martedì 21 settembre 2010

Il visconte sbugiardato (ancora!)


"Lord" Monckton, negazionista climatico, si è fatto notare per tante cose, una delle quali il suo insulto contro John Abraham, colpevole di averlo criticato, che ha definito "una faccia da gambero cotto", oltre che a minacciarlo di querele, mail bombing, e altre cose orribili. Questa sua uscita ha dato origine al concetto di "gamberogate" Dopo le varie demolizioni delle sue affermazioni che ha ricevuto dagli scienziati, possiamo dire che Monckton da questa storia ne è uscito veramente fritto come un gambero


Le affermazioni sul clima di Lord Christopher Monckton, terzo visconte di Brenchley, sono state demolite dal fuoco incrociato di 10 scienziati che si sono messi ad analizzare in dettaglio le sue affermazioni contenute nella testimonianza che ha fatto al congresso degli Stati Uniti questo Maggio. Il lavoro dei 10 scienziati si può leggere qui. E' metodico, dettagliato e devastante. A questo punto, la reputazione del visconte sbugiardato dovrebbe essere ridotta al livello di quella di un invertebrato che si mettesse a discutere di scienza del clima. Ne esce letteralmente fritto; come, appunto, un gambero.

Che il congresso degli Stati Uniti abbia invitato una creatura del genere per una testimonianza ufficiale è già abbastanza vergognoso; lo diventa un po' meno, purtroppo, considerando le creature che vanno per la maggiore da noi a negare il riscaldamento globale e che trovano spazio anche in parlamento.


Sul visconte sgangherato, potete trovare altri miei post a:

http://ugobardi.blogspot.com/2010/07/il-visconte-strampalato-monckton-vuole.html

http://ugobardi.blogspot.com/2010/07/il-visconte-stralunato-gamberogate.html

http://ugobardi.blogspot.com/2010/07/gamberogate-monckton-bollito-si-dibatte.html

Se vi domandate come mai do tanta importanza a Monckton, questo ve lo racconterò in un prossimo post. Qui, mi limito a dire che non va ignorato.

lunedì 20 settembre 2010

Il declino degli orsi polari: i dati non parlano da soli

Il declino delle popolazioni di orsi polari - dal sito "polar bears specialist group" (cliccare per ingrandire). Come si vede, quasi tutte le popolazioni di orsi sono in declino e a forte rischio di futuro declino.

Erano riusciti a imbrogliarci anche sugli orsi polari, facendoci credere che, no, non era vero che spariscono piano piano, insieme ai ghiacci. E invece è proprio vero: i dati sono chiari. Le popolazioni di orsi sono quasi tutte in declino.

Quindi, possiamo stare tranquilli che se ci siamo entusiasmati a vedere il filmato con l'orso e la Nissan (che ho pubblicato ieri), ci siamo entusiasmati per delle buone ragioni. Sono due modi di vedere la stessa cosa: quello di oggi è sulla base dei dati, quello di ieri sulla base delle emozioni.

Credo che sarete daccordo con me che il film è enormemente più efficace della semplice tabella dei dati. In altre parole, i dati non "parlano da se". Bisogna parlare noi per loro; bisogna parlare da esseri umani preoccupati e rivolgendosi ad altri esseri umani. Solo così la comunicazione funziona.

Credo che sia giusto che sia così. Il film è così efficace anche perchè fa leva su dei sentimenti forti; chiamiamoli pure sentimenti "nobili", di rispetto per la natura e per tutto quello che ci circonda. Il messaggio è chiarissimo, bello e potente: se rispettiamo quello che ci circonda, quello che ci circonda rispetterà noi. Tutto qui.

sabato 18 settembre 2010

L'orso e la Nissan



Questo filmato non va preso come niente di scientifico - è semplicemente un bel film, suggestivo e intelligente. Fra le altre cose è uno splendido esempio di pubblicità virale. Troppo bello per non passarvelo (Segnalazione di Massimo de Carlo su "Mondo Elettrico")

venerdì 17 settembre 2010

La vita quotidiana di Cassandra


 Qualcuno, evidentemente, pensa che una vignetta così sia divertente (la scritta in basso dice "come mai nessuno ci prende sul serio?"). Nella vita, bisogna anche tener conto dell'esistenza degli imbecilli e regolarsi di conseguenza.



Alcune note di  Tim Ferriss che credo che si possano applicare a quello che molti di noi stanno facendo per cercare di difendere la scienza dall'ondata di imbecillità montante. Quella che segue non è una vera e propria traduzione, ma una mia libera interpretazione. In fondo, c'è il testo originale in inglese.


1. Non importa quanta gente non capisce quello che scrivi. Sono importanti quelli che lo capiscono.


2. Comunque vada, ci sarà sempre un 10% di imbecilli che prenderà quello che scrivi come un insulto personale e reagirà di conseguenza. Non sei tenuto a dare una risposta.


3. Solo i mediocri sono simpatici a tutti. Diceva Don Milani, "chi ha detto che un prete deve essere simpatico per essere un buon prete?"


4. Se sei veramente bravo a fare quello che fai, qualcuno se ne avrà a male. Questo è il segnale che stai facendo qualcosa bene.


5. Se vuoi migliorare, vai tranquillo che qualcuno ti considererà stupido o pazzo ed è bene che sia così. Anzi, fattene un punto di orgoglio.


6. Vivi bene e fregatene. Non dargli la soddisfazione di vederti arrabbiato.


7. Prenditela calma e continua così.


 Tim Ferriss: 7 Great Principles for Dealing with Haters:
1. It doesn’t matter how many people don’t get it. What matters is how many people do.

“It’s critical in social media, as in life, to have a clear objective and not to lose sight of that,” Ferriss says. He argues that if your objective is to do the greatest good for the greatest number of people or to change the world in some small way (be it through a product or service), you only need to pick your first 1,000 fans — and carefully. “As long as you’re accomplishing your objectives, that 1,000 will lead to a cascading effect,” Ferriss explains. “The 10 million that don’t get it don’t matter.”

2. 10% of people will find a way to take anything personally. Expect it.

“People are least productive in reactive mode,” Ferriss states, before explaining that if you are expecting resistance and attackers, you can choose your response in advance, as opposed to reacting inappropriately. This, Ferriss says, will only multiply the problem. “Online I see people committing ’social media suicide’ all the time by one of two ways. Firstly by responding to all criticism, meaning you’re never going to find time to complete important milestones of your own, and by responding to things that don’t warrant a response.” This, says Ferriss, lends more credibility by driving traffic.

3. “Trying to get everyone to like you is a sign of mediocrity.” (Colin Powell)

“If you treat everyone the same and respond to everyone by apologizing or agreeing, you’re not going to be recognizing the best performers, and you’re not going to be improving the worst performers,” Ferriss says. “That guarantees you’ll get more behavior you don’t want and less you do.” That doesn’t mean never respond, Ferriss goes on to say, but be “tactical and strategic” when you do.
4. “If you are really effective at what you do, 95% of the things said about you will be negative.” (Scott Boras)

“This principle goes hand-in-hand with number two,” Ferriss says. “I actually keep this quote in my wallet because it is a reminder that the best people in almost any field are almost always the people who get the most criticism.” The bigger your impact, explains Ferriss (whose book is a New York Times, WSJ and BusinessWeek bestseller), and the larger the ambition and scale of your project, the more negativity you’ll encounter. Ferriss jokes he has haters “in about 35 languages.”
5. “If you want to improve, be content to be thought foolish and stupid.” (Epictetus)

“Another way to phrase this is through a more recent quote from Elbert Hubbard,” Ferriss says. “‘To avoid criticism, do nothing, say nothing, and be nothing.” Ferriss, who holds a Guinness World Record for the most consecutive tango spins, says he has learned to enjoy criticism over the years. Ferriss, using Roman philosophy to expand on his point, says: “Cato, who Seneca believed to be the perfect stoic, practiced this by wearing darker robes than was customary and by wearing no tunic. He expected to be ridiculed and he was, he did this to train himself to only be ashamed of those things that are truly worth being ashamed of. To do anything remotely interesting you need to train yourself to be effective at dealing with, responding to, even enjoying criticism… In fact, I would take the quote a step further and encourage people to actively pursue being thought foolish and stupid.”
6. “Living well is the best revenge.” (George Herbert)

“The best way to counter-attack a hater is to make it blatantly obvious that their attack has had no impact on you,” Ferriss advises. “That, and [show] how much fun you’re having!” Ferriss goes on to say that the best revenge is letting haters continue to live with their own resentment and anger, which most of the time has nothing to do with you in particular. “If a vessel contains acid and you pour some on an object, it’s still the vessel that sustains the most damage,” Ferriss says. “Don’t get angry, don’t get even — focus on living well and that will eat at them more than anything you can do.”
7. Keep calm and carry on.

The slogan “Keep Calm and Carry On” was originally produced by the British government during the Second World War as a propaganda message to comfort people in the face of Nazi invasion. Ferriss takes the message and applies it to today’s world. “Focus on impact, not approval. If you believe you can change the world, which I hope you do, do what you believe is right and expect resistance and expect attackers,” Ferriss concludes. “Keep calm and carry on!”

mercoledì 15 settembre 2010

Il pianeta di smeraldo



Quando si parla di evoluzione e di vita nel passato, ci vengono in mente le grandi rivoluzioni della vita animale sulla terra: l'esplosione multicellulare del Cambriano, la comparsa e la sparizione dei dinosauri, l'esplosione evolutiva dei mammiferi.

Ci viene meno spesso in mente che le piante hanno avuto una loro storia evolutiva altrettanto - e forse più - importante di quella degli animali. Questa storia ce la racconta David Beerling in questo splendido e affascinante libro dal titolo "Il Pianeta di Smeraldo".

Leggersi questo libro vuol dire immergersi in più di 400 milioni di anni di storia della Terra, da quando le prime piante con radici si sono diffuse sui continenti e di come la loro presenza ha cambiato il pianeta.

E' un fatto che di tutta questa storia affascinante non si può capire niente se non la si vede come parte del "sistema terra", dove il clima, la composizione dell'atmosfera, e la vita sono strettamente legate e interdipendenti fra di loro. Le piante hanno effetto sul clima e il clima ha effetto sulle piante. Il primo grande cambiamento climatico del Fanerozoico (il periodo delle forme di vita complesse) è stata l'era glaciale del Carbonifero, quando il grande sviluppo delle piante terrestri ha rimosso grandi quantità di CO2 dall'atmosfera. Meno CO2 vuol dire meno effetto serra e questo ha raffreddato fortemente il pianeta.

La storia delle piante è strettamente legata alla concentrazione di CO2 nell'atmosfera. Il CO2 è cibo per le piante, ma la sua concentrazione non può essere troppo alta, altrimenti il pianeta va arrosto. A questo, si aggiunge il fatto che l'irradiazione solare aumenta gradualmente con il tempo - lentamente - circa dell'1% ogni cento milioni di anni. Ma l'ecosistema terrestre deve fare i conti con questo aumento e se la temperatura non deve crescere troppo, bisogna che la concentrazione di CO2 scenda lentamente. E' questa l'"omeostasi planetaria" - Gaia, per intenderci.



 La concentrazione di CO2 durante il fanerozoico, il periodo delle forme di vita complesse. Il crollo delle concentrazioni a circa 350 milioni di anni fa corrisponde alla nascita delle piante con radici che hanno colonizzato i continenti e assorbito una grande quantità di CO2 dall'atmosfera. Il risultato è stato un raffreddamento della terra. Tuttavia, in media la temperatura si è mantenuta costante lungo tutto questo periodo: il calo del CO2 ha bilanciato l'aumento dell'irradiazione solare. (da Università di Columbia)
 

L'omeostasi planetaria avviene attraverso vari meccanismi geologici e biologici che fanno si che la concentrazione di CO2 sia regolata per mantenere la temperatura entro livelli accettabili per la vita terrestre. Il ciclo "lungo" del carbonio è il principale di questi meccanismi: avviene attraverso l'erosione dei silicati che - a sua volta - è fortemente influenzata dalla presenza di piante. La regolazione non è perfetta, anzi, implica forti oscillazioni; ere glaciali e periodi di surriscaldamento planetario. Ma, nel complesso ha mantenuto la temperatura terrestre entro limiti accettabili per tutto il periodo di esistenza della vita sulla terra.

Quindi, l'esistenza delle piante terrestri è un processo di adattamento a condizioni che continuano a cambiare gradualmente. In epoche remote, ci sono stati periodi di CO2 abbondante che hanno reso la terra molto calda. Al tempo dei dinosauri, gli alberi crescevano ben oltre i circoli polari, quando il mare Artico era caldo a sufficienza che ci avremmo potuto nuotare dentro.

Per noi è difficile immaginarci alberi capaci di resistere all'oscurità totale dell'inverno artico, eppure ne abbiamo ritrovato i fossili: sembra che fossero piante a foglia caduca, ben diverse dalle conifere che oggi associamo alle alte latitudini. Difficile anche immaginarsi queste foreste in inverno: buie, spoglie e silenziose per molti mesi di fila. Ci vivevano i "dinosauri polari" creature dai grandi occhi adattati al buio. Forse migravano in inverno, forse andavano in ibernazione.


La foglia fossilizata di un "Glossopteris", un albero che viveva in Antartide 260 milioni di anni fa. Era un albero a foglia caduca, adattato a vivere con sei mesi di oscurità totale ogni anno. (da Discovery channel)

Gradualmente, in tempi geologici, l'aumento della radiazione solare ha portato a una riduzione della concentrazione di CO2 a livelli talmente bassi da mettere in difficoltà le piante a sfruttarla. Così, è nato un nuovo meccanismo di fotosintesi; adattato apposta a queste basse concentrazioni. Si distingue fra "piante C3" (che usano il vecchio meccanismo) e "piante C4" (che usano il nuovo). Non sappiamo esattamente quando si sia evoluto il meccanismo C4 ma molto probabilmente è una cosa recente in termini geologici, meno di 30 milioni di anni fa. (vedi nota in fondo)

E' una competizione sorda della quale ci siamo accorti solo di recente: gli alberi sono, tipicamente, piante C3, mentre le graminacee sono, tipicamente, piante C4. Un qualsiasi bosco che abbia radure e macchie alberate mostra questa competizione. Il C4 funziona meglio ad alte temperature, il C3 a temperature basse. E' per questo che se andate da nord a sud, trovate sempre meno alberi e sempre più erbe. Il fatto che la fotosintesi C4 sia così efficiente è quello che ha reso possibile la rivoluzione agricola degli ultimi 10.000 anni, che usa spesso graminacee (ma non tutte) a meccanismo C4. Ci stiamo rendendo conto ora di quali sono i meccanismi biologici che ci fanno vivere.

Tutto questo e molto di più si trova nella storia del nostro mondo: un intero ecosistema che cambia e continua a cambiare. E' una storia che è vitale non solo per la nostra conoscenza ma anche per la nostra sopravvivenza. I meccanismi che dominano la vita sulla terra sono delicati e andare a modificarli, come noi stiamo facendo bruciando i fossili, cementificando e deforestando, è pericolosissimo. L'ignoranza uccide, si sa.


Nota sul meccanismo C3-C4 della fotosintesi.

La faccenda è parecchio complicata e il nome C4 o C3 si riferisce al numero di atomi di carbonio della catena di una delle prime molecole che si formano. Il modo C4 riesce a concentrare il CO2 all'interno della cellula così da aumentare l'efficienza di conversione dell'enzima fondamentale; una molecola chiamata "Rubisco". Se non c'è abbastanza CO2, il rubisco si può impegnare a spaccare l'ossigeno invece del CO2 ed è energia solare persa inutilmente. D'altra parte, va detto che il modo C3 è più efficiente in termini di sfruttamento dell'energia solare se c'è CO2 in abbondanza.

A proposito di quali piante usano l'uno o l'altro meccanismo, secondo "The Emerald Planet" (p. 181)

"Ci sono oggi circa 7500 specie di piante riconosciute come C4 che occupano circa un quinto della superficie del pianeta e rappresentano il 30% della produttività del pianeta. Di gran lunga la maggioranza sono erbe sub-tropicali, sebbene alcune specie di falasco e di erbe abbiano anche quelle beneficiato dalla rivoluzione C4. Siccome il loro meccanismo biochimico opera nel modo più efficiente ad alte temperature e alte insolazioni, questo confina le piante C4 a climi subtropicali, dove dominano le praterie e le savane. Soltanto una specie arborea è nota per usare il meccanismo C4, il Chamaesyce forbesii che si trova alle Hawaii .. In aggiunta all'albero C. Forbesii le cose più vicine che abbiamo sono alcuni cespugli legnosi che con gli anni diventano simili ad alberi, tipicamente lo Haloxylon aphyllum che vive nei deserti caldi e sabbiosi dell'asia centrale

lunedì 13 settembre 2010

11 settembre: la demolizione controllata delle torri gemelle di New York



Dal programma "Destroyed in seconds" di Discovery Channel. Fa vedere come un incendio di carburante possa distruggere una struttura di cemento armato.


Arrivo con un paio di giorni di ritardo per il nono anniversario degli attacchi dell'11 Settembre. Però, vi propongo lo stesso questo post come una piccola riflessione su questo evento che è stato un esempio notevole di entità "mitopoietica" e che ha messo a dura prova la capacità di discernimento umana. Ovvero, nell'ultimo decennio l'attacco alle torri è stato un generatore quasi continuo di leggende di ogni sorta. Una molto pervicace è quella della cosiddetta "Demolizione Controllata" che vuole che le torri siano state abbattute da cariche esplosive e non dall'effetto dell'impatto degli aerei. (una versione di questa leggenda si trova qui).

Qualche settimana fa, avevo trovato su internet questo filmato che mostra il caso di un'autocisterna carica di combustibile che si è schiantata sotto un ponte autostradale. Dopo un po', il calore dell'incendio che ne è seguito ha indebolito le barre di acciaio del cemento armato e alla fine il ponte cede sotto il suo stesso peso. Questo filmato dovrebbe bastare ampiamente, se mai ce ne fosse stato bisogno, per demolire la teoria della "demolizione controllata" che si basa tutta sull'idea che il calore generato da un incendio di kerosene non dovrebbe essere sufficiente a far crollare una struttura supportata da barre di acciaio.

Bene, in questo filmato i sostenitori della teoria della demolizione controllata troveranno la prova sperimentale che un incendio può benissimo indebolire una struttura di acciaio portante al punto di farla crollare, senza bisogno di esplosivi. Ma, certamente, a molta gente non basterà la prova sperimentale per rinunciare al piacere di una bella leggenda.

sabato 11 settembre 2010

Vincere a furia di link


Questa striscia di "Dilbert" si può leggere come un condensato del tipico dibattito a proposito del riscaldamento globale che si vede quando qualcuno che non ha argomenti scientifici cerca di vincere sommergendo l'interlocutore a furia di link; più o meno a casaccio. Per essere più vicina alla verità, tuttavia, dovrebbe avere almeno una decina di vignette e i link inviati dovrebbero essere parecchie decine. Incidentalmente, la figura con i capelli scuri è un raro ritratto di Claudio Costa. 


Il duello degli ingegneri

I tuoi dati sono deboli
Fa la tua mossa

Ti sto mandando un link
Ti sto mandando tre link

Non ho tempo per questo
Ho vinto!