di Antonio Turiel
Cari lettori,
In un post recente concludevo che uno dei problemi più grandi che abbiamo è l'incapacità di fare un progetto intelligente fin dal primo momento ed al posto di questo adottiamo soluzioni evoluzionistiche. Ciò che facciamo, pertanto, è adottare soluzioni che qui e ora vanno bene anche se non andranno bene in futuro e quando le circostanze cambiano e i problemi emergono. Così, facciamo variazioni a partire dalle soluzioni vigenti per trovare nuove soluzioni che affrontino il nostro problema in modo soddisfacente. Tale approssimazione, per quanto logica possa apparire, ci può portare solo verso un'inevitabile collisione contro uno scoglio che si trova alla fine della catena evoluzionistica che abbiamo seguito. E se avessimo potuto vedere il problema nel suo complesso avremmo potuto scegliere un'altra soluzione seguendo una direzione del tutto diversa.
Questo tipo di logica evoluzionistica (o meglio, di fuga in avanti) è presente in molti problemi che affrontiamo oggi con la tecnologia. Introduciamo tecnologie che risolvono i problemi senza renderci conto che quelle stesse tecnologie introducono altri problemi, per i quali proponiamo più tecnologia e così di seguito, fino a che non ci scontriamo contro i limiti del nostro ingegno e delle risorse disponibili. Questo problema è compreso all'interno del cosiddetto Principio delle Conseguenze Inaspettate, che è stato introdotto dal sociologo Robert Merton il secolo scorso. Vediamo ora un esempio pratico.
Sappiamo che ad oggi c'è un grave problema col diesel: la produzione del diesel potrebbe essere giunta al suo massimo nel 2008 perché, nonostante questi surrogati del petrolio che chiamiamo “altri liquidi” siano riusciti a dissimulare la caduta della produzione di petrolio greggio, il fatto è che per fare diesel manca il petrolio greggio e inoltre la miscela usata per raffinare il diesel deve avere una certa percentuale di petrolio leggero, del quale ce n'è sempre di meno (l'Iran non lo produce già più, il Venezuela molto poco e in Arabia Saudita comincia a scarseggiare). Tutto ciò ha fatto sì che la produzione di diesel ne stia già risentendo. Alcune raffinerie nel mondo occidentale stanno facendo grandi investimenti per adattarsi alla mancanza di petrolio leggero ed agli alti costi della materia prima e dell'energia (vedete qui un esempio nel Regno Unito), mentre molte altre raffinerie chiudono direttamente (potete trovarne un elenco su questa pagina Web). Insomma, il finalmente riconosciuto arrivo del peak oil ha generato molti effetti non lineari nel nostro mondo complicato, fra questi la chiusura di raffinerie e la diminuzione anche maggiore dell'accesso ai combustibili.
Uno degli aspetti riconosciuti che hanno reso più grave questa crisi del diesel è lo storico cambiamento delle auto a benzina con auto diesel in Europa durante gli ultimi due decenni. Tale movimento ha risposto ad una logica evoluzionistica, di mercato: dato che in modo naturale si produceva una certa quantità di diesel nelle raffinerie e il diesel da trazione è più economico della benzina, in modo naturale il mercato ha avuto la tendenza a trovare un posto al carburante relativamente più abbondante ed economico; il diesel. Come vedete, tutta logica evoluzionistica e tutto libero mercato.
Tuttavia, per le ragioni spiegate prima, l'arrivo del picco del diesel è stato anticipato rispetto a quello del picco della benzina ed ora ci rende conto dell'errore di aver fomentato tale 'dieselizzazione' massiccia del parco automobilistico. Arrivati a questo punto, cosa possiamo fare? Tornare alla benzina non è facile: i motori diesel non sono compatibili con la benzina e forzare un cambiamento massiccio di veicoli privati nel bel mezzo di una crisi che sta giustamente portando ad una caduta delle vendite di auto, non sembra né facile né molto popolare. D'altro canto, lasciare che il libero mercato regoli questa situazione non è a sua volta la migliore opzione, visto che il trasporto su gomma e le macchine in generale usano lo stesso tipo di gasolio. Stiamo già avendo problemi col trasporto su strada, che sta collassando a causa degli alti costi di trasporto e della caduta della domanda di prodotti per permettere che si aggravi ancora di più e finisca per far schizzare l'inflazione, cosa che porterebbe una maggior caduta del consumo e l'aggravamento della crisi. Insomma, siamo giunti ad una strada senza uscita. Qualsiasi opzione che venga scelta provocherà molte conseguenze sgradevoli. Stiamo andando nella direzione di una collisione inevitabile.
Rispetto a questo problema, è significativa l'evoluzione del governo francese. A metà dello scorso hanno c'è stato un certo sommovimento e dibattito pubblico all'interno dei mezzi di comunicazione sulla convenienza di accantonare il diesel, almeno nelle grandi città. Secondo la relazione ripetuta come un mantra dai media gallici, un nuovo rapporto dell'Organizzazione Mondiale della Salute ratificava quanto nocivi fossero per la salute i gas di scarico dei motori diesel e ciò apriva il dibattito “urgente” sulla necessità di cambiare. In realtà, si sa da vari decenni che i motori diesel sono più inquinanti di quelli a benzina, nonostante le numerose e significative migliorie fatte nella sua ingegneria. Dall'altra parte, in Francia come nell'insieme dell'OCSE (e non parliamo della Spagna), il traffico su ruota è diminuito, come conseguenza della crisi, il che riduce relativamente l'urgenza di questo dibattito (almeno da un punto di vista politico; il tema dell'inquinamento da diesel è certamente serio ed avrebbe dovuto essere affrontato seriamente molti anni fa). Pertanto, da più l'impressione che questo dibattito, spronato dai media, obbedisca alla necessità di passare alla cittadinanza la necessità di disfarsi del diesel anche se i motivi reali di questa necessità svengono presentati camuffati.
Quasi un anno dopo, il governo francese continua ancora a sfogliare la margherita, senza sapere tanto bene dove andare. Sanno di volersi disfare del diesel, ma all'interno del governo gallico ci sono sensibilità contrapposte e nessuno è in grado di proporre un piano realistico e fattibile per realizzare questo abbandono. Tale empasse ha portato alcuni a prendersi gioco della soppressione radicale del diesel in Francia (ridicola rispetto a quella di cui io stesso mi sono fatto eco). Nel frattempo, la disponibilità di diesel continua a diminuire, si prevedono nuove chiusure di raffinerie quest'anno e la situazione è sempre più frenetica... ma non si fa un solo passo avanti.
Un governo debitamente informato avrebbe avuto 40 anni per anticipare questo problema e la società avrebbe potuto adattarsi gradualmente e con un certo successo. Tale strategia è quella conosciuta come “progettazione intelligente”: si guarda il problema nella sua globalità e si progetta la risposta migliore, con un monitoraggio costante del risultato. Tuttavia, la strategia che abbiamo seguito è quella della risposta evoluzionistica: continuare a dare risposte ai problemi che si presentavano man mano, uno per uno, fino ad arrivare ad una strada senza uscita (come quello che si potrebbe presentare ora in Venezuela ed Egitto). E' la strategia del breve periodo, del beneficio immediato. E' il prodotto della logica di ciò che chiamiamo libero mercato (anche se in realtà è mercato naturale, come abbiamo già discusso).
La strategia evoluzionistica può essere paragonata ad una scala che costruiamo aggiungendo un piolo alla volta, una scala che continuiamo a salire senza nessuna garanzia di arrivare concretamente da nessuna parte. E a volte queste scale finiscono improvvisamente, facendoci precipitare nel vuoto. Questo succede anche con l'evoluzione delle specie, che a volte arriva a punti morti e le specie associate si estinguono. Qui si vede, ancora una volta, la logica perversa di imporre una certa concezione del darwinismo alla sfera sociale, cioè che la selezione del più adatto in ogni momento non è una garanzia di successo, ma che a volte lo è di un fallimento totale e definitivo. La cosa più crudele di questo fallimento totale – l'estinzione – è che è il coronamento di una lunga serie di successi.
Se vogliamo sopravvivere come specie, se vogliamo dare una continuità all'esperimento umano, dobbiamo provare a superare la logica del breve termine ed affrontare i problemi globalmente. Tutta le gente che propone piccole toppe (questa nuova fonte di energia qui, questa nouva fiscalità qua...) per “risolvere il problema” non si rende conto che la chiave è “ripensare il problema”. E il primo passo è dire la verità, cruda, in faccia. Il secondo, passare all'azione.
Saluti.
AMT