Questo testo è la traduzione in italiano del primo capitolo del libro “The Limits to Growth Revisited” di Ugo Bardi, pubblicato da Springer nel Giugno 2011. Il libro è una completa rivisitazione della storia del libro noto in Italia come “I Limiti dello Sviluppo” pubblicato nel 1972 da un gruppo di autori che includeva Dennis e Donella Meadows, Jorgen Randers e altri. Il testo di Ugo Bardi racconta la storia del libro, di come fu accolto inizialmente con grande interesse e di come fu poi demonizzato e consegnato al ludibrio pubblico. Ugo Bardi esamina i modelli alla base dello studio e le critiche fatte principalmente da economisti. Bardi descrive poi come il processo di demonizzazione ha avuto origine e come sia stato costruito sulla base di una falsa interpretazione di alcuni dei dati contenuti nel libro. Infine, Bardi esamina come gli scenari del primo “Limiti dello Sviluppo” del 1972 e delle successive edizioni siano sempre più rilevanti per descrivere la situazione globale in termini di esaurimento delle risorse e di riscaldamento globale. Traduzione di Andrea Schenone; questo testo è pubblicato anche sul blog "Slow Tech" Capitolo 1. Origine dei “Limiti dello Sviluppo” La fine della seconda guerra mondiale portò un periodo di grande prosperità per il mondo occidentale. Fu il tempo delle case suburbane, di due auto per ogni famiglia, del frigorifero in cucina, e del fatto che viaggiare in aereo non fosse più un privilegio per ricchi. Fu anche il tempo delle materie plastiche, degli antibiotici, della televisione e dei primi computer. Furono anche gli anni dell'inizio dell'esplorazione dello spazio. Il primo satellite Sputnik fu lanciato nel 1957. Solo 12 anni dopo, nel 1969, un uomo metteva piede per la prima volta sulla Luna. Tutto questo avveniva insieme a un rapido aumento dell'uso dell'energia e delle materie prime. Verso la fine degli anni sessanta il petrolio greggio strappò al carbone il titolo di fonte di energia più importante del mondo. I combustibili a basso prezzo ottenuti dal petrolio hanno prodotto la realtà urbana che vediamo oggi nella maggior parte del mondo occidentale: grandi aree suburbane abitate da pendolari che usano la propria auto per raggiungere i loro posti di lavoro nei centri urbani. Il petrolio non era solo una fonte di carburanti per le auto private. Solo con l'energia a basso costo che proveniva principalmente dal petrolio era possibile generare il flusso di materie prime minerali che era indispensabile per l'industria moderna. Le materie plastiche diventarono un bene di tutti i giorni, in sostituzione del legno e dei tessuti naturali. L'acciaio, una volta un costoso segno distintivo del potere militare, diventò a buon mercato e abituale anche per usi civili. L'alluminio diventò un materiale standard per tutti i tipi di applicazioni, dalla cucina all'industria aeronautica. La nascente industria hi-tech poté trovare elementi esotici e rari a prezzi ragionevoli per le applicazioni dell'elettronica, dell'industria aerospaziale, della chimica e dell'ingegneria. Infine, la "rivoluzione verde " in agricoltura fu il risultato di una combinazione di meccanizzazione e di fertilizzanti artificiali; entrambi furono resi possibili dal basso costo del petrolio greggio e del gas naturale. E' stato il grande aumento della produttività agricola generato dalla rivoluzione verde che ha reso possibile nutrire la crescente popolazione mondiale, una tendenza che continua fino ad oggi. Si sapeva che il petrolio greggio - e i combustibili fossili in generale - erano una risorsa finita, ma questo non influenzava l'ottimismo generale della stragrande maggioranza degli scienziati, degli ingegneri, degli economisti e degli altri pensatori. Già negli anni Cinquanta, si credeva che nuove forme di energia fossero pronte a inaugurare una abbondanza ancora maggiore di quella che avevano portato i combustibili fossili. Il primo reattore nucleare progettato per la produzione di energia elettrica entrò in funzione negli Stati Uniti nel 1951. Fu l'inizio di ciò che venne vista come un'onda montante di reattori che, alla fine, avrebbero dato all'umanità una nuova era di prosperità; più grande di qualsiasi cosa sperimentata prima. La finitezza delle risorse di uranio minerale fu riconosciuta, ma si riteneva che potesse essere superata con lo sviluppo di reattori “autofertilizzanti” ed, eventualmente, da reattori a fusione che ci avrebbero fornito energia "troppo a buon mercato per misurarla" [Strauss 1954]. Con tanta prosperità e con una crescita che sembrava inarrestabile, qualche idea bizzarra non sembrava inverosimile. Negli anni Cinquanta, le persone pensavano seriamente alle auto volanti, ai vestiti usa e getta, agli aerei atomici, e ai fine settimana sulla Luna per tutta la famiglia. E perché non colonizzare altri pianeti? Cosa ci impediva di esplorare l'intera galassia? La crescita del progresso tecnologico aveva convinto la maggioranza delle persone che l'ingegno umano potesse superare tutte le problematiche che provenivano dalle risorse limitate. Eppure, nel bel mezzo di tanto ottimismo, stava apparendo una nuova coscienza. Se il mondo occidentale stava vivendo tanta prosperità, era anche facile vedere che il resto del mondo veniva lasciato indietro. Quelle regioni ottimisticamente definite come "paesi in via di sviluppo" non erano per niente in via di sviluppo e questo era vero anche per alcune parti dei paesi ricchi [Harrington 1962]. È vero, la rivoluzione verde aveva ridotto la frequenza delle carestie nel mondo, ma, tuttavia, qualcosa impediva al benessere occidentale si estendersi a persone che non potevano neanche sognare due auto per famiglia o di volare alle Hawaii per le loro vacanze. Era solo una questione di tempo? Forse, aspettando soltanto abbastanza a lungo, la magia del libero mercato avrebbe compiuto il miracolo di mettere tutti sul cammino dello sviluppo. O era un problema culturale? Forse, diffondendo le idee occidentali, la cultura occidentale, e il modo di vita occidentale, compresi hamburger e hot dog, tutti nel mondo avrebbero imparato come avviare un'impresa e a essere pronti per la rivoluzione industriale locale. Ma, forse, il problema era diverso. Forse c'era solo qualcosa di sbagliato nell'idea che la terra avesse sufficienti risorse naturali per fornire a tutti lo stesso modo di vita che era diventata uno standard nel mondo occidentale. Così, cominciò ad apparire chiaro ad alcuni che c'erano dei limiti alla crescita umana su un pianeta finito. Il concetto di limite alla crescita non era niente di nuovo. Anche nei tempi antichi, i periodi di crisi aveva portato la gente a farsi domande su quello che oggi chiamiamo "sovrappopolazione". In tempi moderni, il problema fu studiato da Thomas Robert Malthus, che pubblicò il suo "Saggio sul principio della popolazione" a partire dal 1798 fino al 1826, un lavoro che rimane ancora oggi una pietra miliare nella comprensione dei limiti fisici che l'umanità deve affrontare. Ma Malthus fu frainteso già ai suoi tempi, con Thomas Carlyle che definì l'economia come "scienza senza speranza" con riferimento al lavoro di Malthus. In tempi più recenti, Malthus è stato accusato di ogni sorta di errori, in particolare di aver previsto una catastrofe che non si è verificata - un destino comune a tutti coloro che predicono un futuro non così luminoso. Ma Malthus non fu "solo un predittore di catastrofi a venire" [McCleary, 1953]. Piuttosto, fu il primo a capire che le popolazioni biologiche tendono a crescere finché non hanno raggiunto il limite che l'ambiente può sostenere. Ebbe una profonda influenza in biologia, per esempio, dove influenzò il pensiero di Darwin, e anche in economia. Gli economisti classici del XVIII e XIX secolo, Adam Smith, Ricardo, Mills, Jevons e altri, avevano una visione chiara dei limiti del sistema economico e adattarono di conseguenza il loro pensiero. La visione degli economisti classici divenne obsoleta con il grande flusso di ottimismo che iniziò nella seconda metà del XX secolo. Ma, anche nel bel mezzo di quella che fu forse la fase con il ritmo di crescita economica più veloce della storia umana, alcune persone si stavano ponendo una domanda fondamentale: quanto può durare? Infatti, gli anni dopo la seconda guerra mondiale furono forse la prima occasione della storia in cui i limiti fisici del nostro pianeta diventarono chiaramente riconoscibili a tutti. Era passato il tempo in cui le mappe mostravano aree bianche con la scritta "hic sunt leones": "qui ci sono i leoni". Già nel 1953, Edmund Hillary e Tenzing Norgay si erano arrampicati fino alla cima del monte Everest, la montagna più alta della Terra, uno degli ultimi luoghi sulla superficie del pianeta che fosse rimasto fuori dalla portata degli esseri umani. Negli anni Sessanta, le foto della Terra dallo spazio, riportate dagli astronauti delle astronavi Apollo, mostrarono le immagini del nostro pianeta come una palla blu-verde. Era finita, era limitata; tutti lo potevano vedere. Nessun uomo è un'isola, aveva detto John Donne. Ora era facile capire che stavamo tutti vivendo su una piccola isola blu che galleggiava nel buio dello spazio. L'idea che tutti gli esseri viventi erano parte della stessa entità risale agli anni Venti, quando Vladimir Vernadsky aveva coniato il termine "biosfera" [Weart 2003]. Il concetto divenne noto negli anni Sessanta, quando James Lovelock sviluppò il concetto di "Gaia" [Lovelock, 1965], prendendo a prestito il nome dell'antica divinità della terra per descrivere l'ecosistema planetario. Gaia incarnava il concetto che tutte le creature della Terra sono collegata in un complesso sistema di feedback che mantiene la temperatura del pianeta a livelli tollerabili per la vita. Negli anni, Gaia si è rivelata molto diversa da quella entità benevola che Lovelock aveva immaginato [Ward, 2009]. Ma il concetto di Gaia rimane una metafora valida anche oggi per la descrizione della ecosistema planetario [Karnani e Annila 2009]. Poi, se la vita è un unico, gigantesco organismo, ne consegue che questo organismo è legato ai limiti di tutto il pianeta. E, se la generosità del pianeta è limitata, come potremmo continuare per sempre la rapida crescita sperimentata negli anni Cinquanta e Sessanta? Nel 1968, Garrett Hardin fornì ulteriori spunti di riflessione su questo problema con il suo articolo "La tragedia dei beni comuni" [Hardin 1968]. Hardin descrisse il caso in cui la terra è un bene comune, cioè, è gratuita per tutti i pastori come pascolo (“usi civici” in Italiano). Ogni pastore sa che troppi animali danneggiano la terra. Eppure, ogni pastore tende ad aggiungere altri animali al suo gregge proprio perché il suo vantaggio individuale è più grande del danno causatogli dalla perdita collettiva. Il risultato è un disastro: con troppi animali al pascolo, il terreno fertile viene distrutto dall'erosione e tutti ne risentono di conseguenza. Eppure, anche se la situazione è evidente a tutti, resta conveniente per ogni singolo pastore sfruttare eccessivamente anche gli ultimi ritagli di pascolo rimanenti. Il modello di Hardin era schematico e, sicuramente, il mondo reale è molto più complesso dei pascoli ipotetici che aveva descritto. Tuttavia, con la sua analisi, Hardin metteva in dubbio il cuore del concetto di "mano invisibile" che Adam Smith aveva sviluppato quasi due secoli prima. Mentre gli economisti neoclassici vedevano il perseguimento dell'interesse personale come portatore del massimo bene comune, Hardin lo vedeva come portatore della distruzione della risorsa che veniva sfruttata. Mentre il modello qualitativo di Hardin spiegava le ragioni per l'eccessivo sfruttamento delle risorse naturali, negli anni Cinquanta, il geologo americano Marion King Hubbert sviluppò un modello empirico che descriveva con quale velocità venivano sfruttate le risorse. Hubbert propose che la curva di produzione per il petrolio greggio, in ogni grande regione produttiva, dovesse essere "a forma di campana." Applicando il suo modello al petrolio greggio nei 48 stati meridionali degli Stati Uniti, predisse nel 1956 che la produzione massima avrebbe dovuto essere raggiunta intorno al 1970 e che sarebbe dovuta essere in declino nel seguito. Questo fu quello che successe, con il picco che fu raggiunto nel 1971 [Campbell e Laherrere, 1998]. Oggi, la curva di produzione a "campana" è stata osservata per molti minerali diversi dal petrolio greggio [Bardi e Pagani, 2007] e anche per risorse non minerali lentamente rinnovabili (ad esempio per le balene [Bardi 2007, 2]). La curva a campana è conosciuta anche come la "curva di Hubbert", mentre il massimo è spesso chiamato il "picco di Hubbert" [Deffeyes 2001]. Il picco mondiale della produzione di petrolio è spesso chiamato "picco del petrolio" [Campbell e Laherrere 1998] Il petrolio greggio negli Stati Uniti non fu il primo caso di una risorsa mineraria importante che aveva raggiunto il suo picco di produzione. In precedenza, intorno al 1920, anche la produzione di carbone inglese aveva raggiunto il picco e aveva iniziato il suo declino [Bardi 2007]. Questi e altri picchi storici di produzione passarono in gran parte sotto silenzio e, anche se discussi, vennero normalmente attribuiti a fattori di mercato. Tuttavia, questi dati dimostravano che le risorse, anche quelle importanti, esistevano in quantità finite e che la produzione non poteva essere mantenuta crescente per sempre. Un'altra preoccupazione di quei tempi era la crescita della popolazione umana, un fattore cruciale del modello dei "commons" di Hardin [Hardin 1968]. Fino ad allora, la crescita della popolazione era stata sempre vista come una cosa buona. Più gente significava più soldati per l'esercito, più contribuenti per lo Stato, più contadini per i proprietari, più lavoratori per i proprietari della fabbrica, in breve, più ricchezza per tutti. Ma, negli anni Cinquanta e Sessanta, la crescita demografica aveva preso una tendenza inquietante. All'inizio del XIX secolo, la popolazione umana aveva raggiunto il miliardo. Nel 1927, aveva toccato i 2 miliardi. Il limite dei tre miliardi era stato raggiunto negli anni Sessanta. La crescita sembrava seguire una curva esponenziale ed era un incubo estrapolare la tendenza nei decenni futuri. Preoccupazioni per la sovrappopolazione furono diffuse in un libro di successo di Paul Ehrlich "The Population Bomb" [1968] in cui l'autore prediceva carestie diffuse in tutto il mondo. Infine, sembra che il termine "inquinamento", che ci è così familiare, sia stato utilizzato con il significato di "contaminante ambientale" per la prima volta negli anni Cinquanta. Inizialmente, il termine si riferiva principalmente ai rifiuti radioattivi generati dalle esplosioni nucleari, ma, col tempo, cominciarono ad apparire altre forme di inquinamento. Lo "smog", i fumi derivanti dalla combustione del carbone, diventò una minaccia mortale. L'episodio di smog a Londra nel 1952 fu particolarmente letale, con circa 4.000 vittime [Stegerman e Solow 2002]. Questo evento produsse una normativa contro l'inquinamento: il Clean Air Act, emanato in Gran Bretagna nel 1956 e l'"Air Pollution Control Act" promulgato negli Stati Uniti nello stesso anno. Più tardi, un altro pezzo, più completo, della legislazione federale negli Stati Uniti, il "Clean Air Act", fu promulgato nel 1963. L'inquinamento prendeva molte forme, spesso inattese. Una era l'effetto dei pesticidi. Nel 1962 la biologa statunitense Rachel Carson pubblicò il suo libro "Primavera silenziosa" [Carson 1962], dove criticava l'uso indiscriminato dei pesticidi, che definì "biocidi". L'affermazione di Carson era niente di meno che rivoluzionaria. Fino a quel momento, una verità ovvia era che le creature viventi possano essere suddivise in "utili" e "nocive" e che era una buona cosa sterminare quelle del secondo tipo. Il concetto di "ecosistema", dove molte specie interagiscono tra di loro, e in realtà hanno bisogno le une delle altre, era relativamente nuovo in un mondo dominato da concetti quali "una vita migliore attraverso la chimica". Carson fu probabilmente la prima autrice a descrivere questi temi in un libro di successo e la risonanza fu enorme. Per questo è correttamente accreditata come la persona che diede origine a quello che oggi chiamiamo il "movimento ambientalista". Questi anni videro anche i primi accenni al fatto che l'attività umana stava creando una minaccia ancora più preoccupante per gli esseri umani: il riscaldamento globale. Nel 1957 Robert Revelle e Hans Suess ripresero un precedente lavoro sugli effetti dei gas serra e pubblicarono uno studio che evidenziava come la crescita osservata di biossido di carbonio derivante dalle attività umane si sarebbe tradotta in un aumento delle temperature planetarie. L'evidenza del riscaldamento globale non diventò completamente chiara prima degli anni Settanta ma, già nei Sessanta, era un altro indizio preoccupante degli effetti degli esseri umani sugli ecosistemi. Negli anni Cinquanta e Sessanta, le preoccupazioni circa l'esaurimento delle risorse, la sovrappopolazione e l'inquinamento non erano in testa alle notizie quotidiane, ma stavano facendosi lentamente strada dentro la coscienza di molte persone preoccupate per la sorte del genere umano. Qualcosa doveva essere fatto, chiaramente, ma non era sufficiente dire che, un giorno, avremmo dovuto venire a patti con il nostro ambiente. Il punto era quando. Avevamo millenni, secoli, o forse solo decenni? E non solo: come si sarebbe svolto lo scontro del genere umano contro i limiti planetari e quali sintomi ci avrebbero potuto allarmare e aiutarci a prevenire le peggiori conseguenze? C'era un tremendo bisogno di capire che cosa aveva in serbo il futuro per l'umanità. La quantificazione di questo tipo di problemi globali non era mai stata tentata prima, ma il progresso della tecnologia stava iniziando a fornire il giusto tipo di strumenti per tale scopo. Negli anni cinquanta e sessanta, i computer digitali erano in rapido sviluppo e in diverse aree della scienza cominciavano a essere utilizzati come strumenti per prevedere il futuro. Alla fine degli anni quaranta, un giovane professore al Massachusetts Institute of Technology di Boston, Jay Wright Forrester, avevano iniziato ad utilizzare una nuova generazione di computer digitali per simulare le interazioni dei diversi elementi dei macchinari e dei sistemi elettronici. Nel tempo, Forrester spostò il suo interesse verso la gestione e la modellazione dei sistemi economici. Etichettò il nuovo campo "dinamica industriale", ma, più tardi, il termine "dinamica dei sistemi" diventò quello più usato. Il metodo poteva essere utilizzato per simulare situazioni commerciali [Sterman 2002] e sistemi socioeconomici come intere città [Forrester 1969, Madden 1979, Burdekin 1979]. Da lì, un altro passo avanti era chiaro per Forrester: simulare l'intero sistema economico mondiale. Sviluppò il suo primo modello del mondo a metà degli anni Sessanta, quando il suo computer era diventato abbastanza potente per effettuare simulazioni che coinvolgessero i principali elementi dell'economia mondiale e dell'ecosistema. Mentre Forrester era impegnato in questi studi, altri stavano esaminando gli stessi problemi. Nel 1968 Aurelio Peccei (1908-1985) e altri formarono il "Club di Roma", un gruppo di intellettuali provenienti dall'industria e dal mondo accademico che si era riunito per studiare e discutere i problemi economici e politici globali. All'inizio, l'attenzione del Club non era specificamente sui limiti planetari. Il documento intitolato "Il dilemma dell'Umanità" [Club di Roma, 1970] mostra che la principale preoccupazione del Club in quel momento era di trovare metodi pratici per migliorare le condizioni di vita degli esseri umani, in particolare riducendo le disuguaglianze nella distribuzione della ricchezza. Ma i membri del Club giunsero rapidamente alla conclusione che dovevano trovare il modo di quantificare i limiti delle risorse mondiali, se volevano essere in grado di agire in relazione alle loro preoccupazioni. Nel 1968 Aurelio Peccei incontrò Jay Forrester a una conferenza sui problemi urbani in Italia, sulle rive del Lago di Como [Forrester 1992]. Tale riunione fu la scintilla che innescò la serie di eventi che avrebbero portato allo studio de "I limiti dello sviluppo". Peccei fu colpito dalle idee di Forrester e lo invitò a partecipare ad una riunione che il Club di Roma organizzava a Berna nel 1970. Nel corso della riunione, Forrester convinse i membri del comitato esecutivo del Club a viaggiare fino al MIT, a Boston, per discutere la possibilità di utilizzare dinamiche di sistema per i loro scopi. Si dice che Forrester annotò gli elementi di base del suo modello del mondo sull'aereo mentre tornava dall'Europa. A Boston, i membri del Club di Roma discussero con Forrester e anche con uno dei suoi collaboratori, Dennis Meadows, che aveva 28 anni a quell'epoca. A quanto pare, Meadows era l'unico nel gruppo Forrester che non fosse già gravato da altri progetti. Quindi, scrisse una nota di diverse pagine in cui sottolineava come avrebbe potuto essere gestito un progetto di modellazione del mondo basato sulla dinamica dei sistemi ed i membri del Club decisero di provare a usarlo. Più tardi, Meadows, in seguito a un suggerimento di Peccei, fece una richiesta di fondi alla fondazione Volkswagen, per fornire un finanziamento allo studio [Meadows, comunicazione privata, 2010]. La proposta fu accettata e Meadows riunì un team di 16 ricercatori per lavorare al progetto. Il gruppo comprendeva la moglie di Dennis Meadows, Donella Meadows, Jorgen Randers, William Behrens, e altri. Nel 1971, Forrester pubblicò i risultati del suo lavoro sulla modellizzazione del mondo in un libro dal titolo "World Dynamics" [Forrester 1971]. Il lavoro del team diretto da Dennis Meadows fu pubblicato nel 1972 come un libro dal titolo di "The Limits to Growth" (LTG) al [Meadows et al. 1972]. Forrester e la squadra LTG avevano lavorato indipendentemente l'uno dall'altra, ma erano arrivati alla stessa conclusione scioccante che può essere riassunta come: l'economia del mondo tende a fermare la sua crescita e a collassare come risultato di una combinazione della ridotta disponibilità delle risorse, della sovrappopolazione, e dell'inquinamento. Questa conclusione era una caratteristica "robusta" delle simulazioni, cioè, cambiava poco al variare delle ipotesi iniziali. Né i calcoli di Forrester né quelli di LTG avevano lo scopo di determinare esattamente quando il crollo sarebbe iniziato, ma, usando i migliori dati disponibili, entrambi gli studi indicarono che l'inizio del declino economico poteva essere atteso entro i primi decenni del XXI secolo, cioè circa trenta o quaranta anni nel futuro. Nello studio LTG, questo scenario era denominato il "caso base" o "Standard Run ". Figura 1 Modello Caso base dall'edizione 1972 di LTG Sia Forrester sia il gruppo LTG effettuarono le loro simulazioni per una varietà di ipotesi possibili, comprese radicali innovazioni tecnologiche o il fatto che la popolazione potesse essere stabilizzata da azioni politiche a livello globale. Nella maggior parte dei casi, anche per ipotesi molto ottimistiche circa la disponibilità delle risorse e del progresso tecnologico, il collasso non poteva essere evitato, ma, nella migliore delle ipotesi, solo ritardato. Solo un insieme di politiche mondiali scelte con cura e progettate per arrestare la crescita della popolazione e per stabilizzare il consumo delle risorse avrebbe potuto evitare il collasso e condurre l'economia mondiale verso uno stato stabile; pur mantenendo un livello medio di consumo di risorse non diverso da quello degli anni Settanta. I due libri che descrivono questi concetti, "World Dynamics" e LTG, entrambi ebbero un notevole successo. Il libro di Forrester vendette circa 100.000 copie; un risultato notevole per un libro che era concepito come un testo tecnico e che era pieno di equazioni e diagrammi. Ma l'impatto reale arrivò con lo studio LTG, che mirava fin dall'inizio al pubblico in generale. Il numero totale di copie vendute di LTG non è noto con certezza. Tuttavia, gli autori dello studio [Meadows, comunicazione privata, 2010] stimano che il totale delle vendite sia stato sicuramente più di un milione. Il libro è stato anche tradotto in più di 30 lingue. Evidentemente il libro ha dato voce a qualcosa che era profondamente sentita in tutto il mondo: che i limiti alle risorse planetarie non potevano essere ignorati a lungo. Nonostante il successo e l'interesse suscitato, il lavoro di Forrester e del team di LTG incontrò anche forti critiche. Gli economisti, per esempio, si compattarono per respingere i metodi e le conclusioni di questi studi come non compatibili con l'economia come era intesa in quel momento. Ma dove il dibattito esplose veramente fu in termini politici. Qui, il successo stesso del libro LTG generò una forte reazione. Le rassegne di Giorgio Nebbia [1997] e di Mauricio Schoijet [1999] ci dicono come differenti atteggiamenti politici diedero forma alle reazioni a LTG a livello mondiale. In Unione Sovietica, la reazione fu che il libro avrebbe potuto ben descrivere il crollo che era in serbo per il capitalismo, ma che non aveva niente a che fare con le società comuniste, che avrebbero evitato il collasso per via delle loro economie pianificate. In molti paesi poveri, gli intellettuali locali spesso videro LTG come un tentativo di perpetuare il dominio del ricco Occidente, una truffa per imporre riduzioni di popolazione ai poveri o anche il presagio di un ritorno al colonialismo. Nel mondo occidentale, diversi orientamenti politici dettarono la reazione a LTG e, in molti casi, sinistra e destra furono uniti nel rifiuto. La sinistra vedeva spesso LTG come un tentativo di giustificare la posizione subordinata della classe operaia, mentre la destra lo vedeva come una minaccia per la sua visione del libero mercato e della crescita economica. Positive reazioni politiche a LTG vennero più spesso da posizioni liberali-moderate, che vedevano le minacce descritte negli scenari LTG come reali, ma anche come opportunità per ridurre le disuguaglianze e creare un mondo più libero [vedi, ad esempio Peccei e Ikeda, 1984]. Se, all'inizio, il dibattito su LTG era sembrato essere equilibrato, a poco a poco l'atteggiamento generale verso lo studio divenne più negativo. Si rovesciò decisamente contro lo studio, quando, nel 1989, Ronald Bailey pubblicò un articolo su "Forbes", dove accusò gli autori di aver previsto che l'economia mondiale avrebbe già dovuto esaurire alcune materie prime minerali vitali, mentre questo non era, ovviamente, successo. La dichiarazione di Bailey era solo il risultato di una lettura errata dei dati in una singola tabella dell'edizione 1972 di LTG. In realtà, nessuno dei diversi scenari presentati nel libro dimostrava che il mondo avrebbe esaurito una qualunque materia prima della fine del XX secolo, e neanche del XXI secolo. Tuttavia, il concetto degli "errori del Club di Roma" prese piede. Con gli anni Novanta, divenne un luogo comune affermare che LTG era stato un errore se non uno scherzo concepito per stuzzicare il pubblico, o anche un tentativo di forzare l'umanità verso una dittatura planetaria, come era stato sostenuto in alcune valutazioni precedenti [Golub e Townsend 1977, Larouche 1983]. Entro la fine del XX secolo, la vittoria dei critici di LTG sembrava essere completa. Ma il dibattito era ben lungi dall'essere risolto. L'interesse per LTG e, in generale, per la modellazione del mondo, sembra essere di ritorno adesso, quando il crollo previsto in tutti gli scenari di LTG inizia a manifestarsi in termini di crollo dei mercati e di crisi economica. Con il nuovo secolo, stiamo assistendo a una crescente consapevolezza che abbiamo bisogno di nuove idee e nuovi approcci per affrontare i gravi problemi economici e ambientali che vanno dall'esaurimento delle risorse al cambiamento climatico globale. Oggi, possiamo guardare indietro ai quasi 40 anni della storia di "The Limits to Growth" e rivedere il messaggio che abbiamo ricevuto nel 1972. Quello che a quel tempo era il futuro è ormai il passato e siamo in grado di riconoscere la validità degli scenari presentati nel libro [Turner 2008, Hall e Day 2009], con il sistema economico mondiale che ha seguito fino a ora da vicino lo scenario "caso base" di LTG. Quindi, possiamo dire che LTG non si è mai "sbagliato", nel senso che i suoi critici intendevano. Avevano capito male, avevano dimenticato o ignorato che la scala temporale dello scenario del “caso base” era tale per cui non bisognava attendersi un crollo prima di un tempo che era stimato essere approssimativamente entro i primi due decenni del XXI secolo. C'è anche un fattore più profondo nel fraintendimento del messaggio LTG. E 'stato un avvertimento, non una previsione e, come tale, non poteva essere "sbagliata". Non importa se si verifica o no il collasso alla data specifica che corrisponde a uno scenario specifico di quelli presentati nel libro. Ciò che conta è che, ignorando lo studio per gli ultimi quattro decenni, probabilmente abbiamo perso la capacità di fare qualcosa per evitare, o almeno attenuare, i problemi che ci aspettano. La storia di "The Limits to Growth" continua. Possiamo ancora imparare molto dallo studio del 1972 e dalle sue versioni più recenti [Meadows et al. 1992, 2004]. Quindi, non è troppo tardi per mettere in pratica alcuni dei metodi e delle raccomandazioni che possono essere ricavate dallo studio. 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(accessed 20 August 2010) Turner, G.M. 2008, “A comparison of The Limits to Growth with 30 years of reality” Global Environmental Change 18 (2008) 397–411 Ward, P. 2009, “The Medea Hypothesis: Is Life on Earth Ultimately Self-Destructive?” Princeton University Press, ISBN13: 978-0-691-13075-0 S.R. Weart, 2003, “The Discovery of Global Warming”, Cambridge, Harvard Press |
domenica 26 giugno 2011
Il Ritorno dei "Limiti dello Sviluppo"
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Ugo Bardi
venerdì 17 giugno 2011
Gaia: avete rotto a sufficienza
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Ugo Bardi
Dal blog "The Oil Crash" di Antonio Turiel. Traduzione mia (sono benvenute correzioni da parte di chi sa lo spagnolo meglio di me)
- Madre Gaia, Sono qui a nome di tutti gli esseri umani per chiedere perdono per aver distrutto la Natura. Ti prego di perdonarci.
- Oh, miei cari e egocentrici umani.
- Siamo spiacenti per essere così egoisti, non volevamo distruggere la Natura.
- Non è quello che intendevo dire con "egocentrici". La Natura è adattabile, non importa quello che gli fate; semplicemente cambierà e prenderà nuove forme. E' sopravvissuta a cose molto peggiori di voi.
Tuttavia, la state cambiando così tanto che non potete sopravvivere in Lei. Non state uccidendo la Natura, state uccidendo voi stessi
E' questo che volevo dire con "egocentrici." Credete che dato che voi non potete sopravvivere, nessun altro potrà.
- Che cosa?
- Avete rotto le palle per troppo tempo, ora state a vedere cosa vi capita.
(Link all'originale di Homon. Per un commento approfondito, vedi la versione in inglese su "Cassandra's Legacy")
- Madre Gaia, Sono qui a nome di tutti gli esseri umani per chiedere perdono per aver distrutto la Natura. Ti prego di perdonarci.
- Oh, miei cari e egocentrici umani.
- Siamo spiacenti per essere così egoisti, non volevamo distruggere la Natura.
- Non è quello che intendevo dire con "egocentrici". La Natura è adattabile, non importa quello che gli fate; semplicemente cambierà e prenderà nuove forme. E' sopravvissuta a cose molto peggiori di voi.
Tuttavia, la state cambiando così tanto che non potete sopravvivere in Lei. Non state uccidendo la Natura, state uccidendo voi stessi
E' questo che volevo dire con "egocentrici." Credete che dato che voi non potete sopravvivere, nessun altro potrà.
- Che cosa?
- Avete rotto le palle per troppo tempo, ora state a vedere cosa vi capita.
(Link all'originale di Homon. Per un commento approfondito, vedi la versione in inglese su "Cassandra's Legacy")
venerdì 10 giugno 2011
Grafico dei prezzi delle materie prime - senza commenti
Posted by
Ugo Bardi
Grafico da "IndexMundi" "Oil" - petrolio, "Food" - Generi alimentari, "Fuel" - Combustibili, "Commodity" - Materie Prime.
Traduzione della didascalia a destra: Mostra la rapida contrazione di tutte le materie prime tutte insieme "come se fosse guidato da una mano invisibile" nel fatto che i grafici dimostrano comportamenti collettivi spontanei in azione
domenica 5 giugno 2011
Referendum nucleare: io non ci sto
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Ugo Bardi
(nota, questo testo esprime opinioni personali di Ugo Bardi)
Tre anni fa, nel 2008, un documento collettivo dell'associazione ASPO-Italia sulla questione dell'energia nucleare sosteneva che:
.... è impossibile dare un giudizio su una questione così importante come l’infrastruttura energetica del paese senza considerare questioni come la distribuzione della ricchezza nella società, la centralizzazione o meno della produzione e altri fattori. Tutti questi elementi sono parte di una visione del futuro che è anche politica. Tuttavia, politicizzare certe questioni in termini di contrapposizione fra schieramenti opposti rende impossibile prendere decisioni importanti. Le politiche energetiche devono essere seguite con coerenza e consistenza per periodi ben più lunghi di quelli che vedono l’avvicendamento dell’una o dell’altra parte politica al governo. L’energia non è né di destra nè di sinistra. Il problema energetico è al di sopra delle parti e dovrebbe essere trattato da tutti con estrema neutralità perché dal rifornimento energetico dipende il futuro della nazione; più che da qualsiasi altro parametro economico.
.....
Comunque la si voglia vedere, il problema energetico ci accompagnerà per decenni nel futuro e lo si può risolvere solo con investimenti a lungo termine. Ma è impensabile che gli operatori preposti a investire sull’energia lo facciano in un clima politico che vedrebbe il necessario sostegno finanziario e legislativo per una o un’altra tecnologia andare e venire in dipendenza dei risultati delle elezioni. La questione energetica in Italia ha bisogno prima di tutto di un accordo che veda al primo posto il bene del paese. Se riusciamo a lavorare con coerenza verso un nuovo paradigma energetico, l’attuale crisi del petrolio e dei combustibili fossili non sarà un problema ma un'opportunità per rinnovare il sistema produttivo del paese e renderlo nuovamente competitivo.
Sfortunatamente, sembra che la situazione si sia evoluta esattamente nei termini che preoccupavano i membri di ASPO-Italia nel 2008. La questione energetica è stata politicizzata nel senso più basso del termine; ovvero è diventata una questione ideologica; uno strumento per lo scontro settario.
Su questo, il governo in carica ha gravi responsabilità; avendo ritenuto che il mandato degli elettori gli desse automaticamente il potere di imporre la scelta nucleare dall'alto, senza un dibattito e senza una valutazione approfondita della tecnologia e delle reali necessità del paese. Ma anche l'opposizione, come pure una sezione importante del movimento ambientalista, non è mai riuscita a mettere in piedi un dibattito su questo argomento, limitandosi a demonizzare il nucleare e a utilizzarlo come arma politica. Entrambi gli schieramenti hanno presentato il problema nei suoi termini più emozionali e superficiali, senza minimamente riuscire ad approfondirlo. E nemmeno ci hanno provato. Il referendum abrogativo è un ben misero sostituto di questo mancato dibattito. E' veramente triste pensare che ci si aspetti che gli elettori prendano una decisione saggia su un problema di vitale importanza per l'intero paese sulla base dei dibattiti televisivi di infimo livello che abbiamo visto negli ultimi giorni.
E' lo stesso problema che abbiamo con la questione climatica. L'idea che il problema climatico esiste ed è grave è vista come "di sinistra" mentre l'idea che è un imbroglio e che comunque non è grave è "di destra". Anche qui l'opinione del pubblico si basa su dibattiti televisivi e articoli di giornale di basso livello. Poi si va al voto, e la fazione che vince ritiene di aver avuto ragione. Eh, si, a maggioranza si può anche abrogare la legge di gravità, ma questo non vuol dire che dopo uno si possa buttare dalla finestra dal quinto piano senza farsi male.
Il problema energetico (così come quello climatico) non si può affrontare in questo modo. Non è un problema ideologico: arrivare alla conclusione che il nucleare è "di destra" mentre le rinnovabili sono "di sinistra" è un'assurdità. Vuol dire che la fazione che prevale in un certo momento farà del suo meglio per affossare la tecnologia che ritiene contraria alla propria visione ideologica. Se negli ultimi tempi il governo se l'è presa con le rinnovabili, con il referendum l'opposizione tenta invece di affossare il nucleare. Può darsi che oggi vinca la fazione anti-nucleare; ma le cose potrebbero cambiare di nuovo nel futuro. Già è successo nel passato con il referendum anti-nucleare nel 1987 e il successivo ritorno del nucleare. Sembra che non riusciamo a fermare il pendolo nucleare dall'oscillare.
Ma per una seria politica energetica per il paese c'è bisogno di un consenso ampio e basato su valutazioni approfondite. Solo così si può ottenere quel clima di stabilità e di certezza che permette agli investitori di fare scelte lungimiranti. Invece, stiamo sbagliando tutto: guardate cos'è successo con il fotovoltaico, con il governo che ha fatto del suo meglio per creare incertezza e per distruggere un'industria in crescita che stava dando lavoro a decine di migliaia di persone. Come è possibile gestire un paese in questo modo?
Allora, permettetemi una nota personale. Come la penso sull'energia nucleare l'ho detto più di una volta (per esempio qui, qui e qui e nel documento citato più sopra). La mia posizione è che l'energia rinnovabile è di gran lunga preferibile a quella nucleare per una serie di ragioni: meno costosa, più sicura, più semplice, più efficiente e non soggetta agli stessi problemi di approvvigionamento di combustibili. Tuttavia, non ho mai pensato che fosse il caso di dichiararsi "contro" il nucleare e quando mi danno di "antinuclearista" o addirittura di "storico oppositore del nucleare" mi si rizzano tutti i capelli in testa. Come tutti, ho le mie antipatie e le mie simpatie, ma se devo dare un contributo a questa discussione cerco di evitare questo tipo di semplificazioni.
L'altro giorno, mi hanno invitato a parlare sulla questione nucleare a un circolo ARCI non lontano da Firenze. Ho fatto del mio meglio per esporre il problema nella sue varie sfaccettature, tecniche, economiche, e anche strategiche. Ma ho visto con sgomento che è impossibile - ormai - parlare di nucleare in questi termini. Questo mi è successo più di una volta negli ultimi tempi. La gente non si aspetta un approfondimento del problema: si aspetta soltanto un si o un no deciso. Ormai, il problema è totalmente politicizzato.
Non mi fate parlar male delle persone che si sono riunite per sentirmi al circolo ARCI - assolutamente no; anzi, fatemi dire che sono eccellenti persone che ringrazio per avermi invitato e per avermi ascoltato con grande attenzione. Sono persone che, come me stanno cercando di farsi un'idea di quello che sta succedendo e che cosa possono fare per affrontare la situazione. Ma sono influenzati, come tutti, dal dibattito televisivo. E il dibattito televisivo non approfondisce la questione: la trasforma in uno scontro di piazza dove vince chi urla di più.
Allora, permettetemi di dire che se il problema deve essere posto in questi termini, io non ci sto. Non vi so dire adesso cosa farò esattamente il giorno del referendum; può darsi che farò come Gennaro Carotenuto che dice "voterò si, ma con gran pena," così come mi hanno detto che faranno molti dei miei colleghi. Oppure, può darsi che non prenderò nemmeno la scheda grigia sul nucleare. Non lo so e non è particolarmente importante. Quello che è importante è il futuro di questo disgraziato paese e non mi aspetto niente di buono se non troviamo un modo migliore di affrontare i grandi problemi che abbiamo davanti: quello energetico e quello climatico.
Con l'imminente referendum sul nucleare, la politicizzazione del problema energetico si completa dopo un tragitto che dura da qualche anno. Oramai, il nucleare è ufficialmente "di destra" mentre le rinnovabili sono ufficialmente "di sinistra". E' molto grave che una questione così importante per il futuro del paese sia stata ridotta a un scontro fra ideologie ormai obsolete e, su questo, entrambi gli schieramenti hanno pesanti responsabilità. Personalmente, pur avendo espresso più volte la mia opinione negativa sull'opportunità di reintrodurre l'energia nucleare in Italia, non riesco a seguire questa logica di scontro settario. Permettetemi di dire che, se il problema viene posto in questi termini, io non ci sto.
Tre anni fa, nel 2008, un documento collettivo dell'associazione ASPO-Italia sulla questione dell'energia nucleare sosteneva che:
.... è impossibile dare un giudizio su una questione così importante come l’infrastruttura energetica del paese senza considerare questioni come la distribuzione della ricchezza nella società, la centralizzazione o meno della produzione e altri fattori. Tutti questi elementi sono parte di una visione del futuro che è anche politica. Tuttavia, politicizzare certe questioni in termini di contrapposizione fra schieramenti opposti rende impossibile prendere decisioni importanti. Le politiche energetiche devono essere seguite con coerenza e consistenza per periodi ben più lunghi di quelli che vedono l’avvicendamento dell’una o dell’altra parte politica al governo. L’energia non è né di destra nè di sinistra. Il problema energetico è al di sopra delle parti e dovrebbe essere trattato da tutti con estrema neutralità perché dal rifornimento energetico dipende il futuro della nazione; più che da qualsiasi altro parametro economico.
.....
Comunque la si voglia vedere, il problema energetico ci accompagnerà per decenni nel futuro e lo si può risolvere solo con investimenti a lungo termine. Ma è impensabile che gli operatori preposti a investire sull’energia lo facciano in un clima politico che vedrebbe il necessario sostegno finanziario e legislativo per una o un’altra tecnologia andare e venire in dipendenza dei risultati delle elezioni. La questione energetica in Italia ha bisogno prima di tutto di un accordo che veda al primo posto il bene del paese. Se riusciamo a lavorare con coerenza verso un nuovo paradigma energetico, l’attuale crisi del petrolio e dei combustibili fossili non sarà un problema ma un'opportunità per rinnovare il sistema produttivo del paese e renderlo nuovamente competitivo.
Sfortunatamente, sembra che la situazione si sia evoluta esattamente nei termini che preoccupavano i membri di ASPO-Italia nel 2008. La questione energetica è stata politicizzata nel senso più basso del termine; ovvero è diventata una questione ideologica; uno strumento per lo scontro settario.
Su questo, il governo in carica ha gravi responsabilità; avendo ritenuto che il mandato degli elettori gli desse automaticamente il potere di imporre la scelta nucleare dall'alto, senza un dibattito e senza una valutazione approfondita della tecnologia e delle reali necessità del paese. Ma anche l'opposizione, come pure una sezione importante del movimento ambientalista, non è mai riuscita a mettere in piedi un dibattito su questo argomento, limitandosi a demonizzare il nucleare e a utilizzarlo come arma politica. Entrambi gli schieramenti hanno presentato il problema nei suoi termini più emozionali e superficiali, senza minimamente riuscire ad approfondirlo. E nemmeno ci hanno provato. Il referendum abrogativo è un ben misero sostituto di questo mancato dibattito. E' veramente triste pensare che ci si aspetti che gli elettori prendano una decisione saggia su un problema di vitale importanza per l'intero paese sulla base dei dibattiti televisivi di infimo livello che abbiamo visto negli ultimi giorni.
E' lo stesso problema che abbiamo con la questione climatica. L'idea che il problema climatico esiste ed è grave è vista come "di sinistra" mentre l'idea che è un imbroglio e che comunque non è grave è "di destra". Anche qui l'opinione del pubblico si basa su dibattiti televisivi e articoli di giornale di basso livello. Poi si va al voto, e la fazione che vince ritiene di aver avuto ragione. Eh, si, a maggioranza si può anche abrogare la legge di gravità, ma questo non vuol dire che dopo uno si possa buttare dalla finestra dal quinto piano senza farsi male.
Il problema energetico (così come quello climatico) non si può affrontare in questo modo. Non è un problema ideologico: arrivare alla conclusione che il nucleare è "di destra" mentre le rinnovabili sono "di sinistra" è un'assurdità. Vuol dire che la fazione che prevale in un certo momento farà del suo meglio per affossare la tecnologia che ritiene contraria alla propria visione ideologica. Se negli ultimi tempi il governo se l'è presa con le rinnovabili, con il referendum l'opposizione tenta invece di affossare il nucleare. Può darsi che oggi vinca la fazione anti-nucleare; ma le cose potrebbero cambiare di nuovo nel futuro. Già è successo nel passato con il referendum anti-nucleare nel 1987 e il successivo ritorno del nucleare. Sembra che non riusciamo a fermare il pendolo nucleare dall'oscillare.
Ma per una seria politica energetica per il paese c'è bisogno di un consenso ampio e basato su valutazioni approfondite. Solo così si può ottenere quel clima di stabilità e di certezza che permette agli investitori di fare scelte lungimiranti. Invece, stiamo sbagliando tutto: guardate cos'è successo con il fotovoltaico, con il governo che ha fatto del suo meglio per creare incertezza e per distruggere un'industria in crescita che stava dando lavoro a decine di migliaia di persone. Come è possibile gestire un paese in questo modo?
Allora, permettetemi una nota personale. Come la penso sull'energia nucleare l'ho detto più di una volta (per esempio qui, qui e qui e nel documento citato più sopra). La mia posizione è che l'energia rinnovabile è di gran lunga preferibile a quella nucleare per una serie di ragioni: meno costosa, più sicura, più semplice, più efficiente e non soggetta agli stessi problemi di approvvigionamento di combustibili. Tuttavia, non ho mai pensato che fosse il caso di dichiararsi "contro" il nucleare e quando mi danno di "antinuclearista" o addirittura di "storico oppositore del nucleare" mi si rizzano tutti i capelli in testa. Come tutti, ho le mie antipatie e le mie simpatie, ma se devo dare un contributo a questa discussione cerco di evitare questo tipo di semplificazioni.
L'altro giorno, mi hanno invitato a parlare sulla questione nucleare a un circolo ARCI non lontano da Firenze. Ho fatto del mio meglio per esporre il problema nella sue varie sfaccettature, tecniche, economiche, e anche strategiche. Ma ho visto con sgomento che è impossibile - ormai - parlare di nucleare in questi termini. Questo mi è successo più di una volta negli ultimi tempi. La gente non si aspetta un approfondimento del problema: si aspetta soltanto un si o un no deciso. Ormai, il problema è totalmente politicizzato.
Non mi fate parlar male delle persone che si sono riunite per sentirmi al circolo ARCI - assolutamente no; anzi, fatemi dire che sono eccellenti persone che ringrazio per avermi invitato e per avermi ascoltato con grande attenzione. Sono persone che, come me stanno cercando di farsi un'idea di quello che sta succedendo e che cosa possono fare per affrontare la situazione. Ma sono influenzati, come tutti, dal dibattito televisivo. E il dibattito televisivo non approfondisce la questione: la trasforma in uno scontro di piazza dove vince chi urla di più.
Allora, permettetemi di dire che se il problema deve essere posto in questi termini, io non ci sto. Non vi so dire adesso cosa farò esattamente il giorno del referendum; può darsi che farò come Gennaro Carotenuto che dice "voterò si, ma con gran pena," così come mi hanno detto che faranno molti dei miei colleghi. Oppure, può darsi che non prenderò nemmeno la scheda grigia sul nucleare. Non lo so e non è particolarmente importante. Quello che è importante è il futuro di questo disgraziato paese e non mi aspetto niente di buono se non troviamo un modo migliore di affrontare i grandi problemi che abbiamo davanti: quello energetico e quello climatico.
venerdì 3 giugno 2011
I Limiti dello Sviluppo Reloaded
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Ugo Bardi
Non è ancora uscito ufficialmente, ma si può già ordinare da "Amazon". Un bel po' di lavoro che prende forma come un libro piuttosto tecnico e anche un po' costoso (43 dollari). Ma, insomma, se permettete è una bella soddisfazione!
Ringrazio Charles Hall, editore della serie, David Packer, editore di Springer e molti altri in Italia e all'estero che hanno reso possibile questo libro. Quando sarà ufficialmente disponibile, ve ne passerò qualche pezzetto commentato.
mercoledì 1 giugno 2011
Il trucco di Bertoldo - la prova dell'effetto umano sul clima è sulla Luna
Posted by
Ugo Bardi
Ricevo in questi giorni dall'impareggiabile Claudio Costa (il Gatto Silvestro del clima) una lettera in cui mi annuncia della "sfida" ai climatologi che l'altrettanto impareggiabile Guido Guidi ha lanciato sul suo sito: mostrargli un esperimento che possa "provare" l'effetto umano sul clima. La lettera del fiabesco Costa mi ha ispirato una risposta altrettanto fiabesca. Eccola qui.
Si racconta che quando Bertoldo fu condannato a morte, chiese e ottenne la grazia di poter scegliere l'albero al quale essere impiccato. Cerca qui, e cerca là, non glie ne andava bene uno. Alla fine, il boia gli chiese, "ma dove sta un albero che ti va bene?" Al che Bertoldo rispose "sulla Luna."
Storia surreale, questa di Bertoldo, che va letta come una presa di giro della stupidità del potere. Come storiella, è divertente, ma non lo sarebbe se qualcuno la prendesse sul serio. Ovvero, sarebbe una cosa squallida se qualcuno cercasse di applicare il trucco di Bertoldo alla vita reale. Curiosamente, tuttavia, c'è sempre qualcuno che ci prova; evidentemente sperando di trovare qualcuno che ci casca. Ovvero, di trovare qualcuno altrettanto fesso del boia della storia di Bertoldo.
Ci prova, in questi giorni, il ten. col. Guido Guidi, annunciando a gran voce sul suo sito la "sfida all'AGW" chiedendo ai lettori di inviare una "prova sperimentale" che il riscaldamento globale antropogenico esiste.
Essendo il detto Ten. Col. il solo giudice designato alla tenzone, è chiaro che abbiamo di fronte una nuova versione del trucco di Bertoldo che chiedeva di essere impiccato sulla Luna. Ovviamente, al Ten. Col. non gli andrà bene nulla che gli venga sottoposto. Questo a meno che qualcuno non trovi dati sperimentali relativi a un pianeta uguale alla terra e popolato di abitanti tanto imbecilli da essersi auto-lessati a furia di emissioni di gas serra.
E, in effetti, il tentativo del Ten. Col. non sembra essere andato tanto bene dato che i commenti al post sono stati chiusi quasi immediatamente. Evidentemente, non ci è cascato nessuno.
Ma il nostro glorioso colonnello non è il solo ad averci provato. Se è arrivato a pensarci è probabilmente perché, citando Newton, stava sulle "spalle dei giganti" Ci aveva già provato tempo fa Joanne Nova nel suo "manuale dello scettico", tutto basato sulla richiesta della "prova" del cambiamento climatico e, ovviamente, non glie ne andava mai bene una. Ancora prima, ci avevano provato quelli di "Junk Science" offrendo addirittura un premio di 100.000 dollari (poi aumentati addirittura a 500.000!!!) a chi avesse potuto fornire questa benedetta "prova" (il trucco: si pagavano 15 dollari per partecipare e gli unici giudici del contesto erano quelli di Junk Science... he-he.....).
Da leggere, su questa storia, i commenti assai graffianti di Sylvie Coyaud intitolati "la sfida fumante" e "pistolotto fumante." Impagabile la citazione da "Boing Boing"
"siamo disposti a pagare a chiunque $250,000 se può portare prove empiriche che dimostrino che Gesù non è il figlio del Mostro degli Spaghetti Volanti."
Insomma, questa iniziativa del Ten. Col. è una storiella più che altro squalliduccia che dimostra soltanto come i diversamente esperti di clima siano ridotti alla frutta. A ulteriore dimostrazione di questo fatto, e anche per vostra curiosità, vi passo il messaggio di Claudio Costa dove potete trovare impagabili concetti come "Climaticamente il nulla" e "sfida ai catastrofisti climatici"
______________________________________________
Dott. Claudio Costa
Veterinario zootecnico
Consulente ambientale
Il Ten. Col. Guido Guidi e tutta la redazione di Climate Monitor hanno lanciato la sfida ai catastrofisti climatici !
La domanda è lecita e cioè : Che lavoro scientifico dimostra il peso dell'uomo sul riscaldamento globale ?
La risposta dovrebbe essere obbligatoria, visto che le rinnovabili le paghiamo tutti : miliardi di euro che vengono prelevati direttamente in bolletta (frazione della componente A3) in base alla presunta mitigazione climatica che si otterrebbe con la riduzione delle emissioni, che anche nel caso fosse vera l'ipotesi del riscladamento globale antropogenico sarebbe comunque di pochi centesimi di grado, cioè climaticamente il nulla.
Invece si riporta tutto all'IPCC e alle conclusioni che già sono state tratte, che però non hanno alcuna dimostrazione scientifica.
Aggiungo la mia richiesta personale: cioè che qualcuno dimostri che la zootecnia sia la prima, o la seconda, o la terza, o la decima causa di riscaldamento globale, visto che sono anni che cerco di capire che basi scientifiche abbiano le accuse alla zootecnia, e non ne trovo alcuna.
Grazie a chiunque voglia partecipare al dibattito lasciando un commento su Climate Monitor.
martedì 31 maggio 2011
Entropia, picco del petrolio e Filosofia Stoica
di Ugo Bardi
Questa è la traduzione a cura di Massimiliano Rupalti ("Rupo") di un post in inglese pubblicato su Cassandra's Legacy. Ringrazio Massimiliano per questo lavoro che spero sia l'inizio di una collaborazione per la gestione del blog "Effetto Cassandra"
Dunque, signore e signori, prima di tutto lasciate che vi mostri questa mela (foto di Daniel Gomez)
Non è raro trovare una sottostante semplice legge che genera sistemi complessi. Pensate ai frattali;l'insieme di Mandelbrot, per esempio. I frattali non sono solo entità matematiche, sono comuni in anche in natura. Oppure pensate a modelli come le biforcazioni di Feigenbaum – che sono il risultato di equazioni estremamente semplici. Questi sono esempi di un tipo di sistemi che sono relativamente comuni in fisica, sistemi complessi risultato di leggi molto semplici. E' una delle bellezze della fisica il fatto che questi sistemi esistano.
Questo grafico evidenzia la “curva a campana” che segue la produzione. Oggi, questa curva è spesso conosciuta come “ la curva di Hubbert” ed il massimo della produzione è il “picco di Hubbert”. Ne avrete sicuramente sentito parlare. Quando è riferito alla produzione mondiale viene chiamato “picco del petrolio”, abbiamo sentito molte volte menzionare questo termine a questa conferenza.
Ora, vi dico che questa curva può essere vista come la “mela che cade”, che ci fornisce la chiave per comprendere i meccanismi interni del ciclo dello sfruttamento delle risorse. Tutte le mele cadono dall'albero allo stesso modo e non solo le mele, anche arance e cocomeri; proprio come fanno gatti e cani, aerei, televisori e qualsiasi cosa alla quale possiate pensare. Veramente non proprio tutte, provate con una piuma e vedrete che non segue la legge di Newton.
Ma, naturalmente, non saltate alla conclusione che la legge di Newton è sbagliata. Ciò significa che – al fine di trovare la legge interna che governa il sistema – avete bisogno di verificare che il sistema stesso non sia condizionato da effetti che possano mettere in ombra gli effetti che state studiando. Nel caso della gravità, dovete assicurarvi che l'effetto dell'aria non condizioni troppo la caduta di un oggetto. Nel caso della curva di Hubbert , dovrete assicurarvi che le azioni di un governo non limitino troppo la produzione. In altre parole, la legge di Hubbert lavora meglio in condizioni di libero mercato; dove le persone possano decidere di estrarre petrolio a seconda di quanto denaro pensino di poter ricavare o meno dall'impresa.
Penso che vediate che c'è un disegno, una logica e questa “curva a campana” non compare solo per il petrolio o per le risorse energetiche. E un disegno generalizzato che riguarda la produzione da risorse non rinnovabili (o da risorse lentamente rinnovabili, come le balene).
Ora, lasciate che vi mostri questa immagine di una cascata:
Giusto. Però ci sono dei fattori più profondi qui – questo movimento è generato, in ultima istanza, dalle leggi della termodinamica. Nulla sfugge alle leggi della termodinamica. E' una domanda che pongo ai miei studenti, a volte: come spiegate che l'acqua scorre verso il basso in termini di termodinamica? E' difficile per loro trovare una risposta immediata, anche se hanno già studiato la termodinamica. Il motivo è questo: l'acqua scorre verso il basso per la seconda legge, quella dell'entropia.
Ora, forse non è proprio corretto dire che qualcosa accade “perché l'entropia deve aumentare”. Probabilmente è più corretto dire che l'universo si comporta in un certo modo e che per noi è conveniente descrivere questo comportamento con concetti come la “gravità”, “l'entropia” o i “potenziali”. Questi concetti sono più utili di quelli che coinvolgono la spinta degli angeli – o simili tipo la mano invisibile... scusate...niente tiro all'economista, ho detto. Ma, nella pratica, perché questi concetti siano utili devo proprio dirvi, “l'economia si muove perché l'entropia deve aumentare”. E' vero, ma abbiamo bisogno di addentrarci molto di più nei dettagli. Per fare questo, abbiamo bisogno di un modello dove possiamo cambiare i parametri del sistema e vedere se possiamo riprodurre dati storici, per esempio la curva di Hubbert. Questo è ciò che farò; mostrarvi come l'idea di Hubbert può essere derivata da un'interpretazione che, in ultima istanza, ha a che fare con la termodinamica. Ma prima lasciate che vi introduca il metodo chiamato “System Dynamics” che può essere usato per descrivere questo tipo di sistemi.
Ora vi mostro come funziona la System Dynamics (SD) usando la descrizione di una cascata. Qui, veramente, si tratta di una vasca da bagno, ma la fisica è la stessa.
Le forze che guidano il movimento delle acque sono le stesse di prima – gravitazionali e potenziali. Ora, questa fontana non è il modello perfetto per quello che sto cercando di fare. La uso solo come illustrazione del concetto che questo è un sistema mosso dal potenziale. Per modellare un'economia abbiamo bisogno di un passo ulteriore: il concetto conosciuto come “feedback”. Questo significa che dobbiamo presumere che il flusso da uno stock all'altro non dipende solo dalla misura dello stock superiore, ma anche dalla misura dello stock inferiore. Il modello ora è più simile ad un modello biologico. Pensate lo stock inferiore come “predatore” dello stock superiore e che cresce in proporzione. Senza feedback non abbiamo crescita ed il modello non definisce un vero sistema economico. Così, facciamo questo ulteriore passo e descriviamo il modello usando la convenzione del System Dynamics.
Il modello è stato fatto usando un software di nome “Vensim” che non si limita a disegnare frecce e contenitori. “Risolve” il modello, cioè calcola i flussi come funzione della quantità iniziale dello stock e dei parametri del sistema (qui i “k”) - quelli che sostanzialmente descrivono i potenziali. Ancora, lasciatemi dire che questi software System Dynamics non sono pensati in termini di potenziali termodinamici. Un giorno, potremmo avere programmi definiti specificamente per questo scopo. Per quando avverrà, teniamo comunque in mente questo punto. Ora, continuiamo a vedere come funziona il sistema. Con Vensim, si possono cambiare i parametri in tempo reale e vedere come flussi e stock cambiano.
Il software permette di risolvere il modello iterativamente; potete vedere cosa accade mentre cambiate i valori delle costanti usando dei cursori. E, qui, cominciate già a vedere curve a campana. Possiamo confrontare i risultati in un modo migliore; ecco come i tre maggiori stock (risorse, economia e rifiuti) cambiano nel tempo.
Potremmo modificare il sistema tenendo conto di molti più effetti – riciclaggio dei rifiuti per esempio – ma non addentriamoci in questo adesso. Vediamo, invece, come il modello descrive la curva di Hubbert, che è il tasso di flusso dallo stock di risorse allo stock dell'economia.
In pratica, spesso abbiamo buoni dati per la produzione, ma per “l'economia” è molto più difficile. Tuttavia, vedremo che possiamo trovare buoni dati "proxy" a questo scopo. Quindi, il modello può essere sottoposto a questo test e lo supera. Possiamo testare il modello su piccoli sistemi economici che possiamo supporre siano autosufficienti. Lasciate che vi mostri un esempio, l'olio di balena nel 19° secolo. Ne abbiamo appena visto i dati di produzione. La domanda, quindi, è cosa potremmo prendere come dati per “l'economia” in questo caso in relazione a questo sottosistema dell'economia globale che era impegnato nella caccia alle balene a quel tempo. Sfortunatamente, non abbiamo questi dati, ma possiamo trovare buoni proxy per la dimensione dell'economia totale nella dimensione dell'economia baleniera. E vediamo che funziona:
Quindi, dal modello possiamo ottenere importanti intuizioni in termini di tendenze. Per esempio, se vedete la produzione di energia primaria mondiale scendere ed il PIL salire, potreste essere molto felici perché direste che l'economia sta diventando più efficiente. Ma il modello ci dice che non siamo affatto più efficienti, stiamo semplicemente usando risorse accumulate precedentemente per far correre l'economia. E, naturalmente, questo si può fare
solo per poco.
Ma capisco che questo modello è realmente molto semplificato. Non include, ad esempio, le risorse rinnovabili ed è vero che la nostra economia non è basata completamente su risorse non rinnovabili, anche se per la maggior parte lo è. Quindi la domanda che potreste porre è: come possiamo realizzare qualcosa di più dettagliato? Come per esempio aggiungere al modello l'agricoltura, il riciclo dei materiali, le energie rinnovabili, ecc?
Certo. Può essere fatto e - in effetti – è stato fatto molto tempo fa. La prima volta fu nel 1971 in un lavoro dal titolo “World Dynamics” di Jay Forrester che, fra l'altro, è l'inventore della dinamica dei sistemi. Ma esaminiamo qui lo studio più dettagliato che venne pubblicato un anno dopo, nel 1972. E' stato ispirato dal lavoro di Forrester e sono sicuro che ne avete sentito parlare. E' il “rapporto al Club di Roma” intitolato “I limiti dello Sviluppo”.
Naturalmente, non ci si capisce nulla, non solo perché i box sono etichettati in italiano. La ragione per cui mostro questa immagine è quella di dare una qualche idea di cosa sia una struttura completa della dinamica dei sistemi del mondo. Sembra uno di quei puzzle che si trovano nell'edizione domenicale del vostro quotidiano. Questo è un problema che, credo, abbiamo con le dinamiche sistemiche. La maggior parte dei modelli SD si somigliano dal punto di vista grafico. A prima vista non si ha idea di cosa si occupi il modello: potrebbe essere un mercato del pesce, una centrale nucleare o un ospedale: sono solo delle scatole.
Ci sono dei pacchetti di software di SD che offrono una maggiore libertà grafica., ma non ce ne occupiamo ora. Il punto che volevo far notare è che questo modello – il “world 3”, il modello de “I limiti dello Sviluppo” - non è molto differente, in fin dei conti, dal semplice modello che vi ho mostrato prima. Tutti questi modelli hanno qualcosa in comune – tutti i flussi che portano da un box all'altro sono governati dalla termodinamica. Per questo potremmo pensare a modelli come questo – quello dei LDS – coma ad un grande fontana multi-livello, più o meno come questa:
Notate, ancora, che questa rappresentazione del modello non mostra la termodinamica che ci sta dietro. Con gli stock sistemati come nella figura, i potenziali che muovono il sistema non sono evidenti. Comunque, devono essere lì. Niente si può muovere senza una differenza di potenziale che lo spinga. Quindi, una cosa che dovremo fare un giorno è di rendere visibili questi potenziali nella rappresentazione di questi modelli. Ma, come ho detto, vi sto parlando di un work in progress, c'è un sacco di lavoro che, in futuro, qualcuno dovrà fare.
Ora esaminiamo il modello un po' più da vicino. Vi renderete conto che ci sono 3 stock che sono proprio gli stessi del modello più semplice che vi ho mostrato prima. Qui agli stock sono attribuiti nomi diversi: risorse minerali (lo stock che era chiamato “risorse”), capitale industriale (“l'economia”) e l'inquinamento (“rifiuti”). Poi ci sono altri due stock: uno è l'agricoltura, intesa come risorsa rinnovabile, e quindi la popolazione. Questi due nuovi stock sono necessari per avere più dettagli nel modello e, naturalmente, ci sono molte più connessioni: ora il modello può descrivere cose come il riciclo e gli effetti dell'inquinamento sul capitale industriale. Notate anche che le risorse “rinnovabili” non lo sono in termini assoluti. Il suolo non è rinnovabile se sovra-sfruttato; si chiama erosione.
A questo punto dovremmo arrivare a un risultato. Vi mostro i dati dalla prima edizione di LDS, dal lontano 1972, e i risultati principali non sono cambiati molto in simulazioni realizzate 30 anni dopo con dati storici aggiornati. Così, questo è ciò che il modello produce per i migliori dati disponibili a quel tempo, ciò che veniva chiamato “andamento standard” (il grafico è, ancora, dall'edizione italiana, il testo dall'edizione del 2004)
Ma qui abbiamo di più, molto di più. Siamo di fronte a qualcosa di veramente interessante, cioè che le tendenze possano cambiare a seconda delle nostre ipotesi. Così, lo scenario da“'andamento standard” ci racconta che la civiltà collassa prevalentemente a causa dell'esaurimento delle risorse. Ma possiamo cambiare le ipotesi iniziali ed arrivare a risultati molto diversi. Se ipotizziamo di avere più risorse o - e sarebbe praticamente lo stesso - che l'inquinamento è più dannoso di quanto ci si aspettava, che ciò che fa collassare la civiltà non è l'esaurimento delle risorse ma gli effetti dell'inquinamento. Questi sono, ancora, dall'edizione del 1972 de “i limiti dello Sviluppo”, ma i risultati non sono cambiati nei calcoli più recenti.
Quindi, vedete, stiamo camminando sulla lama del rasoio. Potremmo essere distrutti dal cambiamento climatico o dall'esaurimento delle risorse (probabilmente da entrambe allo stesso tempo). Dalle più recenti simulazione dei LDS effettuate intorno al 2004, sembra ancora verosimile che saremo distrutti dall'esaurimento delle risorse, ma non possiamo dirlo con certezza. I dati sono troppo incerti ed in tempi recenti abbiamo visto una preoccupante tendenza della gente a consumare sempre di più combustibili “sporchi” (carbone, sabbie bituminose, gas di scisti -ndt- e simili) e questo aumenta l'inquinamento mentre dà l'illusione di avere più risorse. Ma il risultato finale è lo stesso.
Non che non possiamo fare qualcosa per ridurre l'impatto. Cosa è il collasso, in fin dei conti? E' solo un cambiamento rapido; ma le cose cambiano continuamente. Un collasso è solo un periodo in cui le cose cambiano più velocemente del normale. E' come un 'auto che si schianta su un muro, forse non si può evitarre, ma se indossi le cinture di sicurezza ed hai l'airbag ne potresti uscire molto meglio. Ancora più importante è vedere il muro il prima possibile e cominciare a frenare. Quindi, il rilevare il collasso in anticipo ci permette di elaborare strategie per mitigarne l'impatto. Ciò significa gestire il collasso in modo da trasformarlo in un “collasso morbido”, anche se non tutti sarebbero contenti di questo. Non sei felice quando la tua auto si schianta su un muro, ma se ne esci illeso, beh, è una buona cosa.
Questo è il concetto che vediamo molto spesso viene discusso in incontri come questi, oggi. Discutiamo circa cosa dovremmo fare per evitare, o almeno mitigare, le cose buie e terribili che l'esaurimento delle risorse e i cambiamenti climatici ci stanno portando. Discutiamo piani, evoluzioni tecnologiche, “sviluppo sostenibile” e molte altre idee. Il problema è che, là fuori, niente è stato fatto e nessuno sembra occuparsi di ciò che il futuro ha in serbo per noi. E, peggio ancora, c'è un numero considerevole di persone là fuori che che passano il loro tempo a disprezzare ciò che la scienza ci dice sui rischi che stiamo correndo, in particolare il riscaldamento globale. Sfortunatamente, se neghiamo le leggi della termodinamica, siamo destinati a sperimentarle su noi stessi.
Quindi, temo che tutte le pianificazioni e “soluzioni” che abbiamo discusso animatamente in questa conferenza ci porteranno a molto poco. Così, cosa dovremmo fare? Rimanere zitti e mugugnare? Beh, dipende da voi. Ma c'è una cosa che posso dirvi e cioè che dovremmo imparare qualcosa di più dalla storia. Vedete, i collassi sono già avvenuti per altre civiltà del passato, questo lo sappiamo molto bene. E la domanda è cosa pensavano, che cosa facevano mentre vedevano il loro mondo collassare loro intorno? E' una domanda affascinante e dovremmo provare a rispondere guardando alla civiltà che, forse, è la più simile alla nostra e della quale abbiamo più dati. L'Impero Romano.
Ho già scritto qualcosa sulla caduta dell'Impero Romano, l'ho intitolato “Il picco della Civiltà”.Ho visto che è stato un notevole successo in termini di lettori. Infatti dovreste aver notato che l'Impero Romano è molto famoso oggigiorno. E' perché non è così difficile capire che ci sono davvero molte similitudini fra noi ed i Romani. Non tutto, ma molte cose. Ne “Il picco della civiltà” ho provato ad applicare la dinamica dei sistemi all'Impero Romano. Non può essere fatto in termini quantitativi, naturalmente, ma in termini qualitativi funziona. I Romani sono stati abbattuti da una combinazione di esaurimento delle risorse e inquinamento. Gli stessi problemi che affrontiamo oggi.
Cosa hanno fatto, dunque, i Romani? Bene, una cosa molto chiara è che hanno potuto fare ben poco. Non hanno potuto mai gestire il cambiamento, ne sono sempre stati sopraffatti. Non che non ci abbiano provato, ma era difficile: l'Impero era troppo grande e gli sforzi umani troppo esigui in confronto. Neanche gli imperatori sono riusciti ad invertire la china verso il collasso, non importa quanto si siano sforzati di farlo. Nemmeno un imperatore può battere la termodinamica. Quindi, cosa pensavano i romani della loro situazione? Sono caduti in depressione? Erano speranzosi? Rassegnati? Bene, possiamo averne una qualche idea di cosa abbiano pensato da quello che ci hanno lasciato scritto ed una cosa che possiamo identificare come una loro risposta alla situazione fu una filosofia che chiamiamo “Stoicismo”.
Naturalmente questa non è una presentazione sulla filosofia, ma penso che possa concluderla con una nota su questa antica filosofia perché ci potrebbe essere utile. Lo Stoicismo è stato sviluppato in Grecia in un periodo in cui la civiltà greca stava collassando. Così i romani l'hanno presa ed adattata alla loro cultura. Lo Stoicismo è una filosofia che permea il modo di pensare dei romani, essa ha influenzato profondamente la filosofia cristiana e possiamo ancora percepire la sua influenza nel nostro mondo oggi. L'idea di base, per quanto mi è possibile capire, è che viviamo in tempi terribili, ma manteniamo quella che potremmo chiamare una “presa di posizione morale”. Possiamo dire che gli Stoici pensavano che “la virtù è premio a sé stessa” anche se, naturalmente, c'è molto di più di questo nello Stoicismo.
Mentre venivo in Spagna dall'Italia, avevo con me un libro scritto da Marco Aurelio, un imperatore romano che visse a metà del secondo secolo dopo Cristo. E' intitolato “Meditazioni”. Forse non è un grande libro, ma di sicuro è interessante: principalmente perché è una sorta di manuale su come applicare lo Stoicismo alla vita quotidiana. Marco ha vissuto tempi molto duri durante il suo regno. Ha dovuto combattere quasi tutto il tempo e non ha mai avuto tempo per scrivere un trattato filosofico. Semplicemente ha annotato qualcosa quando aveva un po' di respiro dal campo di battaglia. Questo è ciò che le “Meditazioni” sono; un libro di frammenti. Da questo potete farvi un'idea chiara della personalità dell'imperatore. Era una brava persona, direi, che ha visto molto e sperimentato molto. Ha cercato sempre di dare il meglio di sé, ma ha capito quanto siano inefficaci gli sforzi umani.
“Non puoi vincere contro l'entropia, ma devi comportarti come se potessi farlo”.
Naturalmente, Marco Aurelio non sapeva dell'entropia, ma gli era molto chiaro come l'universo sia in un continuo fluire. Le cose cambiano e questa è l'unica legge che non cambia. Penso che questo sia il nostro destino e quello che dobbiamo fare. Verosimilmente, non riusciremo a salvare il mondo che conosciamo. Probabilmente non saremo capaci di evitare immense sofferenze umane negli anni a venire. In ogni caso dobbiamo fare del nostro meglio per provarci e, chi lo sa, magari ciò che saremo in grado di fare potrebbe fare la differenza. Penso che questa sia la lezione che Marco Aurelio ci dà, anche se da un tempo così lontano che copre quasi due millenni.
Vi lascio con qualche parola dal libro “Meditazioni” che forse riterrete rilevanti per noi oggi.
“Sii maestro di te stesso e guarda la vita come uomo, come essere umano come cittadino e come mortale. Fra le verità che farai bene a contemplare più frequentemente ci sono queste due: primo, che le cose non possono mai toccare l'anima, ma stanno inerti fuori da essa, così che l'inquietudine può sorgere solo da fantasie interiori e, secondariamente, che tutti gli oggetti visibili cambiano in un attimo e non saranno più. Pensa agli innumerevoli cambiamenti in cui tu stesso hai avuto una parte. L'intero universo è cambiamento e la vita stessa è quello che tu vuoi che sia”.
Questa è la traduzione a cura di Massimiliano Rupalti ("Rupo") di un post in inglese pubblicato su Cassandra's Legacy. Ringrazio Massimiliano per questo lavoro che spero sia l'inizio di una collaborazione per la gestione del blog "Effetto Cassandra"
Ho avuto molto tempo per la mia relazione alla conferenza “Picco del Petrolio:realtà o finzione?”tenutasi a Barbastro (Spagna) il 7 aprile 2011. Così ho potuto divagare su vari temi, dall'entropia dei sistemi complessi alla filosofia dello stoicismo dell'Imperatore Marco Aurelio (sopra).Forse troppi argomenti ma, in ogni caso, eccone una versione scritta a memoria in cui ho cercato di mantenere il tono ed il contenuto del mio intervento. Ho aggiunto dei capitoli per maggiore chiarezza.
1. Fisica semplice e sistemi complessi
Dunque, signore e signori, prima di tutto lasciate che vi mostri questa mela (foto di Daniel Gomez)
Non preoccupatevi: ciò non significa che questo sarà un intervento lungo! Ho portato questa mela con me solo perché volevo parlarvi della legge universale di gravità di Newton. Come sappiamo, sembra essere vero che l'idea gli è venuta vedendo cadere una mela da un albero (anche se potrebbe non essergli caduta direttamente in testa!).
Il fatto che la mela cada dall'albero – così come qualsiasi altra cosa possa cadere – è un effetto dell'esistenza di leggi relativamente semplici nell'Universo. Molte cose che vediamo intorno a noi sono estremamente complicate – o “complesse”. Pensate al sistema solare, per esempio. Ci sono molti corpi di diverse dimensioni, che si muovono seguendo diverse traiettorie. Ma c'è una certa logica in questo e la logica ha origine in una legge molto semplice – la legge di Newton – che può essere espressa come segue:
Il fatto che la mela cada dall'albero – così come qualsiasi altra cosa possa cadere – è un effetto dell'esistenza di leggi relativamente semplici nell'Universo. Molte cose che vediamo intorno a noi sono estremamente complicate – o “complesse”. Pensate al sistema solare, per esempio. Ci sono molti corpi di diverse dimensioni, che si muovono seguendo diverse traiettorie. Ma c'è una certa logica in questo e la logica ha origine in una legge molto semplice – la legge di Newton – che può essere espressa come segue:
Prima di Newton, per lungo tempo, gli scienziati potevano solamente brontolare qualcosa riguardo alla “spinta degli angeli” quando gli si chiedeva cosa causasse il movimento dei pianeti. Ma se conosci la legge, puoi descrivere non solo il movimento dei pianeti del sistema solare, ma di ogni tipo di corpo, incluse intere galassie.
Ora, mentre discutiamo di sistemi complessi, naturalmente ciò che ci viene in mente è il soggetto del quale discutiamo oggi – l'economia e ciò che la muove. Questo è certamente un sistema molto complesso ed uno dei problemi che hanno gli economisti è che la maggior parte dei loro modelli non sembrano funzionare proprio bene... A volte, gli economisti sembrano ancora pensare alla “mano invisibile”, e questo somiglia molto alla “spinta degli angeli” di molto tempo fa. Ma gli astronomi non pensano più alla spinta degli angeli così come fanno gli economisti... ma, evitiamo di addentrarci nel tiro all'economista.
2. La mela di Newton in economia
Allora, vediamo se è possibile iniettare un po' di fisica nel modellare l'economia. Possiamo trovare qualcosa di simile alla mela di Newton in economia? Io penso che sia possibile e lasciate che vi mostri l'osservazione che ci può dare la chiave di cui abbiamo bisogno per capire come funziona la nostra economia – considerato che è fortemente basata su risorse non rinnovabili; petrolio greggio, in particolare. Così, la curva pubblicata da Marion King Hubbert nel 1956 potrebbe essere questa “mela”.
Notate che Hubbert aveva dati solo fino al 1956, il resto sono estrapolazioni. Ciò che mostra questo grafico è che lui si aspettava che la produzione di petrolio nei 48 stati americani si comportasse in un certo modo. Lo ha fatto? Sì, come potete vedere in questa immagine.
La somiglianza è impressionante, considerato che la curva abbraccia diverse decadi. Ma il punto principale, credo, è che la produzione di petrolio segue una certa traiettoria. C'è una regolarità, qui. C'è una qualche specie di legge sottostante. E non sono gli angeli – gli angeli non estraggono petrolio greggio (per lo meno per quanto ne sappiamo; ci si chiede che tipo di energia usino in Paradiso...) Così, lasciate che vi mostri i dati della produzione storica per il caso di Hubbert, così come li conosciamo oggi. E' in italiano, ma credo sia comunque facile da capire (la lingua della presentazione era l'inglese, ndt).
Ora, vi dico che questa curva può essere vista come la “mela che cade”, che ci fornisce la chiave per comprendere i meccanismi interni del ciclo dello sfruttamento delle risorse. Tutte le mele cadono dall'albero allo stesso modo e non solo le mele, anche arance e cocomeri; proprio come fanno gatti e cani, aerei, televisori e qualsiasi cosa alla quale possiate pensare. Veramente non proprio tutte, provate con una piuma e vedrete che non segue la legge di Newton.
Ma, naturalmente, non saltate alla conclusione che la legge di Newton è sbagliata. Ciò significa che – al fine di trovare la legge interna che governa il sistema – avete bisogno di verificare che il sistema stesso non sia condizionato da effetti che possano mettere in ombra gli effetti che state studiando. Nel caso della gravità, dovete assicurarvi che l'effetto dell'aria non condizioni troppo la caduta di un oggetto. Nel caso della curva di Hubbert , dovrete assicurarvi che le azioni di un governo non limitino troppo la produzione. In altre parole, la legge di Hubbert lavora meglio in condizioni di libero mercato; dove le persone possano decidere di estrarre petrolio a seconda di quanto denaro pensino di poter ricavare o meno dall'impresa.
3. La legge di Hubbert
Detto questo, lasciate che vi mostri alcuni esempi di curve simili a quella di Hubbert.
Questa è relativa alla produzione di carbone-antracite in Pennsylvania, uno dei migliori esempi che abbiamo di curva di Hubbert. Credo che sia da questo grafico che Hubbert trasse ispirazione per proporre una curva similare per il petrolio, anche se non mi risulta che l'abbia mai menzionato.
Questo è un altro esempio di curva di Hubbert, in questo caso non per un minerale usato per la produzione energetica: l'acido borico. Questi sono dati che ho trovato solo poche settimane fa. La curva non è una perfetta curva di Hubbert, ma, chiaramente, la tendenza c'è.
Questa è un'altra risorsa minerale, i fosfati (da Dery and Anderson). Ve la sto mostrando perchè i fosfati sono fertilizzanti fondamentali usati in agricoltura. Possiamo vivere senza petrolio, ma non senza fosfati. Qui la curva non è completa, ma la tendenza è ugualmente chiara.
E qui potete vedere che la curva è la stessa anche per beni che non sono percepiti come “minerali”, normalmente. I sauditi hanno estratto “acqua fossile” dalle riserve nel sottosuolo e, per un breve periodo, hanno avuto una florida agricoltura usando quest'acqua. Poi è finita. Fortunatamente per loro, sono in grado di importare cibo coi soldi che guadagnano vendendo petrolio. E comunque anche il loro petrolio non sarà eterno.
Come ultimo esempio, eccovi i dati di qualcosa che non è in nessun senso una risorsa minerale. E' la produzione di olio di balena (e di ossa di balena, usati per rafforzare la corsetteria femminile). Anche se le balene si riproducono, vennero cacciate così velocemente che il ciclo fu lo stesso delle risorse non rinnovabili.
Penso che vediate che c'è un disegno, una logica e questa “curva a campana” non compare solo per il petrolio o per le risorse energetiche. E un disegno generalizzato che riguarda la produzione da risorse non rinnovabili (o da risorse lentamente rinnovabili, come le balene).
Prima che mi interrompiate, mi affretto a dire che ci sono anche degli esempi contrari, naturalmente. Andate a vedere la produzione di petrolio in Arabia saudita, per esempio, e non vedrete alcuna curva a campana. Ci sono altri esempi.
Ma i sauditi estraggono petrolio secondo assunti diversi da quelli delle compagnie petrolifere, i profitti a breve termine non sono il loro unico obbiettivo. Come ho menzionato in precedenza, anche per la legge di Newton c'erano dei contro esempi; la piuma, per esempio. Qui, il concetto è che dove i governi, o le dittature, o i Gosplan (l'agenzia di pianificazione Sovietica), non intervengono ordinando alle persone cosa fare, le azioni degli investitori saranno basate su valutazioni ragionevolmente obbiettive di cosa sia conveniente in termini economici. Questa valutazione, normalmente, sarà essere basata su fattori fisici – un libero mercato è passibile di essere fortemente condizionato dalla realtà fisica.
Ma i sauditi estraggono petrolio secondo assunti diversi da quelli delle compagnie petrolifere, i profitti a breve termine non sono il loro unico obbiettivo. Come ho menzionato in precedenza, anche per la legge di Newton c'erano dei contro esempi; la piuma, per esempio. Qui, il concetto è che dove i governi, o le dittature, o i Gosplan (l'agenzia di pianificazione Sovietica), non intervengono ordinando alle persone cosa fare, le azioni degli investitori saranno basate su valutazioni ragionevolmente obbiettive di cosa sia conveniente in termini economici. Questa valutazione, normalmente, sarà essere basata su fattori fisici – un libero mercato è passibile di essere fortemente condizionato dalla realtà fisica.
4. Entropia ed Economia
Dunque, vi sto chiedendo di seguirmi in questo concetto, cioè che la curva a campana è un “naturale” comportamento della produzione per risorse non rinnovabili o lentamente rinnovabili. Con “naturale” intendo che è il modo in cui ci si aspetta che il sistema si comporti quando non ci sono forti interferenze dalla politica o altri tipi di perturbazione. Quindi, ho detto che dovremmo guardare ai meccanismi interni che fanno sì che l'economia si comporti in questo modo. Non credo sia necessario inventare una nuova legge, come ha fatto Newton per la gravità. Abbiamo già le leggi di cui abbiamo bisogno – anche se abbiamo sbagliato nell'applicarle a questo caso. Sono le leggi della termodinamica. Ecco le tre leggi in forma semplificata:
- Non puoi vincere
- Non puoi averne di più
- Non puoi abbandonare il gioco
Questo è, ovviamente, molto semplificato! Ci sono anche versioni più semplici. Per esempio, per gli economisti sarebbe solo una diapositiva bianca (ok scusate, avevo detto niente tiro all'economista!).
Prima di proseguire, lasciate che vi dica che questa è un'idea che si sta facendo strada oggigiorno – l'idea di applicare i principi della termodinamica all'economia. Più esattamente, applicare i “non equilibrium thermodynamics” (NET) al sistema economico. E' un work in progress. Così, quello che vi dirò è ancora solo un tentativo, ma sono convinto che siamo nel sentiero giusto.
Ora, lasciate che vi mostri questa immagine di una cascata:
Ed ora lasciate che vi ponga una domanda: cos'è che fa cadere l'acqua? Voi direte che è la gravità.
Giusto. Però ci sono dei fattori più profondi qui – questo movimento è generato, in ultima istanza, dalle leggi della termodinamica. Nulla sfugge alle leggi della termodinamica. E' una domanda che pongo ai miei studenti, a volte: come spiegate che l'acqua scorre verso il basso in termini di termodinamica? E' difficile per loro trovare una risposta immediata, anche se hanno già studiato la termodinamica. Il motivo è questo: l'acqua scorre verso il basso per la seconda legge, quella dell'entropia.
Forse ricorderete, dai vostri studi, che l'entropia è collegata al disordine. In qualche modo, è vero, ma è una definizione che crea molta confusione. Pensate all'entropia come dissipazione di calore. Quindi, ogni cosa che accade nel mondo è il risultato di qualche forma di calore che viene dissipata – l'entropia tende a crescere. Quando l'acqua cade da un grosso bacino una forma di calore viene creata. L'acqua in fondo è leggermente più calda di quella in alto – l'energia dev'essere conservata, così appare sotto forma di calore. Lentamente, questo calore viene rilasciato all'ambiente intorno e questo è ciò che guida il sistema: l'entropia aumenta. La legge dell'entropia è la legge del cambiamento. Le cose si muovono perché l'entropia possa incrementarsi – altrimenti tutto resterebbe congelato così com'è. Un modo equivalente di dire la stessa cosa è che le cose accadono perché i potenziali tendono a eguagliarsi. Nel caso della cascata, abbiamo una differenza di potenziale gravitazionale ( o “gradiente”). Con il petrolio abbiamo una differenza di potenziale chimico. Ci sono altri tipi di potenziale, ma non ce ne occupiamo ora.
Ora, forse non è proprio corretto dire che qualcosa accade “perché l'entropia deve aumentare”. Probabilmente è più corretto dire che l'universo si comporta in un certo modo e che per noi è conveniente descrivere questo comportamento con concetti come la “gravità”, “l'entropia” o i “potenziali”. Questi concetti sono più utili di quelli che coinvolgono la spinta degli angeli – o simili tipo la mano invisibile... scusate...niente tiro all'economista, ho detto. Ma, nella pratica, perché questi concetti siano utili devo proprio dirvi, “l'economia si muove perché l'entropia deve aumentare”. E' vero, ma abbiamo bisogno di addentrarci molto di più nei dettagli. Per fare questo, abbiamo bisogno di un modello dove possiamo cambiare i parametri del sistema e vedere se possiamo riprodurre dati storici, per esempio la curva di Hubbert. Questo è ciò che farò; mostrarvi come l'idea di Hubbert può essere derivata da un'interpretazione che, in ultima istanza, ha a che fare con la termodinamica. Ma prima lasciate che vi introduca il metodo chiamato “System Dynamics” che può essere usato per descrivere questo tipo di sistemi.
Ora vi mostro come funziona la System Dynamics (SD) usando la descrizione di una cascata. Qui, veramente, si tratta di una vasca da bagno, ma la fisica è la stessa.
Il modello è formato da contenitori, frecce e valvole. Le scatole vengono nominate “stock” e le frecce “flussi”. Se ci sono due contenitori connessi fra loro, uno stock potrebbe fluire verso l'altro a seconda del potenziale. In generale, i concetti di potenziale o di gradiente non sono usati così spesso in System Dynamics. E' una cosa recente, penso. Ho detto che volevo creare un modello che descrive l'economia e produce il comportamento che abbiamo nominato “di Hubbert”. Per fare questo, una singola cascata non è sufficiente. Abbiamo bisogno di qualcosa di un po' più complesso – come questa fontana a tre piani.
Le forze che guidano il movimento delle acque sono le stesse di prima – gravitazionali e potenziali. Ora, questa fontana non è il modello perfetto per quello che sto cercando di fare. La uso solo come illustrazione del concetto che questo è un sistema mosso dal potenziale. Per modellare un'economia abbiamo bisogno di un passo ulteriore: il concetto conosciuto come “feedback”. Questo significa che dobbiamo presumere che il flusso da uno stock all'altro non dipende solo dalla misura dello stock superiore, ma anche dalla misura dello stock inferiore. Il modello ora è più simile ad un modello biologico. Pensate lo stock inferiore come “predatore” dello stock superiore e che cresce in proporzione. Senza feedback non abbiamo crescita ed il modello non definisce un vero sistema economico. Così, facciamo questo ulteriore passo e descriviamo il modello usando la convenzione del System Dynamics.
5. Un semplice modello del sistema economico
Qui abbiamo un modello molto semplice che ha tre stock: risorse, economia e rifiuti.
Notate le frecce che connettono gli stock alle valvole. Queste frecce indicano il feedback. Ma notate anche che il sistema è guidato dai potenziali termodinamici. Essenzialmente, l'economia è un motore che trasforma risorse in rifiuti. Il suo “carburante” è, prevalentemente, l'energia chimica dei combustibili fossili.
Il modello è stato fatto usando un software di nome “Vensim” che non si limita a disegnare frecce e contenitori. “Risolve” il modello, cioè calcola i flussi come funzione della quantità iniziale dello stock e dei parametri del sistema (qui i “k”) - quelli che sostanzialmente descrivono i potenziali. Ancora, lasciatemi dire che questi software System Dynamics non sono pensati in termini di potenziali termodinamici. Un giorno, potremmo avere programmi definiti specificamente per questo scopo. Per quando avverrà, teniamo comunque in mente questo punto. Ora, continuiamo a vedere come funziona il sistema. Con Vensim, si possono cambiare i parametri in tempo reale e vedere come flussi e stock cambiano.
Ecco i risultati:
Questo è un comportamento molto, molto generale – funziona per una varietà di sistemi. Descrive reazioni chimiche, epidemiche e persino l'esplosione di un ordigno nucleare. Ho anche scoperto che può essere applicato al collasso degli imperi. In un certo senso, è qualcosa di simile ad applicare la legge di Newton a differenti sistemi. Si possono descrivere galassie, sistemi solari e traiettorie di navi spaziali, tutto con la stessa semplice legge. Notate che qui, diversamente dal caso della gravità, non abbiamo una “forza” fisica che trattiene insieme gli elementi del sistema; niente che si possa misurare con un dinamometro. Ma abbiamo a che fare con una potente entità che muove comunque il sistema: l'entropia.
Ora torniamo al caso di un sistema economico, capite che il “motore” che è l'economia, va su di giri fino ad un certo punto, poi rallenta e si spegne gradualmente. Alla fine l'entropia vince. Quando tutte le risorse sono state trasformate in rifiuti l'entropia sarà stata massimizzata. Nel caso dell'economia mondiale, la trasformazione è principalmente dai combustibili fossili (CxHy) a CO2 e, naturalmente, il potenziale chimico dei combustibili fossili è maggiore di quello della CO2. L'economia è un enorme reazione chimica a tre stadi.
Potremmo modificare il sistema tenendo conto di molti più effetti – riciclaggio dei rifiuti per esempio – ma non addentriamoci in questo adesso. Vediamo, invece, come il modello descrive la curva di Hubbert, che è il tasso di flusso dallo stock di risorse allo stock dell'economia.
Qualitativamente, vedete che abbiamo generato una curva a campana. La blu (“produzione”) è quella che dovrebbe essere comparata ai dati della produzione storica del petrolio greggio o altri beni. Questo è possibile, ma non sufficiente a dire che il modello è buono. Quello che credo sia un test fondamentale per questo modello è se è in grado di supportare almeno DUE gruppi di dati; se possibile di più. Questo è un test difficile, come ho scoperto lavorandoci sopra.
In pratica, spesso abbiamo buoni dati per la produzione, ma per “l'economia” è molto più difficile. Tuttavia, vedremo che possiamo trovare buoni dati "proxy" a questo scopo. Quindi, il modello può essere sottoposto a questo test e lo supera. Possiamo testare il modello su piccoli sistemi economici che possiamo supporre siano autosufficienti. Lasciate che vi mostri un esempio, l'olio di balena nel 19° secolo. Ne abbiamo appena visto i dati di produzione. La domanda, quindi, è cosa potremmo prendere come dati per “l'economia” in questo caso in relazione a questo sottosistema dell'economia globale che era impegnato nella caccia alle balene a quel tempo. Sfortunatamente, non abbiamo questi dati, ma possiamo trovare buoni proxy per la dimensione dell'economia totale nella dimensione dell'economia baleniera. E vediamo che funziona:
Ci sono altri esempi. Con il mio coautore, Alessandro Lavacchi, abbiamo pubblicato un articolo su questo soggetto che mostra come anche questo modello molto semplice può essere usato per descrivere lo sfruttamento delle risorse non rinnovabili. Qui c'è un ulteriore esempio: produzione di greggio nei 48 stati bassi – la quintessenza della curva di Hubbert.
Da notare che qui abbiamo usato come “produzione” non la produzione di petrolio, ma l'entità delle scoperte petrolifere. Questo perché lo sforzo maggiore nella produzione di petrolio è la scoperta. Una volta scoperto dove si trova il petrolio, il processo di sviluppo procede liscio – quasi “automatico” - ma servono diversi anni per passare dalla prima scoperta al produrre effettivamente qualcosa. E, come proxy per lo sforzo dell'industria del petrolio, abbiamo il numero di “wildcats”, che è il numero dei pozzi di esplorazione. Notate come l'industria abbia fatto enormi sforzi per trovare petrolio a partire dagli anni 50, ma di fatto non è riuscita a trovare molto. E' tipico, come ho detto.
Ora, per mostrarvi cosa può fare il modello, usiamolo per estrapolare le tendenze economiche per il futuro. Potremmo prendere come “produzione” il totale della produzione di energia primaria del mondo e come “economia” usare il PIL mondiale. Ed ecco il risultato. Questo è un calcolo fatto insieme a Leigh Yaxley pochi anni fa.Come vedete, il modello prevede che la produzione di energia primaria raggiungerà il picco nel giro di pochi anni da adesso e quindi diminuirà in modo irreversibile. La dimensione dell'economia (misurata in termini di PIL), curiosamente, continuerà a crescere per un po' per poi raggiungere il picco e declinare a sua volta.
Naturalmente, potreste rimanere perplessi riguardo a questi risultati se li vedete come previsioni. Così, penso che spenderò un momento per definire cosa ci prefiggiamo esattamente di fare usando questi modelli. Un punto fondamentale è che non possiamo fare previsioni di quanto accadrà nei decenni a venire. Forse avrebbe senso dire che la produzione di energia primaria raggiungerà il picco fra quattro anni da ora; questo perché abbiamo altri modelli che ci dicono questo. Ma sul picco del PIL nel 2044, beh, dovete prenderla come ipotesi, naturalmente. Questo non significa che il modello è inutile, Se fate le domande giuste al modello, il modello vi darà risposte utili. Altrimenti sussiste la legge “spazzatura in entrata, spazzatura in uscita”. Per esempio, se chiedete, “Come può l'economia continuare a crescere per tutto il 21° secolo?”, il modello non ve lo potrà dire.
Naturalmente, potreste rimanere perplessi riguardo a questi risultati se li vedete come previsioni. Così, penso che spenderò un momento per definire cosa ci prefiggiamo esattamente di fare usando questi modelli. Un punto fondamentale è che non possiamo fare previsioni di quanto accadrà nei decenni a venire. Forse avrebbe senso dire che la produzione di energia primaria raggiungerà il picco fra quattro anni da ora; questo perché abbiamo altri modelli che ci dicono questo. Ma sul picco del PIL nel 2044, beh, dovete prenderla come ipotesi, naturalmente. Questo non significa che il modello è inutile, Se fate le domande giuste al modello, il modello vi darà risposte utili. Altrimenti sussiste la legge “spazzatura in entrata, spazzatura in uscita”. Per esempio, se chiedete, “Come può l'economia continuare a crescere per tutto il 21° secolo?”, il modello non ve lo potrà dire.
Quindi, dal modello possiamo ottenere importanti intuizioni in termini di tendenze. Per esempio, se vedete la produzione di energia primaria mondiale scendere ed il PIL salire, potreste essere molto felici perché direste che l'economia sta diventando più efficiente. Ma il modello ci dice che non siamo affatto più efficienti, stiamo semplicemente usando risorse accumulate precedentemente per far correre l'economia. E, naturalmente, questo si può fare
solo per poco.
Ma capisco che questo modello è realmente molto semplificato. Non include, ad esempio, le risorse rinnovabili ed è vero che la nostra economia non è basata completamente su risorse non rinnovabili, anche se per la maggior parte lo è. Quindi la domanda che potreste porre è: come possiamo realizzare qualcosa di più dettagliato? Come per esempio aggiungere al modello l'agricoltura, il riciclo dei materiali, le energie rinnovabili, ecc?
Certo. Può essere fatto e - in effetti – è stato fatto molto tempo fa. La prima volta fu nel 1971 in un lavoro dal titolo “World Dynamics” di Jay Forrester che, fra l'altro, è l'inventore della dinamica dei sistemi. Ma esaminiamo qui lo studio più dettagliato che venne pubblicato un anno dopo, nel 1972. E' stato ispirato dal lavoro di Forrester e sono sicuro che ne avete sentito parlare. E' il “rapporto al Club di Roma” intitolato “I limiti dello Sviluppo”.
6. I limiti dello Sviluppo
Ora, probabilmente avrete sentito dire che “I limiti dello Sviluppo” (chiamiamolo LDS) è un lavoro datato; che è stato tutto un errore, che hanno fatto delle previsioni sbagliate e cose simili. Sono solo leggende metropolitane. La gente tende a non credere a ciò che non piace e questo è il perché i LDS è stato largamente rigettato ed anche demonizzato. Ho scritto un libro intero sulla storia dei LDS, sarà pubblicato il prossimo mese, ma preferirei non entrare nei dettagli. Lasciate solo che vi dica che LDS era uno studio molto avanzato per i suoi tempi; non è stato un errore e le sue previsioni non sono state sbagliate. In ogni caso, i modelli esistono per mostrarci delle tendenze, non per fornirci date esatte per ciò che accadrà. Ora entriamo in qualche dettaglio. Eccovi la struttura del primo modello di LDS, chiamato “World 3”. Questo è uno schema preso dall'edizione italiana del 1972:
Naturalmente, non ci si capisce nulla, non solo perché i box sono etichettati in italiano. La ragione per cui mostro questa immagine è quella di dare una qualche idea di cosa sia una struttura completa della dinamica dei sistemi del mondo. Sembra uno di quei puzzle che si trovano nell'edizione domenicale del vostro quotidiano. Questo è un problema che, credo, abbiamo con le dinamiche sistemiche. La maggior parte dei modelli SD si somigliano dal punto di vista grafico. A prima vista non si ha idea di cosa si occupi il modello: potrebbe essere un mercato del pesce, una centrale nucleare o un ospedale: sono solo delle scatole.
Ci sono dei pacchetti di software di SD che offrono una maggiore libertà grafica., ma non ce ne occupiamo ora. Il punto che volevo far notare è che questo modello – il “world 3”, il modello de “I limiti dello Sviluppo” - non è molto differente, in fin dei conti, dal semplice modello che vi ho mostrato prima. Tutti questi modelli hanno qualcosa in comune – tutti i flussi che portano da un box all'altro sono governati dalla termodinamica. Per questo potremmo pensare a modelli come questo – quello dei LDS – coma ad un grande fontana multi-livello, più o meno come questa:
Questa è la fontana di Trevi a Roma. E' complicata, come vedete, ma, alla fine, c'è una forza comune che fa scorrere la fontana: è il potenziale gravitazionale che fa cadere l'acqua. Quindi possiamo vedere il modello LDS come una fontana particolarmente complicata. Potremmo approfondire, ma naturalmente non lo faremo ora. Proviamo, invece, a semplificare il modello e vedere se possiamo capire di cosa si tratta. Ecco una rappresentazione grafica di world 3 fatta da Magne Myrtveit qualche anno fa:
Questo è un modello semplificato. Non riproduce tutte le funzioni dell'originale, ma ha il vantaggio di essere a “portata di mente”, è qualcosa che possiamo afferrare e l'uso delle immagini aiuta molto; è molto meglio dei box con qualche scritta sopra. Così, come vedete, il modello può essere ridotto ad un piccolo numero di stock. Abbiamo 5 stock principali; in ordine alfabetico abbiamo agricoltura, capitale industriale, inquinamento, popolazione e risorse non rinnovabili.
Notate, ancora, che questa rappresentazione del modello non mostra la termodinamica che ci sta dietro. Con gli stock sistemati come nella figura, i potenziali che muovono il sistema non sono evidenti. Comunque, devono essere lì. Niente si può muovere senza una differenza di potenziale che lo spinga. Quindi, una cosa che dovremo fare un giorno è di rendere visibili questi potenziali nella rappresentazione di questi modelli. Ma, come ho detto, vi sto parlando di un work in progress, c'è un sacco di lavoro che, in futuro, qualcuno dovrà fare.
Ora esaminiamo il modello un po' più da vicino. Vi renderete conto che ci sono 3 stock che sono proprio gli stessi del modello più semplice che vi ho mostrato prima. Qui agli stock sono attribuiti nomi diversi: risorse minerali (lo stock che era chiamato “risorse”), capitale industriale (“l'economia”) e l'inquinamento (“rifiuti”). Poi ci sono altri due stock: uno è l'agricoltura, intesa come risorsa rinnovabile, e quindi la popolazione. Questi due nuovi stock sono necessari per avere più dettagli nel modello e, naturalmente, ci sono molte più connessioni: ora il modello può descrivere cose come il riciclo e gli effetti dell'inquinamento sul capitale industriale. Notate anche che le risorse “rinnovabili” non lo sono in termini assoluti. Il suolo non è rinnovabile se sovra-sfruttato; si chiama erosione.
A questo punto dovremmo arrivare a un risultato. Vi mostro i dati dalla prima edizione di LDS, dal lontano 1972, e i risultati principali non sono cambiati molto in simulazioni realizzate 30 anni dopo con dati storici aggiornati. Così, questo è ciò che il modello produce per i migliori dati disponibili a quel tempo, ciò che veniva chiamato “andamento standard” (il grafico è, ancora, dall'edizione italiana, il testo dall'edizione del 2004)
Le scritte sono un po' troppo piccole ed illeggibili, ma lasciate che vi descriva questi risultati.
Innanzitutto la scala abbraccia 2 secoli; inizia nel 1900 e finisce nel 2100. Noi ci troviamo circa a metà del grafico. Ora, guardate la curva “risorse” (rosso). Ha esattamente la stessa forma di quella ottenuta col modello più semplice. E la curva per la produzione industriale e l'agricoltura (verde e marrone), sì, sembrano proprio curve di Hubbert, anche se non sono simmetriche. Questo è dovuto in parte all'effetto dell'inquinamento che si aggiunge all'effetto dell'esaurimento.Ma non è un cambiamento sostanziale.E quindi, naturalmente, vedete la curva dell'inquinamento (verde scuro) .
Qui c'è l'assunto di base che l'inquinamento non sia permanente, che sia cioè gradualmente riassorbito dall'ecosistema. Quindi la curva dell'inquinamento va su e giù, seguendo, con un ritardo temporale, il comportamento della produzione industriale ed agricola. Infine c'è la popolazione, che continua a crescere anche se la produzione agricola diminuisce; questo perché le persone possono ancora riprodursi almeno fino a quando c'è un po' di cibo. In realtà non vi è alcuna proporzionalità diretta in termini di disponibilità di cibo e tasso di riproduzione, ma, in ogni caso, a lungo termine la mancanza di cibo chiederà il suo dazio. E la popolazione comincerà a scendere a sua volta. Quello che mostra il grafico è il totale collasso della civiltà, la nostra civiltà. E' la termodinamica che fa il suo lavoro; è il modo in cui tutto funziona nell'universo.
Qui c'è l'assunto di base che l'inquinamento non sia permanente, che sia cioè gradualmente riassorbito dall'ecosistema. Quindi la curva dell'inquinamento va su e giù, seguendo, con un ritardo temporale, il comportamento della produzione industriale ed agricola. Infine c'è la popolazione, che continua a crescere anche se la produzione agricola diminuisce; questo perché le persone possono ancora riprodursi almeno fino a quando c'è un po' di cibo. In realtà non vi è alcuna proporzionalità diretta in termini di disponibilità di cibo e tasso di riproduzione, ma, in ogni caso, a lungo termine la mancanza di cibo chiederà il suo dazio. E la popolazione comincerà a scendere a sua volta. Quello che mostra il grafico è il totale collasso della civiltà, la nostra civiltà. E' la termodinamica che fa il suo lavoro; è il modo in cui tutto funziona nell'universo.
Capite che, secondo questo scenario, il collasso della civiltà industriale potrebbe cominciare, beh, più o meno di questi tempi. Questo potrebbe spiegare alcune cose circa quello che sta succedendo nel mondo. Ma lasciatemi dire che queste simulazioni non sono adatte a fornirvi dati sull'accadimento di eventi specifici, se non in modo molto molto approssimato. Come ho detto, queste simulazioni vi raccontano tendenze, non eventi. Quindi, il modello vi dice che il collasso dell'economia mondiale potrebbe iniziare in qualche momento delle prime decadi del 21° secolo, forse più tardi, ma in ogni caso non in un futuro remoto.
Ma qui abbiamo di più, molto di più. Siamo di fronte a qualcosa di veramente interessante, cioè che le tendenze possano cambiare a seconda delle nostre ipotesi. Così, lo scenario da“'andamento standard” ci racconta che la civiltà collassa prevalentemente a causa dell'esaurimento delle risorse. Ma possiamo cambiare le ipotesi iniziali ed arrivare a risultati molto diversi. Se ipotizziamo di avere più risorse o - e sarebbe praticamente lo stesso - che l'inquinamento è più dannoso di quanto ci si aspettava, che ciò che fa collassare la civiltà non è l'esaurimento delle risorse ma gli effetti dell'inquinamento. Questi sono, ancora, dall'edizione del 1972 de “i limiti dello Sviluppo”, ma i risultati non sono cambiati nei calcoli più recenti.
Guardate come sale rapidamente la curva dell'inquinamento. E' un cammino diverso per arrivare allo stesso risultato: il collasso. Alla fine, la termodinamica deve vincere. Naturalmente oggi tendiamo a vedere questo “inquinamento” come qualcosa di molto specifico: riscaldamento globale causato dall'emissione dei gas serra.
Quindi, vedete, stiamo camminando sulla lama del rasoio. Potremmo essere distrutti dal cambiamento climatico o dall'esaurimento delle risorse (probabilmente da entrambe allo stesso tempo). Dalle più recenti simulazione dei LDS effettuate intorno al 2004, sembra ancora verosimile che saremo distrutti dall'esaurimento delle risorse, ma non possiamo dirlo con certezza. I dati sono troppo incerti ed in tempi recenti abbiamo visto una preoccupante tendenza della gente a consumare sempre di più combustibili “sporchi” (carbone, sabbie bituminose, gas di scisti -ndt- e simili) e questo aumenta l'inquinamento mentre dà l'illusione di avere più risorse. Ma il risultato finale è lo stesso.
7. Verso il collasso (una visione basata sullo stoicismo)
Quindi, eccoci qua. Capite, vedendo questi risultati alla luce della termodinamica, che essi assumono un certo peso; un certo valore di antica profezia, qualcosa che la stessa Cassandra potrebbe aver pronunciato. Cassandra non è stata creduta, ovviamente, proprio come gli odierni autori de “I Limiti dello Sviluppo” non sono stati creduti. Ma ci sono i vincoli della termodinamica al sistema che non possiamo ignorare, anche se questi non appaiono nei testi di economia. Il risultato finale è il collasso, in una forma o nell'altra. Non possiamo evitarlo.
Non che non possiamo fare qualcosa per ridurre l'impatto. Cosa è il collasso, in fin dei conti? E' solo un cambiamento rapido; ma le cose cambiano continuamente. Un collasso è solo un periodo in cui le cose cambiano più velocemente del normale. E' come un 'auto che si schianta su un muro, forse non si può evitarre, ma se indossi le cinture di sicurezza ed hai l'airbag ne potresti uscire molto meglio. Ancora più importante è vedere il muro il prima possibile e cominciare a frenare. Quindi, il rilevare il collasso in anticipo ci permette di elaborare strategie per mitigarne l'impatto. Ciò significa gestire il collasso in modo da trasformarlo in un “collasso morbido”, anche se non tutti sarebbero contenti di questo. Non sei felice quando la tua auto si schianta su un muro, ma se ne esci illeso, beh, è una buona cosa.
Questo è il concetto che vediamo molto spesso viene discusso in incontri come questi, oggi. Discutiamo circa cosa dovremmo fare per evitare, o almeno mitigare, le cose buie e terribili che l'esaurimento delle risorse e i cambiamenti climatici ci stanno portando. Discutiamo piani, evoluzioni tecnologiche, “sviluppo sostenibile” e molte altre idee. Il problema è che, là fuori, niente è stato fatto e nessuno sembra occuparsi di ciò che il futuro ha in serbo per noi. E, peggio ancora, c'è un numero considerevole di persone là fuori che che passano il loro tempo a disprezzare ciò che la scienza ci dice sui rischi che stiamo correndo, in particolare il riscaldamento globale. Sfortunatamente, se neghiamo le leggi della termodinamica, siamo destinati a sperimentarle su noi stessi.
Quindi, temo che tutte le pianificazioni e “soluzioni” che abbiamo discusso animatamente in questa conferenza ci porteranno a molto poco. Così, cosa dovremmo fare? Rimanere zitti e mugugnare? Beh, dipende da voi. Ma c'è una cosa che posso dirvi e cioè che dovremmo imparare qualcosa di più dalla storia. Vedete, i collassi sono già avvenuti per altre civiltà del passato, questo lo sappiamo molto bene. E la domanda è cosa pensavano, che cosa facevano mentre vedevano il loro mondo collassare loro intorno? E' una domanda affascinante e dovremmo provare a rispondere guardando alla civiltà che, forse, è la più simile alla nostra e della quale abbiamo più dati. L'Impero Romano.
Ho già scritto qualcosa sulla caduta dell'Impero Romano, l'ho intitolato “Il picco della Civiltà”.Ho visto che è stato un notevole successo in termini di lettori. Infatti dovreste aver notato che l'Impero Romano è molto famoso oggigiorno. E' perché non è così difficile capire che ci sono davvero molte similitudini fra noi ed i Romani. Non tutto, ma molte cose. Ne “Il picco della civiltà” ho provato ad applicare la dinamica dei sistemi all'Impero Romano. Non può essere fatto in termini quantitativi, naturalmente, ma in termini qualitativi funziona. I Romani sono stati abbattuti da una combinazione di esaurimento delle risorse e inquinamento. Gli stessi problemi che affrontiamo oggi.
Cosa hanno fatto, dunque, i Romani? Bene, una cosa molto chiara è che hanno potuto fare ben poco. Non hanno potuto mai gestire il cambiamento, ne sono sempre stati sopraffatti. Non che non ci abbiano provato, ma era difficile: l'Impero era troppo grande e gli sforzi umani troppo esigui in confronto. Neanche gli imperatori sono riusciti ad invertire la china verso il collasso, non importa quanto si siano sforzati di farlo. Nemmeno un imperatore può battere la termodinamica. Quindi, cosa pensavano i romani della loro situazione? Sono caduti in depressione? Erano speranzosi? Rassegnati? Bene, possiamo averne una qualche idea di cosa abbiano pensato da quello che ci hanno lasciato scritto ed una cosa che possiamo identificare come una loro risposta alla situazione fu una filosofia che chiamiamo “Stoicismo”.
Naturalmente questa non è una presentazione sulla filosofia, ma penso che possa concluderla con una nota su questa antica filosofia perché ci potrebbe essere utile. Lo Stoicismo è stato sviluppato in Grecia in un periodo in cui la civiltà greca stava collassando. Così i romani l'hanno presa ed adattata alla loro cultura. Lo Stoicismo è una filosofia che permea il modo di pensare dei romani, essa ha influenzato profondamente la filosofia cristiana e possiamo ancora percepire la sua influenza nel nostro mondo oggi. L'idea di base, per quanto mi è possibile capire, è che viviamo in tempi terribili, ma manteniamo quella che potremmo chiamare una “presa di posizione morale”. Possiamo dire che gli Stoici pensavano che “la virtù è premio a sé stessa” anche se, naturalmente, c'è molto di più di questo nello Stoicismo.
Mentre venivo in Spagna dall'Italia, avevo con me un libro scritto da Marco Aurelio, un imperatore romano che visse a metà del secondo secolo dopo Cristo. E' intitolato “Meditazioni”. Forse non è un grande libro, ma di sicuro è interessante: principalmente perché è una sorta di manuale su come applicare lo Stoicismo alla vita quotidiana. Marco ha vissuto tempi molto duri durante il suo regno. Ha dovuto combattere quasi tutto il tempo e non ha mai avuto tempo per scrivere un trattato filosofico. Semplicemente ha annotato qualcosa quando aveva un po' di respiro dal campo di battaglia. Questo è ciò che le “Meditazioni” sono; un libro di frammenti. Da questo potete farvi un'idea chiara della personalità dell'imperatore. Era una brava persona, direi, che ha visto molto e sperimentato molto. Ha cercato sempre di dare il meglio di sé, ma ha capito quanto siano inefficaci gli sforzi umani.
Dalle meditazioni di Marco Aurelio e da quanto ho letto sullo Stoicismo, penso di poter riassumere l'idea di base così:
“Non puoi vincere contro l'entropia, ma devi comportarti come se potessi farlo”.
Naturalmente, Marco Aurelio non sapeva dell'entropia, ma gli era molto chiaro come l'universo sia in un continuo fluire. Le cose cambiano e questa è l'unica legge che non cambia. Penso che questo sia il nostro destino e quello che dobbiamo fare. Verosimilmente, non riusciremo a salvare il mondo che conosciamo. Probabilmente non saremo capaci di evitare immense sofferenze umane negli anni a venire. In ogni caso dobbiamo fare del nostro meglio per provarci e, chi lo sa, magari ciò che saremo in grado di fare potrebbe fare la differenza. Penso che questa sia la lezione che Marco Aurelio ci dà, anche se da un tempo così lontano che copre quasi due millenni.
Vi lascio con qualche parola dal libro “Meditazioni” che forse riterrete rilevanti per noi oggi.
“Sii maestro di te stesso e guarda la vita come uomo, come essere umano come cittadino e come mortale. Fra le verità che farai bene a contemplare più frequentemente ci sono queste due: primo, che le cose non possono mai toccare l'anima, ma stanno inerti fuori da essa, così che l'inquietudine può sorgere solo da fantasie interiori e, secondariamente, che tutti gli oggetti visibili cambiano in un attimo e non saranno più. Pensa agli innumerevoli cambiamenti in cui tu stesso hai avuto una parte. L'intero universo è cambiamento e la vita stessa è quello che tu vuoi che sia”.
Vorrei ringraziare tutti voi per la vostra attenzione e gli organizzatori di questa conferenza, David Lafarga e Pilar Carrero per tutto il lavoro fatto. Vorrei anche ringraziare Daniel Gomez per avermi accompagnato da Barbastro a Barcellona e la foto con la mela che mi ha scattato alla conferenza. Infine grazie ad Aglaia Gomez per l'assistenza in molte cose prima e durante la conferenza.
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