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domenica 3 aprile 2016

C'è un giusto modo di pensare e di agire?

MODI DI PENSARE E DI AGIRE
C'è un giusto modo di pensare ?
C'è un giusto modo di agire ?
Io penso di SI

Una riflessione di "Madre Terra"



Il territorio degli Indiani d'America fu invaso dagli Europei.
Gli Indiani non reagirono tutti nello stesso modo, bensì in vari modi.

Un modo fu questo :
- combatteremo contro i bianchi per difendere il possesso dei territori su cui viviamo.
Un altro fu questo : 
- i bianchi sono troppi e hanno armi troppo potenti, saremo sconfitti : faremo dei patti con loro.
Erano ambedue giusti modi di pensare.

C'era però un modo sbagliato di pensare :
- era quello degli Europei che si arrogavano il diritto di invadere il territorio altrui. 

Così è per tutti i pensieri del mondo.
C'è sempre un modo giusto e uno sbagliato di pensare.

Il modo giusto di pensare per gli esseri umani può essere così riassunto :
NON siamo una specie privilegiata : abbiamo gli stessi diritti e doveri delle altre specie viventi, animali, vegetali, minerali, liquidi e gas.
NON siamo un popolo privilegiato : abbiamo gli stessi diritti e doveri degli altri popoli umani.
NON sono un individuo privilegiato : ho gli stessi diritti e doveri dei miei simili.

Se NON adottiamo questo modo di pensare, le nostre grandi capacità mentali ci porteranno a distruggere il mondo.

E' quello che sta accadendo.

martedì 7 luglio 2015

Bicchiere mezzo pieno o mezzo vuoto?



"Scegli di pensare positivo! Sollevati con pensieri esaltanti
 e la tua vita sarà piena di colore e luminosa!"
I social media pullulano di citazioni e frasi ad effetto che invitano a salvaguardare e perseguire i propri sogni, quali che siano le difficoltà incontrate nel realizzarli.   Esortano a mantenere la capacità di immaginare un fulgido avvenire, anche quando tutto vi crolla addosso.   A mantenere aperta la finestra sul futuro, anche durante la tempesta.   Eccetera.

Un atteggiamento tipico del nostro tempo che pare un paradosso.   Proprio la nostra cultura che, più di ogni altra, si fa un vanto di essere eminentemente materialista e pratica, invita ad essere sognatori.   E, paradosso nel paradosso, proprio la nostra società positiva e propositiva,  è composta da una quantità senza precedenti di  depressi ed altri malati mentali  (circa il 25% della popolazione europea, (che non è quella messa peggio del Pianeta) cui si devono aggiungere una miriade di persone affette da malattie psicosomatiche croniche come bulimia, anoressia, obesità ecc.  
Certo, dietro l’andamento epidemico di queste ed altre patologie si trovano sistemi complessi di concause; ma rimane il fatto che, perlomeno in occidente, un sacco di gente si fa un dovere di pensare positivo, mentre è in qualche misura depressa.

E per mantenere ben salda la propria visione del bicchiere mezzo pieno, si raccomanda di evitare come la peste “quelli che hanno un problema per ogni soluzione”, amichevolmente etichettati corvi, cassandre o gufi.   Spesso si raccomanda anche di limitare l’accesso a cattive notizie ed alle analisi delle medesime, per concentrarsi sulle buone nuove, o sulle analisi che danno una visione almeno parzialmente positiva delle situazione.   Soprattutto, bisogna sempre porre i evidenza  i possibili sviluppi positivi anche delle peggiori situazioni o, quantomeno, indicare una strada per “uscire dal tunnel”.

Una vera industria  da molti miliardi  fatturato annuo si è sviluppata su questa filiera, sfornando libri, dischi, musica, video ed oggetti di ogni genere.   Oppure servizi variamente specializzati che vanno dalle conferenze pubbliche, fino ai “personal coach” cui fanno sempre più spesso ricorso proprio i vertici della società, come gli amministratori delle grandi compagnie.   Passando per ogni sorta di ausilio chimico, legale e non.   Organizzazioni di cospicue dimensioni si sono sviluppate intorno al soggetto ed il “messaggio” ha ormai influenzato l’intera nostra cultura.

Alla fine ogni difficoltà è anche un’opportunità.   O no?

Certamente essere depressi e deprimenti, piangersi addosso e lagnarsi di ogni cosa che accade  non aiuta.   Ma al di là di questo, siamo certi che “essere positivi” sia poi così positivo?

Prendiamo in esame i capisaldi principali di questa filosofia nata, a quel che ne so, in USA alla fine del XIX secolo con l’etichetta di “New Thought “ (nuovo pensiero) come reazione alla mortale tetraggine dell’epoca, in particolare nelle comunità calviniste.   Ne nacque “Chistian Science”, prima di trovare la sua strada per diventare un’industria di successo, passando per la “controcultura” degli anni ’70.
"Una vita positiva è una pratica di principi.
Pescane uno o più:
1 leggi qualcosa di positivo
2 ascolta qualcosa di positivo
3 condividi qualcosa di positivo

Un prima pretesa è che avere un atteggiamento ottimista favorisca la buona salute.   Questo è probabilmente vero finché si tratta di ridurre l’incidenza di patologie di natura schiettamente psico-somatica.    Viceversa, la diffusa pretesa che “pensare positivo” possa aiutare a prevenire e combattere malattie come cancri, infezioni, crisi cardiovascolari ecc. non ha, che io sappia, il benché minimo supporto scientifico.

Semmai il contrario, in quanto un eccessivo ottimismo porta a sottovalutare sintomi e rischi.   Casomai, può aiutare i malati a sopportare meglio le sofferenze, ma può anche portare a reazioni come disperazione e suicidio,  a seconda di come l’evolvere degli eventi reali interagisce con la mente del malato.   Di solito, quando si abbandona un atteggiamento eccessivamente orientato in una direzione,  finiamo con l’abbracciare l’eccesso opposto.

Una seconda grande pretesa del “Pensiero positivo” è che possa avere importanti effetti sull'economia.   Questo è certamente vero per le finanze private di coloro che sanno sfruttare commercialmente il filone, ma economisti e politici pretendono spesso che avrebbe effetti positivi a livello di PIL nazionale e globale.   Di qui gli appelli sempre più disperati all'ottimismo, trascurando il fatto che proprio un eccesso di ottimismo è da sempre una delle principali componenti di quelle bolle speculative che, sempre più spesso, stanno devastando la finanza e l’economia.

"La più grande scoperta di tutti i tempi
è che una persona può cambiare il suo
futuro semplicemente cambiando il
suo atteggiamento."
La terza grande scoperta del “pensiero positivo” è che questo pare abbia il magico potere di realizzare i desideri.   Questo intendeva Berlusconi con la sa celebre frase “i poveri sono gente diseducata al benessere”.

Di qui l’invito ad essere dei tenaci ed ispirati sognatori.  Una vera mistica si è col tempo sviluppata intorno a quest’idea che, in casi estremi tutt'altro che rari, porta a considerare l’universo come una specie di self-service in cui ognuno può trovare ciò che cerca.   Con o senza rituali specifici, il segreto sta tutto nel rimanere concentrati sui propri desideri e credere fermamente, intimamente che si realizzeranno.   Il desiderio avrebbe infatti la forza di produrre gli eventi necessari grazie alla “legge di attrazione”.    Una specie di gravitazione universale in cui però qualcosa di immateriale, il pensiero, riuscirebbe a influenzare il comportamento di oggetti materiali, come i bussolotti della lotteria.

Anche in questo caso qualcosa di vero sicuramente c’è, senza ricorrere a ipotetiche nuove leggi della Natura.   E’ evidente che, se desideriamo fermamente qualcosa, tutte le nostre azioni e decisioni saranno coerenti con il nostro scopo e questo non può che aumentare la probabilità di raggiungerlo.  

Ma solo nella misura in cui ciò è reso possibile dalle circostanze e non contrasta con desideri altrui altrettanto ben supportati.   Ad esempio, ricevere in regalo un maglione viola è possibile, mentre non lo è ricevere una Ferrari, a meno che non siate già miliardari.   Viceversa, può essere possibile un avanzamento in carriera, a condizione che la ditta per cui si lavora se lo possa permettere e si riescano ad impressionare positivamente i propri superiori.   Ma se la ditta ristruttura o fallisce, tutta o buona parte dei suoi dipendenti saranno licenziati, quali che ne siano i desideri e l’atteggiamento.

Proprio questo punto, non a caso, è divenuto una leva importante per l’industria del pensiero positivo. Soprattutto in USA ed in Asia, non solo i vertici aziendali sono spesso dei convinti assertori della “legge di attrazione”, ma anche, e più prosaicamente, si sono resi conto che diffondere un certo atteggiamento nei dipendenti li induce a lavorare di più, tollerando condizioni peggiori.   E quando tutto va male, accettano più facilmente il licenziamento.   Di qui consistenti investimenti per distribuire materiali e servizi finalizzati a “motivare” il personale.

Nella peggiore delle ipotesi, il fallimento non sarà una responsabilità del CEO che ha investito miliardi in titoli spazzatura o ha fatto debiti impagabili; bensì dei dipendenti che non hanno un atteggiamento sufficientemente positivo.

Insomma, come esiste una scuola di pensiero secondo cui la responsabilità di ciò che va male non è mai delle persone, bensì interamente della società iniqua, è ben radicata la scuola opposta, secondo cui se ti cade un vaso in testa è colpa tua.   Addirittura può anche darsi che, inconsciamente, tu desiderarsi di fratturarti il cranio.   Anzi, il restare invalido a vita è un dono della sorte perché, se ne sarai capace, sarà proprio ciò che ti permetterà di realizzarti.

Quasi tutti, oggi, hanno un grande sogno nel cassetto.   Abbiamo detto all'inizio che questo è considerato un fatto socialmente molto positivo.   Tuttavia, vorrei ricordare che tutti gli uomini più nocivi della storia avevano un grande sogno ed erano profondamente convinti che realizzarlo avrebbe portato grandi vantaggi per tutti (i sopravvissuti).    Ma anche senza scomodare gli spettri di Hitler o di Pol Pot, quali conseguenze sta avendo ed avrà l’incapacità degli umani a mettere una pietra sopra al sogno di un benessere crescente per un numero indefinito di persone su di un piccolo pianeta sospeso nel vuoto cosmico?   E’ molto probabile che alcuni miliardi di persone moriranno nel corso dei prossimi decenni  in omaggio a questa incrollabile fede.   Il più grande sacrificio umano della storia.

Pensa positivo
e cose positive accadranno.
Per molti anni, gli scettici hanno avuto buon gioco chiedendo quali sarebbero le basi scientifiche circa questa fondamentale “legge di attrazione”, ottenendo imbarazzati silenzi o pasticciati sermoni.   Da alcuni anni però la creatività dei guru del settore ha scoperto la fisica quantistica.   O, meglio, hanno scoperto che una vulgata del  “gatto di  Schrödinger”, era esattamente quello che ci voleva per dare un abito apparentemente scientifico a tutta la costruzione.
In estrema sintesi, l’idea è che poiché il campo quantico è totipotente e collassa in qualcosa di definito interagendo con l’osservatore, ne consegue che ognuno di noi è il demiurgo della propria realtà.    Il gatto è contemporaneamente vivo e morto, sono io che, aprendo la scatola, inconsciamente decido quale realtà desidero.   Quindi, se acquisisco la capacità di controllare il mio inconscio, posso decidere cosa troverò prima di aprire.   Se il flusso di energia può influenzare la materia ed il pensiero è una forma di energia, risulta assodato che il pensiero può modificare la materia.

Che il principio di indeterminatezza sancisca che non sia possibile conoscere contemporaneamente tutte le proprietà di una particella, ad es. un elettrone,  e non il fatto che  sia possibile spostarlo con il pensiero rimane ovviamente un fatto trascurabile.   Come la questione che l’osservazione influenza le particelle semplicemente perché la trasmissione di informazione comporta comunque un flusso di energia/materia (ad es. un fotone) l’impatto col quale ovviamente altera lo stato di particelle abbastanza piccole da essere influenzate da 6,62x10 -34  Js.

Ciò significa che un elettrone ha, si, ampi margini di libertà, ma la sua carica elettrica non cambia; mentre protoni e neutroni sono abbastanza grossi da essere influenzati molto marginalmente da quantità di energia così piccole.
Ho il sospetto che Hawking si sia ridotto così leggendo certa letteratura “motivazionale”.

"Io sono mezzo pieno" "Io sono mezzo vuoto"
"Io penso che questo è piscio"
Insomma, per tornare al titolo, il bicchiere è mezzo pieno o mezzo vuoto?

Io penso che faremmo bene a porci la questione in altra maniera.  Per esempio vorrei sapere: a) cosa contiene? b) sta aumentando o diminuendo? c) le sue caratteristiche chimico-fisiche sono costanti o stanno cambiando? d) cosa c’è intorno al bicchiere? e) chi ha messo quel liquido nel bicchiere? f) Perché lo ha fatto?  Eccetera.

Questo non è pensiero né positivo, né negativo. E’ pensiero sistemico.   Ma il pensiero sistemico è un viatico al successo personale?   Penso proprio di no.   Personalmente, conosco parecchie persone che vanno forte in questo campo e che, al meglio, riescono a campare mediamente.   Qualcuno invece si sta vendendo la casa perché non ce la fa più a pagarci le tasse.

Contemporaneamente molti guru del “pensiero positivo” sono diventati milionari.   Vuoi vedere che, alla fine, hanno ragione loro?   O no?




sabato 12 luglio 2014

Il pensiero sistemico e il futuro delle città

Da “Post Carbon Institute”. Traduzione di MR

Di David Orr


Foto: Stuck in Customs / Flickr. Licenza Creative Commons 2.0. “Viviamo tutti in un mondo interconnesso”, sostiene l'autore.

In breve

L'idea che niente esista isolatamente – ma solo come parte di un sistema – è stata a lungo parte del folklore, delle scritture religiose e del senso comune. Tuttavia, le dinamiche dei sistemi come scienza deve ancora trasformare il modo in cui portiamo avanti gli affari pubblici. Questo articolo dapprima esplora brevemente la questione del perché i progressi nella teoria dei sistemi non sono riusciti a trasformare la politica pubblica. La seconda parte descrive i modi in cui la nostra comprensione dei sistemi stia crescendo – non tanto dalla teorizzazione, ma dalle applicazioni pratiche in agricoltura, progettazione degli edifici e scienza medica. La terza parte si concentra su se e come questa conoscenza e la scienza dei sistemi possano essere diffuse per migliorare la gestione urbana di fronte alla rapida destabilizzazione climatica di modo che la sostenibilità diventi la norma, non una storia di successo occasionale.

Concetti chiave


  • La riduzione degli interi a parti è il cuore della visione del mondo scientifica che abbiamo ereditato da Galileo, Bacone, Descartes e dei loro moderni accoliti nelle scienze economiche, nell'efficienza e nella gestione. 
  • I decenni fra il 1950 e il 1980 sono stati l'era d'oro della teoria dei sistemi. Tuttavia, nonostante un gran parlare di sistemi, continuiamo ad amministrare, organizzare, analizzare, gestire e governare sistemi ecologici complessi come se fossero una raccolta di parti isolate e non un'unione indissolubile di energia, acqua, suoli, terra, foreste, biota ed aria. 
  • Gran parte di ciò che abbiamo imparato gestendo i sistemi reali è cominciato con l'agricoltura. Una delle lezioni più importanti è stata che la terra è un organismo in evoluzione di parti collegate: suoli, idrologia, biota, natura selvaggia, piante, animali e persone. 
  • La sfida è quella di far transitare la complessità urbana organizzata costruita su un modello industriale e progettata per automobili, espansione e crescita economica in luoghi coerenti, civili e duraturi. 
  • Una prospettiva sistemica per la gestione urbana è una lente attraverso la quale potremmo vedere più chiaramente nella nebbia del cambiamento e gestire potenzialmente meglio le complesse relazioni di causa-effetto fra i fenomeni sociali ed ecologici. L'applicazione dei sistemi offre almeno sei possibilità di migliorare la gestione urbana.  


Un sistema è un insieme di elementi interconnessi che è organizzato coerentemente in un modo che ottenga qualcosa... deve consistere in tre tipi di cose: elementi, interconnessioni e una funzione o scopo. 
—Donella Meadows, Pensare sistemico (1)

Un sistema è (a) un insieme di unità o elementi interconnessi di modo che i cambiamenti di alcuni elementi o delle loro relazioni produca cambiamenti nelle altre parti del sistema e (b) l'intero sistema esibisce delle proprietà e dei comportamenti che sono diversi da quelli delle parti. 
—Robert Jervis, Effetti dei Sistemi (2)

Una delle idee più importanti della scienza moderna è quella di un sistema. Ed è quasi impossibile da definire.
—Garrett Hardin, La Cibernetica della Competizione (3)

Storia della Teoria dei Sistemi

I decenni post bellici fra il 1950 e il 1980 sono stati l'era d'oro della teoria dei sistemi. Sulla base dei progressi nelle comunicazioni, nelle oprazioni di ricerca e nella cibernetica dalla Seconda Guerra Mondiale, Kenneth Boulding, James G. Miller, Ludwig von Bertalanffy, C. West Churchman, Herbert A. Simon, Erwin Laszlo, Jay Forester, Dennis e Donella Meadows, Peter Senge ed altri hanno scritto in modo persuasivo del potere dell'analisi dei sistemi (4, 5). Si diceva che i benefici erano molti. Il pensiero sistemico ci avrebbe permesso di percepire gli schemi che connettevano cose altrimenti sparpagliate e di rilevare la logica contro-intuitiva che soggiace ad una realtà spesso ingannevole, creando pertanto diagnosi, politiche e piani più coerenti. I benefici reali della teoria dei sistemi, tuttavia, sono rimasti in gran parte nel regno dei computer e della tecnologia di comunicazione. Altrove, il business as usual ha proceduto tranquillamente imperturbato. Nonostante la logica intrinseca del pensiero sistemico, governi, multinazionali, fondazioni, università ed organizzazioni no-profit funzionano ancora in gran parte suddividendo temi e problemi nelle loro parti separate ed affrontandole separatamente.

 Agenzie, dipartimenti ed organizzazioni separate si specializzano in energia, terreno, cibo, aria, acqua, natura selvaggia, economia, finanza, regolamenti edilizi, politiche urbane, tecnologia, salute e trasporti – come se ognuno di questi temi non fosse collegato agli altri. Così, un'agenzia spinge forte per far crescere l'economia mentre un'altra è incaricata di ripulire il pasticcio risultante e così via, vale a dire che la mano sinistra e la mano destre raramente sanno – o si interessano a – ciò che sta facendo l'altra. I risultati sono spesso controproducenti, eccessivamente costosi, rischiosi, a volte disastrosi e quasi sempre ironici. La modellazione sistemica, per esempio, ci ha permesso di prevedere e capire la catastrofe incombente del cambiamento climatico rapido, mentre i fallimenti sistemici nel governo, nelle politiche e nell'economia hanno finora paralizzato la nostra capacità di fare qualcosa per questo. La teoria dei sistemi, in breve, deve ancora avere il suo momento copernicano e le ragioni sono ironicamente incorporate nella rivoluzione scientifica stessa.

Il ridurre interi a parti, vedi “riduzionismo”, è il cuore della visione del mondo scientifica che abbiamo ereditato da Galileo, Bacone, Descartes e dei loro moderni accoliti nelle scienze economiche, nell'efficienza e nella gestione. Per un periodo, il riduzionismo ha operato miracoli scientifici, tecnologici ed economici. Ma, quando abbiamo acquisito potere, ricchezza, velocità, convenienza, apparente controllo sulla natura e fiducia in noi stessi, abbiamo pagato un prezzo considerevole che Faust (quello di Marlowe, non quello di Goethe) avrebbe riconosciuto. Come Faust, abbiamo agito a breve termine, trascurando costi e rischi a lungo termine che potevano essere visti solo da una prospettiva sistemica. I risultati sono sconcertanti. A tempo di record, abbiamo stracciato interi ecosistemi, acidificato gli oceani, spazzato via specie intere, dilapidato il suolo fertile, abbattuto foreste e cambiato la chimica dell'atmosfera.

“Siamo”, nelle parole di Edward Hoagland, “ancora in parte scimpanzé con una doppia laurea in prove ed errori”. Nel mondo reale, le cose tornano a farsi sentire, ci sono punti di non ritorno, sorprese, proprietà emergenti, cambiamenti di passo, ritardi temporali e imprevedibili e catastrofici eventi di “cigno nero” con effetti globali che durano a lungo. Per prevedere ed evitare queste cose serve un atteggiamento mentale capace di vedere le connessioni, gli schemi e la struttura dei sistemi, così come una visuale ben oltre il bilancio trimestrale o le prossime elezioni. La saggezza comincia con la consapevolezza che viviamo in mezzo delle complessità che non possiamo mai comprendere pienamente, per non parlare di controllarle. Ma la prudenza non è stata parte dell'esuberanza a prova di pallottola scritta nella nostra idea di progresso, né nei documenti fondamentali dell'America.


Foto: lo staff di fotografi della Casa Bianca. Jimmy Carter, Gerald Ford e Richard Nixon alla Casa Bianca nel 1978. Gerald Ford ha giocato un ruolo importante nel far firmare la Legge Nazionale per l'Ambiente da Richard Nixon nel 1970. 

Concepita da uomini in gran parte influenzati dall'Illuminismo – ignoranti di ecologia e timorosi dell'eccessiva autorità – la Costituzione degli Stati Uniti, per esempio, non dà alcun “fondamento chiaro, non ambiguo e testuale per una legge di protezione federale dell'ambiente”, nelle parole dello studioso di diritto Richard Lazarus. Essa privilegia “la legislazione decentralizzata, frammentata e incrementale... che rende difficile affrontare problemi in modo complessivo e olistico”. Comitato delle giurisdizioni del Congresso basati sul fatto che la Costituzione frammenta la responsabilità e i risultati legislativi. La Costituzione dà troppo peso ai diritti privati al contrario dei beni pubblici. Non menzione né l'ambiente né la necessità di proteggere i suoli, l'aria, l'acqua, la natura selvaggia e il clima – e non offre quindi nessuna base inequivocabile per la protezione ambientale. La clausola del commercio – la fonte di grandi statuti ambientali – è una base legale ingombrante e scomoda per la protezione ambientale. Il risultato, osserva Lazarus, è che “le nostre istituzioni legislative sono particolarmente inadatte per il compito di considerare i problemi e di creare le soluzioni legali della dimensione spaziale e temporale necessaria per la legge ambientale. (9) In altre parole, il nostro modo di governare è spesso ecologicamente distruttivo.

La Legge di Politica Ambientale Nazionale (1970) puntava a rimediare a tali mancanze. Richiedeva a tutte le agenzie federali di “utilizzare un approccio sistematico ed interdisciplinare che assicurerà l'uso integrato delle scienze naturali e sociali e le arti di progettazione ambientale nella pianificazione e nel prendere decisioni”. La Legge richiedeva pianificazione sistemica, ma oltre ai requisiti per le valutazioni di impatto ambientale per i progetti finanziati a livello federale, non aveva potere. Con poche eccezioni, le cose sono andate avanti come prima. Il risultato è questo, nonostante il gran parlare di sistemi, continuiamo ad amministrare, organizzare, analizzare, gestire e governare sistemi ecologici complessi come se fossero una raccolta di parti isolate e non una unione indissolubile di energia, acqua, suoli, terra, foreste, biota ed aria. L'idea della sostenibilità sembrerebbe implicare che il rimedio sia un approccio sistemico alla gestione ambientale, ma la realtà è diversa. Gli sforzi in direzione della sostenibilità sono a loro volta negli argomenti specifici di energia, agricoltura, inquinamento dell'aria, inquinamento dell'acqua, silvicoltura, edilizia verde e così via, così che le parti non sostengono un intero più ampio. Tuttavia, la biosfera ed i suoi ecosistemi costituenti sono indifferenti alla mera convenienza umana e alle illusioni, spietata con la tracotanza e senza rimorsi nell'esigere ciò che le è dovuto. Coma qualcuno una volta ha detto, “Dio potrebbe perdonare i nostri peccati, ma la natura no”.

Come viene applicata oggi la teoria dei sistemi?

Gran parte di ciò che abbiamo imparato sulla gestione dei sistemi reali è cominciato con l'agricoltura, in particolare col lavoro dell'orticoltore Liberty Hyde Bailey, dell'agronomo Albert Howard in India, del forestale Aldo Leopold, degli agro-ecologi Miguel Altieri e Stephen Gliessman, del genetista delle piante Wes Jackson, dell'esperto di gestione Alan Savory e da agricoltori ecologicamente esperti come Joel Salatin. La lezione più importante che viene dal loro lavoro collettivo è che la terra è un organismo che si evolve composto della parti interconnesse di suoli, idrologia, biota, vita selvaggia, piante, animali e persone. Se la sostenibilità è l'obbiettivo, la terra non può essere gestita come una fabbrica né i profitti che genera essere misurati dai propri rendimenti a breve termine. Gestita come un organismo, la terra limita la dimensione e il tipo di pratiche di agricoltura e silvicoltura e alla fine delude tutte le aspettative che superano la sua capacità di carico. La buona gestione della terra richiede pazienza, una memoria affidabile a lungo termine, ampi margini altrimenti conosciuti come precauzione e, come ci ricorda Wendell Berry, amore.

E' vero che le redditività non può essere più alta del tasso al quale il Sole può essere trasformato in materiale vegetale e in carne animale senza diminuire la produttività futura. I termini rigorosi, una fattoria sostenibile è una tenuta in equilibrio da input naturali di luce solare, acqua, decomposizione di piante, letame animale ed una intelligenza osservatrice e competente sia dell'agricoltore sia della cultura rurale. Come i sistemi naturali che imita, una fattoria sostenibile è sempre una policoltura e dipende dalle sinergie fra le sue varie componenti, dai suoli ai microbi agli animali. L'agricoltura industriale, al contrario, è sussidiata da combustibili fossili, fertilità importata, gestione chimica degli infestanti e capitale preso in prestito. E' una parte dell'economia estrattiva che sfrutta suoli, minerali, geni e gente indifferentemente. Ed è sempre una monocoltura mirata a fare profitto sul breve termine. La differenza fra l'agricoltura industriale e quella ecologica le pone ai margini estremi di un continuum che definisce la resilienza.

L'edilizia ecologica è un'altra fonte di istruzione pratica sui sistemi. Fino all'avvento del movimento dell'edilizia verde, il processo avveniva in serie: gli architetti facevano il progetto di base e passavano i progetti agli ingegneri per scaldarlo, raffreddarlo, illuminarlo e sigillarlo. Questi, a loro volta, li passavano ai paesaggisti per far sì che sembrassero appartenere al luogo in cui la casualità dei prezzi dell'edilizia e spesso la cattiva pianificazione li avevano fatti cadere. Gli incentivi – finanziari, legali e di reputazione – richiedevano che la struttura fosse sovra-riscaldata, sovra-raffreddata e costruita in modo eccessivo – quindi eccessivamente costosa. Gran parte del profitto veniva fatto sull'eccessiva ridondanza, un po' come fare sedie con 8 gambe quando il carpentiere viene pagato per ogni gamba in più.


Foto: Stuck in Customs / Flickr. Cultivar di ‘Nastro Scarlatto' in Tasmania. Il termine “cultivar” è stato coniato la prima volta da Liberty Hyde Bailey, ed è definito come una pianta le cui origini o la cui selezione sono il frutto principalmente dell'attività umana. 

I primi progettisti ecologici come Sim van der Ryn, Bob Berkebile, Bill McDonough, Pliny Fisk e il Consiglio per l'Edilizia Verde degli Stati Uniti sono stati pionieri di un approccio diverso per progettare che ha ottimizzato l'intero edificio come un sistema, non come i suoi componenti separati. Un involucro dell'edificio più stretto e meglio isolato, per esempio, significava ridurre di dimensione i sistemi di aerazione, riscaldamento e di condizionamento d'aria e la riduzione dei costi di esercizio a lungo termine migliorando il comfort per gli esseri umani. Analogamente, l'illuminazione creativa della luce naturale ha migliorato l'estetica e la produttività degli occupanti, riducendo le bollette per l'illuminazione e, ancora una volta, i costi a lungo termine. Ma il beneficio più grande del “progettazione biofila” è stato il fatto umano stesso che siamo più felici, sani e più produttivi in luoghi accuratamente calibrati per i nostri cinque sensi. (10) Ci sono altre aree di applicazione della conoscenza sistemica, ma in confronto all'architettura, nessuna è così facile da afferrare o così persuasivamente istruttiva sui modi in cui possiamo migliorare la gestione di altri sistemi. Tuttavia, queste offrono intuizioni diverse.

Le fattorie ed i sistemi naturali operano ad una velocità d'orologio minore rispetto agli edifici. L'agricoltura richiede la pazienza appropriata per la stagione agricola e per i cicli che governano fertilità e fecondità. Possiamo manipolare alcune delle variabili inerenti all'agricoltura, ma gli schemi più ampi di suoli, idrologia, biota, natura selvaggia, meteo e così via hanno stagioni e cicli rispetto ai quali siamo stranieri e intrusi. Nella misura in cui possiamo gestire in assoluto, la prudenza ci imporrebbe di lasciare ampi margini per adattare la nostra ignoranza ed altre mancanze. Gli edifici, o ciò che goffamente chiamiamo “l'ambiente costruito”, dall'altra parte, sono creazioni umane. I progettisti sono protettivi dei propri misteri e dei funzionamenti interni in modi in cui non possiamo essere nei confronti dei sistemi naturali delle fattorie. Anche così, i costruttori vengono spesso sorpresi dal comportamento imprevisto dei sistemi meccanici, degli errori di progettazione e del comportamento umano in ciò che dovevano essere strutture ben progettate.

C'è una terza fonte di conoscenza dei sistemi disponibile nello studio del corpo. Walter Cannon in La Saggezza del Corpo (1932), per esempio, ha introdotto la nozione di “omeostasi” come modo di spiegare come “il materiale straordinariamente instabile” dei nostri corpi in “libero scambio col mondo esterno” persista miracolosamente per molti decenni. (11) Il professore di Yale e Fisico Sherwin Nuland, in un libro dallo stesso titolo, ha descritto in seguito (1977) il processo con queste parole: “Sempre in allarme per i pericoli onnipresenti all'esterno o all'interno, mandando incessantemente segnali mutualmente riconoscibili per tutta la sua immensità di tessuti, fluidi e cellule, il corpo animale è un dinamismo di consistenza responsabile. Con incalcolabili trilioni di agenzie di correttivi alimentati da energia, le alterazioni inappropriate vengono bilanciate e i cambiamenti sono o sistemati o messi nel modo giusto – tutto nell'interesse di quella stabilità equilibratrice che è la condizione necessaria dell'ordine e dell'armonia dei sitemi viventi complessi... La sua capacità di comunicare all'interno di sé stesso e con l'ambiente esterno è la base della sostenibilità di un animale di fronte alle molte forze incessanti che non smettono mai di minacciare la sua esistenza”. (12)

L'idea del corpo come sistema complesso potrebbe avere portato ad una visione sistemica della medicina e della cura, colmando il divario fra medicina occidentale ed orientale. Ma la pratica della medicina occidentale in quel momento era scrupolosamente riduzionistica ed immune all'insegnamento proveniente da altre culture. (13, 14) Immersi nella maniera occidentale della scienza, i fisici tendono ancora a diagnosticare le malattie senza cause profonde, a guarire malattie isolatamente come se il corpo fosse una macchina rotta e a prescrivere come se gli effetti dei medicinali non di propagassero in tutto il corpo. Il risultato è che le soluzioni spesso diventano la fonte di nuovi problemi e l'inizio di circoli viziosi. La stessa cosa, tuttavia, potrebbe essere detta di gran parte, se non di tutti, i campi di affari, economia, politica pubblica e tecnologia. Se applicato a fattorie, edifici o a corpi, il pensiero sistemico non è facile, ma l'essenza è l'interezza – vale a dire l'integrazione armoniosa delle varie componenti. E' evidente in diversi indicatori della salute: ecologico, sociale e umano. Così, cosa ci può insegnare il pensiero sistemico su come gestire meglio le aree urbane?

Città e pensiero sistemico

Per affrontare la domanda “che tipo di problema costituisce una città”, Jane Jacobs una volta ha scritto:

“Si dà il caso che le città siano dei problemi della complessità organizzata … presentando 'situazioni nelle quali una mezza dozzina o persino diverse dozzine di quantitativi variano tutti simultaneamente e in modi sottilmente interconnessi'. Le città, di nuovo come le scienze della vita, non mostrano un problema nella complessità organizzata, che se fosse capito spiegherebbe tutto. Possono essere analizzate in molti problemi o segmenti tali che, come nel caso delle scienze della vita, sono anche collegati fra di loro. Le variabili sono tante, ma non sono alla rinfusa. Sono 'interrelate in un intero organico”. (15)


Foto: cjuneau di Ottawa, CANADA / CC BY 2.0. Ciò che appare essere un campo di grano nel centro di Ottawa in realtà è un tetto verde in cima al Museo di Guerra Canadese.

La sfida, quindi, è quella di far transitare la complessità urbana costruita su un modello industriale e progettata per automobili, espansione e crescita economica verso luoghi coerenti, civili e duraturi. I governi urbani sono stati posti sotto stress in un mondo con più persone, più “cose” ed aspettative più alte – il tutto che si muove a velocità sempre maggiore. Nelle parole di Peter Senge, “la specie umana ha la capacità di creare di gran lunga più informazioni di quante chiunque ne possa assorbire, di favorire un'interdipendenza di gran lunga maggiore di quella che chiunque possa gestire e di accelerare il cambiamento in modo di gran lunga più veloce della capacità di chiunque di tenere il passo”. (16) Ai gestori dei sistemi urbani è richiesta la capacità di passare “dal vedere parti al vedere gli interi, dal vedere le persone come indifesi e reattivi al vederle come partecipanti attivi nel plasmare la loro realtà, dal reagire al presente al creare il futuro”. Tutto questo è più facile a dirsi che a farsi. Non giungerà come una sorpresa ai funzionari cittadini che le aree urbane, come ha scritto Donella Meadows, sono “sistemi di retroazione auto-organizzati, non lineari e sono intrinsecamente imprevedibili [quindi]... non possiamo mai capire pienamente il nostro mondo, non nel modo in cui la nostra scienza riduzionista ci ha portati ad aspettarci”. (1)

La gestione resiliente richiede la calibrazione di due tipi di sistemi non lineari: sociale ed economico, per esempio leggi, regolamenti, tassazione, politiche, elezioni e mercati coi sistemi ecologici, per esempio biologia, idrologia, geologia, natura selvaggia, climatologia ed uso della terra. Questi sistemi funzionano su scale temporali diverse e su processi diversi come parte di un intero che chiamiamo biosfera. Ma non sono uguali. Gli espedienti umani – economie, tecnologie, politiche e comportamento sociale – alla fine si devono adeguare alle realtà biofisiche o affrontare la disintegrazione. Le prospettive sistemiche e gli strumenti di gestione possono aiutarci ad affrontare meglio le complessità dei sistemi non lineari interattivi. Abbiamo progettato i sistemi dai quali siamo governati e riforniti e possiamo riprogettarli. Ma solo, nella parole della Meadows, se le persone che li gestiscono “fanno molta attenzione, partecipano a tutto spiano a rispondono alle retroazioni”. 

Una prospettiva sistemica alla gestione urbana è una lente attraverso la quale possiamo vedere più chiaramente nella nebbia del cambiamento e gestire potenzialmente meglio le complesse relazioni di causa-effetto fra i fenomeni sociali ed ecologici. Ciò aiuterebbe a compensare la nostra cronica incapacità di prevedere le conseguenze del nostro comportamento. La conoscenza della struttura del sistema e delle regole operative potrebbe aiutare a migliorare la resilienza in un modo che si scalda rapidamente disseminato di eventi di “cigno nero” e forse a prevedere conseguenze contro-intuitive che arriverebbero altrimenti come sorprese. L'applicazione dell'analisi sistemica non è una panacea, ma offre almeno sei possibilità di migliorare la gestione urbana. 

Per prima cosa, per affrontare un'opprimente cacofonia di dati grezzi, l'analisi sistemica può aiutare i governi ad organizzare le informazioni per distinguere i segnali ecologici dal rumore. Una città è una schiera complessa e confusa di input ed output: combustibili, cibo, materiali, acqua e così via entrano e biossido di carbonio, acque reflue, calore residuo, inquinanti, rifiuti e tutta una serie di altre cose escono. Se una città fosse posta sotto una cupola di vetro immaginaria con gli input e gli output che entrano ed escono in tubazioni chiaramente segnate, capiremmo questi flussi entropici e le loro interazioni in modo più diretto. E' possibile, tuttavia, capire meglio la città attraverso dei modelli che mostrano le transazioni ecologiche in modo tanto diligente quanto un contabile traccia i flussi di denaro. I modelli della città come sistema di input ed output ecologici sono uno strumento utile per mettere dati apparentemente sparpagliati e confusi nel loro contesto ecologico più ampio per migliorare le decisioni prese attraverso i settori, i dipartimenti e le agenzie. 

Secondo, i dati necessari per capire i flussi di risorse e il contesto ecologico allargato di una città possono essere diffusi per educare la cittadinanza a capire le relazioni fra il proprio comportamento e le proprie prospettivie ambientali ed ecologiche. L'uso di internet e la diffusione di schermi per il pubblico (lavagne) piazzate in edifici, chioschi cittadini, impianti sportivi, biblioteche, hotel e scuole per tracciare e mostrare i dati su flussi di risorse, emissioni di carbonio, investimento, modelli di uso del suolo, proprietà e atteggiamenti pubblici – e le loro interazioni – può essere uno strumento potente per educare i cittadini su retroazioni, contatti e ritardi fra azioni e risultati e per aumentare la comprensione dei problemi complessi. (17) Il risultato potrebbe essere un'educazione ampiamente accessibile e conveniente sulle dinamiche fondamentali delle interazioni biofisiche, sociali ed economiche. 

L'analisi sistemica può aiutare, per terza cosa, a migliorare la pianificazione e la previsione. I capi eletti in molte città post industriali come Detroit hanno dato per scontato che i bei tempi sarebbero durati per sempre e sono stati colti alla sprovvista quando sono finiti. L'uso di modelli che chiariscono gli assunti, identificano gli anelli di retroazione e monitorizzano il comportamento del sistema e le condizioni ecologiche, possono aiutare chi prende le decisioni ad prevedere meglio il cambiamento e a pianificare, tassare, fare il bilancio e fare politiche più intelligenti. Guardando avanti, le città in un mondo in rapido riscaldamento devono prepararsi a grandi tempeste, siccità più prolungate, interruzioni delle forniture e alla turbolenza economica. Queste, a loro volta, dovrebbero influenzare le decisioni su divisione in zone, uso della terra, locazione e tipologia di infrastruttura, codici di costruzione, fornitura di cibo, sviluppo economico, tassazione e preparazione alle emergenze. 

Quarto, gli strumenti dell'analisi sistemica possono aiutare a migliorare la qualità delle decisioni urbane. Per avere una patente di guida, per esempio, si deve fare un corso e passare un esame. Ma per i funzionari incaricati di gestire gli affari pubblici non è virtualmente richiesta alcuna prova di nessuna comprensione di base di come funziona il mondo come sistema fisico e delle dinamiche che governano le interazioni dei sistemi sociale e naturale. Saremmo giustificatamente intolleranti di fronte a funzionari che non fossero in grado di leggere o di contare, ma l'analfabetismo ecologico – un problema ugualmente grave – non causa nessuno sgomento di nessun genere. Come parte del loro orientamento di routine per il governo della città, ai funzionari – eletti e nominati – dovrebbe essere richiesto di superare un'esame di base in ecologia e dinamica dei sistemi. Se mai questo si dovesse realizzare, gli obbiettivi sarebbero (1) aumentare l'efficacia delle decisioni aumentando la consapevolezza di come funzionano le aree urbane come sistemi sociali ed economici che interagiscono con sistemi naturali e (2) di dotare i capi di strumenti di analisi e previsione migliori coi quali gestire gli affari pubblici. 

Quinto, l'analisi sistemica può aumentare il comportamento organizzativo. La capacità di rispondere alle retroazioni viene inibita da molti fattori. Può venire bloccata quando la paura, il pensiero di gruppo e la compiacenza paralizzano la presa di decisioni. Piuttosto che sopprimere il dissenso, l'analisi sistemica può aiutare a chiarire le differenze di opinione non prese in considerazione incorporate nei paradigmi competitivi e nei modelli mentali. David Cooperrider e Peter Senge hanno sviluppato delle tecniche per facilitare il pensiero sistemico a costruire una comunità organizzativa intorno a visioni comuni. Il loro obbiettivo è quello di permettere ai membri delle organizzazioni di vedere sé stessi come attori di un'impresa che prendono decisioni che comportano retroazioni, cambiamenti di passo, proprietà emergenti, riserve e flussi che aumentino la consapevolezza dell'agenzia nel causare una conseguenza piuttosto che un'altra. 

Infine, il pensiero sistemico può portare ad un maggiore realismo e a politiche pubbliche di precauzione per la semplice ragione che gran parte dei sistemi sono non lineari e pertanto intrinsecamente imprevedibili. Da una prospettiva sistemica, dovremmo progettare le politiche di tutti i tipi con ampi margini, previsioni coperte e ridondanza. Ogni soluzione specifica dovrebbe risolvere più di un problema senza causarne di nuovi. L'obbiettivo, in breve, è quello di costruire istituzioni ed organizzazioni più intelligenti e più adattabili, che siano in grado di imparare e prevedere, agenzie intelligenti e “resistenti all'errore”, nell'intersezione dell'azione umana e delle realtà biofisiche. Da una prospettiva sistemica, non esistono cose come gli “effetti collaterali”, solo le conseguenze logiche derivate da regole e comportamento del sistema. Cambiamento climatico, buchi nell'ozono, ammassi tumorali e vortici di rifiuti delle dimensioni del Texas che galleggiano nel mezzo dell'Oceano pacifico non sono effetti collaterali della crescita economica, la le conseguenze prevedibili di un sistema progettato per crescere a tutti i costi. Analogamente, da una prospettiva sistemica, esistono pochi incidenti – solo la mancanza di previsione istituzionalizzata è un errore nel modo in cui è organizzato un sistema specifico. Il punto, nelle parole di Senge, è che “tutti condividiamo la responsabilità dei problemi generati da un sistema”. 

Uno sguardo al futuro

L'obbiettivo dell'analisi sistemica e dell'apprendimento organizzativo non è solo di trovare un modo più intelligente perché le città ed altre organizzazioni facciano quello che hanno sempre fatto. Si tratta piuttosto di uno strumento per aiutare a riesaminare gli scopi e le prestazioni relative a circostanze complesse e in rapido cambiamento. Come ogni strumento, la sua efficacia dipende dall'abilità e dalla saggezza di chi lo usa. L'analisi sistemica non è magica, non può dirci cosa modellare o cosa vale la pena di fare e cosa non fare. Può aiutare a vendere più acqua zuccherata con caffeina nel mondo causando obesità, diabete e carie ai denti, oppure può aiutarci a capire perché queslla sia una brutta cosa da fare. Non renderà lo stupido e l'insensibile saggio e premuroso. Non ci dirà niente che si trovi al di fuori dei nostri paradigmi, delle nostre visioni del mondo e delle luci del nostro fuoco da campo personale. Si tratta, dopotutto, solo di uno strumento e non farà niente di più di quello che gli verrà chiesto e niente di più di quanto possa fare mai una qualsiasi tecnica culturalmente vincolata o temporalmente limitata. 

Dobbiamo fornire noi la compassione e il buon giudizio e interessarsi a sufficienza da voler sapere le conseguenze delle nostre azioni. Inoltre, non c'è niente di nuovo nel pensiero sistemico al di là del più alto livello di precisione e del potere analitico intrinseco della sofisticata modellazione computerizzata. Le prime società hanno creato modi complessi per prevedere e limitare certi comportamenti che potevano danneggiare le loro prospettive collettive. (18) Gli Amish ottengono molti degli stessi risultati mantenendo una cultura coerente e sobria (se non restrittiva). Alla fine, l'analisi sistemica applicata a livello di organizzazioni, città e governo regionale ci dà tempo finché il governi nazionali si si mettono al passo. Ad ogni livello, tuttavia, si tratta solo di uno strumento per chiarire le conseguenze delle nostre azioni, identificare le nostre opzioni e estendere un po' la nostra capacità di previsione. E non si tratta di piccoli vantaggi. 

Riferimenti

1. Meadows, Donella  Thinking in Systems 11 (Chelsea Green, White River Junction, VT, 2008).
2. Jervis, R. Effetti dei Sistemi 5 (Princeton University Press, Princeton, 1997).
3. Hardin, G. La Cibernetica della Competizione. Prospettive di biologia e medicina 7, 77 (autunno 1963).
4. Schultz, A. Raccolta di articoli privata per un corso all'Università della California, anni 70 e 80.
5. Buckley, W. Ricerca sui Sistemi Moderni per Scienziati Comportamentali (Aldine, Chicago, 1968).
6. Hoagland, E. Coas penserebbe Esopo di quello che facciamo al Pianeta. New York Times (24 marzo 2013).
7. Lazarus, RJ. Fare le Legi Ambientali 30, 33 (University of Chicago Press, Chicago, 2004).
8. Lazarus, RJ. Problemi super maligni e cambiamento climatico: limitare il presente per liberare il futuro. Cornell Law Review 94:1153, 1153-1234 (2009).
9. Lazarus, RJ. Problemi super maligni e cambiamento climatico: limitare il presente per liberare il futuro. Cornell Law Review 94:1153, 1153-1234 (2009).
10. Kellert, S. Progettazione biofila (John Wiley, New York, 2008).
11. Cannon, WB. La Saggezza del Corpo (Norton, New York, 1932, 1963).
12. Nuland, S. La Saggezza del Corpo 355-356 (Knopf, New York, 1977).
13. Kaptchuk, T. La ragnatela che non ha tessitore (Contemporary Books, New York, 2000).
14. Normile, D. La nuova faccia della medicina tradizionale cinese. Science 299, 188-190 (gennaio 2003).
15. Jacobs, J. La morte e la vita delle grandi città americane 433 (Vintage, New York, 1961).
16. Senge, P. La quinta disciplina 69 (Doubleday, New York, 1990, 2006).
17. vedi articolo di J. Petersen in questo numero.
18. Lansing, S e Clark, W. Preti e programmatori: tecnologie di potere in un panorama progettato (Princeton University Press, Princeton, 2007).