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domenica 25 giugno 2023

Scienziati contro la Guerra



Appello per fermare la guerra in Ucraina


Siamo un gruppo di scienziati, ricercatori, medici e cittadini preoccupati per la salvaguardia della salute umana come pure dell'ecosistema terrestre. Vediamo che, dopo oltre un anno dal suo inizio, la guerra in Ucraina non dà evidenza di arrivare a una conclusione. In aggiunta all’impatto diretto sulla popolazione in termini di sofferenza umana e infrastrutture sociali ed economiche, cui bisogna far fronte con la solidarietà internazionale ed evitando di alimentare ulteriormente il conflitto, la guerra sta facendo enormi danni sociali e ambientali. Alcuni dei principali effetti negativi comprendono:

1.   Inquinamento dell'aria: durante le operazioni militari, l'uso di armi convenzionali (bombe, missili e proiettili) genera inquinamento atmosferico come risultato dalla combustione di carburanti, esplosioni e incendi che rilasciano particolato, gas tossici e altre sostanze inquinanti..
2.   Contaminazione del suolo: l'impiego di armi convenzionali contamina il suolo a causa delle esplosioni, delle sostanze chimiche presenti negli ordigni o dei rilasci di materiali pericolosi. La contaminazione del suolo danneggia l'ecosistema locale e ha effetti a lungo termine sulla salute umana, sull’agricoltura e sulla biodiversità.
3.   Inquinamento delle acque: gli scontri militari causano l'inquinamento delle risorse idriche. Le esplosioni possono contaminare i fiumi, i laghi e le falde acquifere con sostanze chimiche, metalli pesanti e altre sostanze nocive. Tutto questo ha un impatto negativo sulla fauna acquatica, sulla flora e sulla qualità dell'acqua potabile.

 4.    Distruzione degli ecosistemi: le operazioni militari coinvolgono la distruzione diretta degli habitat naturali, come foreste, fiumi e laghi, zone umide e aree protette. La perdita di habitat può portare all'estinzione di specie animali e vegetali, interrompere le catene alimentari e compromettere l'equilibrio ecologico di intere regioni. Il risultato è la compromissione della stabilità degli ecosistemi e un’influenza negativa sulle reti alimentari e sull'equilibrio naturale.
5.   Effetti a lungo termine sulla salute umana: l'uso di armi convenzionali causa danni alla salute umana sia direttamente che indirettamente, attraverso l'esposizione a sostanze chimiche tossiche e all'inquinamento ambientale. Le conseguenze a lungo termine includono malattie respiratorie, problemi neurologici, disturbi genetici e aumenti del rischio di cancro.


Questi gravissimi danni ambientali e umanitari, che ricadono in primis e in maniera drammatica sul territorio Ucraino e sulla popolazione locale, hanno inevitabilmente effetti in tutta Europa e nel mondo intero. In aggiunta, il gran numero di mine sparpagliate nelle zone di combattimento, sia pure regolato da alcuni trattati internazionali, rischia di rimanere una minaccia per la popolazione civile locale per molti anni. Per non parlare dei danni alla salute che deriverebbero dall'uso di munizioni all'uranio impoverito. La distruzione della diga di Nova Kakhovka ha messo a rischio il sistema di raffreddamento degli impianti nucleari di Zaporizhzhya. Secondo l’Agenzia Internazionale per l'Energia Atomica (IAEA) si tratta di una “situazione potenzialmente pericolosa." Ricordiamo che i sei impianti della centrale di  Zaporizhzhya formano una delle centrali nucleari più grandi del mondo e i danni che potrebbero derivare dalla mancanza di raffreddamento, come pure da un attacco militare diretto, sono spaventosi. Per non parlare della possibilità di un'ulteriore espansione del conflitto con l'uso di armi nucleari.


Secondo l’ultimo rapporto Sipri, la spesa militare mondiale è stata nel 2022 di oltre duemila miliardi di dollari, più grande dell’intero PIL Italiano. Questo significa che oltre l’equivalente di tutta la ricchezza prodotta dall’Italia, una delle nazioni “ricche” del mondo, viene dilapidata in spese militari. Le stime sui costi della guerra in Ucraina sono incerte, ma sono certamente una frazione importante di questa cifra.  E questo non include i costi futuri per ricostruire e bonificare le zone interessate dalla guerra. Non possiamo permetterci di sprecare queste risorse preziose in una guerra quando ne abbiamo bisogno per sostenere la transizione ecologica e gli obiettivi dello sviluppo sostenibile (SDG). Questo è vero specialmente in un momento in cui assistiamo ad un'accelerazione del riscaldamento globale, come pure del degrado degli ecosistemi che sostengono la vita terrestre. Abbiamo bisogno di tutte le risorse disponibili per affrontare questa situazione che sta mettendo a rischio la sopravvivenza del genere umano


Invitiamo pertanto il governo italiano ad adoperarsi con decisione per una soluzione diplomatica del conflitto, in particolare per una tregua immediata che fermi l'uso delle armi, ponga fine al conflitto, garantisca tutto il supporto umanitario possibile alle popolazioni coinvolte, permetta di bonificare le zone contaminate e consenta di mettere in sicurezza gli impianti nucleari vicini alla zona del fronte.



 Firmato


  1. Simona Agger, architetto,  Member of the Board of  SIAIS  (Italian Society of Architecture and Engineering for Healthcare), HCWH-EU  (Health Care Without Harm- Europe), EuHPN  (European Health Property Network), IFHE International  (International  Federation of Health Engineering).

  2. Nicola Armaroli, Research Director – Istituto ISOF-CNR,  PHEEL Unit. Bologna

  3. Marino Badiale, Dipartimento di Matematica, Università di Torino

  4. Vincenzo Balzani, già professore Ordinario, Università di Bologna

  5. Ugo Bardi, Club di Roma,  già Docente Dipartimento di Chimica, Università di Firenze

  6. Antonio Bonaldi, medico di Sanità Pubblica già direttore sanitario di Aziende Ospedaliere-Universitarie

  7. Carlo Cacciamani, dirigente presso arpa-simc, Università di Bologna.

  8. Marco Cervino, fisico, ricercatore in ISAC-CNR, Bologna

  9. Mario Cirillo, ingegnere, già direttore del Dipartimento per la valutazione, i controlli e la sostenibilità ambientale di ISPRA.

  10. Paolo Crosignani, già primario di epidemiologia ambientale, istituto tumori, MIlano.

  11. Daniela Danna,Ricercatore Universitario, Dipartimento di Scienze Umane e Sociali, Università del Salento. 

  12. Roberto Danovaro, ecologo, Università Politecnica delle Marche

  13. Aldo Di Benedetto già Dirigente medico Ministero della Salute

  14. Andrea Di Vita, fisico, Visiting Scientist al Dipartimento di Ingegneria Civile, Chimica e Ambientale,Università di Genova

  15. Rosella Ferraris Franceschi già prof. Ordinario nel Dipartimento di Economia Aziendale Università di Pisa, Già Preside della Facoltà di Economia, Uni. Pisa, Già Membro eletto del CUN (consiglio universitario nazionale) presso Ministero dell'Università.

  16. Carlotta Fontana, architetto, Professore ordinario di Tecnologia dell’Architettura, Politecnico di Milano

  17. Francesco Forastiere, medico epidemiologo. Direttore scientifico della rivista Epidemiologia e Prevenzione.

  18. Andrea Gardini, medico

  19. Emilio Gianicolo, Dr. Rer. phsyik reasearch associate at Universitätsmedizin der Johannes Gutenberg-Universität Mainz, Germany

  20. Anna Gigli, già ricercatrice presso l'Istituto di Ricerche della Popolazione e le Politiche Sociali del CNR, Roma.

  21. Francesco Giorgelli, biologo Vicepresidente CUG UNIPI Formatore Qualificato Salute & Sicurezza

  22. Francesco Gonella, Professore ordinario di Fisica, Università Ca' Foscari Venezia.

  23. Paolo Lauriola, medico epidemiologo, " Coordinatore Rete Italiana Medici Sentinella (RIMSA)".

  24. Tommaso Luzzati, docente di Economia Ecologica e Sustainable development Dipartimento di Economia e Management, Università di Pisa.

  25. Cristina Mangia, Ricercatrice Ambientale. CNR, Lecce

  26. Alberto Mantovani, medico veterinario, tossicologo già direttore di ricerca ISS.

  27. Giulio Marchesini R.Professore “Alma Mater” di Scienze Tecniche Dietetiche, Università di Bologna. Honorary Professor, Aarhus University, Denmark

  28. Maria Teresa Maurello, medico di Sanità pubblica. Già direttore UOC Igiene e Sanità Pubblica Az.USL Toscana Sud-Est.

  29. Daniele Menniti, ingegnere, Ordinario di Sistemi Elettrici per l'Energia Dipartimento di Ingegneria Meccanica, Energetica e Gestionale Università della Calabria

  30. Eduardo Missoni, medico specialista in medicina tropicale, docente di salute globale e sviluppo presso SDA Bocconi, Università Milano-Bicocca e Università Statale di Milano.

  31. Walter Moladi, studioso temi climatici e energia. Torino

  32. Vitalia Murgia, medico pediatra, Docente al Master inter-ateneo in Clinical Pharmacy Università Milano, Cagliari e Granada.

  33. Lorenzo Pagliano, fisico, professore Associato di Advanced Building Physics al Politecnico di Milano, Direttore di end-use Efficiency Research Group.

  34. Maria Grazia Petronio, medico di Sanità pubblica. Già direttore UOC Igiene e Sanità Pubblica Az.USL Toscana Centro e membro CT VIA-VAS Ministero Ambiente.

  35. vanes poluzzi - dirigente - ARPA Emilia Romagna, Università di Bologna

  36. Paolo Rognini, docente di Ambiente e Comportamento Umano,  Università di Pisa.

  37. Francesco Romizi, giornalista ambientale

  38. Roberto Romizi, medico di medicina generale, Arezzo.

  39. Tiziana Sampietro, medico, già direttrice centro dislipimie ereditarie, Fondazione Monasterio, Pisa.

  40. Rosa Tavella, medico ospedaliero internista, Lamezia Terme.

  41. Micol Todesco, Direttrice della Sezione di Bologna, Istituto Nazionale di Geofisica e Vulcanologia.

  42. Mauro Valiani, medico del lavoro, già direttore del Dipartimento di Prevenzione Az.USL di Empoli.

  43. Margherita Venturi, Dipartimento di Chimica "G. Ciamician," Bologna 

  44. Sandra Vernero, medico, cofondatore e past president di Slow Medicine ETS, coordinatore di Choosing Wisely Italy.

  45. Monica Zoppè, biologa all’Istituto di BioFisica CNR, Milano. Esperta di comunicazione scientifica e di rischi legati alle sperimentazioni biologiche


Nota: Le firme di questo appello sono individuali e non implicano il coinvolgimento delle rispettive istituzioni di appartenenza. Se volete firmarlo, inviate una mail a ugo.bardi(aggegginostrano)unifi.it specificando il vostro nome, cognome, qualifica, e istituzione di appartenenza

 


mercoledì 26 aprile 2023

Il progresso tecnologico e la guerra. Cambia qualcosa?



Le guerre non sono mai esattamente prevedibili, ma seguono una statistica ben definita. Sono influenzate dal progresso tecnologico, ma la tendenza umana all’autodistruzione è cambiata molto poco negli ultimi 500 anni. Così, l’attuale guerra in Ucraina non era prevedibile, ma non è nemmeno inaspettata. Non sappiamo come potrà evolvere nel futuro, ma potrebbe diventare la prima guerra su larga scala completamente robotizzata. Questo, tuttavia, non cambierà alcune delle caratteristiche di fondo della guerra, ovvero la sua tendenza a diventare “guerra totale.”


In un articolo che ho pubblicato nel 2018 insieme ai colleghi Martelloni e Di Patti (1), abbiamo esaminato quantitativamente la distribuzione dei conflitti umani degli ultimi 500 anni. Il risultato è che i conflitti seguono una statistica ben definita. Non è possibile prevedere dove e quando un conflitto si svilupperà, ma possiamo dire che negli ultimi 500 anni la probabilità di una nuova guerra è rimasta approssimativamente costante se viene rapportata all’aumento della popolazione umana. I nostri risultati sono in accordo con altri studi statistici e smentiscono l’ottimismo di alcuni autori, come Steven Pinker nel suo libro “The Better Angels of Our Nature” (2011) che vedevano un cambiamento sistemico delle relazioni fra esseri umani. Quello che Pinker aveva interpretato come una tendenza a lungo termine era solo una fluttuazione statistica, come è evidente dal conflitto in Ucraina cominciato l’anno scorso (ma, in realtà, in corso almeno dal 2014). La guerra in Ucraina non era prevedibile, ma non è stato nemmeno un evento sorprendente.

Accertato che gli esseri umani non sono cambiati nella loro tendenza alla violenza collettiva, c’è un punto della nostra analisi del 2018 che vale la pena esaminare in relazione alla situazione attuale: il ruolo del progresso tecnologico. Su 500 anni, le armi usate in guerra sono cambiate da bombarde e picche a mitragliatrici e cannoni. Eppure, la frequenza e il numero di vittime delle guerre ha seguito sempre la stessa statistica. Possibile che il progresso abbia avuto così poco effetto? E cosa dire degli attuali sviluppi dell’elettronica, droni e robot da combattimento?

Avevo già esaminato questo soggetto in un capitolo intitolato “The Future of War and the Rise of Robots” per un libro intitolato “Global Forecast for the Next 40 years” (2012) (2). Prevedevo che i robot da combattimento (o “droni”) avrebbero avuto un ruolo sempre più importante nelle guerre e che questa era una cosa tutto sommato positiva in quanto avrebbe potuto ridurre la violenza sugli esseri umani. I droni avrebbero fatto da bersaglio e le perdite sarebbero state soltanto economiche, ma non umane.

Oggi, circa 10 anni dopo la pubblicazione del mio articolo, abbiamo di fronte a noi una guerra tutta nuova fra due potenze tecnologicamente molto avanzate. E’ ancora presto per vedere una guerra completamente robotizzata, ma certe tendenze cominciano ad apparire. Gli Aerei senza pilota (UAV – “unmanned aerial vehicles,” detti comunemente “droni”) sono uno strumento fondamentale per la ricognizione a tutti i livelli strategici. I “droni kamikaze,” da lanciare direttamente contro un bersaglio, sono anche abbastanza comuni. Invece, non risulta che, per il momento, vengano schierati veicoli autonomi su terra. In Ucraina, la guerra la fanno ancora un gran numero di poveri disgraziati che si schierano in trincee umide e fredde a prendersi cannonate sulla testa, come si faceva al tempo della prima guerra mondiale. Cosa sta succedendo?

Per cominciare, possiamo dire (parafrasando lo stra-parafrasato Carl Von Clausewitz) che una guerra è un’estensione dell’economia con altre merci. In una guerra moderna, i prodotti dell’industria vengono distribuiti al fronte, mentre la loro obsolescenza pianificata viene assicurata dai prodotti della concorrenza. Quando i due contendenti hanno forze e capacità tecnologiche simili, il risultato è una “guerra di logoramento” (“attrition war”) che finisce quando uno dei due sistemi produttivi va in bancarotta perché l'altro conquista il mercato al 100%. L’alternativa è la “guerra di manovra,” dove le forze in campo si fronteggiano in modo dinamico, cercando il colpo decisivo che risolva il conflitto indipendentemente dalla capacità economica dei contendenti. Può succedere che la guerra si espanda per diventare una “guerra totale.” In questo caso, la guerra coinvolge tutto il territorio degli stati impegnati con l’uso di armi di distruzione di massa.

In tempi moderni, la guerra di logoramento ha preso spesso la forma della guerra di trincea. L’esempio classico è quello della prima guerra mondiale in Europa con le sue lunghissime trincee che formavano una linea del fronte in occidente che andava dal Mare del Nord all’Adriatico, solo interrotta dalla neutrale Svizzera. Era un tipo di guerra che sembrava essere sparito dopo il successo della “guerra-lampo” dei tedeschi nella seconda guerra mondiale e le rapide vittorie degli eserciti occidentali in campagne come quella in Iraq del 2003. Ma, in realtà, le trincee non sono mai scomparse del tutto. Anche durante la seconda guerra mondiale le abbiamo viste sul fronte di El-Alamein, in Africa del Nord. Le abbiamo viste poi nel caso dei terribili 8 anni di guerra fra Iran e Iraq, a partire dal 1980. Ora, le rivediamo in Ucraina, anche nella forma di fortificazioni urbane. Non abbiamo dati affidabili su cosa sta succedendo esattamente sul fronte ucraino ma, se inizialmente si vedevano elicotteri e carri armati in azione, adesso se ne vedono sempre meno nei filmati che arrivano. Dopo le prime fasi manovrate, il fronte si è stabilizzato. Una situazione che somiglia molto a quella della prima guerra mondiale.

Questo vuol dire che i droni non hanno cambiato niente? Non esattamente, ma è vero che mentre le tattiche e le strategie militari si adattano alle nuove tecnologie, alcuni fattori rimangono fondamentali. Ancora oggi, come al tempo della prima guerra mondiale (e, ancora prima, ai tempi del prussiano Von Moltke e della guerra del contro la Francia del 1870), l’artiglieria rimane il metodo più economico di far danni al nemico. Un drone kamikaze può avere una gittata molto maggiore di un proiettile di artiglieria ed essere guidato con precisione sul bersaglio, ma costa circa un fattore 10 più caro, perlomeno al momento attuale. Questi droni si usano soltanto per colpire bersagli ad alto valore, tipo i pezzi di artiglieria, carri armati, o infrastrutture importanti.

In parallelo, l’artiglieria si sta evolvendo insieme a quella dei droni. In primo luogo, i droni da ricognizione servono per identificare i bersagli e guidare il tiro dell’artiglieria. In secondo luogo, i proiettili di artiglieria hanno acquisito delle capacità tipiche dei droni. L’ultima generazione può essere controllata a distanza e ha la possibilità di cambiare direzione, planare per un certo periodo, e infine scendere in verticale sul bersaglio. Il risultato è stato un aumento della distruttività e della precisione dell’artiglieria. Una conseguenza è la capacità di indirizzare il tiro direttamente contro i pezzi di artiglieria del nemico. Questo ha costretto l’artiglieria a diventare mobile con una prevalenza di semoventi che usano il metodo detto “Fire and displace”, “sparare e allontanarsi.” In pratica, la precisione e la gittata del tiro hanno reso quasi impossibile concentrare una forza di attacco senza vedersela distrutta prima che possa entrare in azione. Guerra di logoramento, infatti.

Un soldato sulla linea del fronte non è un bersaglio di grande valore, ma è comunque bersagliato continuamente dall’artiglieria di precisione e dai vari droni, per non parlare dell’uso esteso delle mine antiuomo, oggi sempre più letali e più difficili da rilevare. Non abbiamo dati affidabili sul numero di vittime di un anno di guerra in Ucraina, ma non è azzardato parlare di alcune centinaia di migliaia di morti sommando le perdite delle due parti. Ci possiamo domandare a cosa sia servita la morte di questi poveracci che hanno avuto il solo ruolo di “carne da cannone” nel senso più brutale del termine. 

In parte, questa carneficina si sarebbe potuta evitare usando robot per rimpiazzare i soldati umani. Ci sono notizie, in effetti, che alcuni modelli di robot da combattimento stanno arrivando al fronte da entrambe le parti. Ma sono ancora modelli sperimentali e, al momento, costa ancora molto meno convincere dei poveracci ad arruolarsi mediante una campagna propagandistica, o semplicemente forzarli a marciare verso il fronte. Per cui l’inutile strage (per citare lo stra-citato Papa Benedetto XV) è destinata a continuare ancora.

Ma è anche probabile che in un futuro non lontano i robot da combattimento finiranno per sostituire in gran parte la carne da cannone umana lungo la linea del fronte. In quel caso, la guerra di logoramento potrebbe diventare una versione più grande e più sofisticata dell’operazione di uno sfasciacarrozze di periferia. Qualcosa di simile allo show televisivo “Robot Wars” che sta andando di moda ormai da almeno vent’anni in Gran Bretagna. Sicuramente i robot militari professionali saranno più distruttivi dei goffi aggeggi dello show televisivo, ma in ogni caso è sempre soltanto ferraglia che va a pezzi. Così, una cosa positiva che possiamo aspettarci dai droni è che, essendo più accurati di altre armi, siano in grado di ridurre quelli che chiamiamo oggi “effetti collaterali,” ovvero la strage di poveracci che con la guerra hanno poco o niente a che fare. Questo era il punto che facevo nel mio testo del 2012 (2). Questa previsione non si è ancora realizzata, ma sembra che si vada in quella direzione. Perlomeno, in Ucraina, i danni ai civili sono stati limitati, almeno fino ad ora.

Tuttavia, non sempre i danni ai civili sono effetti collaterali. Alle volte, e forse spesso, i civili sono proprio il bersaglio designato. In effetti, dal tempo di Caino e Abele, uccidere un essere umano è sempre stato relativamente facile, senza richiedere tecnologie sofisticate. Anche uno sterminio di massa richiede più che altro propaganda e si può fare con armi improvvisate, come si è visto in Ruanda nel 1994. In principio, colpire deliberatamente i civili è un crimine di guerra. Tuttavia, quello che ha teorizzato forse per primo questo tipo di guerra criminale in tempi moderni, Giulio Douhet (1869-1930), si è meritato una piazza importante col suo nome a Roma, è un busto in bronzo all’Accademia di Guerra Aerea di Firenze. Quindi, la tecnologia rimane un fattore importante, ma non il solo a determinare l’andamento di una guerra. Le decisioni umane rimangono guidate da fattori propagandistici, culturali, ed economici, e questi sono poco influenzati da cambiamenti tecnologici.

Per quanto riguarda la guerra in corso in Ucraina, nel peggiore dei casi andrà fuori controllo, diventerà una guerra totale, e a questo punto ci sono molti modi per fare dei danni immensi, incluso l’utilizzo di armi nucleari. Nel migliore, rimarrà localizzata a livello di guerra di logoramento e finirà con l’esaurimento economico e sociale dei contendenti, come è successo per la guerra Iran-Iraq. In questo caso, l’intervento dei robot militari potrebbe ridurre i danni agli esseri umani. Come sempre, tuttavia, quando il futuro prende la decisione di diventare il presente, gli devi dare ragione per forza.


(1) https://arxiv.org/abs/1812.08071

(2) “Global Forecast for the Next 40 years” – Jorgen Randers editor, Chelsea Green, 2012


L’autore

Ugo Bardi, membro del Club di Roma, è autore di molteplici libri dove esamina le tendenze del futuro in termini sistemici e tecnologici. Fra i più recenti, “Before Collapse” (Springer 2019) e “Limits and Beyond” (Exapt Press, 2022) come pure “La Linea d’Ombra della Memoria”, (Chance 2018), dedicato ad un analisisi della propaganda durante la prima Guerra Mondiale. E’ anche autore di molteplici articoli di soggetto storico sul suo blog “The Seneca Effect” (www.senecaeffect.com)




lunedì 27 febbraio 2023

«Gli Usa hanno attaccato il North Stream»





L'intervista di Fabian Schneider a Seymour Hersh, tradotta in Italiano da "Jacobin Italia"

di Fabian Schneider

Il premio Pulitzer Seymour Hersh racconta il suo scoop sulla missione segreta ordinata da Biden per danneggiare il gasdotto che dalla Russia conduce alla Germania e lasciare al freddo l'Europa


Il 26 settembre 2022, nel mar Baltico, il gasdotto North Stream dalla Russia alla Germania è stato in parte distrutto da diverse esplosioni. La scorsa settimana, il pluripremiato giornalista investigativo Seymour Hersh ha pubblicato un articolo, basato su informazioni provenienti da un’unica fonte anonima, nel quale sostiene che ne sono responsabili l’amministrazione Biden e la Cia.

Hersh ha vinto il Premio Pulitzer nel 1970 per il ruolo che ha svolto nel raccontare la storia del massacro di Mỹ Lai, in cui i soldati statunitensi ammazzarono dai trecento ai cinquecento civili disarmati. Ha accettato di parlare con Fabian Schneider delle accuse contenute nel suo ultimo articolo e dell’influenza che la Cia e lo stato di sicurezza nazionale hanno sulla politica estera statunitense.


Per favore, spiegaci le tue scoperte in dettaglio. Cosa è successo esattamente secondo la tua fonte, chi è stato coinvolto e con quali le motivazioni?

Mi sono limitato a spiegare l’ovvio. Era una storia che chiedeva soltanto di essere raccontata. Alla fine di settembre del 2022, otto bombe avrebbero dovuto esplodere; sei sono finite sott’acqua vicino all’isola di Bornholm nel Mar Baltico, nella zona dove l’acqua è piuttosto bassa. Hanno distrutto tre dei quattro principali oleodotti del Nord Stream 1 e 2.

Il Nord Stream 1 fornisce gas combustibile [alla Germania] da molti anni a prezzi molto bassi. E poi entrambi gli oleodotti sono stati fatti saltare in aria: la domanda era perché e chi l’ha fatto. Il 7 febbraio 2022, in vista della guerra in Ucraina, il presidente degli Stati uniti, Joe Biden, in una conferenza stampa alla Casa Bianca con il cancelliere tedesco Olaf Scholz, ha sostenuto che poteva fermare il Nord Stream.

La frase esatta di Joe Biden era «Se la Russia invade, non ci sarà più un Nord Stream 2, porremo fine a tutto ciò». E quando un giornalista gli ha chiesto esattamente come intendeva farlo, dato che il progetto era sotto il controllo della Germania, Biden si è limitato a dire: «Prometto che ce la faremo».

La sua sottosegretaria di stato, Victoria Nuland, che è stata profondamente coinvolta in quella che chiamano la Rivoluzione Maidan nel 2014, ha usato un linguaggio simile un paio di settimane prima.

Dici che la decisione di attaccare il gasdotto è stata presa anche prima dal presidente Biden. Esponi la storia dall’inizio, cronologicamente dal dicembre 2021, quando il consigliere per la sicurezza nazionale Jake Sullivan ha convocato, secondo il tuo pezzo, una riunione della task force appena formata dai capi di stato maggiore congiunti, la Cia, lo Stato e il Dipartimento del tesoro. Scrivi: «Sullivan intendeva che il gruppo elaborasse un piano per la distruzione dei due oleodotti Nord Stream».

All’inizio, questa task force era stata convocata a dicembre per studiare il problema. Hanno introdotto la Cia e il resto; si stavano incontrando in un ufficio molto segreto. Proprio accanto alla Casa bianca, c’è un edificio chiamato Executive Office Building. È collegato sottoterra attraverso un tunnel. In cima c’è una sede d’incontro per un gruppo segreto, un gruppo esterno di consiglieri chiamato President’s Intelligence Advisory Board. Ne ho parlato solo per far sapere alle persone della Casa Bianca che ne so qualcosa.

L’incontro è stato convocato per studiare il problema: cosa faremo se la Russia entrerà in guerra? Siamo a tre mesi prima, prima del Natale del 2022. Era un gruppo di alto livello; probabilmente aveva un nome diverso, l’ho chiamato «interagency group», non ne conosco il nome formale, se ne ha uno. Erano la Cia e la National Security Agency, che controllano e intercettano le comunicazioni; il Dipartimento di stato e il Dipartimento del tesoro, che finanzia; e probabilmente alcuni altri gruppi coinvolti. Anche i capi di stato maggiore avevano una rappresentanza.

Avevano la missione di fornire raccomandazioni su cosa fare per fermare la Russia, misure reversibili, come più sanzioni e pressioni economiche, o irreversibili, interventi diretti, cose che esplodono, per esempio. Non voglio parlare di un incontro in particolare perché devo proteggere la mia fonte. Non so quante persone c’erano alla riunione, capisci cosa intendo?

Nell’articolo hai scritto che, all’inizio del 2022, il gruppo di lavoro della Cia ha riferito all’interagency group di Sullivan e ha detto: «Abbiamo un modo per far saltare in aria gli oleodotti».

Ce l’avevano. C’erano persone lì che conoscevano quella che negli Usa chiamiamo «guerra contro le mine». Nella Marina degli Stati uniti ci sono gruppi che si occupano di sottomarini – c’è anche un comando sull’ingegneria nucleare – e c’è un comando minerario. L’estrazione sotterranea è molto importante e abbiamo minatori qualificati. Probabilmente il posto più importante per l’addestramento dei minatori è in questa piccola località turistica chiamata Panama City nel bel mezzo del nulla in Florida.

Formiamo persone molto brave e le adoperiamo. I minatori sono molto importanti. Ti si apre qualsiasi varco; possono far saltare in aria le cose. Se non ci piacciono gli oleodotti sottomarini di un certo paese, possiamo farli saltare in aria. Non sono sempre cose buone, ma sono molto riservati. Per il gruppo alla Casa bianca era chiaro che avrebbero potuto far saltare i gasdotti. C’è un esplosivo chiamato C-4, che è incredibilmente potente, devastante in particolare con la quantità che usano. Puoi controllarlo e gestirlo a distanza con dispositivi sonar subacquei. Inviano segnali a frequenza molto bassa.

Quindi è stato possibile, e lo hanno detto alla Casa bianca all’inizio di gennaio, perché due o tre settimane dopo, il sottosegretario di Stato Victoria Nuland ha detto che potevamo farlo. Penso che fosse il 20 gennaio. E poi anche il presidente, con Olaf Scholz, ha detto il 7 febbraio che potevamo farlo. Scholz non ha detto nulla di specifico; era vago. Ma una domanda che farei a Scholz, se mi trovassi in un’audizione parlamentare, è questa: il presidente Biden te ne ha parlato? Ti ha detto in quel momento perché era così sicuro di poterlo far saltare in aria? Non avevamo ancora un piano, ma sapevamo di poterlo fare.

Che ruolo ha avuto la Norvegia nell’operazione?

Bene, la Norvegia è una grande nazione di marinai e ha energia fossile. Inoltre, sono molto ansiosi di aumentare la quantità di gas naturale da vendere all’Europa occidentale e alla Germania. E lo hanno fatto, hanno aumentato le loro esportazioni. Quindi, per motivi economici, perché non unirsi agli Stati uniti? Nutrono pure avversione nei confronti della Russia.

Nel tuo articolo, scrivi che i servizi segreti e la marina norvegese erano coinvolti, e dici che la Svezia e la Danimarca sono state informate ma non è stato detto loro tutto.

Il modo in cui mi è stato riportato è: se non glielo abbiamo detto, non avevamo bisogno di farlo. In altre parole, stavi facendo quello che stavi facendo, e loro sapevano cosa stavi facendo e capivano cosa stava succedendo, ma forse nessuno ha mai detto di sì. Ho lavorato molto su questo problema con le persone con cui stavo parlando. La linea di fondo è che, per fare questa missione, i norvegesi hanno dovuto trovare il posto giusto. I sommozzatori che venivano addestrati a Panama City potevano andare a cento metri sott’acqua senza una pesante bombola, solo una miscela di ossigeno, azoto ed elio.

I norvegesi ci hanno trovato un posto al largo dell’isola di Bornholm nel Baltico, profondo solo 260 piedi, in modo che potessero operare. Sarebbero dovuti tornare lentamente. C’era una camera di decompressione e abbiamo usato il cacciatore di sottomarini norvegese. Per i quattro gasdotti sono stati utilizzati solo due sommozzatori.

Un problema era come trattare con coloro che controllano il Mar Baltico. È monitorato molto accuratamente e ci sono molte informazioni disponibili apertamente, quindi ci siamo occupati di questo; c’erano tre o quattro persone che si occupavano di questo. E quello che abbiamo fatto è davvero semplice. Ogni estate da ventuno anni, la nostra Sesta Flotta della marina, che ha il controllo del Mediterraneo e anche del Mar Baltico, ha un’esercitazione per le marine della Nato nel Baltico (Baltops). E porteremmo in giro una portaerei o grandi navi. È una cosa molto esplicita. I russi certamente lo sapevano. Abbiamo fatto pubblicità. E in questa, per la prima volta nella storia, l’operazione Nato nel Mar Baltico ha avuto un nuovo programma. Avrebbe fatto un esercitazione nello sganciare e nel trovare mine per dieci o dodici giorni.

Diverse nazioni hanno inviato squadre di minatori, un gruppo avrebbe abbandonato la miniera e un altro gruppo minerario del loro paese sarebbe andato a caccia e l’avrebbe fatta saltare in aria. Quindi hai avuto un periodo in cui le cose sono esplose, e in quel periodo i norvegesi hanno potuto recuperare i sommozzatori. I due oleodotti corrono a circa un miglio di distanza; sono un po’ sotto terra ma non sono difficili da raggiungere e si erano esercitati in questo. Non ci sono volute più di poche ore per piazzare le bombe.

Questo è accaduto nel giugno 2022?

Sì, l’hanno fatto una decina di giorni a giugno, alla fine dell’esercitazione, ma all’ultimo minuto la Casa Bianca si è innervosita. Il presidente ha detto che aveva paura di farlo. Ha cambiato idea e ha dato loro l’ordine che voleva il diritto di bombardare in qualsiasi momento, di far esplodere le bombe in qualsiasi momento a distanza da noi. Lo fai solo con un normale sonar, costruito da Raytheon. Sorvoli e lasci cadere un cilindro. Invia un segnale a bassa frequenza: sembra il suono di un flauto, puoi creare frequenze diverse. Ma la preoccupazione era che una delle bombe, se lasciata in acqua troppo a lungo, non avrebbe funzionato, e due non lo fecero: avevano solo tre dei quattro gasdotti. Quindi c’era il panico all’interno del gruppo per trovare i mezzi giusti, e in realtà dovevamo rivolgerci ad altre agenzie di intelligence di cui non ho scritto.

E quindi cosa è successo allora? L’hanno posizionato, hanno trovato un modo per controllarlo da remoto…

Joe Biden ha deciso di non farli saltare in aria. Era l’inizio di giugno, cinque mesi dopo l’inizio della guerra, ma poi, a settembre, decise di farlo. Ti dirò qualcosa. Le persone operative, le persone che fanno azioni militari per gli Stati uniti, fanno quello che dice il presidente e inizialmente pensavano che fosse un’arma utile che poteva usare nei negoziati.

Ma a un certo punto, una volta che i russi sono entrati in Ucraina, e poi quando l’operazione è stata portata a termine, è diventata sempre più odiosa per le persone che l’hanno fatta. Sono ben addestrate; sono nel più alto livello delle agenzie di intelligence segrete. Hanno cambiato idea sul progetto. Pensavano che fosse una cosa folle da fare. E nel giro di una settimana, o tre o quattro giorni dopo il bombardamento, dopo aver fatto ciò che era stato loro ordinato, c’era molta rabbia e ostilità. Ciò si riflette ovviamente nel fatto che sto avendo tante informazioni al riguardo.

E ti dirò qualcos’altro. Le persone in America e in Europa che costruiscono oleodotti sanno cos’è successo. Ti sto dicendo una cosa importante. Le persone che possiedono aziende che costruiscono oleodotti conoscono la storia. Non ho avuto la storia da loro, ma ho saputo subito che lo sanno.

Torniamo alla situazione del giugno dello scorso anno. Il presidente Joe Biden ha deciso di non fare la cosa direttamente e l’ha rinviata. Allora perché l’hanno fatto a settembre?

Il segretario di Stato, Anthony Blinken, ha detto pochi giorni dopo l’esplosione dell’oleodotto, in una conferenza stampa, che a Vladimir Putin è stata tolta una grande forza economica e quasi militare. Ha detto che si trattava di un’enorme opportunità, poiché la Russia non poteva più armare gli oleodotti, il che significa che non era in grado di costringere l’Europa occidentale a non sostenere gli Stati uniti nella guerra. Il timore era che l’Europa occidentale non avrebbe più partecipato alla guerra. Penso che il motivo per cui decisero di farlo allora fosse che la guerra non stava andando bene per l’Occidente, e avevano paura dell’arrivo dell’inverno. Il Nord Stream 2 era stato sanzionato dalla Germania e gli Stati uniti temevano che la Germania avrebbe revocato le sanzioni a causa di un inverno difficile.

Secondo te, guardando il retroscena, quali sono state le motivazioni? Il governo degli Stati uniti si è opposto al gasdotto per molte ragioni. Alcuni dicono che erano contrari perché volevano indebolire la Russia, indebolire i legami tra la Russia e l’Europa occidentale, la Germania in particolare. Ma forse anche per indebolire l’economia tedesca, che, dopotutto, è una concorrente dell’economia Usa. Con gli alti prezzi del gas, le imprese hanno iniziato a trasferirsi negli Stati uniti. Allora, qual è la tua idea delle motivazioni del governo degli Stati uniti, se hanno fatto saltare in aria il gasdotto?

Non credo che ci abbiano pensato. So che suona strano. Non credo che Blinken e alcuni altri nell’amministrazione siano pensatori profondi. Certamente ci sono persone nell’economia americana attratti dall’idea che siamo più competitivi. Vendiamo Gnl, gas liquefatto, con profitti estremamente elevati; ci stiamo facendo un sacco di soldi. Sono sicuro che alcune persone pensavano che questa sarebbe stata una spinta a lungo termine per l’economia americana.

Ma in quella Casa Bianca, penso che l’ossessione fosse sempre la rielezione, e volevano vincere la guerra, volevano ottenere una vittoria, volevano che l’Ucraina in qualche modo vincesse magicamente.

Potrebbero esserci alcune persone che pensano che forse sarebbe meglio per la nostra economia se l’economia tedesca fosse debole, ma questo è un pensiero folle. Penso, fondamentalmente, che abbiano affondato il colpo su qualcosa che non funzionerà. La guerra non andrà a buon fine per questo governo.

Come pensi possa finire questa guerra?

Non importa quello che penso. Quello che so è che non è possibile che questa guerra finisca come vogliamo, e non so cosa faremo andando avanti. Mi spaventerebbe se il presidente fosse disposto a farlo.

Le persone che hanno fatto questa missione credevano che il presidente si rendesse conto di ciò che stava facendo al popolo tedesco, che lo stava punendo per una guerra che non stava andando bene. A lungo termine, ciò sarà molto dannoso non solo per la sua reputazione di presidente, ma anche politicamente. Sarà uno stigma per gli Usa.

La Casa bianca che pensava di avere una carta perdente: la Germania e l’Europa occidentale potrebbero smettere di fornire le armi che vogliamo e il cancelliere tedesco potrebbe riattivare il gasdotto, questa è sempre stata la paura. Farei molte domande al Cancelliere Scholz. Gli chiederei cosa ha imparato a febbraio quando era con il presidente. L’operazione era un grande segreto e il presidente non avrebbe dovuto parlare a nessuno di questa possibilità. Ma lui parla. Dice cose che non vuole.

La tua storia è stata riportata dai media occidentali con una certa moderazione e critica. Alcuni hanno attaccato la tua reputazione o hanno detto che hai solo una fonte anonima, e questa non è affidabile.

Come potrei parlare di una fonte? Ho scritto molte storie basate su fonti anonime. Se facessi il nome di qualcuno, verrebbero licenziati o, peggio, incarcerati. La legge è molto severa. Non ho mai esposto nessuno, e ovviamente quando scrivo dico, come ho fatto qui: è una fonte, punto. E negli anni le storie che ho scritto sono sempre state accettate. Ho usato per questo articolo lo stesso calibro di abili fact-checker che avevano lavorato con me al New Yorker. Naturalmente, ci sono molti modi per verificare le informazioni riservate che ho ricevuto.

E, sai, un attacco personale contro di me non arriva al punto. Il punto è che Biden ha scelto di lasciare la Germania al freddo quest’inverno. Il presidente degli Stati uniti preferirebbe vedere la Germania al freddo [a causa della carenza di energia] piuttosto che la Germania che forse non sostiene la guerra in Ucraina, e questa, per me, sarà una cosa devastante per questa Casa Bianca. Per me, e penso anche per le persone che hanno svolto la missione, è spaventoso.

Il punto è anche che può essere percepito come un atto di guerra non solo contro la Russia ma anche contro gli alleati occidentali, in particolare la Germania.

Restiamo alle cose semplici. Posso dirvi che le persone coinvolte nell’operazione hanno visto il presidente scegliere di lasciare al freddo la Germania per i suoi obiettivi politici a breve termine, e questo li ha inorriditi. Sto parlando di statunitensi che sono intensamente fedeli agli Stati uniti. Nella Cia, come ho scritto nel mio articolo, lavorano per la Corona, non lavorano per la Costituzione.

L’unica virtù della Cia è che un presidente, che non riesce a far passare la sua agenda al Congresso e nessuno lo ascolta, può fare una passeggiata nel cortile sul retro del Rose Garden della Casa Bianca con il direttore della Cia e qualcuno può farsi male a ottomila miglia di distanza. Questo è sempre stato il punto di forza della Cia, che mi crea problemi. Ma anche quella comunità è sconvolta dal fatto che abbia scelto di lasciare al freddo l’Europa a sostegno di una guerra che non vincerà. E questo, per me, è atroce.

Nel tuo articolo hai scritto che la pianificazione dell’attacco non è stata riferita al Congresso, come è necessario con altre operazioni segrete.


Inoltre, non è stato segnalato a molti livelli nell’esercito. C’erano altre persone in altre istituzioni che avrebbero dovuto sapere ma non sono state informate. L’operazione era molto segreta.

Ci sono state alcune critiche al tuo articolo da parte di persone impegnate nella valutazione dell’intelligence open source (Osint) su navi e aeroplani nella regione del Mar Baltico, affermano che nessun aereo norvegese è stato rilevato direttamente nel punto delle esplosioni il 26 settembre o giorni prima.

Qualsiasi operazione segreta seria prende in considerazione Osint e aggira il problema. Come ho detto, c’erano persone in missione che si occupavano di questo problema.

Che ruolo ha il coraggio nella tua professione?


Cosa c’è di coraggioso nel dire la verità? Il nostro compito non è avere paura. A volte diventa brutto. Ci sono stati momenti nella mia vita in cui… sai, non ne parlo. Le minacce non vengono fatte a persone come me; sono fatte ai figli di persone come me. Ci sono state cose orribili. Ma non ti preoccupi, non puoi. Devi soltanto fare quello che fai.

*Seymour Hersh è un giornalista investigativo americano vincitore del Premio Pulitzer. Fabian Scheidler è un giornalista berlinese, ha scritto The End of the Megamachine: A Brief History of a Failing Civilization (Zerobooks, 2020). Questo articolo è uscito su JacobinMag. La traduzione è a cura della redazione.

sabato 18 febbraio 2023

L'impero colpisce ancora: basta con queste ridicole politiche ambientali!

Da "The Seneca Effect" 12 febbraio 2023


Ho definito questa immagine come " Il grafico più sorprendente del 21° secolo " e ho sostenuto che la rapida inversione della tendenza al declino della produzione di greggio è la causa dell'attuale politica estera aggressiva del governo degli Stati Uniti. Ma i capricci della produzione di petrolio negli Stati Uniti non hanno smesso di stupirci. Ora, stiamo assistendo a un tentativo disperato di mantenere in crescita la produzione di petrolio, anche a costo di abbandonare tutto ciò che è stato fatto finora in termini di politiche "verdi" per mitigare il cambiamento climatico e la distruzione dell'ecosistema. È un cambiamento storico importante. 


A volte, le cose cambiano così velocemente nel nostro mondo che rimaniamo sconcertati nel vedere la rapida scomparsa del mondo che pensavamo fosse normale. La pandemia di Covid è stata un esempio calzante. Ha cambiato le nostre abitudini, il modo in cui vediamo noi stessi e gli altri, e ha influito sui nostri diritti fondamentali. In meno di un paio d'anni, ci ha spinto verso una "nuova normalità" che è diventata il modo in cui le cose sono e devono essere. 

L'ondata di rapidi cambiamenti non è finita. Ora, il cambiamento sta investendo le politiche energetiche e ambientali, e non in una buona direzione. Un recente articolo su " The Epoch Times " riporta di un documento approvato dal Comitato per le risorse naturali della Camera degli Stati Uniti dal titolo " Il comitato guidato dal Partito Repubblicano: cambia marcia, vai a tutto gas per la produzione domestica di energia ". È un vero tsunami pronto a spingerci verso un altro tipo di "nuova normalità". Ecco alcuni estratti.

"I repubblicani hanno chiarito che molte iniziative approvate sotto l'amministrazione Biden che promuovono veicoli elettrici, cattura del carbonio, energia verde e protezione ambientale sono sul proverbiale ceppo.

"Tra le proposte che domineranno l'ordine del giorno del comitato e dei suoi gruppi sussidiari nei prossimi mesi ci sono i disegni di legge che vietano le restrizioni al fracking idraulico senza l'approvazione del Congresso, l'espansione delle esportazioni di gas naturale, l'abrogazione del Green House Reduction Fund dell'IRA e la modifica del Clean Air, Toxic Atti sul controllo delle sostanze, sullo smaltimento dei rifiuti solidi e sull'imposta nazionale sul gas.

"All'interno della tranche della legislazione proposta sul "scatenamento dell'agenda energetica americana" del comitato ci sono progetti di legge che chiedono di consentire riforme, promuovere lo sviluppo di "minerali critici" e vietare l'importazione di uranio russo. 

"Le attuali politiche energetiche non solo degradano l'economia, ma mettono in pericolo la sicurezza nazionale... Stiamo esportando ricchezza da qui negli Stati Uniti, molte volte ai nostri avversari, a causa di una mentalità non-nel-mio-cortile,

"L'emendamento proposto da Grijalva per incorporare una dichiarazione secondo cui gli impatti del cambiamento climatico devono essere soppesati nella valutazione delle proposte è stato sconfitto con un conteggio di 21-15 partiti".

E altre cose simili.

Proviamo a capire cosa significa tutto questo. Possiamo iniziare con la frase chiave: " proibire le restrizioni al fracking idraulico ". Significa che i repubblicani vogliono aumentare a tutti i costi la produzione di gas naturale e petrolio greggio, e al diavolo il "cambiamento climatico" e la "protezione ambientale". Queste stupide idee sono venute da quegli scienziati che pensano di meritare uno stipendio solo perché passano il loro tempo a spaventare il pubblico con catastrofi inventate che non arrivano mai. Chi si credono di essere? 

I repubblicani sembrano cavalcare l'onda dell'opinione pubblica che vede le politiche ambientali in cattiva luce. In effetti, la maggior parte delle persone non è mai stata entusiasta di fare sacrifici per un'entità nebulosa chiamata "l'ambiente". Ma, oggi, la fiducia del pubblico nella scienza ha subito  un duro colpo  dalla crisi del Covid, e diventa sempre più difficile convincere le persone ad agire in nome di una "scienza" che vedono con crescente sospetto. Indipendentemente dalle opinioni individuali, quando le cose si fanno difficili, la maggior parte delle persone tende a concordare sul fatto che non c'è spazio per sottigliezze e lussi, come solitamente vengono percepite le politiche ambientali. 

A parte i regolamenti sul dumping, né i repubblicani né il pubblico in generale sembrano essere in grado di vedere l' evidente contraddizione in ciò che stanno progettando di fare. L'aumento della produzione di petrolio e gas negli USA significa che verranno utilizzati ed esportati più petrolio e gas. Ma una volta che il petrolio viene prodotto e bruciato, non c'è più. Allora il paese si impoverirà, avendo perso parte delle sue risorse naturali. (A meno che, ovviamente, uno non pensi che il petrolio e il gas siano una risorsa infinita... ed è proprio quello che pensano le élite statunitensi .). Questo è un classico caso in cui qualcuno affretta la propria fine, ma è normale. Succede sempre così. 

Inoltre, c'è un punto ancora più preoccupante in queste idee. La produzione di fracking può essere effettivamente aumentata? La sentenza sulla proibizione delle restrizioni al fracking idraulico in realtà sa di disperazione . Negli ultimi 10 anni è stato ottenuto un aumento incredibilmente rapido della produzione di petrolio senza la necessità di una legislazione così radicale. Allora perché è necessaria adesso? Potrebbe essere un modo per i senatori di mostrare la loro determinazione, ma è più probabile che l'industria del fracking sia in difficoltà, incapace di riprendersi dopo il calo causato dalla pandemia di Covid. 

Vediamo alcuni dati recenti da " Peak Oil Barrel ". 


Vediamo che la produzione petrolifera statunitense è crollata nel 2020 a causa delle conseguenze dell'epidemia di Covid. Poi ha ricominciato a crescere ma deve ancora tornare al livello record di novembre 2019. Durante gli anni di rapida crescita, fino al 2019, era cresciuta di oltre 1 milione di barili all'anno, un aumento di quasi il 10%. Era un tasso di crescita mai visto durante l'intera storia della produzione petrolifera statunitense. Ma, durante l'attuale ripresa, è sceso a circa la metà di quel valore. Le previsioni vedono un'ulteriore riduzione a una crescita quasi nulla, in modo che il record del 2019 non potrà essere superato prima del dicembre 2024, se mai lo sarà. Si noti anche come la produzione sia diminuita per circa 6 mesi prima dello shock Covid. C'era già del marcio in Texas, allora. 

Cosa sta succedendo? Una cosa è chiara: l'industria petrolifera americana non può più sostenere l'incredibile tasso di crescita che era stata la regola fino al 2019. Potremmo essere vicini al secondo (e ultimo) picco della produzione di petrolio negli Stati Uniti (come notato anche da altri )

Quindi, come nell'antica maledizione cinese, viviamo in tempi interessanti. Un impero che non si espande è un impero morto e l'impero americano ha bisogno di energia per continuare la sua espansione. Una guerra, in fondo, è solo una continuazione dell'economia con altri mezzi: il mercato è il campo di battaglia, e l'"obsolescenza programmata" è assicurata dai prodotti della concorrenza. Durante l'ultimo decennio, l'impero statunitense ha accumulato un notevole potenziale economico attraverso il "miracolo del fracking". Questo potenziale è stato trasformato in gran parte in un potenziale militare. È giunto il momento di dissipare questo potenziale; è la ragione principale di ciò che vediamo nel mondo al giorno d'oggi. È un concetto approfondito da Ingo Piepers .

Le élite americane sembrano perfettamente in grado di capire cosa sta succedendo e agiscono di conseguenza. Da qui, lo sforzo di sostenere a tutti i costi l'industria petrolifera. Quindi, l'Impero riuscirà a sopravvivere ancora per qualche anno? La guerra attuale non si combatte sul campo di battaglia ma sui giacimenti petroliferi. La fazione che esaurisce il carburante per prima sarà quella perdente. 

Alla lunga, comunque, perdono tutti. A un certo punto, la produzione di fracking non si limiterà a diminuire: crollerà in uno dei più brutali Dirupi di Seneca mai visti prima. Ma è normale: l'umanità ha prosperato prima dell'era del petrolio, e potrebbe benissimo fare lo stesso dopo. Sarà solo un mondo molto diverso per coloro che sopravviveranno per vederlo. 


Di seguito riporto un post che ho pubblicato nel 2015, in cui confrontavo la crescita della produzione di olio di scisto con quella della pesca del merluzzo nell'Atlantico. In entrambi i casi, i produttori sono stati accecati da una falsa sensazione di abbondanza generata dalla crescita della produzione. Non si sono resi conto che più velocemente estrai, più velocemente esaurisci. 

Il "miracolo" dell'olio di scisto: come la crescita può falsamente segnalare l'abbondanza. 

Originariamente pubblicato su "Cassandra's Legacy,  24 febbraio 2015




Produzione di petrolio (tutti i liquidi in barili al giorno) negli Stati Uniti e in Canada. (Dal  blog di Ron Patterson ). Questa rapida crescita indica che le risorse sono abbondanti e che tutte le preoccupazioni per il picco del petrolio sono fuori luogo? Forse no...


A volte, utilizziamo una metrica semplice per valutare sistemi complessi. Ad esempio, una guerra è una faccenda enormemente complicata dove milioni di persone combattono e lottano. Tuttavia, alla fine, il risultato finale è una domanda sì/no: o vinci o perdi. Non per niente, il generale McArthur disse una volta che " non c'è niente che possa sostituire la vittoria ".

Pensate all'economia: è un sistema immenso e complesso dove milioni di persone lavorano, producono, comprano, vendono, guadagnano o perdono denaro. Alla fine il risultato finale è una semplice domanda sì/no: o cresci o no. E quello che ha detto McArthur sulla guerra può essere applicato all'economia: "non c'è niente che possa sostituire la crescita ".

Ma i sistemi complessi hanno modi di comportarsi sorprendenti che non possono essere ridotti a un semplice giudizio sì/no. Sia la vittoria che la crescita possono creare più problemi di quanti ne risolvano. La vittoria può falsamente segnalare una potenza militare che non esiste (si pensi all'esito di alcune guerre recenti...), mentre la crescita economica può segnalare un'abbondanza che semplicemente non c'è.

Guardiamo la figura all'inizio di questo post (dal  blog di Ron Patterson )Mostra la produzione di petrolio (barili/giorno) negli Stati Uniti e in Canada. I dati sono in migliaia di barili al giorno per "petrolio greggio + condensato" e la rapida crescita degli ultimi anni è dovuta principalmente al tight oil (noto anche come "shale oil", o "petrolio di scisto") e al petrolio delle sabbie bituminose. Se seguite il dibattito in questo campo, sapete che questo trend di crescita è stato salutato come un grande risultato e come la dimostrazione definitiva che tutte le preoccupazioni sull'esaurimento del petrolio e sul picco del petrolio erano mal riposte.

Bene. Ma lasciate che vi mostri un altro grafico, la produzione di merluzzo nordatlantico fino al 1980 (dati  Faostat ).

Non sembra simile ai dati per il petrolio negli Stati Uniti/Canada? Possiamo immaginare cosa si diceva allora; "le nuove tecnologie di pesca dissipano tutte le preoccupazioni sulla  pesca eccessiva " e cose del genere. È quello che è stato detto, infatti (vedi  Hamilton et al. (2003)) .

Ora, guardiamo i dati sugli sbarchi di merluzzo fino al 2012 e vediamo cosa è successo dopo la grande esplosione di crescita.

Questa figura non richiede più di un paio di commenti. La prima è notare come il sovrasfruttamento porti al collasso: le persone non si rendono conto che spingendo per la crescita a tutti i costi, stanno distruggendo la risorsa stessa che crea la crescita. Questo può accadere  con  la pesca proprio come con i giacimenti petroliferi. Ma si noti anche che abbiamo un altro caso di " Dirupo di Seneca", una curva di produzione in cui il declino è molto più rapido della crescita. Come disse l'antico filosofo romano, " La strada verso la rovina è rapida".  E questo è esattamente ciò che potremmo aspettarci che accada con il petrolio di scisto.