sabato 31 agosto 2013

La crisi dei nostri genitori

Da “The Oil Crash”. Traduzione di MR


Di Antonio Turiel

Cari lettori,

sicuramente a qualcuno di voi, i più giovani, è capitato di fare in più di una occasione conversazioni in cui i membri più anziani della propria famiglia criticano, in modo generico anche se a volte riferendosi a voi, l'ansia avere sempre di più della gente d'oggi, contrapponendola alla vita più austera e di valori morali più sani che essi hanno vissuto da giovani. Questo tipo di conversazione capitava già anni fa, ma adesso con la crisi sono aumentate in frequenza, visto si entra in una crisi prolungata, come quella attuale, logicamente si comincia a mettere in discussione le basi di tutto in cerca di una via d'uscita. Esiste persino un testo che ha fatto fortuna nei social network, e sul quale mi sono imbattuto già un paio di volte, in cui si critica con grazia sufficiente l'ipocrisia della società attuale rispetto alle questioni ambientali mentre le generazioni dei nostri vecchie erano, effettivamente, molto più sostenibili e senza tanta tracotanza (potete leggerne una trascrizione qui).

La constatazione ovvia che i nostri genitori e nonni vivessero in modo più semplice, più sostenibile e più sensata di noi non deve tuttavia portarci a un certo semplicismo di natural moralizzante. Visot ch molte volte, basandosi su questa maggior austerità dei tempi che furono, si cerca di desumere una certa superiorità morale dei valori di quell'epoca. E qui sta l'errore sostanziale. Perché ciò che è sbagliato nel nostro sistema basato sul consumo e sullo spreco era già sbagliato all'epoca dei nostri predecessori, per la semplice ragione che questo sistema che ora ci sta portando al disastro è lo stesso di allora. Esattamente lo stesso. L'unica differenza fra allora ed oggi è che ci troviamo in un punto diverso della sua curva evolutiva.

E' risaputo che la psiche umana tende a modellare la realtà per stati (visione statica), mentre generalmente questa si descrive meglio per processi (visione dinamica). Nessun punto della nostra vita è un momento invariabile, ma si verificano continuamente dei cambiamenti. Tuttavia, se questi sono sufficientemente lenti, il nostro cervello tende ad astrarre le variabili che caratterizzano il momento (“A quell'epoca non c'era la televisione, i bambini avevano solo giocattoli, i vestiti duravano degli anni”) e a prenderle come costanti, fisse  in quel periodo che conserviamo, semplificato ed idealizzato, nella nostra memoria. La cosa negativa del vedere le cose in questo modo è che crediamo che ciò che caratterizza un certo momento sia il suo stato (i beni che si possedevano allora, il modello di consumo della popolazione in quel momento), mentre col nostro sistema è ugualmente importante, o forse di più, la sua evoluzione (a che ritmo aumenta o diminuisce il consumo, si espande o si contrae la massa monetaria o la disponibilità del credito, ecc.). Detto in altro modo: siccome il nostro cervello funziona in modalità diapositiva, non ci rendiamo conto che per capire cosa succede dobbiamo vedere il film.

Una di quelle frasi tipiche che riflettono l'incomprensione del momento e del sistema potrebbe essere sullo stile di quella che segue: “Non manca la pazzia e lo spreco, per esempio nel 1960 non consumavamo quello che consumiamo oggi , sprecavamo molto meno petrolio e la verità è che non vivevamo male. Si doveva lavorare molto, quello sì. Quello che succede è che la gente ora non vuole lavorare”. Chi formula questa frase non si rende conto che non possiamo tornare al 1960 semplicemente adottando uno stile di vita e il modello di consumo del 1960, quindi il “non vivere male anche se fosse lavorando molto” perché quello che faceva del 1960 un momento vibrante e con molto impiego non era in realtà la ricchezza di allora, ma più precisamente la crescita di allora (notate i grafici seguenti , presi dal sito web Politikon.es).



Il grafico in basso ci da la visione statica (livello del PIL in ogni momento), mentre quello in alto ci fornisce una visione dinamica (variazione annuale del PIL). Anche dopo diversi anni di crisi il nostro PIL a parità di potere di acquisto è di circa 5 volte più grande (s', cinque volte!) del PIL del 1960. Tuttavia, se guardiamo alla variazione del PIL pro capite vediamo una storia molto diversa fra il decennio degli anni 60 del secolo scorso e gli ultimi anni. Ora ci troviamo in una situazione di decrescita forzata perché questa crisi non finirà mai, per cui anziché aumentare le opportunità di impiego e di investimento, al posto di avere l'economia vibrante degli anni 60, abbiamo la situazione contraria: contrazione, distruzione, paralisi. In più, ora la popolazione è maggiore, quindi in realtà allo stesso livello del PIL il rapporto pro capite sarebbe inferiore e per mantenere il livello di allora un PIL maggiore è inutile. Dobbiamo pensare, anche, che in realtà i salari diminuiscono in termini reali dall'inizio degli anni 80, quindi anche se il reddito medio avesse aumentato il reddito tipico (cioè quello che ha la maggior parte della gente, i salariati) continua a diminuire da 30 anni. Come vedete, si idealizza il passato, soprattutto perché in quell'epoca si era giovani, le opportunità abbondavano e tutto sembrava meraviglioso.

La prova più chiara che il discorso collettivo di allora non è moralmente superiore a quello di adesso si vede nella Spagna odierna, con la raccomandazione ripetuta di “investire i risparmi” per “comprare un appartamentino” che qualche anno fa e anche oggi i genitori sono soliti fare al figlio che giunge all'età dell'emancipazione. Più di un genitore ha ripreso il figlio che ha appena lasciato il suo lavoro da 1000 euro terminale perché quando lui era giovane si è sacrificato per poter comprare l'appartamento di famiglia e che ciò che il figlio deve fare è esattamente la stessa cosa. Con questo discorso è chiaro che il padre presume che le variabili macroeconomiche di allora e di adesso sono le stesse e che pertanto gli unici fattori importanti per conseguire il fine sognato sono le capacità di sacrificio e lo sforzo di suo figlio (c'è un trafiletto su burbuja.info che spiega molto bene questo colossale errore di concettuale). Questa pressione sociale, esercitata da tutti i livelli ma anche da quello di questa generazione anteriore che si crede moralmente superiore, ha contribuito al fatto che una grande massa di lavoratori si schianti contro la bolla immobiliare più grande d'Europa e che finisca impegnata a vita, quando non sfrattata.

Comincia ad essere ora che ci scrolliamo di dosso certi atavismi morali giudeo-cristiani che ci portano a riprendere colui che subisce le conseguenze come se queste fossero colpa sua e solo sua, visto che il problema è di valori morali e incombe su tutta la società. Come abbiamo visto, il problema è cominciato tempo fa, poco su scala storica (poco meno di due secoli) ma molto su scala umana (circa 6 generazioni). La relazione fra le generazioni successive si potrebbe assimilare al gioco del palloncino d'acqua: i giocatori formano una fila e si passano un palloncino che è sempre più pieno d'acqua che arriva da un tubo flessibile a cui è collegato. Nessuno discute le regole del gioco, nessuno discute la loro moralità, tutti afferrano il palloncino nel momento in cui gli tocca e lo passano a chi segue. A un certo punto a un povero idiota gli esplode il palloncino e si inzuppa tutto, per pura casualità. A qualcuno doveva capitare ed è successo a lui.

Curiosamente io sono abbastanza d'accordo sul fatto che questa crisi sia una crisi di valori e che solo cambiando i valori ne usciremo. Ma questa crisi di valori è iniziata da molto e per superarla non bisogna guardare al passato ma al futuro. Non c'è nessuna persona viva che abbia vissuto in un sistema diverso da quello attuale e ciò ha demolito tutti i valori tradizionali di rispetto dei limiti naturali, salvo in alcune aree rurali più “arretrate”. Per questo bisogna guardarsi dalle ricette semplicistiche dei più populisti, quelle che dicono di tornare a buoni vecchi valori ma che in realtà cercano solo di rimanere indietro nella catena di coloro che gonfiano il palloncino e non pensano di smettere di gonfiarlo. Perché oltretutto disgraziatamente il palloncino è già scoppiato e questo non è possibile.

I valori di cui abbiamo bisogno per ricostruire la società hanno le loro radici nel nostro passato un po' più lontano, cento o duecento anni di età, ma non sono quegli stessi valori. I valori dell'epoca preindustriale devono aggiornarsi, perché sarebbe anche molto sciocco credere che tutti i valori di un'epoca pre democratica e dominata dalla superstizione e dalla beatitudine possano o debbano essere trasposti tali e quali ai giorni nostri. Come dicevo, dobbiamo costruire il futuro, salvando in modo critico quei valori del passato più lontano ed allo stesso tempo salvando le nostre conoscenze tecniche e i nostri convincimenti morali attuali, al di là dell'ipocrisia dei nostri giorni.

Dobbiamo confrontarci con questo problema in modo serio, senza superbia e senza uno sguardo semplicistico e compiacente sul passato. Si può uscire solo con ricette nuove, con una migliore comprensione di che cos'è l'uomo e come si rapporta al proprio ambiente, comprendendo alla fine che l'uomo non ha alcun diritto divino che gli permette di sopraffare illimitatamente la Natura.

Saluti.
AMT

9 commenti:

  1. Cercavo da tempo qualcuno che enucleasse in poche sintetiche righe quello che confusamente mi ronzava in testa. Grazie per questa analisi.

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  2. sarà un bel guaio mettersi ad un tavolo e discutere..
    per la maggior parte delle persone il 'cambiamento' riguarda l'oggetto che ha di fronte, non il modo con cui concepire una nuova 'modalità'.
    Per le persone cambiare un'auto è moderno..come cambiare cellulare o casa..sarà difficile spiegare che oltre all'auto c'è anche la bici e che le case possono anche essere costruite in maniera diversa ed essere energeticamente molto più performanti.
    Vedo molta 'piattezza' in giro..acriticità e apatia..nonostante il momento che dovrebbe tirare fuori fantasia, dinamicità (almeno mentale) e sopratutto creatività..anche modesta ma almeno presente.
    Vedo gli stessi schemi che si susseguono e il negozio di moda che prende il posto del panettiere come l'auto parcheggiata sul marciapiede o nel posto riservato..
    Non credo ci siano le condizioni per confrontarsi, però è anche vero che la situazione italiana è molto particolare e per molti aspetti basta passare il confine (qualsiasi..) per trovarsi di fronte ad un panorama migliore.
    grazie per il bel post.
    s.

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  3. Perfetto..I valori della società quasi stazionaria prevalentemente agricola dell^ Europa di inizio 800 di base , alla De Benoist, ed i valori di una società stazionaria non possono che essere di destra, per certi aspetti, (ammettendo che valori di destra in Italia non si sono mai visti ed è meglio tenere distinto il piano politico che mi sembra troppo autoreferenziale) ;dopo il crollo del muro di Berlino si scrisse della fine della storia, o meglio di una visione "vettoriale" progressiva della storia, come enunciata e ricostruita un po alla Frankestein da Marxper primo ...Mi sto convincendo che in realtà Marx fu un moralista travestito da storico e sociologo,intendo a sua insaputa...Affascinante...Con la fine del boost, o meglio con la fine dell'ascesa del consumo di energia data dai combustibili fossili, forse risulta anche meno ostica una concezione del tempo ciclica, in tutto od in parte, cocleare direi, che riemergentenella civiltà contadina europea il movimento cristiano tenta continuamente di riseppellire....Vorrei solo aggiungere che la morte di Dio è stata annunciata dal grande filosofo, quello che distrusse ogni dualismo nel filo continuo da Platone ad Hegel, sul finire del 19 secolo...Oggi abbiamo l'arduo compito di costruire in breve una morale sociale che che releghi l'individuo a 2 ore di talamo nuziale pena l'atomizzazione a miriadi di enclavi sociali,fiche, morali di qui a qualche lustro...Mi accontenterei della certezza morale in una elite al comando, purchè i fatti necessari portino alla possibilità di una elite al comando, od anche solo della possibilità del comando...Superfluo dire che alla luce di quanto vedremo Gaia-Medea centra ed eccome ed individueremo il terrore degli anni passati di un conflitto nucleare globale da un verso, e l'altro sommo caposaldo della morale per tutti postbellica , e cioè la condanna della guerra fra gli uomini come il male assoluto, come peccati insinuati fra la superbia, la faciloneria, l'ignoranza dell'uomo del petrolitico.

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  4. Credo che bisognerebbe prendere in seria considerazione l'esorbitante massa di denaro privato congelato dagli anni '60 nell'acquisto di abitazioni di proprietà (siamo all'80% delle case in proprietà in Italia), fenomeno legato all'inurbamento rapido e allo sviluppo degli impieghi nell'industria e nei servizi. I paesi con un vasto patrimonio pubblico di abitazioni da dare in affitto presentano migliori fattori di flessibilità e mobilità della popolazione residente. Tutto questo investimento immobilizzato dovrebbe essere confrontato con le altre voci di investimento delle famiglie, anche per comprendere quanta parte del reddito è stato investito in istruzione dei figli, creazione di attività, risparmio e creazione di ricchezza. Temo che su alcune voci (es. livello di istruzione) sia stato investito molto poco rispetto alla voce casa. Dagli anni '60 l'idea dominante è ancora quella per la quale le famiglie concentrano i loro sforzi su beni durevoli o mediamente durevoli (oggi in stato fatiscente), senza investire in progetti per il futuro (competenze, capacità di spostamento, evoluzione delle conoscenze, dotazione di beni strumentali, ecc.). Dagli anni '80 poi, la corsa ai beni voluttuari e legati agli stili di vita personali è esplosa, togliendo ulteriori risorse a una pianificazione per il futuro, ma dando una sensazione di allegria. Lo Stato avrebbe comunque garantito l'istruzione, anche superiore, e il Sistema bancario i prestiti per avviare le attività, nel pensiero della gente comune. Non c'è stata una cultura della pianificazione e della preparazione al futuro, in questi ultimi decenni. Ma non c'era nemmeno due secoli fa... Ovviamente questo non ha riguardato le classi sociali più agiate, che si sono sempre dotate di strumenti e criteri per garantire alla discendenza gli elementi per affrontare i cambiamenti. I giovani che da origini umili sono riusciti a investire nella preparazione hanno delle possibilità soprattutto nelle altre aree dinamiche del Vecchio e del Nuovo Continente, non nei paesi che hanno immobilizzato tante risorse, prigionieri di un modo di governare l'economia molto paternalistico e, alla fine dei conti, focalizzato più sulla crescita materiale (case, fabbriche, dipendenti, supermercati, porti, mega impianti) che sulle capacità di rispondere ai mutamenti. C'è molto fardello nella ricchezza accumulata in passato... almeno mi sembra.

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  5. Analisi tutte molto interessanti, ma per me un po’ troppo astratte. La cultura di massa non è un’entità a sé, è frutto dell’economia che la sostiene. Se si vuol modificare le cultura di massa, si deve quindi prima di tutto modificare l’economia che la nutre, introducendo al suo interno alterazioni significative. Se ciò non è possibile, allora si deve accettare che sia impossibile anche cambiare la cultura di massa (la quale, per fortuna, non è LA cultura, ma una cultura).

    La cultura di massa della crescita economica “infinita” (con relativo consumo “infinito”) è legata al sistema bancario e all’emissione monetaria. Se la si vuole interrompere, si deve prima interrompere (o per lo meno indebolire) l’attuale sistema monetario. Non proprio un gioco da ragazzi.

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  6. Quando ho parlato con mio padre e la discussione inizio' a girare su questi argomenti, l'argomento che ci fece trovare d'accordo subito e riflettere fu questa: " caro papa', se io fossi nato ai tuoi tempi, molto probabilmente avrei fatto quello che hai fatto tu, e se tu fossi nato ai miei, faresti quello che faccio io."

    La profonda verita' dietro a questo argomento, quello che stoppa le inutili polemiche, e' che , dato per scontata l'onesta' di intenti di entrambi ( cosa che nessuno mette in dubbio, conoscendoci a vicenda) entrambi stiamo seguendo lo stesso canale di eventi. La mia vita e' conseguenza delle scelte di mio padre, e di tutti quelli della sua generazione, cosi' come la vita dei miei figli e' conseguenza delle mie scelte e di quelle dei miei coetanei. Bisognerebbe comprendere che il canale entro cui ci muoviamo e' denso di conseguenze negative, quello che prima sembrava un bene, si rivela dannoso. Bisogna cambiare strada, ma e' difficile farlo visto che invece che su un canale sembra di essere su una pista da bob.

    Da questo punto di vista, sembra una specie di maledizione: quando si potrebbe cambiare strada, non se ne vede la necessita', quando se ne vede la necessita', sembra non sia possibile cambiare strada. Probabilmente e' su quest'ultima percezione che bisogna lavorare per scoprire quanto sia reale.

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  7. Faccio presente che soprattutto il cristianesimo è basato sull'esempio di Cristo. E da quanto mi ricordo Cristo era tutto tranne che sprecone o alla moda.

    Quindi lascerei stare frasi sulla morte di Dio o sul fatto del blocco delle nascite o altre puerilità del genere. Se non siamo già da un pezzo nel bel mezzo di una guerra tra popoli è anche e soprattutto perchè il cistianesimo è uno dei pochi fattori che ha permesso ai popoli di vivere e credere nelle proprie potenzialità e risorse, dando parte di ciò che possiede agli altri.

    Togliete gli asili e le scuole cattoliche nel mondo, togliamo tutti i missionari in giro per il mondo e pensate a quante guerre e rivoluzioni ci sarebbero state...
    Quindi tutto ok, ma diamo a cesare quel che è di cesare ma lasciamo a Dio quell che è di Dio

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  8. HO come l'impressione che tanto la religione cristiana quanto le altre grandi religioni monoteiste abbiano tanti meriti quanto demeriti.

    Piu' semplicemente, le religioni vengono di tanto in tanto usate dagli uomini per giustificare azioni che con le religioni stesse non hanno niente a che vedere.

    Questo e' ovvio, la storia e' piena di esempi, non mi sembra il caso di volerle contestare.

    Parlando del Cristianesimo Cattolico, oggi prevale la visione evangelica, pacifista ed ecumenica, ma niente toglie che dopo magari qualche decennio segnato da stravolgimenti e guerre, il messaggio non possa essere sovvertito e usato per giustificare delle guerre, come in passato.

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  9. le religioni sono piene di persone molto mediocri dal punto di vista spirituale, ma almeno il Dio dei cattolici si è sempre preoccupato di non far mancare dei santi veri al suo gregge per mantenere vivo il messaggio del Suo Figlio Gesù, altrimenti sarebbe kaput da un bel pezzo e ricordata solo tra quelle scomparse.

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