giovedì 10 ottobre 2013

A proposito del rapporto del 2013 dell'IPCC

Da “The Oil Crash”. Traduzione di MR. (Peak & Transition Translators Team)

Cari lettori,

Carlos de Castro ha scritto questo post sull'ultimo rapporto dell'IPCC. Un rapporto contro il quale è subito nato ogni sorta di attacco, nonostante i molti esperti che conosco lo considerino timido, secondo tanta gente impegolata con un BAU, che a questo punto è già impraticabile, questo rapporto è troppo audace (vedete, per esempio, si infervorano i commentatori nei confronti di uno degli ultimi e inquietanti articoli Antonio Ruiz de Elvira). Per concludere, considero che le riflessioni di Carlos possano essere di vostro interesse.

Saluti.
AMT

di Carlos de Castro

Cambiamento climatico e scienza (o dell'ultimo rapporto dell'IPCC del 2013)

Sinceramente devo confessare che il mio approccio ai rapporti dell'IPCC è abbastanza olistico e scettico; non vi confondete, per cortesia, con l'atteggiamento scientificamente stupido dei negazionisti (che inoltre è umanamente suicida-assassino). Finora ho dedicato più di una dozzina di ore a qualcosa che ancora “non si può” citare ufficialmente, ma sul quale anche in questa forma mi piacerebbe fare qualche riflessione.

Effettivamente, rispetto al rapporto precedente (2007) abbiamo fatto molti passi avanti nella comprensione di un fenomeno tremendamente complesso e siamo consapevoli inoltre che ci rimane ancora molta strada da fare per comprenderlo bene. Tutto questo grazie al lavoro di migliaia di scienziati-formiche che cominciano ad operare quasi come un formicaio. Il rapporto riconferma ciò che avevano già dimostrato scientificamente nel 2007: il cambiamento climatico esiste, è molto grave ed è causato principalmente dagli esseri umani.

Ma prima di continuare con la critica, lasciate che vi ricordi il caso CFC-ozono che abbiamo già dimenticato, data la nostra breve memoria collettiva. Evidenziamo alcune date: anni 30 del ventesimo secolo, vengono inventati i CFC e comincia la loro crescita esponenziale (il vero male della nostra civiltà è questo tipo di crescita e la mancanza di comprensione della stessa). All'inizio degli anni 70, alcuni scienziati cominciano ad inquietarsi per la possibile influenza che possono avere alcuni composti sullo strato di ozono. Nel 1974 queste inquietudini prendono forma nelle prime “prove” scientifiche. Molina e Rowland pubblicano un articolo che conclude così: “I CFC raggiungono la stratosfera liberando cloro”. E Stolarski e Cicerone concludono nel loro articolo: “Il cloro nella stratosfera distrugge l'ozono”. Andiamo, se è bianco e in bottiglia... Per chiunque con un briciolo di cervello sembrava logico, ma le aziende implicate (ed alcuni scienziati pagati da esse) hanno cominciato col negazionismo dell'ovvio: le prove non erano prove scientifiche e i vari Molina, Rowland e gli altri sono stati etichettati come “pazzi allarmisti”. E la società chiese queste “prove” scientifiche, che sono arrivate in un rapporto del 1989, 15 anni più tardi. L'argomento in quegli anni è diventato scottante, perché i modelli sottostimavano la realtà (non prevedevano un buco tanto grande e rapido). Ma l'umanità è riuscita alla fine a trovare la soluzione: sostituire i CFC, una cosa molto semplice che implicava solo poche aziende.

Suppongo che al lettore questo tema risuoni (lo stesso schema si è ripetuto per la connessione tabacco-cancro, piogge acide-boschi...). Non impariamo perché la nostra cultura è ancorata a molti miti che ci impediscono questo apprendimento, il più importante progresso tecnologico. Stessa cosa per il cambiamento climatico; la fisica fondamentale per la sua comprensione elementare è del diciannovesimo secolo e le prime prove scientifiche datano agli anni 60-70 del secolo scorso. Siccome il tema è molto più complesso, abbiamo tardato mezzo secolo per trovare la dimostrazione scientifica (di recente). Questo è un problema fondamentale, il nostro metodo scientifico è lento e conservativo e, per problemi pressanti (nei quali la posta in gioco è l'umanità stessa) non si sta dimostrando utile. Quasi 50 anni persi perché la società richiede dimostrazioni e non si adegua alle prove ragionevoli (e ci sono molti, molti interessi dietro)...

Chiaramente, i rapporti dell'IPCC soffrono di tutti i nostri difetti culturali. Nel rapporto precedente è stato fatto un errore che ha fatto il giro del mondo: i ghiacciai dell'Himalaya potrebbero scomparire nel 2035. E i negazionisti si sono lanciati sulla giugulare. Oggi il rapporto del 2013 sembra più diretto ad evitare i negazionisti e la loro sete di sangue che ad accettare critiche come la mia (il che lo rende più lento e conservativo del normale). Quando ho letto le notizie sui ghiacciai, la mia critica all'IPCC andava proprio nel senso opposto. In questi casi dovremmo dire: non possiamo dimostrare che i ghiacciai dell'Himalaya scompariranno nel 2035; confondiamo l'onere della prova, costruiamo una scienza non cauta, ed è così che va.

Nel rapporto del 2013 ci sono pagine dedicate alla discrepanza fra l'aumento osservato delle temperature negli ultimi 15 anni (lento) e quello previsto dai modelli (più veloce). E tuttavia si passa in punta di piedi (e quasi si tergiversa) sulla discrepanza fra la diminuzione del ghiaccio dell'Artico osservata (molto rapida) e la previsione dei modelli. Di rapporto in rapporto, le discrepanze vengono a poco a poco corrette ma, in ciò che ci interessa di più, cioè gli effetti del cambiamento climatico sugli ecosistemi, i rapporti e i nostri modelli sono quasi sistematicamente inferiori. Siamo sempre indietro rispetto alla realtà e non sembra che ci interessi molto. Mi riferisco al fatto che quando si pubblica un rapporto dell'IPCC sappiamo già che le osservazioni di cui disponiamo in quella data lo renderanno obsoleto, perché conservativo. Come se non stessimo giocando alla roulette russa. Richiamo la vostra attenzione, per esempio, sulla figura 9.24 del rapporto:


Nel grafico a destra vediamo le osservazioni del ghiaccio artico in settembre in nero, la media dei modelli “antichi” in azzurro e la media degli ultimi modelli in rosso. Cercate anche la Figura 12.28 alla io quale avrei già fatto riferimento nel capitolo 9 per essere più precisi.  

Il rapporto, finora, dice testualmente che un 25% dei modelli danno una tendenza uguale o maggiore della diminuzione di questo ghiaccio rispetto a quella osservata. Pensate, al posto dire che un 75% dei modelli danno una diminuzione minore di quella osservata, che è la stessa cosa, ma non lo è (e se si guarda nel dettaglio si ha un vantaggio nel “calibrare” il passato). Io invece lo avrei scritto così: “Stiamo imparando nuove retroazioni nell'interazione ghiaccio-atmosfera-mare, ma anche se i modelli afferrano sempre meglio la tendenza è very likely (molto probabile) che siano troppo limitati e che la perdita accelerata del ghiaccio artico continui con la tendenza osservata ed è very likely che nel prossimo decennio vedremo anni nei quali nei quali in settembre il ghiaccio possa considerarsi scomparso (meno di un milione di Km2). Questo è un problema per i nostri modelli, ancora non in grado di tenere conto dei cambiamenti che si osserveranno nell'albedo e nelle correnti oceaniche della zona, per cui la retroazione nel clima globale qui saranno maggiori di quelle attese”. Ma senza dubbio me lo depennerebbe il politico di turno...

Prima che uscisse il rapporto avevo già previsto che su questo tema le osservazioni lo avrebbero reso obsoleto. Sappiamo già che il ghiaccio artico in in alcuni anni a settembre molto probabilmente rimarrà senza ghiaccio prima del 2030, ma i modelli pubblicati dall'IPCC non prevedono questo prima del 2050 (in quello precedente non prima del 2085).

La cosa negativa è che si suppone che il rapporto sia la scienza che raggiunge i Policy Makers perché cambino solo leggermente il BAU. Poi, fra il 2007 e il 2013, questi politici hanno considerato un aumento del livello del mare di 50 cm, poiché il rapporto del 2007 diceva che sarebbe stato fra i 20 e i 50 centimetri, anche se sapevamo dalla scienza che sarebbe stato intorno al metro perlomeno (ed è una differenza enorme, andate subito alla figura terrificante 13.25 che se non passa inosservata forse la cancellano). 

Nel rapporto attuale si da già un forbice vicina al metro (che ancora una volta può essere considerata conservativa). Così che i progetti delle dighe olandesi dovranno essere di nuovo rifatti, le misure di adattamento proposte in Bangladesh sono diventate obsolete, ecc. Stiamo giocando alla roulette russa e la scienza ci sta invitando, involontariamente, a giocarci. Se nel mio edificio vedo un incendio ed esco correndo ad avvisare i vicini gridando “al fuoco, al fuoco!”, i vicini non aspetteranno che qualcuno dimostri loro con 90% di probabilità che io sono un tipo sincero. E se vi dicessero che dico la verità solo nel 10% dei casi, chi rimarrebbe seduto a guardare la televisione?

O cambiamo la metodologia e il modo di trasmettere la scienza in casi come la crisi energetica, la perdita di biodiversità e il cambiamento climatico o questa non potrà contribuire ad una transizione non traumatica della nostra Civiltà.

Il riscaldamento globale non è ancora stato provato