che non sia scoppiata un'epidemia mortale. Si dice che Cuba sia sopravvissuta grazie alla cooperazione di comunità; mi pare che si idealizzi. La gente si aiutava, ma molto meno che prima della crisi e mai con un senso comunitario esplicito. Che io sappia, non è nata nessuna organizzazione sovra-famigliare (a parte la comunità dei fedeli che ha proliferato nelle chiese); più che altro si è disintegrata quella che c'era, proprio come racconta e prevede Dmitry Orlov. I capi della Rivoluzione e i mezzi di comunicazione avevano combattuto duramente e a fondo contro l'individualismo, ma questo è rifiorito alla minima occasione è si è installato sul trono della soggettività del cubano. Questo nostro rinascimento è stato positivo per molti aspetti, ma fatale per altri. Il picco della crisi, il momento in cui stavamo peggio, ha coinciso col picco dell'ostentazione, con quello dell'egoismo e della violenza spietata. Molta gente andava in giro armata per evitare di essere assalita e persino sgozzata per venire derubata di una qualsiasi cavolata.
E' stato quello il momento in cui i Macetas, gente senza scrupoli che hanno fatto fortuna sfruttando la fame, la disperazione e la mancanza di controllo, hanno alzato la testa. Una comunità organizzata e cosciente come quella che immaginano gli idealisti avrebbe affrontato e rimesso al loro posto questi personaggi, ma è accaduto piuttosto il contrario. I Macetas si sono trasformati nell'esempio da seguire, in capi della comunità e vicini di riguardo, arrivando ad occupare cariche politiche. Quando il governo ha recuperato le redini ha fatto cadere qualcuno da cavallo, ma altri sono riusciti a ripulire la propria fortuna ed oggi prosperano protetti dalla legge. In quanto al ritorno progressivo ed incentivato alla terra, non ho notizia del fatto che sia accaduta una cosa simile. Nella capitale c'era miseria, sete e fame, ma non tanta da spingere gli abitanti ad andarsene. Il fenomeno migratorio di massa di cui ho notizia è stato piuttosto in senso contrario.
Dalla sera alla mattina, L'Avana si è riempita di gente che cercava di cavarsela, gente che viveva molto male nelle province interne o che tentava di sfruttare del caos per insediarsi nella capitale. Quelli arrivati dopo costruivano una baraccopoli in un pezzo di terra, con una putrella rubata ad un traliccio dell'alta tensione, una lamiera zincata estratta da un'industria smantellata, un pezzo di cartone preso dalla spazzatura e così tutto il resto. Anche in piena crisi, L'Avana dava vita a coloro che venivano disposti a tutto: lavorare nell'edilizia, in agricoltura, nella polizia, come prostitute, come pingueros, come assalitori di strada, messaggeri, ecc. Il Governo li deportava in massa verso le loro province di origine, ma quelli tornavano indietro con lo stesso treno. C'è un documentario, “Buscándote Habana” che descrive l'argomento. Riassumendo, la gente della capitale non è andata a lavorare la terra, piuttosto è la città che si è ruralizzata, riempendosi di coltivazioni, porcilaie, pascoli e gente di campagna.
Sulla ricerca scientifica nell'ambito agricolo
Mentre fluivano gli aiuti dell'agricoltura “socialista”, qui si è praticata un'agricoltura intensiva a colpi di combustibili fossili. I diversi istituti di ricerca avevano gli occhi puntati sui progressi più smaglianti della scienza, soprattutto sulla biotecnologia. Appena prima della Caduta, i burocrati e tecnocrati avevano un entusiasmo incredibile per le coltivazioni idroponiche, che necessitano di un'impalcatura sofisticata e cara. Naturalmente tutto questo ha fatto una brutta fine al primo soffio della crisi, ma come è cominciata a gocciolare la manna dal Venezuela si sono cominciate a disporre le batterie per il transgenico ed altre delicatezze simili. “I buoi hanno un aspetto migliore nel piatto”, è un'espressione di Jorge Triana, un economista che sfrutta il riconoscimento delle alte sfere e vive facendo conferenze per l'élite politica e scientifica. Tuttavia, le forze armate rivoluzionarie (FAR) avevano pensato ad una strategia per come organizzare la società ed il lavoro in tempi di guerra. La chiamavano Opzione Zero. Applicata con sapienza, detta strategia ha aiutato a recuperare un'agricoltura, una farmacia e persino una medicina naturale alternativa che hanno aiutato a parare il colpo. Inoltre, con le reclute che entravano nelle forze armate (qui è obbligatorio per gli uomini), le FAR hanno organizzato l'Esercito Giovanile del Lavoro (Ejército Juvenil del Trabajo - EJT). Le reclute lavoravano in aziende agricole per un salario miserabile (sempre meglio che marciare sotto il sole) e poi l'esercito vendeva a basso costo o distribuiva gratis (nelle scuole, negli ospedali, nelle unità militari e nei centri di lavoro) il raccolto.
Ma dal mio punto di vista sono stati i contadini e le contadine coloro che hanno aiutato ad eliminare di più la fame, con tecniche rudimentali e a colpi di sapienza tradizionale, nucleate intorno alla famiglia e senza ricorrere al lavoro di schiavi. La gente della città faceva viaggi in campagna per scambiare qualsiasi cosa per vivande, verdure o frutta. Lo Stato-Governo era in rovina e non aveva risorse per organizzare né per controllare niente se non l'indispensabile. All'Apparato non rimaneva altro rimedio che permettere a malincuore il laisser faire, che la gente si rendesse indipendente. Molti contadini ed imprenditori di ogni tipo si spaccavano la schiena con l'illusione di avere qualcosa di proprio, di recuperare la dignità, di essere liberi. Il collettivismo forzato aveva generato tanto malessere che l'ansia di indipendenza era diventata uno dei motori soggettivi più potenti quando rimaneva a malapena le speranze e le forze per lottare. Dall'altra parte il turismo, l'investimento straniero e le rimesse famigliari hanno contribuito con un valore forte che, insieme ad altri fattori, ha impedito che cadessimo tanto in basso come la Corea del Nord. Molte brave persone prendono Cuba come l'esempio che è possibile sopravvivere a una carenza repentina di combustibile ed altri prodotti indispensabili grazie al lavoro in comunità ed alla guida di un governo socialista con l'appoggio popolare. L'idea mi sembra buona, ma è abbastanza lontana dalla realtà.
Salve a tutt*,
non sono solito fare introduzioni ma, come dice lo stesso Turiel a seguire, anche io ho usato l'esempio di Cuba come paese che ha avuto successo nell'affrontare il "picco del petrolio artificiale" dopo la caduta dell'Unione Sovietica. In diverse occasioni divulgative ho presentato il documentario "The power of community" proprio per mostrare un esempio positivo. Questo articolo, scritto per di più da un cubano, mi ha sorpreso. Non che nella versione del documentario non venissero evidenziate anche difficoltà e sofferenze, ma quanto si dice nell'articolo seguente è piuttosto diverso. Ora, non credo che una cosa escluda del tutto l'altra, però, alla luce di questo articolo, mi viene da pensare che tutto sommato Cuba non abbia avuto poi tutto questo successo nell'affrontare il picco. Un problema in più in prospettiva ed uno stimolo a cercare soluzioni non ancora pensate. O ad integrare meglio quelle già pensate. (M.R.)
Bottega di approvvigionamento popolare a Cuba
di Antonio Turiel
Cari lettori,
nelle prime conferenze che abbiamo fatto sul problema del picco del petrolio portavamo l'esempio dei paesi che avevano affrontato una situazione di brusca caduta della fornitura di petrolio (in entrambi i casi, per via del collasso dell'Unione Sovietica) in due modi completamente diversi: o puntando su un modello industriale (Corea del Nord) o su uno più agricolo (Cuba). Gli esempi erano raccolti nel libro di Dale Allen Pfeiffer “Mangiare combustibili fossili” e noi lo riportavamo in modo un po' acritico negli incontri. Col tempo, molti cubani mi hanno fatto notare che il Período Especial cubano non è stato per niente così ideale come lo mostravamo noi e, sebbene in Corea del Nord le cose sono state molto peggiori, a Cuba lo Stato ha avuto un ruolo meno decisivo di quello che gli attribuiamo e la situazione non è stata affatto idilliaca.
Recentemente, Erasmo Calzadilla, dell'Havana Times, mi ha contattato per chiedermi di alcune questioni collegate all'energia e nelle e-mail successive siamo finiti a parlare del Período Especial. La sua visione sull'argomento, come mi aspettavo, era abbastanza critica rispetto al messaggio che riportavamo allora. Erasmo è il primo cubano che ha accettato di scrivere un saggio sulla sua visione di quel periodo perché venga pubblicato su questo blog e che inoltre lo firma a proprio nome (che sicuramente ha per noi europei una grande risonanza storica).
Vi lascio con Erasmo.
Saluti.
AMT
Il lavoro dove confronti Cuba con la Corea si chiama: “Il futuro imminente di una Spagna senza energia” ed è datato 18 febbraio 2010 (Nota di Antonio Turiel: si riferisce ad una delle prime conferenze che ho fatto sul picco del petrolio)
Su Cuba dici:
Il governo ha preso due misure fondamentali per evitare il collasso:
- Programmi di alimentazione dei settori sociali più deboli
- Buoni di razionamento per tutta la popolazione
Un piano aggressivo di riforma agricola, un ritorno progressivo ed incentivato alla terra e la ricerca in agricoltura hanno permesso di mantenere un livello alimentare ragionevole. Non credo che siano state queste le misure che evitarono il collasso. I buoni di razionamento e quel poco di cibo che distribuivano ai più indigenti hanno portato un qualche aiuto, ma non si poteva contare su quelli per non morire di fame. In città, la soluzione è stata “la lotta e l'invenzione”. La gente pescava persino nelle pozzanghere di acqua nera, cacciava persino i gatti (anche se lasciava stare i cani), raccattava persino nei bidoni della spazzatura e/o rubava, soprattutto allo Stato. Quelli con più iniziativa e voglia di lavorare si sono appropriati dei terreni aridi intorno ai quartieri con l'obbiettivo di seminare o allevare animali (quasi sempre a titolo personale).
Lo stesso centro della città si era riempito di pollai puzzolenti che i loro proprietari costruivano proprio di fianco agli edifici o persino all'interno degli appartamenti per proteggerli dai “ninja”. I fossati si sono riempiti fino a tracimare coi resti delle porcilaie; è stato un miracolo il fatto che non sia scoppiata un'epidemia mortale. Si dice che Cuba sia sopravvissuta grazie alla cooperazione di comunità; mi pare che si idealizzi. La gente si aiutava, ma molto meno che prima della crisi e mai con un senso comunitario esplicito. Che io sappia, non è nata nessuna organizzazione sovra-famigliare (a parte la comunità dei fedeli che ha proliferato nelle chiese); più che altro si è disintegrata quella che c'era, proprio come racconta e prevede Dmitry Orlov. I capi della Rivoluzione e i mezzi di comunicazione avevano combattuto duramente e a fondo contro l'individualismo, ma questo è rifiorito alla minima occasione è si è installato sul trono della soggettività del cubano. Questo nostro rinascimento è stato positivo per molti aspetti, ma fatale per altri. Il picco della crisi, il momento in cui stavamo peggio, ha coinciso col picco dell'ostentazione, con quello dell'egoismo e della violenza spietata. Molta gente andava in giro armata per evitare di essere assalita e persino sgozzata per venire derubata di una qualsiasi cavolata.
E' stato quello il momento in cui i Macetas, gente senza scrupoli che hanno fatto fortuna sfruttando la fame, la disperazione e la mancanza di controllo, hanno alzato la testa. Una comunità organizzata e cosciente come quella che immaginano gli idealisti avrebbe affrontato e rimesso al loro posto questi personaggi, ma è accaduto piuttosto il contrario. I Macetas si sono trasformati nell'esempio da seguire, in capi della comunità e vicini di riguardo, arrivando ad occupare cariche politiche. Quando il governo ha recuperato le redini ha fatto cadere qualcuno da cavallo, ma altri sono riusciti a ripulire la propria fortuna ed oggi prosperano protetti dalla legge. In quanto al ritorno progressivo ed incentivato alla terra, non ho notizia del fatto che sia accaduta una cosa simile. Nella capitale c'era miseria, sete e fame, ma non tanta da spingere gli abitanti ad andarsene. Il fenomeno migratorio di massa di cui ho notizia è stato piuttosto in senso contrario.
Dalla sera alla mattina, L'Avana si è riempita di gente che cercava di cavarsela, gente che viveva molto male nelle province interne o che tentava di sfruttare del caos per insediarsi nella capitale. Quelli arrivati dopo costruivano una baraccopoli in un pezzo di terra, con una putrella rubata ad un traliccio dell'alta tensione, una lamiera zincata estratta da un'industria smantellata, un pezzo di cartone preso dalla spazzatura e così tutto il resto. Anche in piena crisi, L'Avana dava vita a coloro che venivano disposti a tutto: lavorare nell'edilizia, in agricoltura, nella polizia, come prostitute, come pingueros, come assalitori di strada, messaggeri, ecc. Il Governo li deportava in massa verso le loro province di origine, ma quelli tornavano indietro con lo stesso treno. C'è un documentario, “Buscándote Habana” che descrive l'argomento. Riassumendo, la gente della capitale non è andata a lavorare la terra, piuttosto è la città che si è ruralizzata, riempendosi di coltivazioni, porcilaie, pascoli e gente di campagna.
Sulla ricerca scientifica nell'ambito agricolo
Mentre fluivano gli aiuti dell'agricoltura “socialista”, qui si è praticata un'agricoltura intensiva a colpi di combustibili fossili. I diversi istituti di ricerca avevano gli occhi puntati sui progressi più smaglianti della scienza, soprattutto sulla biotecnologia. Appena prima della Caduta, i burocrati e tecnocrati avevano un entusiasmo incredibile per le coltivazioni idroponiche, che necessitano di un'impalcatura sofisticata e cara. Naturalmente tutto questo ha fatto una brutta fine al primo soffio della crisi, ma come è cominciata a gocciolare la manna dal Venezuela si sono cominciate a disporre le batterie per il transgenico ed altre delicatezze simili. “I buoi hanno un aspetto migliore nel piatto”, è un'espressione di Jorge Triana, un economista che sfrutta il riconoscimento delle alte sfere e vive facendo conferenze per l'élite politica e scientifica. Tuttavia, le forze armate rivoluzionarie (FAR) avevano pensato ad una strategia per come organizzare la società ed il lavoro in tempi di guerra. La chiamavano Opzione Zero. Applicata con sapienza, detta strategia ha aiutato a recuperare un'agricoltura, una farmacia e persino una medicina naturale alternativa che hanno aiutato a parare il colpo. Inoltre, con le reclute che entravano nelle forze armate (qui è obbligatorio per gli uomini), le FAR hanno organizzato l'Esercito Giovanile del Lavoro (Ejército Juvenil del Trabajo - EJT). Le reclute lavoravano in aziende agricole per un salario miserabile (sempre meglio che marciare sotto il sole) e poi l'esercito vendeva a basso costo o distribuiva gratis (nelle scuole, negli ospedali, nelle unità militari e nei centri di lavoro) il raccolto.
Ma dal mio punto di vista sono stati i contadini e le contadine coloro che hanno aiutato ad eliminare di più la fame, con tecniche rudimentali e a colpi di sapienza tradizionale, nucleate intorno alla famiglia e senza ricorrere al lavoro di schiavi. La gente della città faceva viaggi in campagna per scambiare qualsiasi cosa per vivande, verdure o frutta. Lo Stato-Governo era in rovina e non aveva risorse per organizzare né per controllare niente se non l'indispensabile. All'Apparato non rimaneva altro rimedio che permettere a malincuore il laisser faire, che la gente si rendesse indipendente. Molti contadini ed imprenditori di ogni tipo si spaccavano la schiena con l'illusione di avere qualcosa di proprio, di recuperare la dignità, di essere liberi. Il collettivismo forzato aveva generato tanto malessere che l'ansia di indipendenza era diventata uno dei motori soggettivi più potenti quando rimaneva a malapena le speranze e le forze per lottare. Dall'altra parte il turismo, l'investimento straniero e le rimesse famigliari hanno contribuito con un valore forte che, insieme ad altri fattori, ha impedito che cadessimo tanto in basso come la Corea del Nord. Molte brave persone prendono Cuba come l'esempio che è possibile sopravvivere a una carenza repentina di combustibile ed altri prodotti indispensabili grazie al lavoro in comunità ed alla guida di un governo socialista con l'appoggio popolare. L'idea mi sembra buona, ma è abbastanza lontana dalla realtà.