giovedì 2 ottobre 2014

Caos

DaThe Oil Crash”. Traduzione di MR



Di Antonio Turiel

Cari lettori,

ho un certo piacere a leggere i post che settimanalmente pubblica John Michael Greer nel suo blog “The Archdruid Report”. Ogni post è una piccola gioia letteraria piena di un'enorme capacità di approfondimento in aspetti fra i più diversi, conditi sempre con una certa dose di ironia (necessaria quando si tratta di temi tanto pesanti come il relazionare e rendere comprensibile la fine della società industriale, cosa cui si dedica l'Arcidruido nel suo blog, fra le altre cose). Uno dei suoi ultimi post contiene una piccola perla che mi piacerebbe raccontare. Mi è piaciuta particolarmente perché tocca in pieno i temi di ricerca sui quali ho lavorato durante la mia vita.

John Michael Greer descrive un esperimento facilmente ripetibile nella propria vasca da bagno a casa. Per prima cosa si riempie la vasca da bagno d'acqua. Poi si immerge la mano un po' e si comincia a muoverla avanti e indietro. Si osserverà un movimento lento ed abbastanza organizzato dell'acqua, praticamente senza onde. Progressivamente si deve accelerare il movimento della mano finché si comincia ad osservare un cambiamento importante del movimento dell'acqua: la formazione di gruppi di onde che si propagano velocemente oltre la mano e rimbalzano su tutte le pareti della vasca da bagno, interferendo costruttivamente in alcuni punti (e provocando una maggior elevazione del livello dell'acqua in quel punto) e in modo distruttivo in altri (causando una momentanea calma in quei punti). Ma la storia non finisce qui: si deve continuare ad accelerare il movimento della mano e il movimento dell'acqua, oscillatorio e complesso ma ancora con un certo ordine, cambierà una seconda volta: si romperanno i fronti delle onde e si genereranno mulinelli sulla scia della mano che ora avanza velocemente da un lato all'altro, mulinelli che si andranno unendo per generare strutture caotiche di dimensione maggiore finché tutta la vasca da bagno non si muoverà in modo anarchico e destrutturato, con aumenti improvvisi e diminuzioni del livello che determinano forme capricciose che cambiano rapidamente senza che si possa prevedere come verrà condizionato un punto particolare in un particolare momento.

Quanto descritto dall'Arcidruido è la transizione del movimento di un fluido da un movimento laminare (ordinato) ad uno turbolento, nella misura in cui la potenza con la quale si forza il sistema va aumentando. Naturalmente ciò ha in seguito attirato la mia attenzione, visto che la mia carriera accademica e più della metà della mia produzione scientifica riguarda l'analisi della turbolenza, in particolare nei fluidi oceanici. Tuttavia, John Michael Greer va oltre e dice che nei sistemi dinamici composti di molte parti normalmente si osserva lo stesso comportamento: che nella misura in cui si aumenta la forzatura, il sistema smette di comportarsi in modo ordinato e comincia ad oscillare, e questa oscillazione annuncia che il sistema sta giungendo al suo limite: se si continua la forzatura il sistema torna a cambiare ed entra in una fase caotica.

Davvero non posso fare altro che togliermi il cappello (che non ho) di fronte all'erudizione dell'Arcidruido, visto che ciò che spiega è proprio quello che succede normalmente quando si produce ciò che i fisici chiamano “transizioni di fase”. Effettivamente la causa dei fenomeni osservati sono i cosiddetti comportamenti emergenti che si manifestano quando un sistema ha una moltitudine di componenti. Il ramo della fisica che si occupa di studiare tali sistemi è la Fisica Statistica, che è proprio il campo da dove provengo. Quindi il suo post si è davvero sintonizzato con le mie conoscenze ed i miei interessi. Ma al di là di questa sintonia, John Michael Greer evoca certe idee interessanti, sull'evoluzione dei sistemi complessi sottoposti a queste transizioni, che mi piacerebbe sviluppare in questo post e con la prospettiva delle varie crisi che abbiamo proprio adesso sul tappeto.

In Fisica, un sistema è un congiunto di parti elementari, la struttura delle quali è considerata irrilevante per il problema studiato. Queste parti del sistema sono sottoposte ad alcune interazioni concrete e ben definite fra loro, generalmente molto semplici. Per esempio, il pianeta Terra è un sistema (o fa parte di un sistema, se consideriamo il Sistema Solare) e le interazioni fra le sue parti elementari (per gli scopi di questa discussione, gli atomi) non possono essere più semplici: sono le quattro interazioni fondamentali della Natura (nucleare forte, nucleare debole, elettromagnetica e gravitazionale), anche se per descrivere la maggioranza dei processi che hanno luogo sulla Terra ne bastano due, quella elettromagnetica e quella gravitazionale. In entrambi i casi si tratta di forze centrali (ogni particella è il centro della propria interazione che essa causa nelle altre) che decadono al quadrato della distanza dalla particella (pertanto, la forza esercitata dalla nostra particella su una particella che si trova al doppio di distanza di un'altra data è quattro volte inferiore). L'interazione elettromagnetica può essere tanto attrattiva quanto repulsiva, mentre quella gravitazionale è solo attrattiva. E nonostante la terribile semplicità con cui descriviamo queste interazioni (le poche frasi precedenti), la Terra è un sistema complessissimo, con comportamenti tremendamente elaborati che descriviamo con equazioni astruse. Come è possibile che un sistema formato da tanti elementi fondamentali, gli atomi, che interagiscono in modo così semplice, possa dare luogo a comportamenti tanto diversi e tanto complessi, dalle cascate del Niagara alle venature di una foglia di un albero?

Succede che quando un sistema è formato da una grandissima quantità di elementi comincia a mostrare “comportamenti emergenti”. La somma di molte individualità semplici finisce per manifestarsi come una collettività complessa. Non solo questa collettività interagisce in molti modi elaborati e diversi, ma in più il suo modo di funzionare si può alterare completamente. Viene chiamato “stato del sistema” o semplicemente “stato” una situazione dello stesso che si caratterizza con certe variabili che definiscono il comportamento collettivo: la temperatura – che in realtà è una misura dell'energia cinetica media delle particelle, la pressione, il volume, la durezza, la densità, la viscosità, ecc...

Quando un sistema si trova in un determinato stato le variabili che lo caratterizzano si muovono all'interno di una determinata gamma di valori. Per esempio, il volume di un solido varia pochissimo, in funzione della temperatura, mentre un liquido ha una viscosità relativamente bassa – per un solido è infinita, per definizione. In questo caso diciamo che il sistema si trova in una certa fase. Ma in certe condizioni, se forziamo il sistema dall'esterno (per esempio, prendiamo un solido e ne aumentiamo la temperatura) possiamo finire per indurre ciò che viene chiamato “un cambiamento di fase”, cioè, un cambiamento radicale delle variabili che definiscono lo stato (nell'esempio del solido detto precedentemente, la viscosità passerebbe dall'essere indefinita ad aver un valore  relativamente basso). Una volta che ha cambiato di fase, il sistema passa ad un comportamento del tutto diverso da quello precedente (per esempio, un solido rimane stabile su un tavolo, mentre un liquido si sparge in tutte le direzioni e un gas si diffonde nell'aria e si mescola agli altri gas).

La cosa realmente interessante è ciò che accade quando ci avviciniamo a questo punto critico (si chiama così) nel quale un sistema cambia di fase, prima che passi da un comportamento all'altro (prima che l'acqua bolle, prima che l'aggiunta di un nuovo granello di sabbia provochi una valanga, prima che la depressione tropicale si trasformi in uragano...). Vicino al punto critico alcuni dei parametri del sistema scatta e diventa instabile. Piccole perturbazioni nel sistema inducono variazioni grandi o oscillatorie nei parametri colpiti. Il sistema fluttua e diventa caotico. Esattamente come dice John Michael Greer, l'apparizione di tali fluttuazioni annuncia l'arrivo del punto critico e nella misura in cui ci avviciniamo al punto in cui il nostro sistema smetterà di essere com'è e cambierà radicalmente, l'ampiezza di queste fluttuazioni si va facendo terribilmente più grande.

Analogamente a molti sistemi naturali strutturati, come per esempio gli ecosistemi, la nostra società è a sua volta un sistema complesso, integrato da una moltitudine di piccole parti con una moltitudine di interazioni ed anche in essa si osservano comportamenti emergenti del sistema che vanno molto al di là dei comportamenti della somma delle sue parti. Pertanto è un terreno propizio per applicare i principi della Fisica Statistica e di fatto è da molti anni che delle branche della stessa studiano parti del sistema sociale umano (per esempio, la econofisica o la teoria delle reti).

La nostra società è in crisi da alcuni anni. Nonostante i canti della sirena del governo spagnolo non si sta verificando una ripresa in questo paese e se si guardano gli indicatori mondiali si conclude che nemmeno nel mondo c'è. Al contrario, l'ampiezza della crisi sembra stia crescendo: lavoro più precario, risparmi che diminuiscono, crisi finanziaria che non finisce, crisi istituzionale che sta arrivando a estremi insopportabili... Stiamo entrando in una situazione di oscillazioni sempre più grandi che anticipano una transizione di fase, un cambiamento repentino del nostro mondo e della nostra società? Guardiamo il nostro ambiente un po' nel dettaglio.

Gli ecosistemi del pianeta sono gravemente minacciati. Nei circoli accademici si parla di Sesta Estinzione, in questo caso non innescata da alcun meteorite o dall'irruzione delle alghe, ma dall'azione dell'uomo. Abbiamo già commentato riguardo agli indicatori molteplici di questi cambiamenti radicali. Se non si opera un cambiamento di rotta, le specie animali e vegetali che domineranno questo pianeta durante i prossimi millenni saranno altre, molto diverse da quelle attuali. Che gli ecosistemi siano gravemente alterati lo evidenziano le continue ondate di anomalie: un anno le acque si riempiono di meduse come non  si era mai visto, un altro si producono proliferazioni di alghe un tempo sporadiche, si trovano insetti molto più al nord del loro habitat naturale, ecc, ecc. Insomma, fluttuazioni che ci annunciano un prossimo cambiamento di fase, dell'arrivo di nuovi ecosistemi.

Un altro esempio di sistema che sta subendo grandi oscillazioni (che è quello a cui alludeva John Michael Greer nel suo post) è il sistema climatico della Terra. Quelli fra noi che vivono nel terzo settentrionale della Spagna stanno vivendo un'estate strana, con cambiamenti bruschi di temperatura e precipitazioni, proprio come dicevo nel post “Un anno senza estate”, ma le anomalie coprono tutto il pianeta: la siccità nell'ovest degli Stati Uniti sta giungendo a dimensioni di catastrofe nazionale, gli incendi flagellano periodicamente la steppa russa, le temperature registrate in molti punti del Circolo polare Artico battono i record e il pianeta, preso nel suo insieme, registra i mesi più caldi da quando ci sono i rilevamenti. Non è solo l'estate. Tenendo conto di come sono stati gli ultimi autunni (più caldi e secchi del normale, dove vivo io) e gli inverni (la parola “ciclogenesi esplosiva” porta sicuramente brutti ricordi agli abitanti della parte atlantica del continente europeo) non è irragionevole pensare che forse i cambiamenti osservati sono quelle oscillazioni la cui crescente ampiezza anticipa un cambiamento di fase del clima relativamente vicino. Quale sarà il nuovo clima nessuno lo sa, anche se l'impatto del nuovo regime dei venti e delle piogge avrà implicazioni determinanti sulla vita delle persone  in un momento in cui dovranno dipendere di più dai frutti della terra per sostenersi, al decrescere della disponibilità di energia in generale.

Che dire del petrolio e delle altre risorse non rinnovabili? Si può considerare che si stiano producendo fluttuazioni crescenti nella sua disponibilità, presagio del cambiamento secolare? Una semplice occhiata alle notizie degli ultimi mesi ci mostra che, dopo anni – non molti – di relativa calma (con ancora molti conflitti, ma con poca presenza mediatica) si sta producendo una certa esplosione di guerre e conflitti in paesi che erano tranquilli da decenni. Il denominatore comune di questi conflitti? Non si può dire in modo netto che ce ne sia solo uno, ma alla base di tutte queste guerre e rivolte (Egitto, Siria, Iraq, Ucraina, Nigeria, Libia, Sudan) c'è una forte componente di controllo delle risorse di gas e/o petrolio (e, pertanto, la diminuzione degli introiti della loro esportazione o l'aumento delle spese della loro esportazione), stanno tirando la corda e provocando sempre più conflitti interni che un giorno sì e uno no arrivano sulla stampa. E' il caso dell'Argentina e del suo recente default parziale,


del Brasile e dei suoi movimenti di protesta contro i tagli,







e di tanti altri paesi nei quali la manna del petrolio ha smesso di scorrere come in precedenza. Se la maggioranza dei paesi produttori di petrolio ha problemi seri, cosa sta succedendo nei paesi che non producevano petrolio e dovevano importarlo? Ovviamente che stanno soffrendo Soffrono tutti. Soffrono perché manca il petrolio per alimentarli. Le esportazioni di petrolio greggio nel mondo sono stagnanti, presagendo il declino: 



Persino gli Stati Uniti soffrono per mancanza di petrolio, con grande sorpresa dei molti disinformati. Anche se il consumo totale di petrolio (greggio più condensato) negli Stati Uniti è aumentato negli ultimi anni, il consumo di petrolio pro capite scende dal 2005, l'anno in cui siamo giunti al picco del petrolio greggio convenzionale, come spiega in un articolo recente e fortemente raccomandato Gail Tverberg:



E come spiega Gail Tverberg, non solo diminuisce il consumo di petrolio negli Stati uniti, diminuisce anche il consumo pro capite di energia (totale, non solo di petrolio), cosa che nella storia degli Stati uniti non era mai successa. Il fatto è che la bolla del fracking è solo questo: una bolla. La realtà è che la produzione di tutti i liquidi del petrolio (il petrolio greggio più tutti i succedanei, servano o meno, che vengono aggiunti alla contabilità per dissimulare il fatto che la produzione di greggio sta già diminuendo) da qualche anno è insufficiente a coprire la domanda (notate nel grafico il piccolo salto che c'è fra la linea nera che rappresenta il consumo e la curva ombreggiata verde che rappresenta la produzione) Come viene riconosciuto nell'annuario della BP da dove sono stati presi tutti questi dati, si sta mettendo mano alla riserve dell'industria per coprire la domanda con un'offerta che è già insufficiente. 


Possono essere peggiorate queste cattive notizie? Ebbene sì. Se escludiamo gli Stati Uniti, la produzione di tutti i liquidi assimilati al petrolio del mondo sta già diminuendo.



E tenendo conto che è in vista il picco del petrolio da fracking degli Stati Uniti, risulta evidente che in un anno o due il declino della produzione di tutti i liquidi (non solo del petrolio greggio) non si potrà più dissimulare. 



Ci troviamo quindi in una situazione in cui la disponibilità di petrolio diminuisce già per tutti, ma i più potenti soffrono meno perché possono accaparrarsi una parte maggiore della torta e alcuni paesi, come la Cina, stanno ancora riuscendo ad aumentare il proprio consumo, logicamente a spese di altri. Fino a qualche anno fa questi “altri” paesi ci sembravano molto lontani. Ma adesso che la torta sta iniziando a diminuire con una certa rapidità, all'improvviso assistiamo allo spettacolo di vedere paesi occidentali, ovviamente i meno potenti, che si vedono costretti a diminuire il proprio consumo in modo precipitoso e di conseguenza ad immergersi in crisi economiche sempre più profonde. Paesi dove il consumo di petrolio è diminuito di più del 20% negli ultimi anni perché le loro economie non riescono ad assorbire gli alti costi di questa materia prima, perché inoltre le loro economie sono fra le più dipendenti dal petrolio. E' il caso della Grecia, 


dell'Italia,



del Portogallo,



e, naturalmente, della Spagna.



Lo sappiamo già: soffiano venti di cambiamento e se guardate ogni giorno le notizie vi sarete resi conto che sono sempre di più gli uragani. Questa instabilità, questa crescente conflittualità, queste guerre più o meno dichiarate, questa escalation dialettica fra le grandi potenze... sono per l'ambito delle risorse, di nuovo, grandi fluttuazioni del nostro stato attuale e pertanto anticipano un brusco cambaimento di stato, che in questo caso può essere solo catastrofico (immaginatevi cosa comporterebbe, per esempio, una guerra commerciale o più convenzionale con la Russia, o il collasso dell'Arabia Saudita). 

In linea coi problemi geopolitici che andranno emergendo per la crescente scarsità del combustibile che alimenta l'economia mondiale, ma con fattori che le sono propri, viviamo gli ultimi mesi prima del prossimo crollo in borsa. Le economie di tutto il mondo subiranno una grande contrazione, simile a quella vissuta nel 2008, a un certo punto fra la fine di quest'anno e l'inizio del prossimo. Vari fattori degli ultimi mesi (le crescenti rivolte, i cattivi indicatori economici delle economie europee, la tensione in aumento con la Russia, il rallentamento dell'economia cinese...) sono le fluttuazioni che precedono un grande cambiamento di fase, quello che darà più di che parlare giunti a quel momento, quello che nessuno collega con tutti gli altri, quello che eclisserà tutti gli altri fino al punto in cui non si vedranno più. 

Durante i prossimi dodici mesi si produrranno molti eventi che metteranno in crisi la stabilità di molti paesi. Oltre dei referendum per l'indipendenza in Scozia e in Catalogna, il tracollo delle aspettative politiche elettorali dei grandi partiti presagiva il tracollo degli Stati nazionali in Europa, un processo che può accelerare si invade ancora una volta l'Iraq o si fa la guerra più o meno dichiarata alla Russia. Nuove oscillazioni crescenti che presagivano un cambiamento repentino verso un nuovo scenario radicalmente diverso. 

Se nell'esperimento della vasca da bagno smettete di muovere la mano (se smettete di sottoporre il liquido alla forzatura), l'acqua tornerà a calmarsi e riuscirà a tornare di nuovo ad uno stato di equilibrio. In alcuni casi il nuovo equilibrio sarà simile a quello precedente. Ma, in generale, questo equilibrio non può essere uguale a quello precedente e può arrivare ad essere molto diverso. Questo fenomeno è conosciuto come isteresi. Un caso tipico di isteresi all'interno dei sistemi che oggi commentiamo è quello delle catene trofiche: se alteriamo brutalmente un ecosistema (per esempio, cacciando o pescando in maniera massiccia alcune specie) quando lo lasceremo in pace non tornerà ad essere com'era prima: nuove specie avranno occupato le nicchie ecologiche di quelle che c'erano in precedenza, impedendo il loro ritorno e forse impedendo anche il consolidamento di una catena trofica sostenibile e stabile. 

Il nostro sistema climatico oscilla, anche gli ecosistemi ed i prezzi delle risorse aumentano l'agitazione ed anche i paesi sono sempre più strapazzati. Queste oscillazioni ci anticipano che stiamo giungendo ai limiti. E' preferibile non forzarli ulteriormente, non solo per il caos che ne risulterà (con la sua inevitabile dose di distruzione), ma perché quando alla fine tutto si calma, eliminata la perturbazione che per la storia sarà stata un respiro, le cose non torneranno ad essere come prima. Ed è poco probabile che siano migliori. 

Saluti.
AMT

martedì 30 settembre 2014

Dieci scenari apocalittici assortiti

DaResource Crisis”. Traduzione di MR





Nella narrativa è permesso estrapolare alle loro conseguenze finali gli effetti di fenomeni normali, esaminando ipotesi estreme di eventi che potrebbero accadere, a prescindere dal fatto che siano improbabili. Quindi, l'interesse per il concetto di “fantaclima" (climate fiction  -- cli-fi-) come modo per esplorare le possibili conseguenze del cambiamento climatico in situazioni molto più estreme di quelle degli scenari, di solito molto sterilizzati, presentati dagli scienziati.

Sembra che, finora, solo poche delle possibili catastrofi collegate al clima siano state esaminate in dettaglio in film e racconti. Quindi, ho preparato qui un elenco di dieci scenari apocalittici, tutti collegati al cambiamento climatico. Non ho fatto alcun tentativo di stimare le probabilità di questi eventi, ma credo che nessuno di questi scenari sia fisicamente impossibile. Sono semplicemente un po' estremizzati (parecchio) per aumentarne gli effetti drammatici. L'elenco potrebbe servire come fonte di ispirazione per coloro che stanno cercando di cimentarsi nello scrivere racconti  di fantaclima. Qui, sono organizzati in un ordine approssimato di crescenti conseguenze catastrofiche.


1. “La grande fiamma di carbone” (o “Saddam al quadrato”). Un gigantesco fuoco di carbone che non può essere spento. Tutti sappiamo come, nel 1991, le truppe irachene che si ritiravano dal Kuwait hanno fatto saltare circa 700 pozzi di petrolio, provocando enormi incendi. Il danno generato non è stato terribilmente catastrofico e gli incendi sono stati spenti in meno di un anno, strozzandoli alla bocca del pozzo. Tuttavia, possiamo pensare a qualcosa di più difficile da spegnere se immaginiamo che l'incendio potrebbe colpire un grande deposito di carbone. Esistono già fuochi di carbone sotterranei che bruciano da decenni e sembrano essere impossibili da spegnere. Immaginiamo qualcosa di molto più grande, forse risultato di un'arma nucleare tattica che ha colpito per errore (o di proposito) una grande miniera di carbone. Il risultato sarebbe un gigantesco incendio che ricopre un'area enorme; sarebbe probabilmente molto più difficile da spegnere degli incendi localizzati nei pozzi di petrolio del Kuwait del 1991. Già adesso, gli incendi incontrollati di carbone equivalgono a circa il 3% delle emissioni mondiali di CO2. Se una grande miniera di carbone dovesse incendiarsiil disastro che ne risulterebbe potrebbe accelerare considerevolmente il cambiamento climatico. Per non dire niente dell'inquinamento generato localmente in termini di ceneri, ossidi di zolfo, mercurio ed altre sostanze chimiche velenose. Un disastro forse non globale, ma comunque notevole.

2. “Super Distacco” o "Il ritorno di Heinrich". Il rapido collasso in mare di grandi quantità di ghiaccio. Il “distacco”  ("calving" in inglese) è un fenomeno ben conosciuto per il quale grande quantità di ghiaccio si staccano dalle calotte glaciali e creano iceberg. Di solito, il processo non causa danni agli esseri umani (eccetto in casi speciali, come quello del Titanic). Ma immaginate che dei pezzi di ghiaccio molto grandi venissero rilasciati ad un tasso molto più rapido di quello attuale. Questo è avvenuto nel rempoto passato in quegli eventi chiamati "Eventi di Heinrich" che hanno visto interi eserciti di iceberg attraversare l'Oceano Atlantico. Se si verificasse oggi, il processo potrebbe interrompere la navigazione nelle aree intorno alle grandi calotte glaciali, come vicino alla Groenlandia, e potrebbe anche generare onde enormi – non tsunami, ma grandi abbastanza da fare danni a distanze considerevoli. Poi, la presenza di grandi quantità di ghiaccio galleggiante nell'oceano avrebbe effetti significativi sul clima e sulla circolazione oceanica termoalina. La combinazione di questi fenomeni interromperebbe il commercio e il trasporto in un'area vitale per l'economia mondiale.

3. “Ipertempeste!” Tempeste gigantesche che scatenano disastri. Un aumento della frequenza e della dimensione degli uragani è atteso come conseguenza del cambiamento climatico. In alcune condizioni, gli uragani possono essere davvero enormi e in questo caso prenderebbero il nome di “Iperagani" ("hypercanes" in inglese), supertempeste della dimensione di un continente che raggiungono la stratosfera, con effetti collaterali come la distruzione dello strato protettivo di ozono. A causa di questo effetto, è stato ipotizzato che alcune delle mega-estinzioni del passato fossero state dovute ad iperagani. Si ritiene che temperature della superficie del mare sufficientemente alte da creare un iperagano possano essere generate solo da circostanze eccezionali, come impatti di asteroidi. Tuttavia, non è impossibile che una combinazione di fattori collegati al riscaldamento globale possano generare tempeste sempre più grandi. Già nelle condizioni attuali gli uragani sono una grande forza distruttrice sulle strutture costruite dall'uomo, immaginate qualcosa di molto più grande e d anche più distruttivo. Anche così, il danno sarebbe più che altro locale, a meno che non riusciamo a far nascere un vero iperagano che va a distruggere lo strato di ozono creando un disastro globale


4. “Il grande disastro dell'anello di ghiaccio”. Tsunami generati dai movimenti tettonici causati dalla fusione delle calotte glaciali settentrionali.  “L'anello di ghiaccio” è una regione che comprende diverse faglie geologiche nell'Emisfero Settentrionale. Si tratta di una regione vulcanica già attiva, ma la fusione della calotta glaciale della Groenlandia genererebbe ulteriori instabilità. La Groenlandia “galleggia” al di sopra di un mantello semifluido e si solleverebbe se libera dalla massa di ghiaccio che la ricopre (viene chiamato “rimbalzo isostatico”). Il risultato sarebbe la destabilizzazione delle anomalie geologiche dell'area: un aumento dei fenomeni vulcanici, terremoti e grandi frane costiere. Il risultato più disastroso sarebbero gli tsunami atlantici, un fenomeno che finora è stato molto raro, ma che verrebbe incrementato e reso sempre più comune dal cambiamento climatico. Gli tsunami che provengono dalla Groenlandia potrebbero colpire in modo particolarmente duro Scozia, Norvegia ed Irlanda, ma anche la costa nordoccidentale dell'Europa (in particolare l'Olanda) interrompendo o distruggendo un nodo industriale e commerciale fondamentale per l'intera Europa.

5. “Il Grande Gelo" (o: “Younger Dryas reloaded”). Un rapido raffreddamento, qualcosa nell'ordine dei 5°C (23°F) dell'Emisfero Settentrionale. Il precipitare della calotta glaciale della Groenlandia nell'oceano potrebbe fermare la circolazione termoalina del Nord Atlantico. Come abbiamo visto nel film “The day after tomorrow”, questo genererebbe un rapido raffreddamento dell'Emisfero Settentrionale. Si crede che qualcosa di simile sia già avvenuto durante il periodo denominato “Younger Dryas”, circa 12.000 anni fa; probabilmente causato dal rilascio improvviso nell'Atlantico dell'acqua fredda di un lago (“Lago Agassiz”) quando la diga di ghiaccio che la teneva chiusa sul posto ha ceduto (sì, è la trama del secondo film della serie “Era Glaciale”, quello intitolato “La Fusione”). Nel caso di un Younger Dryas, il congelamento dell'emisferero settentrionale sembra aver avuto luogo in pochi anni. Immaginate se qualcosa di simile dovesse succedere oggi: le conseguenze non sarebbero nemmeno immaginabili, anche se dovessimo assumere che influirebbero soltanto sull'emisfero settentrionale.

6. “Il grande impeto del mare”. L'aumento del livello mare generato dalla rapida fusione delle calotte glaciali della Groenlandia e dell'Antartide Occidentale che spazza via la maggiorparte delle città e infrastrutture costiere.  Questa non è tanto un'ipotesi quanto una certezza virtuale, date le attuali tendenze. Ciò porterebbe ad un aumento del livello del mare più o meno di 7 metri (24 piedi) dalla sola Groenlandia, più circa 3 metri da parte dell'Antartide Occidentale ed un ulteriore contributo da parte della fusione più lenta di altre calotte glaciali. Tuttavia, normalmente si crede che questo evento si scatenerebbe in secoli o millenni e che gli esseri umani avrebbero tempo per adattarsi (forse). Dopo tutto, come spesso si dice, ciò che viene colpita dall'aumento del mare “è solo l'edilizia”. Ma immaginiamo che il processo sia molto, molto più rapido – e che avvenga in pochi decenni o anche meno. Non si vedrebbe l'impeto di onde gigantesche che sommergono le città costiere, come nel film “2012”, ma l'aumento del livello del mare sarebbe comunque così rapido che non ci sarebbe tempo per costruire argini o per riposizionare gli edifici e le strutture all'interno. Il risultato sarebbe una frenetica fuga verso l'interno, mentre l'infrastruttura industriale e dei trasporti vitale dovrebbe essere abbandonata.


7. “Solleticare la coda del drago” (o: "Spararsi con la pistola a clatrati”). Un gigantesco rilascio di metano causato dagli esseri umani e il conseguente rapido aumento della temperatura. Immaginiamo che qualcuno ben intenzionato cerchi di risolvere la crisi energetica estraendo metano dagli idrati (o clatrati) sepolti sul fondo dell'oceano. Ora, immaginate che trivellare queste riserve di clatrati inneschi un fenomeno auto-alimentato di rilascio. Proprio come la BP non sapeva come fermare la perdita nel pozzo di Macondo, le compagnie che trivellano – diciamo – nell'Oceano Artico scoprirebbero di non sapere come chiudere il buco che hanno trivellato e che, anche se potessero, appaiono comunque sempre altri buchi. Il risultato è un massiccio rilascio di metano nell'atmosfera, un gas serra molto più potente del biossido di carbonio. Di conseguenza si dispiegherebbe il “caso peggiore” fra gli scenari del IPCC in pochi anni anziché in un secolo. I risultati? Be', probabilmente tutti i quattro scenari precedenti: collasso delle calotte glaciali, interruzione della corrente termoalina oceanica e tutte le sue terribili conseguenze. Ma anche un'estesa distruzione climatica e la desertificazione delle regioni temperate. Non si parlerebbe più di “siccità in California” per le stesse ragioni per cui non si parla di “siccità nel deserto del Sahara”. La California diventerebbe come il deserto del Sahara (e non solo la California).


8. “Troppa Grazia" o “Il grande contraccolpo del clima”. La geoingegneria si ritorce contro chi la usa . Possiamo immaginare multipli disastri che emergono da tentativi ben intenzionati ma mal concepiti di ridurre il riscaldamento globale. Spruzzare particolato nell'alta atmosfera, o forse specchi giganti in orbita, raffredderebbero la Terra, ma non sappiamo come condizionerebbero gli eventi meteorologici. Per esempio, potrebbero indebolire i monsoni dell'Oceano Indiano e condannare almeno un miliardo di persone alla fame. Oppure potrebbero andare troppo nella direzione opposta (troppa grazia, Sant'Antonio), con effetti simili a quelli di un inverno nucleare. Infine, immaginate che una grande crisi economica sottragga i fondi al tentativo della geoingegneria. O, immaginate che una grande campagna pubblicitaria convinca la gente che era una truffa o era inutile (questo probabilmente è l'elemento più realistico di questo scenario). Poi, quando gli schermi solari cadono, la Terra torna a scaldarsi più di prima e le temperature schizzano verso l'alto così rapidamente che, prima che si possano riprendere i controlli, è troppo tardi. E questo sarebbe un vero disastro globale.


9. “Il mondo come una gigantesca camera a gas”. E se il CO2 risultasse non essere così innoquo come normalmente si crede che sia? Il CO2 viene spesso definito come “il cibo delle piante” e si crede che non possa condizionare negativamente la salute umana finché non raggiunge concentrazioni almeno 10 volte oltre i valori attuali. Tuttavia, è anche vero che la nostra specie si è evoluta in condizioni di concentrazioni di CO2 atmosferico al di sotto dei 300 ppm e che le attuali concentrazioni di 400 ppm non sono mai state sperimentate  dai nostri antenati. Man mano che le concentrazioni di CO2 atmosferico continuano ad accumularsi, potremmo raggiungere concentrazioni di quattro o cinque volte maggiori di quelle che sono state la regola negli ultimi milioni di anni, più o meno. Il CO2 è una molecola reattiva che, fra le altre cose, condizionerebbe il pH del sangue e qualcuno ha sostenuto che concentrazioni oltre i 425 ppm avrebbero già effetti negativi; per tacere di valori molto più alti. Quindi, se scoprissimo di aver trasformato il pianeta in una gigantesca camera a gas, cosa faremmo?

10 “Venere, il disastro finale”. Le temperature potrebbero salire abbastanza da uccidere tutto e tutti. Lo scenario “Venere” è una versione estrema dell'effetto serra fuori controllo. Mentre le temperature aumentano, sempre più vapore acqueo viene pompato in atmosfera. Siccome il vapore acqueo è un gas serra, esso causa ulteriore riscaldamento dell'atmosfera. Al suo limite estremo, il processo potrebbe auto-alimentarsi al punto che gli oceani evaporerebbero completamente. Le temperature potrebbero diventare così alte che i carbonati nella crosta terrestre si decomporrebbero, creando un'atmosfera densa e satura di CO2. Aggiungete un po' di acido solforico generato dai vulcani ed avrete trasformato la Terra in qualcosa di molto simile a Venere. Le temperature raggiungerebbero diverse centinaia di gradi Celsius in superficie; niente acqua allo stato liquido, niente vita. Oggi, si ritiene che la radiazione solare che arriva sulla Terra non sia sufficientemente intensa da generare il tipo di retroazione che trasformerebbe la Terra in una gemella di Venere. Ma ci sono sempre incertezze in questi calcoli e lo “scenario Venere” non può essere completamente escluso. La sola via di fuga dalla catastrofe di Venere sarebbe lasciare la Terra per un altro pianeta, sempre che gli esseri umani siano in grado di costruire astronavi in tempo. Si tratta, chiaramente, della catastrofe finale: la sterilizzazione dell'intero pianeta.


Si tratta di fantasia, solo di fantasia, ma...