sabato 26 novembre 2011

Prima dell’onda

Guest Post di Antonio Turiel da " The Oil Crash"
Traduzione a cura di Massimiliano Rupalti



Pubblichiamo su "Cassandra" questo testo di Antonio Turiel che descrive la situazione spagnola, vista qualche giorno fa, prima delle elezioni che hanno visto la vittoria del Partito Popolare, una formazione di destra. Sono impressionanti le somiglianze fra la situazione italiana e quella spagnola, che qui Turiel descrive con una impressionante lucidità comparando il momento attuale all'attesa della "grande onda," lo tsunami che distrugge tutto.

"Coloro che sono disposti a sacrificare la propria libertà per la propria sicurezza non si meritano né l’una né l’altra. ". Benjamín Franklin.

Cari lettori,

uno dei fenomeni più intriganti che si verificano a cavallo fra l’oceanografia e la geologia è quello degli tsunami, principalmente quelli di origine sismica. Uno spostamento di una falda nel fondo del mare, con l’enorme energia che libera, può spostare tutta la massa d’acqua che gli sta sopra di una misura non grandissima, forse 50 centimetri, forse un metro. Il problema è che lo spostamento interessa tutta la colonna d’acqua, che può anche essere di 4 km ed oltre di altezza. L’onda generata dalla semplice gravità si propaga a velocità di centinaia di km orari, in alcune occasioni – se il terremoto ha luogo in acque molto profonde – arrivando quasi a velocità supersoniche. Quando questa onda si avvicina alla costa, la pendenza del fondo del mare provoca un effetto noto come shoaling: l'onda solitonica si spacca e si scompone in diverse onde, le quali si propagano a velocità molto più ridotte (alcuni chilometri all’ora), ma a causa dello schiacciamento dell’acqua la loro altezza aumenta e aumenta. Per questo è molto più sicuro attendere uno tsunami in alto mare, dove l’onda, di soli alcuni centimetri, arriverà senza fare grandi danni, mentre sulla costa la sua altezza arriverà ad essere di diversi metri, in alcuni casi anche 15 metri (ci sono casi storici documentati di tsunami mostruosi di quasi 50 metri di altezza) e capaci di penetrare nella terra ferma anche per vari chilometri, cancellando tutto con la sua enorme potenza e pressione. Poco prima che la prima onda di tsunami arrivi sulla costa, l’acqua del mare si ritira velocemente per diversi chilometri, rivelando un fondo roccioso dall’aspetto irreale. Alcune persone rimangono affascinate dal fenomeno e si soffermano incantate ad ammirarlo senza comprendere che se in quel momento si affrettassero a correre verso l’interno, forse riuscirebbero ad allontanarsi sufficientemente o a raggiungere un terreno abbastanza alto da sopravvivere; sono quei pochi minuti vitali prima dell’arrivo della prima onda. Un’altra cosa che la gente è solita ignorare è che la prima onda raramente è la più grande e a volte capita – come nel caso dello tsunami delle Hawai del 1° Aprile del 1946 (giorno anglosassone degli innocenti) – che la gente scenda in spiaggia a vedere cos’è successo durante la mezz’ora che passa fra la prima e la seconda onda, aumentando orribilmente la perdita di vite umane quando la seconda onda – questa sì che è solita essere la più grande – scarica tutta la sua violenza sui poveri malcapitati.

Ieri lo spread dei buoni del tesoro spagnoli rispetto a quelli tedeschi è arrivato, stando a quello che ci dicono, a 500 punti. Ciò significa che la redditività di queste emissioni di debito spagnole è di un 5% maggiore di quella dei titoli equivalenti germanici. Siccome l’informazione che i media danno è sempre brutalmente incompleta e oscurantista, non ho ancora chiaro a cosa si riferisca esattamente: non so se stiamo parlando dei buoni del tesoro a un anno, a cinque, a dieci o a tutti quanti insieme. Voglio inoltre dire che questo spread rispetto ai titoli tedeschi si sta osservando nel mercato secondario – cioè, i privati che detengono il debito spagnolo lo stanno vendendo ad altri privati con lo sconto (perché evidentemente non possono rinegoziare le condizioni espresse nel titolo di debito). Questo, se ci pensate un attimo, è ancora più grave del fatto che venisse richiesto alla Spagna di collocare il proprio debito con un tasso di interesse più elevato (cosa che già accade, visto che l’emissione di debito è solita seguire l’evoluzione del mercato secondario: la Spagna non può ottenere denaro ad un prezzo inferiore al sentire del mercato). E’ più grave perché, in sintesi, i possessori di debito spagnolo che lo stanno vendendo stanno accettando una certa percentuale di perdite (forse non perdite reali, ma di sicuro sulle proprie aspettative di guadagno) e questo in definitiva significa che la credibilità della Spagna come stato solvente è in caduta.

Ma, alla fine, questo non è un blog che riguardi propriamente l’economia e non abbiamo motivo di perderci in queste questioni. La cosa interessante del movimento che abbiamo osservato ieri è che il debito spagnolo arriva ai livelli che hanno motivato il “salvataggio” della Grecia o che hanno forzato un “cambio di Governo” in Italia la settimana passata. Qui in Spagna ci troviamo a soli due giorni dalle elezioni politiche che, tutti i sondaggi ipotizzano, saranno vinte, con maggioranza assoluta, dal Partito Popolare conservatore; il suo leader, Mariano Rajoy, ha già anticipato che si dovranno prendere misure adeguate per cercare di sanare i conti spagnoli, dando ad intendere che arriveranno più tagli sullo stato sociale e sui salari di quelli che si sono già fatti nell’ultimo anno. Né potrebbe dire, per coerenza, altrimenti, perché come un dilettante in applicazione di tali misure, il primo ministro italiano Silvio Berlusconi è stato colpito e superato dalla, cosiddetta dai media, troika europea - pensavo che le troike fossero di tre persone, apprendo ora che si può fare con due; di fatto anche con una sola – (tutti i sensi di quest’ultima frase, in particolare i più arcigni, sono cercati deliberatamente: viva le lingue latine) (Riferito ad un gioco di parole in spagnolo purtroppo intraducibile).

Abbiamo quindi delle consultazioni politiche che cambieranno radicalmente il segno del partito di governo, da socialista a conservatore, in un paese in cui si percepisce la destra come miglior amministratrice e che quindi potrà guidare meglio la difficile situazione economica. In realtà non importa il risultato, perché dopo aver visto quello che è successo nella fatua democrazia dell'Unione Europea durante le ultime settimane, con la Grecia e l’Italia, resta chiaro che le decisioni non le prendono i singoli Stati nè tanto meno il popolo sovrano: i nostri nuovi governanti faranno quello che gli si chiede, punto e basta. Una tale situazione porterà una delusione crescente che può trasformarsi in rabbia quando la nuova recessione nella quale stiamo entrando aumenterà i livelli di disoccupazione dal 21,5% attuale al 25 o 26% in un paio di anni. E, tuttavia, l’unica cosa che facciamo è seguire il cammino conosciuto: quello del collasso. Di sicuro, a proposito di collasso, Dimitri Orlov ha rivisto recentemente il suo modello delle cinque fasi del collasso  (finanziario, commerciale, dello Stato, della comunità e della famiglia) e le sue conclusioni non possono essere più deludenti: secondo lui, sembra che il grande impegno degli stati per evitare il collasso finanziario – che avrebbe dovuto esprimersi nella sua grandezza già due o tre anni fa – causerà il fatto che il collasso finanziario sopravvenga contemporaneamente a quello commerciale ed eventualmente a quello dello Stato, quest’ultimo trascinato dal peso enorme del debito contratto nel salvataggio finanziario. In ultima analisi, il suo modello ancora era troppo graduale e morbido a confronto del brutale corso degli eventi nel quale ci trascina il BAU (Business As Usual). Una nuova evidenza del fatto che la discesa dal lato destro della curva di Hubbert sarà dominato da effetti non lineari. E gli attuali eventi in Grecia suggeriscono che, effettivamente, il collasso finanziario si verificherà contemporaneamente a quello commerciale: la Grecia è dovuta ricorrere all’Iran come suo principale fornitore di petrolio (grazie, Ángel, per il riferimento), visto che altri paesi non si fidano della solvenza greca. La discesa che noi spagnoli stiamo iniziando, seguendo la strada di greci, irlandesi, portoghesi ed italiani, ci porterà dal nostro preteso “Primo Mondo”, a cui arrogantemente credevamo di appartenere per nostri meriti e nel quale siamo immersi senza che ci importi un fico secco del resto del pianeta, verso il Secondo o Terzo: E ci servirà a poco il fatto che due anni fa sgomitavamo con i ricchi e potenti: loro adesso hanno i loro grattacapi ed in questo momento siamo loro di ostacolo.

Questi giorni che mancano alle elezioni sono come il mare che si ritira prima dell’arrivo della prima onda di tsunami: c’è una calma strana ed irreale, mentre un’ombra vaga ed inquietante si forma all’orizzonte. In realtà, se conosciamo un po’ di Storia e di come si è praticata l’economia nel XX secolo, sappiamo cosa succederà in Spagna. A partire da lunedì si comincerà a dire quello che ora si tace: che è urgente prendere misure per contenere la spesa, che è intollerabile che il debito spagnolo si discosti dall’obbiettivo (fissato per quest’anno al 6% e che potrebbe arrivare all’8%), ecc. E’ possibile che il Governo socialista, in carica fino a gennaio, quando si insedierà il nuovo Governo, si veda obbligato a prendere in anticipo alcune misure drastiche, misure che in ogni caso adotterà il PP quando arriverà: diminuire immediatamente gli stipendi pubblici – un’altra volta, forse un 10% in questa occasione -, tagliare ancora di più la Sanità, l’Educazione e, ahia, le Opere Pubbliche – perché Germania e Francia sono molto sensibili a questi aeroporti multimilionari senza passeggeri ed altre stupide infrastrutture sottoutilizzate fatte durante l’epoca d’oro del mattone. Ci sarà, probabilmente, un aumento dell’IVA e sicuramente un riduzione generalizzata delle sovvenzioni e degli aiuti (questo tocca anche me, assegni di ricerca e progetti). Tutto questo porterà ad una maggiore contrazione economica e a più disoccupazione, di conseguenza entreranno meno soldi nelle casse dello Stato sotto forma di imposte e si dovranno pagare più sussidi – ad un certo punto si proporrà di ridurre il sussidio di disoccupazione ed il salario minimo. E questo in un contesto dove i beni primari saliranno di prezzo e quelli non primari si abbasseranno mentre si liquidano gli stock, per poi tornare a salire. Insomma, saremo sempre più poveri, più poveri…

Il Sole si oscura: l’onda già lo copre, è già qui. Da qualche parte si dovevano pur scrivere alcune verità fra tante menzogne che si dicono. Non sono “salvataggi” quelli che si applicano agli Stati, sono liquidazioni; non sono “cambi di Governo per Governi Tecnocratici” sono colpi di Stato che conferiscono le redini ai nostri prepotenti creditori, che assicureranno che i loro padroni ricevano il loro denaro anche se noi ci roviniamo; non è austerità, è rovina crescente; non sarà ordine pubblico, ma repressione; non sarà interesse comune, ma privato; non sarà il recupero della strada della crescita, ma addentrarsi in quella dell’impoverimento; non c’è crescita, ma la fine della crescita. Ci resta solo la misera consolazione del fatto che queste onde finiranno per arrivare anche a Berlino e New York.

E l’acqua arriva già.

Saluti
Antonio Turiel

Post-scriptum: Effettivamente, questo post non parla di energia, ma dovevo comunque scriverlo.