Grafico dalla copertina dell'edizione italiana del 1973 dei "Limiti dello Sviluppo." Illustra il "caso base", quello che gli autori ritenevano il più probabile secondo i dati disponibili allora. Notate come l'inizio del declino della produzione industriale e agricola abbia inizio approssimativamente per il 2010-2020.
Quello che fa più impressione di quello che sta succedendo in questi giorni non è tanto il fatto che gli autori dei "Limiti dello Sviluppo" nel 1972 potevano aver azzeccato con una precisione strabiliante l'inizio della fine del nostro sistema industriale. Dopotutto, proponevano molteplici scenari e potrebbe essere soltanto un caso il fatto che stiamo seguendo quello che loro ritenevano il più probabile.
Non fa nemmeno tantissima impressione che il lavoro degli autori dei "Limiti dello Sviluppo" sia stato demonizzato, ridicolizzato e consegnato al bidone della spazzatura delle teorie stupide e sbagliate. In fondo, negli anni 1970 anni fa era difficile pensare di poter prevedere una crisi che si sarebbe verificata quaranta anni dopo.
No, quello che fa veramente impressione è come, oggi, nessuno, ne sui giornali, ne in televisione e neppure fra i discorsi di quelli che hanno il potere di prendere decisioni si chieda neppure vagamente cosa stia succedendo e perché.
(nota: la figura mostrata all'inizio ha valore più che altro di testimonianza storica, ma le scritte non sono facilmente leggibili. Se volete un'immagine a più alta risoluzione, cliccate sul thumbnail qui accanto)
_________________________________________
Sui "Limiti dello Sviluppo", vi passo anche una recensione del mio recente libro "I Limiti dello Sviluppo rivisitati" edito da Springer
Da "La Gazzetta del Mezzogiorno", mercoledì 8 agosto 2011
http://giorgio-nebbia.blogspot.com/2011/08/crescita-di-che-cosa.html
Crescita di che cosa ?
Giorgio Nebbia nebbia@quipo.it
Due vite parallele a migliaia di chilometri di distanza. Un ingegnere nordamericano, Jay Forrester (nato nel 1918), specializzato nella progettazione dei calcolatori elettronici, docente nel prestigioso Massachusetts Institute of Technology, stava utilizzando, già negli anni cinquanta, i calcolatori per risolvere dei problemi di previsione. Per esempio come cresce la produzione industriale in seguito alla crescita o alla diminuzione dei soldi disponibili; come la mobilità in una città è influenzata dalla crescita del numero degli abitanti, delle automobili o dei mezzi di trasporto pubblico. Forrester aveva chiamato “dinamica dei sistemi” lo studio dei rapporti fra fenomeni il cui cambiamento può essere previsto mediante equazioni matematiche differenziali. Per inciso, equazioni simili erano già state usate trent’anni prima, per descrivere come aumentano le popolazioni animali, dagli studiosi di ecologia, un esempio della unità dei fenomeni dell’economia e dell’ecologia. Forrester aveva pubblicato libri di grande successo come “Industrial dynamics” (1961) e “Urban dynamics” (1969).
Dall’altra parte del continente americano, in Argentina, un economista italiano, Aurelio Peccei (1908-1984), alto dirigente della Fiat e di imprese impegnate nella progettazione e costruzione di opere pubbliche nei paesi emergenti, aveva cominciato a chiedersi quale avrebbe potuto essere il futuro dell’umanità davanti ad una popolazione rapidamente crescente, ad una crescente richiesta di beni materiali e di risorse materiali; negli anni sessanta si cominciavano infatti a vedere i segni di quella che sarebbe stata chiamata la crisi ecologica. L’incontro fra Peccei e Forrester, nel 1968, è stata l’occasione per progettare una ricerca sul futuro dell’umanità. Peccei aveva creato da poco il “Club di Roma”, un circolo internazionale di intellettuali attenti al futuro, che dette incarico a Forrester di analizzare il sistema planetario globale con le sue tecniche. Il risultato fu rivoluzionario.
Nel 1971, quarant’anni fa, Forrester e i suoi collaboratori, i giovani coniugi Meadows, furono in grado di presentare al Club di Roma i risultati di uno studio che analizzava le conseguenze di una continua crescita della popolazione mondiale. Lo studio non faceva previsioni, ma indicava che la crescita della popolazione avrebbe richiesto una crescita della produzione industriale, della richiesta di prodotti agricoli alimentari e che di conseguenza si sarebbe verificata una crescita dell’inquinamento planetario e un impoverimento delle riserve di risorse non rinnovabili come petrolio, carbone, minerali, eccetera.
Le anticipazioni dello studio cominciarono ad arrivare anche in Italia; furono inviate nel 1971 da Aurelio Peccei, presidente del Club di Roma, al Senato dove era in corso una indagine sui problemi dell’ecologia; furono oggetto di uno speciale fascicolo della rivista inglese “Ecologist”, subito tradotto in italiano da Laterza col titolo: ”La morte ecologica”, e alla fine divennero un agile libretto, pubblicato in molte lingue contemporaneamente, intitolato “I limiti alla crescita” (ma l’edizione italiana fu pubblicata con un titolo ingannevole, “I limiti dello sviluppo”).
Nel libro erano contenuti alcuni grafici, ottenuti con i calcolatori elettronici, da cui appariva che se fosse continuata la crescita della popolazione mondiale ai ritmi che nel 1970 erano di 80 milioni di persone all’anno, un giorno non ci sarebbero state risorse e materie prime sufficienti e sarebbero scoppiati conflitti per la loro conquista, la scarsità di cibo avrebbe diffuso epidemie e morti per fame, l’inquinamento avrebbe diffuso malattie e le condizioni di vita della popolazione mondiale sarebbero peggiorate al punto da provocare un forzato declino del numero dei terrestri. Se ciò fosse avvenuto, la minore popolazione restante avrebbe potuto far fronte ai problemi di scarsità e di inquinamento. Altrimenti la crescita della popolazione e della produzione industriale e della pressione sull’ambiente sarebbero diventate un giorno insostenibili.
Il libro fu venduto nel mondo a milioni di copie, provocò innumerevoli dibattiti e critiche. Fu visto con interesse dal nascente movimento ambientalista (stiamo parlando del 1971-72); il mondo cattolico intravvide dietro le curve tracciate dai calcolatori lo spettro del detestato Thomas Malthus (1766-1843), l’economista inglese che per primo, nel 1799, aveva auspicato un controllo delle nascite; i comunisti sostennero che in una società socialista la pianificazione avrebbe risolto tutti i problemi. Ma soprattutto si arrabbiarono gli economisti che furono spietati nella critica di un testo che metteva in discussione il mito fondamentale della scienza economica, quello della crescita.
Dopo pochi anni, peraltro, l’interesse per i “Limiti alla crescita” declinò; due aggiornamenti a venti e trenta anni dalla prima edizione passarono quasi inosservati. Finalmente, proprio in questo periodo di disordine economico mondiale, il prof. Ugo Bardi dell’Università di Firenze ha ripreso in mano lo studio del Club di Roma, analizzandolo alla luce di quanto è avvenuto negli ultimi decenni in un libro, pubblicato nei giorni scorsi dall’editore internazionale Springer, col titolo, tradotto in italiano: “I limiti alla crescita rivisitati”. Il grande interesse del libro sta nella ricostruzione storica degli eventi che hanno portato alla pubblicazione, quarant’anni fa, del libro del Club di Roma, nella rassegna delle lodi e critiche che il libro ha suscitato nel mondo.
Ma l’importanza del libro di Bardi sta soprattutto nell’esame di come sono cambiate, negli ultimi quarant’anni, le variabili allora considerate: il numero dei terrestri e le condizioni di benessere, la produzione di merci industriali e agricole, la disponibilità di risorse non rinnovabili e l’inquinamento ambientale. Purtroppo, al di là dei numeri assoluti, molte tendenze indicate nel libro si sono verificate: il prof. Bardi è il presidente della sezione italiana di una associazione internazionale per lo studio del “picco” del petrolio (ASPO) che analizza come nel mondo, a mano a mano che “cresce” la domanda di una risorse non rinnovabile (sia petrolio o zolfo, litio o la stessa fertilità del suolo) l’entità delle riserve residue diminuisce e crescono le tensioni e le guerre per conquistare quanto resta: nello stesso tempo cresce l’inquinamento ambientale e crescono i danni alla salute e al benessere delle persone sia nei paesi ricchi sia in quelli poveri.
Il messaggio che emerge da una rilettura del libro sui “limiti alla crescita” non è di disperazione; niente a che fare con possibili “limiti dello sviluppo” umano, che dipende dalla libertà, dalle condizioni igieniche e alimentari, dalle conoscenze, e che può benissimo crescere anche in un mondo con meno e differenti merci e consumi e minore sfruttamento della natura. Il libro anzi stimolava a fare, come diceva Croce, “delle difficoltà sgabello” a condizione di riconoscere che la “crescita”, quel nome magico, che canoro discende dalle bocche di economisti, uomini politici e imprenditori, dipende dalle cose materiali, e che la crescita della produzione delle merci (siano acciaio per le navi o cemento per gli edifici, o occhiali, o conserva di pomodoro, o divani, o telefoni cellulari) comporta una inevitabile diminuzione delle risorse disponibili per le generazioni future e una inevitabile crescita della quantità di gas e di sostanze che inquinano l’aria e i fiumi e il suolo.
A questa realtà, alla necessità di scegliere, sotto questi vincoli naturali, che cosa produrre, la rilettura dei “Limiti alla crescita”, offerta dal libro di Bardi, richiama coloro che devono prendere delle decisioni per il futuro dei singoli paesi e dell’intera comunità umana. Non a caso i rapporti risorse-merci-ambiente (per citare il titolo di un dimenticato libro del 1966) sono l’oggetto degli studi universitari di Merceologia; non a caso il prof. Bardi è un chimico, docente delle disciplina che, per eccellenza, insegnano a fare i conti con i chili di materia e i chilowattora di energia.
Guardando alle decisioni prese finora, di quelli che hanno il potere di prenderle, non solo per sè stessi ma per tutti quanti, forse è meglio che non decidano più nulla.
RispondiEliminaAffinchè la loro insanabile inettitudine giunga fino al culmine e provochi finalmente la reazione di quelli che finora hanno quietamente e irresponsabilmente accettato un governo delle cose tanto ottuso e dissennato.
L'esosissima esazione del prezzo dei nostri errori passati e recenti, è ormai iniziata.
E non si tratta solo di denaro, come molti gonzi vogliono continuare ad illudersi si tratti.
Alcuni stupidi potranno salvarsi dalla bancarotta totale, ma per gli stupidi arroganti non ci sarà indulgenza.
Ora sono i nudi e crudi fatti che prenderanno le decisioni importanti.
Le pompose chiacchere, diventeranno meno che scorregge sfiatate contro l'uragano.
In un certo qual modo ci sarà tragicamente da divertirsi
Marco Sclarandis.
creati non foste per viver come bruti, ma per seguire virtute e canoscenza.
RispondiEliminaCaro prof, in Lei vedo un degno erede del suo illustre concittadino. Non si addolori per il fatto di non essere seguito sufficentemente, anche Dante, Savonarola, Galileo e tanti altri ebbero vita difficile per le loro idee. Purtroppo devo dirle che spesso i miei commenti non vengono pubblicati sil suo blog, nè come anonimo, nè nome, nè account e si perdono in una miriade di tentativi. Se il suo libro arrivasse il italiano, ce lo faccia sapere. Grazie di nuovo.
Caro Ugo, grazie del post. Quello che manca a molti, io credo, è un po' di semplicità e buon senso. Chi vive in modo tradizionale e a contatto con la natura sa che la crescita non è infinita. Parlo da artigiano, legato alle antiche tradizioni, che mi tengo ben strette!
RispondiEliminaVorrei segnalare questo post di MenteCritica secondo me illuminante, anche se apparentemente off topic:
RispondiEliminahttp://www.mentecritica.net/esiste-veramente-la-crisi-tutto-questo-e-necessario-risposte-senza-domanda-la-propaganda-in-tempo-di-guerra/informazione/cronache-italiane/ilbuonpeppe/20931/
Il fatto non è tanto capire cosa succede, ma farsi le domande giuste, oggi abbiamo solo soluzioni di marketing elettorale/politico/economico, siamo pieni di "soluzioni", ma nessuno che si ponga le domande giuste. E la domanda che salta sopra a tutte è: Siamo di fronte a un medioevo energetico oppure no ?
R Marantz e medioevo energetico : l'aspetto più interessante della lunga emergenza da peak everything, almeno sul piano speculativo, almeno dal mio punto di vista, è che rivelerà alle masse, anche e soprattutto quelle costrette a leggere Dante per 3 anni alle superiori, ignorando tutto ciò che è post/anti/a Hegeliano, cioè tutto il pensiero sul tramonto dell'occidente, da quando Dio è morto, come scrissero autori ben più incisivi di Dante od Hegel, il medioevo culturale della facile morale per tutti : naturalmente,sarà dirimente scegliere il momento del ritorno in città, dopo la waldgang, il ritiro nel bosco, per cercare di riorganizzare le attività umane secondo criteri di maggiore equità verso tutte le generazioni, soprattutto le future, chiramente avendo lasciato alle spalle la possibilità e la dignità di progetti universilastici a prirori o che includano ogni nostro "simil" sulla base della dichiarazione dei diritti dell'uomo....
RispondiEliminaIo credo che sarebbe sufficiente che la finanza avesse regole più etiche e forse la "finanza creativa" avrebbe potuto fare meno danni. Oramai gli stati sono governati dallo strapotere della borsa, che è governata a sua volta da dei pirati o pescecani (con rispetto parlando per i pesci). Perché sorprendersi dei risultati.
RispondiEliminaP.S. Il grafico é veramente incomprensibile perché di risoluzione troppo bassa.
Saluti: Luci0
E' vero. Ho aggiunto un immagine a più alta risoluzione. Grazie per la segnalazione.
RispondiEliminaSe consideriamo come "inquinamento" anche i gas serra antropogenici, il grafico appare decisamente ottimistico nel prefigurarne un calo tanto rapido... Anche l'impennata delle nascite mi sembra improbabile...
RispondiEliminaE' uno degli scenari. Il secondo più probabile considera un'impennata molto più forte degli inquinanti. L'impennata delle nascite è stata modificata nell'ultima versione e ora è molto meno apparente.
RispondiEliminaErrando penso che il problema attuale dell'economia sia legato alla denatalità e alla riduzione della popolazione mondiale. Infatti la campagna di controllo delle nascite in Cina ed in India pare aver avuto successo oltre ogni limite e non potendo calcorare con precisione l'impatto dell'Aids sulla popolazione africana, considerata la cronica denatalità del mondo occidentale e l'inizio di essa nell'Islam, la previsione di 500 milioni di persone nel mondo nel 2050 è probabilmente da rivedere al ribasso. Per questo, non essendovi più mercato, la crisi.
RispondiEliminaUn punt di vista alquanto originale, quest'ultimo sulla denatalita', considerando che non risulta da nessuna arte un calo demografico generalizzato.
RispondiEliminaInoltre, sembra che ci siano un paio di miliardi di persone che stiano cominciando a richiedere stili di vita occidentali, per consumi di risorse.
Peccato che stiano arrivando quando la scodella e' ormai mezzo vuota.
Un po' come richiedere ad un ronzino stanco morto di saltare un barrage. Prevedo guai.
Continuo a chiedermi quanto può durare l'"ondulating palateau" prima della discesa, e se ci sarà - più probabilmente - una serie di altalene economico-finanziarie o si assisterà piuttosto alla distruzione della domanda di beni e servizi, tanto da rendere dubbia la relazione intercorrente fra la crisi e i cali di forniture di materie prime, combustibili fossili in testa. Questa relazione potrebbe rimanere invisibile ancora per un bel pò...
RispondiEliminaGrafici molto interessanti; tutto logico, l'unica cosa che non mi spiego affatto è l'aumento delle nascite a partire dall'anno 2030, 2040. Avete qualche spiegazione logica? Forse succederà com'è ora nei paesi poveri che sono quelli più prolifici?
RispondiEliminaLa questione della popolazione nei modelli è un punto molto difficile. In sostanza, gli autori hanno usato dei dati tabulati sulla fertilità in funzione della PIL/persona. Questi dati indicano che c'è una relazione inversa fra la ricchezza e la fertilità. La conseguenza è stata che nel modello la fertilità, e con essa la popolazione, aumenta via via che diventiamo più poveri.
RispondiEliminaE' un'interpretazione ragionevole, ma è basata su dati "pre-picco". E' difficile dire come si comporterà la popolazione umana nella fase "post-picco". Personalmente, credo che la relazione PIL/fertilità sarà completamente diversa.
Insomma, come diceva Ali Samsam Bakthiari, il "postpicco" è terra incognita. Possiamo dire ben poco di quello che succederà
Grande Ali Samsam Bakthiari, all'Aspo di Firenze ricordo che esordì il suo intervento con i versi dell'Inferno di Dante. Peccato che se ne sia andato per sempre, un uomo di così grande cultura.
RispondiEliminaGrazie prof. Bardi per avercelo ricordato.
Visto che è tornato sull'argomento mi permetto anche io di commentarlo una seconda volta.
RispondiElimina...
Non fa nemmeno tantissima impressione che il lavoro degli autori dei "Limiti dello Sviluppo" sia stato demonizzato, ridicolizzato e consegnato al bidone della spazzatura delle teorie stupide e sbagliate. In fondo, negli anni 1970 anni fa era difficile pensare di poter prevedere una crisi che si sarebbe verificata quaranta anni dopo.
No Bardi, negli anni '70 del secolo scorso era facile per chi era dotato di capacità logiche e buon senso entrambi poggianti però su di un retto sentire, prevedere cosa sarebbe successo.
Ed infatti qualcuno predisse correttamente.
No, quello che fa veramente impressione è come, oggi, nessuno, ne sui giornali, ne in televisione e neppure fra i discorsi di quelli che hanno il potere di prendere decisioni si chieda neppure vagamente cosa stia succedendo e perché.
Sì questo impressiona molto anche il sottoscritto e non riesco a capire se si tratta di stupidità pura e semplice oppure di vero e proprio terrore frutto di consapevolezza di quanto ormai inevitabilmente accadrà. Terrore che ormai li ha paralizzati.
Un'altra cosa mi ha colpito nel grafico: la popolazione cala mentre le nascite crescono.
Conclusione alla quale arrivo per semplice logica: fame, carestie, ammazzamenti vari la faranno da padrone in quegli anni.
Ma non credo che abbiamo davanti ancora così tanto tempo.
luigiza