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lunedì 31 agosto 2020

Recensione de "Il Mare Svuotato"

                                                       


Di Walter Mola

 

 Diciamolo subito: è un bel libro, probabilmente il  migliore scritto da Ugo Bardi, questa volta in compagnia di una ricercatrice Ilaria Perissi, ma lo stile, il modo, con cui  ti presenta un problema grave come l'esaurimento della disponibilità  ittica a livello planetario è coinvolgente e ben documentato, il suo.

Il titolo riprende un altro bel testo scritto nel 2011 sempre per Editori Riuniti, “La Terra Svuotata” in cui si parla dell'esaurimento dei minerali. Ne “Il Mare Svuotato” si affronta il tema del superamento della capacità di rigenerazione dei pesci con una pesca industriale che non tiene conto minimamente dei cicli biologici con l'idea tipicamente estrattivista con cui si va avanti fino all'ultimo. Lo dimostra molto bene facendo notare che ormai oltre la metà del pesce consumato proviene da allevamenti con tutte le problematiche connesse. Gli allevamenti intensivi  sono già fonte di guai sulla terra ferma figuriamoci in mare.

Il libro non si limita all'elenco di disastri causati dall'uomo in mare ma dimostra come di fronte ad un limite evidente (la diminuzione del pescato) invece di comprendere i cicli naturali,  la risposta  sia stata da un lato con l'incremento della capacità dei pescherecci e dall'altro dalla ricerca di nuove aree. 

Utili i riferimenti alla storia dell'esaurimento, quasi estinzione, dei più grandi abitanti dei mari: le balene. Soggette ad una caccia spietata nell'800 erano quasi sparite ma secondo i balenieri non si trattava di estinzione ma di timidezza, si proprio così, dicevano che le balene erano diventate timide e non si facevano più vedere.

Mi è piaciuto molto il riferimento ad equazioni come quella di Lotka-Volterra che spiegano molto bene l'equilibrio tra predatori e prede che in realtà in mare si è rotto da tempo il super  predatore è l'uomo . 

Interessanti tutte le esperienze citate (da cui non si impara mai) in cui si supera la capacità riproduttiva e la “risorsa” sparisce. L'estinzione dello storione e la scomparsa del caviale sono emblematiche come il Merluzzo e il Salmone in certe aree del Nord Atlantico.

Non si parla solo  di pesca ma ci sono continui richiami all'inquinamento, all'esaurimento delle risorse, alle risposte sempre inadeguate e in ritardo alle evidenze di sovrasfruttamento. Si parla pure di idee strampalate come l'estrazione di minerali dall'acqua di mare.  

Mi viene in mente un vecchio Topolino in cui Pippo correva come un matto con la macchina per arrivare prima che la benzina finisse, ecco sembra che l'uomo stia facendo questo, consumare tutto, sempre ed eventualmente rallentare un poco per consumare comunque tutto più a lungo. In mare si sta facendo  questo, addirittura sottraendo il cibo direttamente ad altri legittimi pescatori: gli altri pesci, gli uccelli, balene.

Non mancano i consigli: mangiare pesce o no? Se non si è vegani o vegetariani meglio il pesce piccolo, meno inquinato e ancora disponibile, per quanto non si sa.

wm



                                                          Il Mare Svuotato

                                                 di Ugo Bardi e Ilaria Perissi

                                                           Editori Riuniti

                                                            303 pagine

                                                             18 Euro

giovedì 1 settembre 2016

L'esaurimento è reale, l'esaurimento è adesso, e se vi punge una medusa ora sapete il perché

Da “Cassandra's Legacy”. Traduzione di MR

di Ugo Bardi



La mia collaboratrice, Ilaria Perissi (sulla destra nella foto), mentre spiega i risultati del nostro lavoro sull'esaurimento del pesce alla 34ma conferenza della società di dinamica dei sistemi a Delft, in Olanda. Abbiamo scoperto che gli stessi modelli che descrivono l'esaurimento del petrolio possono essere applicati all'esaurimento del pesce e che l'eccesso di sfruttamento è il meccanismo principale che porta al declino della pesca mondiale. Se desiderate una copia dell'articolo, scrivetemi a ugo.bardi(arneseaspirale)unifi.it.


Solo qualche giorno fa, una mia amica mi ha mostrato tre strisce rossastre che aveva sul braccio. Era il risultato di uno sfortunato incontro con una medusa mentre nuotava nel Mar Mediterraneo. Oggi, questo tipo di incontri è diventato un evento normale; sembra normale che, quando si snuota in mare si deve avere un atteggiamento quasi paranoico e continuare a guardare in tutte le direzioni per evitare una dolorosa strisciata con una di queste creature. Ti fa invidiare gli australiani che, dopo tutto, hanno solo gli squali di cui preoccuparsi quando nuotano. (In realtà hanno anche meduse estremamente velenose, ma gli squali sono più spettacolari, come si può evincere da alcuni recenti film hollywoodiani).

Eppure, questa invasione di meduse aliene non era normale solo pochi decenni fa. E, di sicuro, non era normale un secolo fa, quando la costa del Mediterraneo era la casa di molti pescatori locali che si guadagnavano da vivere con quello che pescavano. Ma oggi cosa si porterebbero a casa? Al massimo, un carico di meduse, ma le loro proprietà nutritive non sono il massimo. Così, c'è stato un cambiamento, un grande cambiamento nella popolazione di pesce nel mare. E questo cambiamento ha una causa: si tratta dello sfruttamento eccessivo che ha esaurito la pesca. Il mare è stato quasi svuotato dal pesce e questo ha generato un boom della popolazione di meduse e di altri invertebrati, come i granchi e le aragoste., il cui numero, una volta, veniva tenuto sotto controllo dai pesci.

Così avrei potuto dire alla mia amica che le strisce rosse dolorose sul suo braccio erano il risultato della tendenza umana a sfruttare eccessivamente le risorse naturali: petrolio, pesce o quello che sia. La nostra tendenza a massimizzare il nostro profitto immediato porta a distruggere le risorse che ci permettono di vivere. Tuttavia, ovunque le persone riescano ancora a guadagnarsi da vivere con qualcosa, menzionare l'esaurimento di quel qualcosa di solito è un tabù. Quella parola semplicemente non la dici in una conversazione civile. Ma è una lunga storia che è cominciata quando i cacciatori di balene giurarono che il fatto di non poter prendere più tante balene era perché le balene “erano diventate timide” (come potete leggere su “Storia della pesca americana alle balene” del 1876 di William Starbuck). In tempi moderni, menzionare l'esaurimento e lo sfruttamento eccessivo spesso incontra disprezzo, specialmente da parte degli economisti che rimangono convinti che il meccanismo del mercato possa ottimizzare tutte le attività economiche. Per esempio, Daniel Pauly ed altri hanno già pubblicato nel 1998 un articolo intitolato “Pescare in profondità nella catena alimentare marina”, descrivendo esattamente il fenomeno che porta il mare ad essere vuoto di pesce e pieno di invertebrati. Ma, come ci si potrebbe aspettare, questo è stato definito come un mito. Ti verrebbe da dire a questa gente di farsi una bella nuotata nel Mar Mediterraneo e vedere da soli l'abbondanza che c'è lì di invertebrati.

Alla fine, di tutto si può dibattere, discutere, sostenere o negare. Ma penso che io e i miei collaboratori abbiamo dato un contributo non trascurabile alla comprensione dell'eccessivo sfruttamento della pesca marina. Abbiamo potuto farlo applicando alla pesca gli stessi modelli di dinamica dei sistemi che vengono usati per il picco del petrolio. Ed abbiamo scoperto che i modelli funzionano. Il ciclo di crescita e declino di molti tipi di pesca può essere descritto come un semplice modello che ipotizza che il fattore principale che condiziona la produttività è l'abbondanza della riserva di pesce. E il modello mostra che la riserva di pesce declina. Il pesce viene rimosso dagli oceani più rapidamente di quanto la riserva possa rigenerarsi con la riproduzione. Ecco i dati sulla pesca giapponese che abbiamo presentato a Delft.


Quindi, l'esaurimento è reale, l'esaurimento è adesso e se vi punge una medusa ora sapete il perché.


Se volete avere una copia dell'articolo presentato alla conferenza di Delft, scrivetemi a ugo.bardi(cosabriosa)unifi.it. L'articolo completo è attualmente in revisione. Devo anche ringraziare i mie collaboratori Ilaria Perissi, Alessandro Lavacchi e Toufic El Asmar.