venerdì 9 dicembre 2011

Climategate 2.0: mi puoi fregare una volta, ma non due.


Il numero di ricerche con il termine "Climategate" secondo Google Trends. La seconda uscita delle emails rubate, il mese scorso (“Climeategate 2.0”) non ha generato niente di paragonabile al picco di interesse della prima uscita (“Climategate”), nel 2009. (traduzione da "Cassandra's Legacy" di Massimiliano Rupalti)


Il cosiddetto caso del "Climategate" del 2009 rimarrà nella storia come un esempio di campagna propagandistica ("spin campaign") di grande successo. Ha avuto un forte effetto negativo sulle opinioni del pubblico riguardo al riscaldamento globale e sulla fiducia negli scienziati, oltre ad aver giocato un ruolo importante nel fallimento dei colloqui sul clima di Copenhagen. Tuttavia, il pubblico ha reagito con un grande sbadiglio al secondo gruppo di messaggi email pubblicati il mese scorso (“Climategate 2.0”). Possiamo vederlo usando “Google Trends” come mostrato sopra e sotto. Il modesto picco che corrisponde ai frenetici tentativi di infiammare l'interesse del pubblico sul Climategate 2.0, non è nulla di lontanamente paragonabile al gigantesco picco del primo Climategate.





Apparentemente, in queste cose vale un vecchio detto, “mi puoi fregare una volta, ma non due.” Ovvero, è molto difficile fregare la gente due volte con lo stesso trucco. Infatti il “Climategate 2.0” si sta rivelando un grande flop.

I sondaggi più recenti negli Stati Uniti indicano che la preoccupazione rispetto al riscaldamento globale sta risalendo di nuovo fra il pubblico, questo a riprova del fatto che non puoi ingannare la gente per sempre. Quindi, abbiamo ancora una possibilità di vincere questa battaglia. Dobbiamo continuare a combatterla.

mercoledì 7 dicembre 2011

Prendere un politico per il collo.....


"Sviluppi una coscienza globale istantanea, una empatia per la gente, una intensa insoddisfazione per lo stato del mondo e una gran voglia di fare qualcosa in proposito. Da lassù, sulla Luna, la politica internazionale ti sembra così di basso livello. Ti viene voglia di prendere un politico per il collo e tirarlo via a un quarto di milione di miglia e dirgli: 'Guarda qui, figlio di puttana!"

L'astronauta dell'Apollo 14, Edgar Mitchell


(da Omnomination)

domenica 4 dicembre 2011

Narrativa contro scienza: un commento di Antonio Turiel


Esaminando il dibattito sul riscaldamento globale e sul picco del petrolio, sono giunto alla conclusione che l'unità elementare di comunicazione nella discussione pubblica è sempre una storia – una narrazione di qualche tipo. In altre parole, tendiamo ad interpretare la realtà in termini narrativi, come potete facilmente comprendere con un semplice sguardo ai titoli dei giornali. Ho sostenuto di recente che il notevole successo dei negazionisti del cambiamento climatico è dovuto allo sviluppo di una narrativa fantastica che descrive come un gruppo di scienziati malvagi abbiano manipolato i dati delle temperature per convincere il pubblico di un inesistente riscaldamento globale. Questa narrativa è così seducente per la percezione umana che è praticamente impossibile combatterla coi soli dati. Ci sono altri esempi: uno è il caso delle “predizioni sbagliate” che il Club di Roma, come viene spesso detto, avrebbe proposto nello studio del 1972 “I Limiti dello Sviluppo”. E' un'ostinata leggenda che si rivela essere quasi impossibile da demolire semplicemente mostrando che i pretesi"errori" non esistono.

Così, molta gente tende ad essere attratta da piacevoli fiabe piuttosto che da scomode verità. Ciò non significa che la realtà debba necessariamente essere spiacevole, negativa o apocalittica. Tuttavia, se vogliamo far passare il nostro messaggio al pubblico, i soli dati non sono sufficienti; i risultati scientifici devono essere presentati in modi che tengano conto il lato umano dei problemi. Come riuscire in quest'impresa rimane una questione aperta, ma Antonio Turiel, titolare del blog “The Oil Crash", l'ha esaminato in un post recente dal titolo "huyendo de la realidad" dedicato in gran parte alla leggenda delle“scie chimiche”.


Come probabilmente sapete, c'è chi sostiene che le "scie chimiche" sono il risultato di un complotto efferato che implica l'uso di aerei per diffondere veleni che appaiono come strisce bianche nel cielo. Ovviamente, non esistono dati che possano anche solo vagamente far pensare che le ben note “contrails”, generate dagli aerei in volo, non siano fatte di vapore acqueo ma, piuttosto, siano terribili veleni. Tuttavia, la narrativa del concetto di “scie chimiche” è seducente nel suggerire che i nostri problemi sono il risultato dell'azione di un gruppo di malefici nemici dell'umanità che agiscono dietro le quinte. Cercare di contrastare questi racconti fantastici per mezzo di dati risulta inefficace; per questo bisogna cercare di utilizzare altri racconti, proprio come fa Antonio Turiel nel post che segue.



UB






Fuggire dalla realtà

Guest post di Antonio Turiel da "The Oil Crash"

Traduzione a cura di Massimiliano Rupalti

Revisione di Sara Francesca Lisot














Immagine delle cosiddette “scie chimiche” tratta dal blog di Pakouss, http://infopakous.blogspot.com/



Cari lettori,

ho una grande serie di temi di cui mi vorrei occupare nei prossimi post, serie che si intensificherà con la pubblicazione, la settimana prossima, del nuovo World Energy Outlook della Agenzia Internazionale per l'Energia (di cui proverò a dare una prima valutazione appena possibile, a partire da mercoledì). Tuttavia, ho sentito la necessità di scrivere un post riprendendo l'idea del picco (sempre provvisorio) della stupidità umana, come sottolineava Ugly Youth (nickname di un lettore del blog, ndT) in un commento ad un mio post, e in linea con una discussione su Facebook sulla ben conosciuta questione delle chemtrails (scie chimiche) sulla quale ad un certo punto sono stato interrogato su questo blog. So che con questo post non mi farò degli amici, ma credo che in momenti di confusione come quello attuale, ed altri di maggior confusione che verranno in seguito, sia importante guardare al nostro mondo con buon senso ed umiltà. Buon senso per non cercare spiegazioni complicate a ciò che sembra ben rispondere ad una logica più semplice; umiltà per riconoscere la pochezza e l'irrilevanza dell'essere umano, per quanto lui si creda seduto su un trono da semidio per la sua scienza e le invenzioni tecnologiche.

Per chi non sapesse che cosa sia la storia delle chemtrails, la riassumerò brevemente (oltre al link a wikipedia che ho appena messo): sembra che da qualche tempo alcune persone si siano fissate su alcune strane scie (dette “chemical trails o chemtrails” ndT) lasciate da aerei in volo. Nonostante si insista nello spiegare che tali scie si producono per condensazione di vapore acqueo (il che dipende dall'umidità relativa dell'aria, dalla temperatura delle ali dell'aereo, dalla potenza di spinta dei reattori, ecc), gli "sciachimisti" credono che in realtà si tratti di una sorta di irrorazione della popolazione con sostanze chimiche che garantiscono il controllo mentale della massa da parte dell'oligarchia dominante. Partendo da questo assunto, si sviluppa tutto un discorso di teoria della cospirazione e di malvagi “illuminati” che cospirano in grotte nascoste per farci del male. Il problema di questa storia è che non si regge in piedi in nessun modo.

In primo luogo, se l'obbiettivo fosse di disperdere una sostanza perché sia assorbita dalla popolazione, ci sono metodi più sicuri e comprovati per farlo. Per esempio con la fornitura di acqua potabile. Le grandi città del mondo civilizzato (suppongo che nel terzo mondo manchi il controllo mentale, considerando come si usino le armi per il controllo) hanno i loro impianti di potabilizzazione dell'acqua nei quali sarebbe facile aggiungere l'ingrediente a sorpresa voluto, sia questo pentotal di sodio o haloperidol. Inoltre, sarebbe molto più facile regolare le dosi che arrivano alla popolazione e controllarne la dispersione, e far sparire le prove sospette negli impianti di depurazione dei liquami.

Ma, bene, immaginiamoci che, per un qualche motivo, la dispersione debba avvenire per via aerea. Disperdere sostanze dagli aerei a reazione che volano a migliaia di metri di altitudine non sembra un'idea molto intelligente. Forse avrete notato che quando si irrorano le piantagioni o si cerca di spegnere gli incendi si usano aerei ad elica - aerei o elicotteri – che sono in grado di volare più vicini all'obbiettivo, onde evitare che il carico si disperda troppo – e pensate che nel caso dello spegnimento degli incendi stiamo parlando di una sostanza – l'acqua – molto densa. Perché? Perché se lanciamo una qualsiasi sostanza non solida da un'altezza di migliaia di metri, la sua dispersione sarà più complicata e caotica man mano che si avvicina a terra. Si dice che i primi metri dal suolo verso l'atmosfera (diciamo i primi cento metri) formano il cosiddetto “strato limite atmosferico”, in cui la velocità del vento deve essere adattata ai valori più alti degli strati superiori fino a quando non ha un valore esattamente pari a zero a contatto con la superficie. Dipendendo dalla struttura topografica e dalla rugosità del suolo c'è una zona di dispersione, lo strato limite, in cui la velocità del vento non solo va diminuendo, ma cambia rapidamente direzione, seguendo un disegno a spirale se la topografia è piana; e se la topografia è più complicata seguirà un disegno sufficientemente più complesso che può estendersi fino a pochi metri sopra i tetti degli edifici. Non avete mai notato,nei giorni di forte vento, i mulinelli che si formano nelle grandi strade? O come il vento che soffia da est quando camminiamo lungo una via, soffi da nord appena girato l'angolo? Non avete mai notato l'andamento capriccioso di un foglio di carta o di un sacchetto di plastica? Questo è ciò che accade sui tetti delle case, solo in forma più violenta a causa della maggior forza del vento. E questo senza tenere conto di quanto possano essere cari tutti quei voli per le irrorazioni. Se quello che si desidera è intossicare la popolazione, installate alcuni piccoli dispersori sui tetti di alcuni edifici nelle aree più transitate oppure disseminatele fra i comignoli di alcuni edifici, ed otterrete lo stesso effetto ma in forma più discreta e controllata. D'altra parte, non si capisce perché vogliano controllarci con le esotiche scie chimiche visto che c'è già la più prosaica ma efficacissima televisione.

E' certo che tutti questi metodi non hanno la vistosità delle scie chimiche, che ci fanno immaginare una lotta alle prese con il Dottor No, come se fossimo giustizieri vendicatori alla James Bond (e, già che sogniamo, con una bella Ursula Andress fra le braccia). Alla fine, i propugnatori delle chemtrails scelgono una narrativa eroica, di lotta intrepida contro un potere demoniaco, onnisciente e quasi onnipotente, dopo la cui caduta si stabilirà un nuovo ordine; niente di nuovo, quindi, rispetto alle vecchie storie di un Hermes che, spada in mano, taglia la testa al mostro dai cento occhi. Non ci siamo evoluti molto dal periodo ellenico, a quanto si può vedere.

Questa narrativa è simile in tutto a quelle dei difensori delle free energies (di fatto, sono sempre le stesse persone). Abbiamo già commentato qui l'assurdità e l'infondatezza delle free energies (certo è che in inglese free energy è un termine ambiguo, che significa sia energia libera, sia energia gratis, che alla fine è ciò che si pretende per continuare a vivere a tutta velocità come fino ad ora); ciò che è interessante adesso è vedere come i meccanismi psicologici sono gli stessi che nel caso delle scie chimiche e ciò spiega il perché gli affiliati di queste due teorie coincidano. I due gruppi precedenti coincidono anche frequentemente con i difensori della grande cospirazione mondiale degli illuminati e del Nuovo Ordine Internazionale. Non conosco tutti i dettagli di questa teoria della cospirazione in particolare, ma in sostanza è che c'è una casta segreta di ricchi e potenti che formano un consiglio che prende decisioni che reggono il destino del mondo e che detengono un piano demoniaco per sottometterci tutti ad una schiavitù senza fine. In realtà, questa affermazione è anch'essa abbastanza assurda: è ovvio che i più ricchi e potenti cospirino per preservare la loro situazione di privilegio ed influenzano in modo illegittimo i nostri rappresentanti politici, sovvertendo il significato di democrazia; però lo fanno alla vista di tutti, senza nascondersi e, alla fine, senza vergognarsene, perché in alcuni casi arrivano perfino a credere che sia la cosa migliore da fare, anche se non è la più corretta; e non è che gli serva un tavolo di quercia in una caverna buia con un cranio di caprone appeso alla parete per agire in questo modo.

D'altra parte, anche se alcuni di questi potenti avessero i propri piani per anticipare il caos che sta arrivando, dubito che tutti coincidano nell'analisi dei problemi e nelle soluzioni da applicare. E in ultima analisi, non è scontato che possano farla franca, poiché rimane sempre l'incertezza del fattore umano: i loro miliziani saranno sempre fedeli? I leader politici eseguiranno sempre le direttive imposte? Il popolo rimarrà sempre sottomesso? La Storia dimostra che è impossibile tenere tutto in pugno e totalmente sotto controllo. Però, di nuovo, la narrativa eroica della lotta contro i grandi malvagi che hanno rubato la nostra meritata prosperità che fu e che potremmo recuperare se ci liberassimo di loro, è molto più attraente che la volgare e mediocre realtà.

Gli economisti, insieme ai politici, cadono, curiosamente, nella stessa prassi di autoinganno, cercano un discorso più attraente che realistico. Per esempio si parla di recuperare il sentiero della crescita anche se la realtà è che questa crisi economica non finirà mai; di accettare sacrifici ora a vantaggio della futura prosperità quando, in realtà, ogni aggiustamento ci porta al collasso catabolico; di piani di riscatto necessari per far riprendere l'economia quando in realtà servono per tappare i buchi delle grandi banche; di politiche di promozione dell'impiego che in realtà sono il degrado delle condizioni dei lavoratori; ecc. E ancora, i nostri leader cercano una narrativa eroica, grazie alla cui costanza e senso dello Stato, ottengono che tutto torni alla situazione precedente, vale a dire, alla crescita senza fine.

Al contrario di questo modo di esprimersi, la narrativa dell'Oil Crash è molto più grigia, Non è nera come molte volte si dice. L'Oil Crash non è la fine dell'Umanità; non lo è , ovviamente, se non vogliamo che sia così. L'Oil Crash non è la narrativa dell'apocalisse; è piuttosto la narrativa dell'umiliazione. Perché consiste nell'accettare che l'essere umano ha dei limiti, che per una volta non potrà vincere. E questo all'Homo Invictus sorto dalla Rivoluzione Industriale, che ha prosperato infinitamente negli ultimi due secoli, risulta difficile da mandare giù. Questo è il problema in realtà con l'Oil Crash: la superbia dell'uomo moderno. Per il nostro ego è meglio credere che c'è un uomo malvagio che controlla tutto, piuttosto che accettare che la situazione sfugge al controllo dell'uomo, anche se fosse uno spregevole. Il problema della narrativa eroica è che non solo è errata, ma che ci porta al disastro. E allora se di narrativa si tratta, consideriamo un'alternativa...

La storia dei tre boscaioli
di Antonio Turiel

C'erano una volta tre boscaioli che avevano la loro casa, con i loro orti e le loro galline, nella pianura di un grande fiume. La terra era fertile, l'acqua pura e i boschi davano legna in abbondanza. La vita era semplice ma agiata e piacevole. Un giorno uscirono come sempre di buon mattino a cercare legna nel bosco e al ritorno trovarono le loro proprietà devastate. Le porte delle case divelte e l'interno completamente pieno di fango; gli orti rivoltati e molte verdure erano scomparse; ed alcune galline erano morte, mentre altre vagavano sperdute per il vicino bosco.

I boscaioli erano costernati. Quella era una buona pianura ed una buona terra, poco popolata e generosa coi sui abitanti; non conoscevano né il furto né la violenza. Cosa era mai successo? Notando che i danni si estendevano a tutta la pianura, tutti conclusero che la causa della distruzione fosse stata una improvvisa piena del fiume, che per fortuna li aveva colti fuori dalle proprie case. Tuttavia, in oltre duecento anni di storia non si era mai vista una piena di tale dimensione, per cui i boscaioli non sapevano che atteggiamento tenere, se si sarebbe ripetuta oppure no. Cosicché ognuno di loro si mise a riflettere su quali fossero state le cause e su come prevenirle in futuro.

Il boscaiolo della bassa pianura aveva osservato che il boscaiolo della zona a monte si era a poco a poco impadronito di molti terreni, comprandoli a basso prezzo da altri boscaioli che aveva ingannato con mille trucchi. Inoltre, ragionava, il boscaiolo che stava a monte stava tagliando sempre più legna nel bosco, secondo lui perché aveva buoni clienti in città. Il boscaiolo della bassa pianura concluse che il boscaiolo a monte aveva costruito una diga più a monte, diga che prima faceva riempire d'acqua e che poi apriva di colpo per farli fuori tutti; incluse anche le sue proprietà, per non destare sospetti, ma visto che aveva molte proprietà al di fuori della pianura queste distruzioni lo colpivano meno che alla maggior parte degli altri. Per questo, continuava il suo ragionamento, quando era arrivata la piena non lo aveva colto in casa: perché lui era lassù al fiume che stava aprendo la diga. Il suo spregevole piano era evidente: voleva rovinare lui ed il boscaiolo che viveva a mezza pianura per ottenere le loro terre in cambio di quattro soldi. Così, il boscaiolo della bassa decise di non perdere mai d'occhio il boscaiolo a monte della pianura e che avrebbe dormito nella sua casa solo quando lo avrebbe fatto anche lui. Col passare del tempo, il boscaiolo della bassa trovò sempre più elementi che quadravano oltre ogni dubbio con la sua interpretazione dei fatti ed il suo atteggiamento con chiunque ponesse dei dubbi si fece sempre più aggressivo, specialmente contro il boscaiolo di media pianura, di cui era arrivato a pensare che fosse stupido a non vedere l'evidenza oppure che stava in combutta col boscaiolo dell'alta pianura.

Il boscaiolo dell'alta pianura aveva perso molto denaro con l'inaspettata alluvione. Tutte le sue proprietà confinavano col fiume e tutte erano risultate gravemente danneggiate, ma siccome aveva molte proprietà, gliene restavano ancora a sufficienza per vivere con agio. Gli era costato molto arrivare ad avere la sua attuale posizione e non gli sembrava vero che il duro lavoro di tanti anni si potesse perdere per un capriccio della natura, un evento brutale che si era presentato per la prima volta in duecento anni, per quanto si sapesse, poiché non c'erano registrazioni anteriori e, chi lo sa, forse erano almeno mille anni che non si verificava una cosa del genere. Dopo l'incidente, il letto del fiume era tornato ai livelli abituali e in nulla si distingueva dal suo stato normale. Inoltre, con l'apporto di sedimenti alluvionali le sue terre cominciarono a produrre di più di quello che avevano prodotto prima. Giunse alla conclusione che la piena del fiume fosse stata una cosa fortuita, un evento raro che accade solo una volta ogni tot generazioni e che di fatto aveva portato cose positive, come, ad esempio, che gli altri boscaioli gli avevano venduto le loro terre a un prezzo molto buono. Alla fine, ragionava, la fortuna aiuta gli audaci e l'alluvione era una grande opportunità. Si convinse, alla fine, che le cose andavano a meraviglia e che non avesse nulla da temere in futuro.

Il boscaiolo di media pianura era un uomo paziente ed osservatore, taciturno. Gli piaceva fermarsi per lunghe ore sulla veranda di casa sua guardando il fiume, il bosco, le montagne... oppure perdersi passeggiando nel bosco, fino al punto di conoscere ogni albero, ogni pietra, ogni piccolo ruscello... Era da tempo che vedeva che gli inverni erano sempre più rigidi sulle montagne, dove da un anno all'altro si accumulava più neve, a giudicare da come si vedevano le cime. Inoltre, erano stati tagliati troppi alberi lungo il fiume e questo dava l'impressione che la terra non riuscisse più ad assorbire tanto bene l'acqua del fiume quando questo usciva dal suo letto. Lo aveva riferito al boscaiolo dell'alta pianura, ma questi diceva che stava esagerando e che lui invece stava ottenendo molti benefici vendendo buon legno in città e che in fondo quello che stava succedendo era che provava invidia. Lo disse al boscaiolo della bassa pianura, ma questi era troppo intento a seguire il boscaiolo dell'alta pianura ed andava sempre a tagliare dove andava quello e non ascoltava altre ragioni. Il boscaiolo di media pianura concluse che negli anni a venire, quando sarebbe arrivato il disgelo, sarebbero potute avvenire nuove alluvioni anche più grandi di quella che aveva distrutto le loro case ed aziende e decise che la cosa più ragionevole era spostarsi in terreni un po' più alti. Gli costò molto sforzo e molto tempo spostarsi verso l'interno. Per primo si portò l'orto e bivaccava di fianco ad esso. Gli altri boscaioli ridevano di lui, pensando che fosse un eccentrico che dormiva per terra mentre aveva una bella casa di fianco al fiume. Poi fece un recinto per le galline ma in un primo momento stavano insieme a lui nel suo bivacco ed era sempre pieno di piume, e lo chiamavano “faccia di pollo”. Col tempo si costruì una casa nuova, vivendo con grande austerità per potersi comprare l'attrezzatura e la ferramenta di cui aveva bisogno; gli altri lo additavano chiamandolo mendicante.

Finì di costruire la sua casa in tempo per vedere, da distanza di sicurezza, come sul fiume ingrossato passavano galleggiando i cadaveri dei boscaioli della bassa e dell'alta pianura.

Saluti,
Antonio Turiel

venerdì 2 dicembre 2011

Tecnocrati

A sinistra, Marion King Hubbert (1903-1989), ideatore del "modello di Hubbert" della produzione petrolifera. Sulla destra, Mario Monti (1943 -), primo ministro del governo italiano. Sembrano condividere un certo stile ed entrambi sono stati definiti "tecnocrati". Traduzione da "Cassandra's Legacy" di Andrea Schenone

Marion King Hubbert previde correttamente molte cose nella sua carriera, soprattutto sulla produzione di petrolio. Ma aderì anche ad un gruppo chiamato i "tecnocrati" che proponeva che i tecnici esperti dovrebbero dirigere i governi. Forse aveva ragione anche per questa previsione, come i recenti avvenimenti in Italia possono suggerire.

Il Professor Mario Monti, è stato nominato dal Presidente della Repubblica quale nuovo capo del governo italiano, in sostituzione del democraticamente eletto, ma disastroso, Silvio Berlusconi. Non sono sicuro se il signor Monti ami essere definito un "tecnocrate", ma il termine si adatta molto bene al suo attuale lavoro. È questo l'inizio di una nuova tendenza? E' troppo presto per dirlo ma, chi lo sa?

Big Gav ha scritto un post interessante su "peak Energy" riguardo l’ascesa di Mario Monti in Italia.

mercoledì 30 novembre 2011

Perché la crescita economica è così popolare?

Post originariamente pubblicato su Cassandra's Legacy.
Traduzione a cura di Massimiliano Rupalti.



Quando il nuovo primo ministro del governoitaliano, Mario Monti, ha tenuto il suo discorso di insediamento al Senato, pochi giorni fa, ha usato per ben 28 volte il termine “crescita” e nemmeno una volta termini come “risorse naturali” o “energia”. Non è certo il solo a trascurare le basi fisiche dell’economia mondiale: il coro degli esperti di economia ovunque nel mondo gira tutto intorno a questa parola magica: “crescita”. Ma perché? Cos’è che rende questo singolo parametro così speciale e tanto amato?



Durante gli ultimi anni il sistema finanziario ha dato al mondo un segnale molto chiaro quando i prezzi delle materie prime naturali sono schizzate a livelli mai raggiunti prima. Se i prezzi sono alti, c’è un problema di offerta. Siccome molte materie prime che usiamo non sono rinnovabili – petrolio greggio, per esempio – è perlomeno ragionevole supporre che abbiamo un problema di esaurimento. Tuttavia, le reazioni dei leader, dei decisori e degli esperti economici di ogni tipo erano – e sono ancora – quelle di ignorare le basi fisiche della crescita economica e di promuovere la crescita economica come soluzione a tutti i nostri problemi; di più è meglio. Ma, se l’esaurimento è un problema reale, dovrebbe essere ovvio che la crescita può solo peggiorarlo. Dopo tutto, se cresciamo consumiamo più risorse e questo accelererà il loro esaurimento. Quindi, perché i nostri leader sono così fissati con la crescita? Non riescono a capire che questo è un errore madornale? Sono stupidi o cosa?
Le cose non sono così semplici, come sempre. Uno degli errori più comuni che possiamo fare nella vita è quello di presumere che chi non è d’accordo con le nostre idee è stupido. No, sussiste la regola che, per qualsiasi cosa esista, c’è una ragione. Quindi, ci dev’essere una ragione per cui la crescita è propagandata come la cura universale per tutti i problemi. E, se andiamo a fondo nella questione, potremmo trovare la ragione nel fatto che la gente (i leaders alla stregua di chiunque altro) tende a privilegiare i guadagni a breve termine piuttosto che quelli a lungo termine. Lasciate che provi a spiegarvi.

Cominciamo osservando che l’economia mondiale è una reazione immensa e diversificata guidata dai potenziali termodinamici delle risorse naturali che usa. Le risorse sono principalmente non rinnovabili come i combustibili fossili che bruciamo per alimentare l’intero sistema. Abbiamo dei buoni modelli per descrivere il processo; i primi risalgono agli anni 70, con la prima versione dello studio "I limiti dello sviluppo". Questi modelli sono basati sul metodo conosciuto come "system dynamics" e considerano stock di grandi aggregati di risorse (cioè, mediati su molti tipi diversi). Già nel 1972 i modelli mostravano che il graduale esaurimento dei depositi minerali ad alta concentrazione e l’aumento dell’inquinamento persistente avrebbero causato l’arresto della crescita economica ed il suo conseguente declino; più probabilmente durante i primi decenni del 21° secolo. Studi successivi dello stesso tipo hanno generato risultati simili. La crisi attuale sembra confermare quelle predizioni.
Così, questi modelli ci dicono che l’esaurimento e l’inquinamento sono la radice dei problemi che abbiamo, ma ci dicono poco sulla crisi finanziaria che stiamo vivendo. Non contengono uno stock chiamato “denaro,” o "sistema finanziario" e non fanno alcun tentativo di descrivere come la crisi influenzerà differenti aree del mondo e differenti categorie sociali. Data la natura del problema, questa è l’unica possibilità di rendere i modelli gestibili, ma è anche una limitazione. I modelli non possono dirci, per esempio, come i decisori politici dovrebbero agire per fare in modo di evitare la bancarotta di interi stati. Tuttavia, i modelli possono essere compresi nel contesto delle forze che muovono il sistema. Il fatto che il sistema economico mondiale sia complesso non significa che non segua le leggi della fisica. Al contrario, è proprio osservando queste leggi che possiamo trarre ispirazione riguardo a ciò che sta accadendo e a come potremmo agire nel sistema.

Ci sono buone ragioni basate sulla termodinamica che fanno sì che le economie consumino risorse al ritmo più rapido possibile ed con la più alta efficienza (guardate questo saggio di Arto Annila e Stanley Salthe). Quindi, il sistema industriale cercherà di sfruttare prima le risorse che forniscono un più grande ritorno economico. Per le risorse che producono energia (come il petrolio greggio) il ritorno può essere misurato in termini di energia di ritorno sull’energia investita (EROEI). Per la verità, le decisioni all’interno del sistema non vengono prese in termini di energia, ma in termini di profitto economico, ma i due concetti possono essere considerati coincidenti come prima approssimazione. Ora, ciò che accade quando le risorse non rinnovabili vengono consumate è che l’EROEI di quello che rimane diminuisce ed il sistema diventa meno efficiente, ovvero, i profitti crollano. L’economia tende a contrarsi mentre il sistema cerca di concentrare il flusso di risorse dove possano essere processate al più alto tasso di efficienza e fornire i più alti profitti; qualcosa che di solito è in relazione alle economie di scala. In pratica, la contrazione dell’economia non è la stessa ovunque: le parti periferiche del sistema, sia in termini geografici sia in termini sociali, non possono trattare le risorse con sufficiente efficienza; tendono quindi ad essere estromesse dal flusso di risorse, contrarsi ed infine scomparire. Un sistema economico che affronti una riduzione dell’afflusso di risorse naturali è come un uomo che muore di freddo: le estremità sono le prime a congelare e morire.
Ora, qual è il ruolo del sistema finanziario – alias, “denaro”? Il denaro non è un’entità fisica, non è una risorsa naturale. Ha tuttavia, un ruolo fondamentale nel sistema come catalizzatore. In una reazione chimica, un catalizzatore non cambia i potenziali chimici che guidano la reazione, ma può accelerare e cambiare i percorsi abituali dei reagenti. In un sistema economico, il denaro non cambia la disponibilità di risorse o la loro resa energetica, ma può dirigere il flusso di risorse naturali verso le aree nelle quali esse siano sfruttate più velocemente e con più efficienza. Questa assegnazione del flusso genera normalmente più denaro e, di conseguenza, abbiamo un tipico feedback positivo. Come risultato, tutti gli effetti descritti prima accelerano. In questo modo, l’esaurimento può essere temporaneamente mascherato, anche se, di solito, a costo di un maggior inquinamento. Poi, potremmo assistere al collasso brutale di interi territori, come potrebbe essere nei casi di Spagna, Italia, Grecia ed altri. Questo effetto può diffondersi ad altri territori, dal momento che l’esaurimento delle risorse non rinnovabili continua ed il costo dell’inquinamento aumenta.
Non possiamo andare contro la termodinamica, ma potremmo almeno evitare alcuni degli effetti più spiacevoli che ci vengono dal tentativo di superare i limiti delle risorse naturali. Questo punto è stato già esaminato nel 1972 dagli autori dello primo studio dei “Limiti dello Sviluppo” sulla base dei loro modelli, ma, alla fine, è solo questione di buon senso. Per evitare, o almeno mitigare il collasso, dovremmo fermare la crescita; in questo modo le risorse non rinnovabili durerebbero più a lungo e noi potremmo usarle per sviluppare quelle rinnovabili. Il problema è che frenare la crescita non dà profitti e che, al momento, le rinnovabili non forniscono ancora gli stessi profitti dei combustibili fossili rimanenti. Quindi, al sistema non piace andare in quella direzione, ovvero versoinvestimenti a lungo termine. Tende, piuttosto, ad andare verso i più alti profitti a breve termine, aiutato in questo dal sistema finanziario. Ovvero, il sistema tende a continuare a far uso di risorse non rinnovabili, anche a costo di distruggere se stesso. Forzare il sistema a cambiare direzione potrebbe essere ottenuto grazie ad un qualche tipo di controllo centralizzato ma questa sarebbe una cosa, ovviamente, complessa, costosa ed impopolare. Non c’è da stupirsi se i nostri leader non sembrino essere entusiasti di questa strategia.

Vediamo, piuttosto, un’altra opzione possibile per i leaders: quella di “stimolare la crescita”. Cosa significa esattamente? In generale, sembra che significhi usare il sistema fiscale per trasferire risorse finanziarie al sistema industriale. Con più disponibilità di denaro, le industrie possono permettersi prezzi più alti per le risorse naturali. Di conseguenza, l’industria estrattiva può mantenere i suoi profitti, in effetti aumentarli, e continuare ad attingere anche a risorse progressivamente più costose. Ma il denaro, come abbiamo detto, non è un’entità fisica; in questo caso catalizza soltanto il trasferimento di risorse umane e materiali verso il sistema estrattivo, a danno dei sottosistemi come la sicurezza sociale, la sanità pubblica, la pubblica istruzione, ecc. Questo non è indolore, naturalmente, ma potrebbe dare l’impressione che si stia lavorando a risolvere i problemi. E' una strategia che potrebbe anche migliorare temporaneamente gli indicatori economici e mantenere il flusso di risorse grande abbastanza da prevenire il collasso completo dei territori periferici, almeno per un po’. Ma la vera attrazione nello stimolare la crescita è che è la via più facile: spinge il sistema nella direzione in cui vuole andare. Il sistema è orientato allo sfruttamento delle risorse naturali al più alto ritmo possibile, questa strategia gli dà risorse fresche per fare esattamente questo. I nostri leader potrebbero non comprendere esattamente quello che stanno facendo, ma di sicuro non sono stupidi – non vanno contro i propri interessi.

Il problema è che la strategia di stimolare la crescita serve solo ad acqiustare tempo (e ad un prezzo molto alto). Nulla che i governi o gli operatori finanziari possono fare può cambiare la termodinamica del sistema-mondo – tutto ciò che possono fare è rimescolare le risorse da qua a là e questo non cambia la dura realtà dell’esaurimento e dell’inquinamento. Così, spingere la crescita economica è solo una soluzione a breve termine che peggiora la situazione a lungo termine. Può posticipare il collasso, ma al prezzo di renderlo più brusco nella modalità, modalità conosciuta anche come il dirupo di Seneca . Sfortunatamente, sembra che siamo diretti esattamente in quella direzione.



Questo post è stato ispirato da un eccellente post sulla situazione finanziaria scritto da Antonio Turiel dal titolo "Prima dell'onda" .