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venerdì 4 dicembre 2020

Il vegetariano seminudo: vivere nel giardino dell'Eden

 

di Bruno Sebastiani

 

Der Weltverbesserer” è un racconto lungo di Hermann Hesse pubblicato nel 1911 e tradotto in italiano da SugarCo con il titolo “Monte Verità”. In realtà l’unica attinenza con la nota comunità “naturista” che sorse nei pressi di Ascona all’alba del XX secolo consiste nel fatto che il protagonista del racconto, Berthold Reichardt, risiede in una località isolata del Tirolo ove ospita uno dopo l’altro vari personaggi anticonformisti.

Uno di questi, denominato “un vegetariano seminudo”, pronuncia frasi che offrono lo spunto per un approfondimento degno di interesse.

Quell’uomo […] non predicava né l’odio né l’inimicizia, ma nella sua orgogliosa umiltà era persuaso che, se la sua dottrina fosse attecchita, come per incanto sarebbe sbocciata una condizione umana molto simile a quella del paradiso terrestre […] Il suo primo comandamento suonava: “Non uccidere!”, ma egli non lo riferiva solo agli uomini e agli animali: lo intendeva come una sconfinata venerazione di ogni essere vivente. Ammazzare un animale gli sembrava un atto orribile e disgustoso e credeva fermamente che, una volta conclusosi l’attuale periodo di degenerazione e di cecità, il genere umano si sarebbe nuovamente astenuto da questo delitto. Era per lui un’empietà anche il solo strappare un fiore o il tagliare una pianta. Reichardt, evidentemente, obiettò che, senza abbattere gli alberi, noi non potremmo nemmeno costruirci una casa ed ecco il frugivoro annuire con calore.

“Giusto!”, disse. “Molto giusto! Non dobbiamo avere una casa e nemmeno vestiti. Le case e i vestiti ci allontanano dalla natura e fanno nascere in noi altri bisogni che, a loro volta, sono causa di assassinii, di guerre e di vizi”.

A quelle parole Reichardt tornò a obiettare: “Ma sarebbe difficile, senza casa e senza vestiti, sopravvivere a un inverno con il nostro clima!”.

E l’ospite sorrise di nuovo e, visibilmente allegro, riprese: “Bene! Bene! Vedo che lei non mi ha frainteso. Infatti, la fonte principale di tutte la miseria del mondo ha avuto inizio il giorno in cui l’uomo ha abbandonato la sua culla e la sua patria naturale nel grembo dell’Asia. Il fine dell’umanità è, appunto, ripercorrere questo cammino a ritroso e allora noi tutti torneremo a vivere nel giardino dell’Eden”. (H. Hesse, Monte Verità, SugarCo Edizioni, Milano 1988, pp. 71 – 73)

Con questa frase si conclude l’intervento del “vegetariano seminudo” e il racconto prosegue con altre vicende.

Nelle poche parole pronunciate dal “frugivoro”, a parte l’inesatta collocazione geografica della culla dell’umanità (Asia anziché Africa), è condensata la critica più radicale che si possa pronunciare nei confronti del mito del progresso e della superiorità del genere umano sulle altre specie.

Una tale visione del mondo mi affascinò in passato – ben prima della lettura del testo di Hesse - al punto che pensai di fondare su di essa un movimento culturale dal nome “regressismo” in opposizione al “progressismo” imperante.

Il mito rousseauiano del buon selvaggio mi apparve allora il faro su cui puntare il timone del mio “veliero ideologico”.

Ma anche di fronte alle posizioni più estreme, giustificate dalla gravità della situazione in cui il progressismo ci ha precipitati, mi resi conto che non si doveva abdicare al realismo e al buon senso.

Considerai le difficoltà pratiche che un siffatto cammino a ritroso avrebbe comportato, pur in presenza di una ipotetica (e del tutto improbabile) unanimità di consensi circa la sua intrapresa.

Per inciso anche il protagonista del racconto, Berthold Reichardt, mostra “[…] una certa insofferenza per l’evidente semplicismo di un pensiero fondamentalmente idillico […]”, pur se “[…] amava a suo modo questa filosofia […]”.

Anch’io l’amavo, ma anch’io mi rendevo conto della sua concreta impraticabilità.

Nacque così il “cancrismo”, teoria in cui si riconosce che “la fonte principale di tutte la miseria del mondo ha avuto inizio il giorno in cui l’uomo ha abbandonato la sua culla”, ma in cui si considera anche che tale abbandono non dipese da un atto della volontà, bensì da casuali alterazioni geniche intervenute ai danni del nostro encefalo e che, soprattutto, queste alterazioni hanno provocato una serie concatenata di danni oramai non più riparabili dal nostro intelletto, capace di distruggere ma non di ricostituire l’equilibrio della biosfera.

Il mio ultimo libro, “L’impero del cancro del pianeta”, è dedicato a questo argomento. Affrontando il tema dell’alimentazione di tutta l’umanità e di tutte le macchine costruite dall’uomo, ho cercato di argomentare come la strada dell’aggressione a ogni risorsa del pianeta sia a senso unico: non si può che andare avanti, pena il blocco dei rifornimenti di cibo e di energia a quelle vaste masse tumorali che sono le megalopoli ovunque diffuse.

Ma se la strada sin qui seguita dall’uomo non è percorribile a ritroso, dobbiamo rassegnarci ad andare verso il precipizio senza poter mettere in atto alcuna modifica di percorso?

Sicuramente è da incoraggiare ogni invito a ridurre i consumi e ad adottare stili di vita più rispettosi dell’ambiente che - se posto in atto - potrebbe, quantomeno, rallentare la nostra folle corsa alla devastazione del pianeta.

Ma poiché queste riduzioni e modifiche non sono gradite alla maggioranza della popolazione, la diffusione di una teoria “violenta” come il Cancrismo può forse costituire la cura d’urto necessaria a smuovere le coscienze.

Un ultimo appunto sul discorso del “vegetariano seminudo”.

Il suo primo comandamento suonava: “Non uccidere!”, ma egli non lo riferiva solo agli uomini e agli animali: lo intendeva come una sconfinata venerazione di ogni essere vivente.

Questa è una nobilissima dichiarazione di intenti da un punto di vista etico. Ma l’etica è figlia della ragione umana, la stessa che sta distruggendo il pianeta. Non esiste una analoga legge in natura, laddove il primo comandamento suona “nutriti per vivere”, e il nutrimento deriva pressoché totalmente da sostanze organiche, animali o vegetali. Ho affrontato in parte questo argomento in un precedente articolo (“Carne o non carne? Siamo animali vegetariani o onnivori?”) e ad esso rimando per approfondire gli aspetti relativi alla dieta umana.

Altri hanno messo assai egregiamente in risalto come l’introduzione dell’agricoltura abbia alterato in modo irreparabile gli equilibri del mondo naturale. Si veda in proposito il saggio di Jared Diamond (“Il peggior errore nella storia della razza umana”) e quello di John Zerzan (“Agricoltura”).

Dunque, per concludere, un sentito ringraziamento al “vegetariano seminudo” per il suo intervento, anche se il filo della sua coerenza ideologica non è del tutto lineare. Ma ogni testimonianza di amore per la natura e di repulsione per gli imperanti miti progressisti è da apprezzare e da diffondere risolutamente, in vista dell’avvento di una nuova consapevolezza sulla reale natura della nostra specie.