giovedì 6 ottobre 2011
Steve Jobs: dopo la "Lettera 22"
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Ugo Bardi
Mi raccontava mia nonna che per lei la grande rivoluzione è stata quando successe che bastava premere un'interruttore per illuminare una stanza. Niente più lampade a petrolio o a gas, solo un aggeggetto appiccicato al muro da premere e una lampadina precariamente oscillante, sospesa dal soffitto.
Per me, il momento della rivoluzione è stato quando ho scoperto che per cancellare una parola scritta bastava premere "backspace". Niente più le laboriose sbanchettature con le vecchie macchine da scrivere; mi ricordo ancora (e ce l'ho ancora) la vecchia Olivetti "Lettera 22" con la quale ho scritto la mia tesi di laurea. E mi ricordo ancora la pena delle correzioni fatte a mano, una per una col bianchetto, in una nottata insonne prima della discussione della tesi.
Se Steve Jobs sta in Paradiso, ora, credo che se lo meriti se non altro per quel favoloso word processor che girava sull'Apple II negli anni '80. Il primo word processor veramente funzionale disponibile, una piccola rivoluzione che maneggiava il testo con grande facilità e praticità. Mi ricordo ancora le parole scritte in verde brillante sullo sfondo dello schermo nero. Era fantastico; un altro mondo.
Non la sola rivoluzione digitale che abbiamo vissuto in questi anni; ne abbiamo avute molte altre e ne avremo ancora. Il problema è che alla tastiera ci siamo sempre e soltanto gli stessi noi, con le nostre ossessioni, le nostre follie, le nostre pazzie. Vedremo dove ci porteranno.