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martedì 23 giugno 2020

Siccità: galoppa nella nebbia parolaia e cementizia


                                                Fichi sofferenti per la siccità
 Post di Silvano Molfese

Nel dibattito pubblico sulla pandemia da Coronavirus una figura nuova per il grande pubblico è salita, suo malgrado, alla ribalta televisiva: quella dell’epidemiologo. Questi professionisti ci hanno spiegato come e perché si diffondono le epidemie e le misure preventive da adottare in attesa di un vaccino e di cure efficaci.

Al momento si dibatte sulla ripresa delle attività produttive, stiamo ascoltando anche giornalisti, politici e imprenditori: questi ultimi hanno parlato delle loro proposte imperniate come al solito sulla ripresa della crescita; il tutto è condito dalle polemiche governo-regioni, tra regioni e via dicendo.

Nonostante da diversi mesi si dia tanto spazio televisivo alla pandemia, sono quasi assenti dalla discussione quotidiana gli aspetti ecologici che ci hanno portato al blocco mondiale. Eppure in Italia non mancano gli ecologi che lavorano da tanti anni, tuttavia questi esperti non hanno spazio nei dibattiti in TV: perché? Secondo me forse interrogati su questo argomento potrebbero rispondere che il virus SARS-CoV 2 è "agente causale" di questa pandemia secondo la definizione di Lewontin (1).



Le cause che hanno favorito lo sviluppo del Covid 19, come di altre patologie animali e vegetali, sono legate all’intromissione sempre più massiccia dell’uomo negli ambienti naturali, alla concentrazione sempre più elevata di persone nei centri urbani, ai fitti scambi commerciali su scala globale, alla concentrazione sempre più spinta di animali domestici; all’inquinamento di tutto l’ambiente che ci circonda, con numerosissime sostanze di sintesi.

Il saccheggio metodico delle risorse naturali è praticato pure in Italia anche se spennellato di verde: per alimentare le centrali termoelettriche nostrane, che vanno a legna, adesso chiamata biomassa, annualmente si bruciano circa 5 milioni di tonnellate di pellet; di queste ne importiamo oltre 4 milioni dall’estero. Bruciare tali quantitativi di legna significa immettere nel giro di un solo anno milioni di tonnellate di CO2, biossido di carbonio, che saranno riassorbiti dalle piante in diversi decenni.

A livello globale in quasi due decenni, fino al 2018, sono stati rasi al suolo o incendiati qualcosa come 230 milioni di ettari di foreste primigenie, in pratica una superficie estesa quasi otto volte l’Italia! (2)

Le cause che ci hanno condotto a questo punto andrebbero ricercate nel sistema economico imposto in tutto il mondo e che favorisce la distruzione delle foreste, per trarre profitto e impossessarsi di vasti territori: non sia mai far parlare un ecologo tutti giorni in televisione!

Luca Mercalli, sul Fatto Quotidiano, segnala le preoccupanti anomalie termiche: ben 25 °C sopra la media in Siberia, a Khatanga, il 22 maggio (3); a Bologna il 14 aprile, nel giro di mezzora, la temperatura si è abbassata di ben 12 °C! (4)

Sono dati che dovrebbero destare una forte preoccupazione collettiva ed una quotidiana discussione pubblica a tutti i livelli perché è in discussione la sicurezza alimentare di quasi tutta la popolazione italiana. Le piante, come tutti gli esseri viventi, soffrono per queste elevate e rapide escursioni termiche e, se non deperiscono, certamente produrranno molto poco.

Dieci anni addietro la Russia bloccò le esportazioni di cereali per una intensa e prolungata ondata di calore ed il prezzo del grano si impennò: qualche mese più tardi quasi tutti i paesi del Nord Africa erano in rivolta.

Da ben due secoli si bruciano ingenti quantità di combustibili fossili e la distruzione delle foreste avviene proprio mentre aumenta la concentrazione di biossido di carbonio in atmosfera: per questo parametro siamo già molto oltre la soglia di sicurezza e le conseguenze sono il caos climatico e la siccità che aumentano anno dopo anno.

Per la siccità a Città del Capo, Sud Africa, l’acqua è razionata e la popolazione giornalmente può consumarne solo cinquanta litri a testa! (5) Cosa succederebbe se in Italia fossimo costretti ad un consumo idrico limitato a cento litri pro capite al giorno? Non oso immaginarlo.

La preoccupazione è più che motivata: le temperature medie aumentano, le portate medie dei principali fiumi italiani e le precipitazioni nevose stanno diminuendo come anche l’infiltrazione dell’acqua che ricarica le falde.

Questi fenomeni si verificano a livello mondiale e quindi non possiamo fare affidamento su aiuti alimentari esterni. Mentre la siccità avanza al galoppo, vengono riproposte colate di cemento per le tasche delle imprese cementizie e per la gioia dei politicanti e di numerosi sindacalisti.



Bibliografia

(1) Lewontin R.C., 2010 – Biologia come ideologia. Bollati Boringhieri, 43 (Rimasi colpito dalla distinzione tra causa ed agente causale dell’Autore)
(2) Bertacchi A. 2019 - Relazione al convegno Resilienza o estinzione, Pisa 22 marzo 2019 http://mediaeventi.unipi.it/category/video/Resilienza-o-estinzione-parte-seconda/5eb581096cc392dfdbd8cd35cbec5bcf/206 al minuto 97.
(3) Mercalli L., 19 aprile 2020, - Il virus è poca cosa rispetto al disastro ambientale futuro. Il Fatto Quotidiano, 13
(4) Mercalli L., 24 maggio 2020, - In Italia arriveranno le notti “tropicali”, ai tropici tempeste. Il Fatto Quotidiano, 13

(5) Rai Tre – Acqua perduta - Presa Diretta di lunedì 3 settembre 2018