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domenica 28 dicembre 2014

Il tramonto del petrolio edizione 2014

Da “The Oil Crash”. Traduzione di MR


Cari lettori,

due anni fa ho pubblicato un posto intitolato “il tramonto del petrolio” che ha fatto molta sensazione nel piccolo mondo dei picchisti. Nel post analizzavo i dati che offriva nel suo rapporto annuale (WEO 2012) l'Agenzia Internazionale per l'Energia (IEA) sull'evoluzione della produzione del petrolio dal punto di vista non tanto del volume degli idrocarburi   prodotti liquidi (ciò che la IEA chiama con vantaggio “tutti i liquidi del petrolio”), ma da quello dell'energia lorda e, cosa più importante, da quello dell'energia netta che forniscono. Il panorama non poteva essere più scoraggiante. Nel 2013 ho cercato di ripetere l'esercizio, ma nessun grafico o tavola offriva la ripartizione dei diversi tipi di petrolio, per questo motivo era impossibile riprodurre la mia analisi, perché si basava proprio sul diverso contenuto energetico dei diversi idrocarburi liquidi (e gli scenari della IEA non offrono un quadro realistico di quello che sta succedendo al petrolio, visto che presentano sempre questi grafici dove si somma il volume di tutto, nei quali vengono assimilate cose che in realtà sono molto diverse, come il petrolio greggio e il biodiesel di soia).

Che nel WEO del 2013 non mi abbiano fornito i dati necessari per ripetere l'analisi mi è parso comprensibile, visto che anche senza razzolare fra i dati i messaggi che trasmetteva il WEO 2013 erano già abbastanza inquietanti e ci mancava solo che arrivasse gente come me a peggiorare quello che già di per sé sembrava abbastanza grave. Proprio per questo ho pensato che la IEA non mi avrebbe dato mai più l'opportunità di ripetere le analisi del 2012. Tuttavia, nonostante la persuasività del rapporto di quest'anno (il WEO 2014 suggerisce che anche il carbone e l'uranio stiano giungendo al proprio picco produttivo), la IEA stavolta mi permette di fare il mio lavoro, offrendo la tavola 3.6 (immagine con la quale apro il post), sepolta, questo sì, in mezzo a quasi 750 pagine. La tavola in questione ci offre quello che ci serve, una ripartizione della produzione per tipologia di idrocarburi liquidi ed anno. Il post di oggi è dedicato a ripetere l'analisi del 2012, ma con i dati del 2014, e a mostrare il confronto coi risultati che ho ottenuto nel 2012. Prima di cominciare, conviene evidenziare un paio di differenze interessanti fra i dati del 2012 e del 2014 (a parte il fatto che nel 2014 la IEA ci offre i dati numerici tabulati, il che mi facilita l'elaborazione dei grafici, anche se questo fa sì che anche quei dati passano come peggio percepiti di un buon grafico, per il lettore medio del WEO).

La prima differenza è che quest'anno la IEA prescinde dalla categoria abbastanza falsa e risibile di “Guadagni di lavorazione”. Come abbiamo detto nell'analisi del 2012, questa voce corrisponde agli incrementi NEL VOLUME che hanno luogo in raffineria quando si raffina il petrolio greggio, senza che tali guadagni in volume rappresentino un incremento dell'energia che il petrolio possedeva prima di entrarci (certamente, i prodotti raffinati possono avere più energia del petrolio che entra in raffineria, perché in raffineria entra anche gas naturale, che serve per la lavorazione. La somma delle energie di petrolio e gas naturale impiegati è ovviamente superiore a quella dei prodotti raffinati in uscita, visto che necessariamente ci sono alcune perdite nella lavorazione). Dato che il trucco contabile era piuttosto dozzinale, probabilmente hanno deciso di smettere di usarlo. La seconda differenza è che la IEA incorpora una nuova categoria di petrolio greggio, che denominano “petrolio ottenuto col miglioramento del recupero”. Il miglioramento del recupero (enhanced oil recovery, EOR, che ingloba tutte le tecniche che si usano per allungare la vita di giacimenti già in sfruttamento) si usa da decenni e sembra pertanto stupido creare una nuova categoria per questo, come a voler dare da intendere che si può prevedere uno spiegamento di nuove tecniche che avranno un peso determinante in futuro.

In realtà questa categoria, che corrisponde alla produzione di giacimenti attualmente in produzione più quello che si può applicare ai giacimenti che entrano in produzione durante gli anni a venire, è un modo di introdurre in modo dissimulato un fattore che serva a compensare il declino dei giacimenti attualmente sfruttati (che, come riconosce la IEA, decadono già al ritmo del 6% all'anno). Dato che l'EOR si usa prevalentemente nei giacimenti già vecchi, per poterlo confrontare con la mia analisi del 2012 accumulo tutti questi valori nella colonna dei “Giacimenti attualmente in produzione”. In realtà, parte dell'EOR si dovrebbe applicare anche ai giacimenti da sviluppare e persino ai giacimenti ancora da scoprire. In ogni caso, siccome do i dati ed i fattori, chiunque può ripetere la mia analisi con la combinazione che gli sembra più adeguata. Un inconveniente per confrontare i miei risultati del 2012 e del 2014 è che i grafici non sono definiti sugli stessi anni. In particolare, nel rapporto del 2014 si fa un salto sorprendente dal 1990 al 2013, mentre in quello del 2012 si offrivano dati per il 2000, il 2005 e il 2011 (molto più logico, visto che i punti seguenti del grafico vengono offerti per ogni lustro). Non si tratta di un problema troppo grave, visto che i dati delle date già passate possono essere più o meno precisi, ma non sono più proiezioni e pertanto non sono speculativi. Per cui, quello che ho fatto è prendere i valori del 2000, 2005 e 2011 che avevo ottenuto nel mio post del 2012 e li ho aggiunti a quelli che deduco dalla tavola 3.6 del WEO 2014. Con queste due modifiche (incorporazione del EOR, la produzione di giacimenti esistenti e l'inserimento degli anni 2000, 2005 e 2011dei dati del WEO del 2012), ottengo la tavola seguente:

                 Existing   TBD    TBF    NGL    Other    LTO
1990        59.6           0           0         5.6        0.4        0
2000       65.9           0           0         7.9         1.1        0
2005        70.0          0           0         9.7         2.3       0
2011         68.2          0           0        12.0        3.0       1.2
2013         68.7          0           0        12.5        3.0       2.9
2015         66.2          3.8        0.1     13.1        3.8       3.6
2020        54.4         13.2        0.5    14.6        5.3       5.5
2025        45.4          17.4       5.5     15.4        6.4       6.2
2030        38.7          18.7     10.3     16.4       7.7        6.6
2035         33.9         19.3      13.8    17.2        9.2       6.4
2040        28.7          21.3      16.4    18.2      10.8      5.4

Mescolando i dati delle due tavole risulta abbastanza evidente il perché del sorprendente salto di date che fa la tavola del WEO 2014, dal 1990 al 2013, perché se si include il 2005 risulta troppo evidente che la produzione di petrolio greggio non è in plateau (come si diceva nel 2010), ma in lieve declino. Ed anche che la produzione fa una strana rimonta nel 2015, come si vedrà con più evidenza quando disegneremo i grafici. Bisogna evidenziare, anche, che i grafici che provengono dal WEO 2014 sono definiti fino al 2040, mentre quelli del WEO 2012 lo erano solo fino al 2035. Come nel 2012, ricordiamo le diverse categorie e i colori per identificarle. In ogni grafico, la fascia di colore nero nella parte più bassa rappresenta la produzione dei giacimenti di petrolio greggio attualmente (2013) in produzione (Existing). La fascia di colore azzurro celeste rappresenta la produzione dei giacimenti di petrolio greggio già conosciuti (TBD) ma che non vengono sfruttati per mancanza di domanda o eccesso di costo produttivo. La fascia di colore azzurro scuro rappresenta la produzione di petrolio che dovrà provenire dai giacimenti ancora da scoprire(TBF). Tutte le altre fasce rappresentano petroli non convenzionali, succedanei imperfetti del petrolio. La fascia di color porpora rappresenta la produzione dei liquidi del gas naturale (NGL); quella di colore giallo viene dalla produzione di tutti i maggiori petroli non convenzionali eccetto il leggero di roccia compatta (other); la fascia rossa è quella del leggero di roccia compatta (LTO).

Vediamo prima come si presenta il grafico del volume totale degli idrocarburi liquidi


Evoluzione della produzione di idrocarburi liquidi in volume, secondo il WEO 2014

Che deve essere confrontato con quello che avevamo nel WEO 2012. La sottile fascia verde in alto corrisponde ai guadagni di lavorazione in raffineria. Ricordate che il WEO 2014 arriva fino al 2040, mentre il WEO 2012 arriva solo fino al 2035 (pertanto il confronto dei due scenari deve essere fatto solo fino al 2035)



Evoluzione della produzione di idrocarburi liquidi in volume, secondo il WEO 2012

Diverse cose richiamano l'attenzione nel confronto fra i due grafici. Per esempio, è molto curioso che la somma di tutti i contributi abbia praticamente gli stessi valori del 2012, giungendo all'estremo che per il 2035 si raggiunge praticamente a questo valore mitico di 100 milioni di barili al giorno (Mb/g) che veniva già proposto nel 2012. E questa corrispondenza è abbastanza suggestiva, se si tiene conto che nel 2012 si faceva affidamento a questa fonte falsa di idrocarburi liquidi corrispondente ai guadagni di lavorazione e che il resto delle fasce non si comportano allo stesso modo nel 2014 rispetto al 2012. Sembrerebbe che alla IEA prima decidono quale debba essere la produzione totale di idrocarburi liquidi per anno e poi vedono come si possa realizzare, il che è abbastanza assurdo, dato che non sono perfettamente sostituibili fra loro, ma soprattutto perché la produzione sarà quella che può essere e non quella che desideriamo che sia. Si osservano cambiamenti sensibili nell'evoluzione di tutte le categorie di idrocarburi liquidi eccetto per i liquidi del gas naturale e per gli altri non convenzionali. La curva che si riferisce ai petrolio dei giacimenti attualmente sfruttati (fascia nera) non ha più la forma convessa del 2012 (che era fisicamente assurda) e passa ad avere una forma concava, molto più ragionevole, anche se il decadimento annuale continua ad essere troppo dolce per essere ragionevole (una media del 3,2% all'anno, simile al 3,3% che la IEA ha usato nel 2012, ma ancora più lontana dal tasso di decadimento reale osservato, che la stessa iEA riconosceva nel WEO 2013 e che era già del 6% all'anno). A causa di questa differenza di concavità-convessità, il resto degli idrocarburi liquidi devono coprire un buco molto più grande e la IEA riesce a quadrare questo cerchio soprattutto grazie alla forte crescita dei giacimenti ancora da sviluppare e, in misura minore, ai giacimenti ancora da scoprire e al LTO. Il comportamento della produzione di LTO è a sua volta abbastanza curioso: la produzione arriva ad essere considerevolmente superiore a quello che si prevedeva nel 2012, ma con una tendenza evidente a decrescere fino alla fine del periodo: la IEA riconosce che il picco del LTO avrà luogo verso il 2030. Per facilitare il confronto numerico, ho calcolato le differenze per tipo fra i dati del WEO 2012 (interpolando il 2013 in maniera lineare) e del WEO 2014, mostrandolo nella tavola seguente (WEO 2014 – WEO 2012:

               Existing     TBD     TBF     NGL     LTO     Other      Total
2000         0                 0           0           0          0            0             0
2005         0                 0           0           0          0            0             0
2011         0                 0           0           0          0            0             0
2013         2.65          -2.05      0.1      -0.7       1.05      -0.4          0.65
2015         2.10          -0.30     0.1       -1.3        1.1        -0.4         1.30
2020       -1.90           4.20    -0.7       -1.0         2.4       -0.6          2.40
2025       -2.60           4.30     0.7       -0.8         2.1       -0.7          3.00
2030        2.00          -1.0        1.4      -0.4         2.9       -1.1          3.80
2035        8.00          -7.0       0.7       -0.7         2.7       -0.9          2.80

Come si osserva nella tavola con più chiarezza, per i liquidi del gas naturale (NGL) e per il resto dei petrolio non convenzionali, le differenze fra l'evoluzione prevista nel 2012 e quella di quest'anno non sono troppo importanti, anche se sono costantemente leggermente inferiori nel 2014 rispetto al 2012 (sicuramente perché col resto degli idrocarburi liquidi stanno già raggiungendo la agognata soglia dei 100 Mb/g). Riguardo al LTO del fracking, la IEA considera che la bolla continuerà a gonfiarsi, nonostante il fatto che l'attuale diminuzione dei prezzi del petrolio fa già prevedere una discesa della produzione di LTO, con fallimenti in molte delle società piccole del settore e fusioni fra quelle medie. Sarà interessante confrontare l'evoluzione reale del petrolio da fracking con la realtà entro un anno. Per ultimo, risulta curioso il comportamento anomalo della percentuale di petrolio convenzionale proveniente dai giacimenti ancora da sviluppare, che secondo la IEA sperimenterà un forte aumento nei prossimi anni per poi cadere, inspiegabilmente e con molto forza, verso la fine del periodo e dove altrettanto stranamente è il petrolio dei giacimenti attualmente in produzione subentra, compensando l'intera diminuzione dei giacimenti ancora da sviluppare. E' possibile che una parte di questo comportamento anomalo si debba al fatto che in questa analisi abbiamo attribuito tutto l'EOR ai giacimenti attualmente in produzione, ma notate che la differenza per il 2035 fra il WEO 2014 e il WEO 2013 è di circa il doppio di tutto l'EOR di quell'anno. Sembra piuttosto che questo strano comportamento sia frutto di un forte rimescolamento dei numeri in cui le cifre sono state fatte quadrare con un obbiettivo fissato a priori. Ora vediamo come si comporta l'energia lorda proveniente da tutti i liquidi del petrolio secondo il WEO 2014. Analogamente a quello del 2012, ho ipotizzato che il contenuto energetico medio per volume dei petroli non convenzionali sia solo del 70% del greggio convenzionale. Il risultato è il grafico seguente:


Evoluzione della produzione di idrocarburi liquidi in energia lorda, secondo il WEO 2014

Nuovamente, se la IEA facesse onore al suo nome e fornisse i grafici in termini di energia prodotta, e non di volume di cose diverse e non tutte equivalenti ma molto meno, si vedrebbe che secondo il loro stesso scenario di riferimento, l'energia totale o lorda del petrolio crescerebbe molto leggermente durante i prossimi decenni. Lo scenario del WEO di quest'anno è leggermente migliore di quello previsto nel 2012, mostrato nel grafico seguente:


Evoluzione della produzione di idrocarburi liquidi in energia lorda, secondo il WEO 2012

Ma, come abbiamo già detto nel 2012, ciò che importa per la società non è la quantità totale di energia del petrolio che  si produce, ma quanta di questa energia giunge realmente ai consumatori finali, cioè, l'energia netta, l'energia che rimane sottraendo i costi energetici della produzione di questi idrocarburi, poiché i costi energetici di produzione non sono gli stessi in un pozzo dell'Arabia Saudita che quelli di un sito di estrazione delle sabbie bituminose del Canada o di una fattoria che produce biocombustibili. Tracciare tutto il percorso dell'energia dal pozzo o dal sito di estrazione alla pompa è complicatissimo, ma possiamo farci un'idea di come evolvendo l'energia, usando alcuni Ritorni Energetici sull'Investimento (EROEI) approssimativi, stimati a partire dai valori offerti da diversi autori. Anche se a me paiono abbastanza conservativi, i valori di EROEI dei diversi tipi di idrocarburi liquidi che userò sono discutibili e ci sarà chi preferirà usare altri fattori che ritiene più accertati. Per questo all'inizio del post ho fornito le tavole numeriche, perché chi lo desidera possa produrre risultati a proprio piacimento. Gli EROEI che considero sono i seguenti:


  • Petrolio greggio convenzionale in produzione: 20
  • Petrolio greggio convenzionale in giacimenti da sviluppare: 5
  • Petrolio greggio convenzionali in giacimenti da scoprire: 3
  • Liquidi del gas naturale: 5
  • LTO ed altri non convenzionali: 2

Questi valori sono gli stessi che ho usato nel 2012. Secondo questi valori, e sapendo che l'energia netta N è collegata all'energia lorda L come N=(1-1/EROEI) L, ottengo il seguente grafico per l'evoluzione dell'energia netta, secondo i dati del WEO 2014:


Evoluzione della produzione di idrocarburi liquidi in energia netta, secondo il WEO 2014

Si osserva che, secondo lo scenario di riferimento del WEO 2014, l'energia netta di tutti i liquidi del petrolio entrerebbe in un lento declino a partire dal 2015, esattamente come succedeva coi dati del 2012, anche se allora il declino era un po' più pronunciato di quello previsto quest'anno.


Evoluzione della produzione di idrocarburi liquidi in energia netta, secondo il WEO 2012


Il risultato più impattante della mia analisi del 2012 è stato quello che ho ottenuto quando ho revisionato alcune delle ipotesi più ottimistiche e/o ingiustificate del WEO ed ho ricalcolato come si presenterebbe l'energia netta dopo quella revisione. In realtà, la revisione che faccio è abbastanza conservativa, visto che si basa soltanto su principi ben conosciuti e comunemente accettati, per cui in realtà quello che ne risulta va semplicemente a rimuove il primo strato di maquillage ai dati. Le revisioni che faccio sono le seguenti:

  • Non esiste alcuna giustificazione teorica per supporre che la produzione proveniente dai giacimenti attualmente in produzione decadrà ad un tasso del 3,2% all'anno. Nel WEO 2013 la IEA riconosceva che il tasso medio di caduta è del 6% all'anno a con la tendenza a peggiorare col passare del tempo, visto che ci sono sempre più estrazioni in alto mare, che hanno un tasso di decadimento produttivo più accentuato. Per cui, correggo i dati dei giacimenti attualmente in produzione e impongo una caduta del 6% all'anno (nel WEO 2012 se ne usava una del 5% all'anno). 
  • La metà dei giacimenti ancora da sviluppare sono, per diverse ragioni tecniche ed economiche, impossibili da sviluppare. E' sicuro che le migliori tecniche potrebbero rendere fattibili più giacimenti di questa categoria, ma è altrettanto certo che l'attuale crollo dei prezzi fa piuttosto prevedere il contrario (nel WEO 2012 veniva considerato lo stesso fattore).
  • La categoria dei giacimenti ancora da scoprire è tremendamente gonfiata dal 2010; si sta ipotizzando un tasso di scoperte di nuovi giacimenti che è circa quattro volte quello osservato durante gli ultimi decenni. Per cui, divido questa categoria per 4 (come nel WEO 2012). 
  • Solo un terzo dei liquidi del gas naturale possono sostituire parzialmente il petrolio nelle raffinerie, pertanto ha senso includere soltanto un terzo di questa categoria in questi grafici. 
  • In quanto al LTO, le previsioni di riserve e produzione sono oscenamente gonfiate, sicuramente con l'intento di mantenere la bolla finanziaria associata più a lungo possibile. Nel 2012 ho considerato che fosse molto più realistico considerare che la produzione di petrolio da fracking fosse la metà di quella che stimava allora la IEA ed ora che in modo infondato la IEA ha gonfiato ancora di più la previsione, bisogna supporre che la produzione reale finirà per essere una percentuale persino minore. Tuttavia, mantengo il taglio percentuale del 2012 e considero che il LTO sarà solo la metà di quello che dice la IEA nel 2014. 
  • Senza un criterio chiaro per tutti gli altri petroli non convenzionali, li lascio come sono.


Dopo aver applicato le correzioni suddette, il grafico dell'evoluzione dell'energia netta degli idrocarburi liquidi si presenterebbe come segue:



Evoluzione della produzione di idrocarburi liquidi in energia netta, in uno scenario più realistico, secondo WEO 2014


La cosa più curiosa della stima dell'evoluzione dell'energia netta di tutti i liquidi del petrolio in questo scenario più realistico è che è peggiore coi dati del WEO 2014 che con quelli del WEO 2012 (il grafico seguente):


Evoluzione della produzione di idrocarburi liquidi in energia netta, in uno scenario più realistico, secondo WEO 2012

La tavola seguente riassume le differenze fra i due scenari per l'energia netta realistica (dati non osservati):

                Existing    TBD    TBF     NGL     LTO     Other   Total
2000          0              0          0           0           0           0          0
2005          0              0          0           0           0           0          0
2011          0              0          0           0           0           0          0
2013          7.15       -0.82     0.016  -0.131    0.181  -0.180    6.216
2015           5.2        -0.12     0.016  -0.243    0.192  -0.140    5.130
2020          1.7           1.68   -0.116  -0.186    0.420  -0.210    3.288
2025         -0.5          1.72     0.116   -0.149   0.367  -0.245    1.309
2030         -1.7         -0.40    0.258   -0.074   0.507   -0.385   -1.793
2035        -2.3          -2.80    0.116   -0.131   0.472   -0.315   -4.957

Sono due le ragioni per le quali le scenario del 2014 è sensibilmente peggiore di quello del 2012, nonostante il fatto che nei grafici precedenti sembrasse leggermente migliore. La prima è che nel 2012 ipotizzavamo un tasso di declino annuale dei giacimenti attualmente in produzione del 5%. Tuttavia, ora sappiamo che questo tasso è del 6% e con tendenza a peggiorare continuamente col tempo (le grandi compagnie multinazionali riportano un tasso di declino medio del 8% all'anno nei propri giacimenti maturi). L'altra ragione è che nel WEO 2014 si assegna una evoluzione molto strana al petrolio dei giacimenti ancora da sviluppare, che sfrutta sfrutta con tutta la sua intensità fino alla fine del periodo. Sicuramente una ripartizione più uniforme del EOR fra i giacimenti esistenti a da sviluppare limerebbe un po' questi risultati, ma il divario è più importante ed evidenzia quanto sia stridente il maquillage della IEA.

Conclusione

Il rapporto annuale del 2014 della IEA non solo conteneva pessime notizie sul futuro del carbone e dell'uranio, ma le sue previsioni per quanto riguarda la produzione di tutti i liquidi del petrolio sono piuttosto negative appena si analizza il contenuto energetico che sta realmente arrivando alle nostre pompe, ai nostri camion, ai nostri trattori, alle nostre macchine. La IEA gioca con le diverse categorie di idrocarburi liquidi per tentare di far arrivare i volumi previsti verso il 2035-2040 a quei desiderati 100 Mb/g dal 2010. La cosa scioccante è che ogni anno cambia il peso relativo di ogni componente (nel 2012 una cosa falsa come l'espansione del volume che occupano gli idrocarburi dopo che sono usciti dalla raffineria) e con sempre più difficoltà a far quadrare le cifre, cosa che li porta a manipolazioni che non reggono al benché minimo esame, in particolare per quanto si riferisce al petrolio greggio convenzionale, che continua ad essere la base della produzione futura. Le deviazioni più sorprendenti osservate per quanto riguarda la produzione di petrolio greggio convenzionale comprendono l'assegnazione di tassi di declino annuali dei giacimenti attuali molto più bassi di quelli che riconosce la stessa IEA, l'ipotesi di un tasso di sviluppo dei nuovi giacimenti incompatibile con le sue possibilità tecniche ed economiche e dare per scontato che si scopriranno quattro volte tanto i giacimenti scoperti in un anno di quanto stia succedendo negli ultimi decenni. Quando si correggono le deviazioni più ovvie, lo scenario che ci offre la IEA mostra un rapido declino dell'energia netta fornitaci dal petrolio che è già cominciato nel 2010 e che può soltanto aggravarsi nei prossimi anni.

Data la spirale di distruzione della domanda – distruzione dell'offerta nella quale siamo apparentemente entrati, le enormi difficoltà finanziarie delle società del settore ed i loro piani poco dissimulati di disinvestimento per recuperare redditività, il corso più probabile che seguiremo nei prossimi mesi sarà abbastanza vicino a quello che prevede la IEA. E dato che questo in realtà non è buono, la cosa più sicura è che stiamo entrando in una fase di rapida discesa con conseguenze economiche fra le più preoccupanti. Ma questo sarà materiale per un prossimo post.

Saluti.
AMT






lunedì 22 dicembre 2014

World Energy Outlook 2014: il picco di tutto?

Da “The Oil Crash”. Traduzione di MR


Di Antonio Turiel

Cari lettori,
negli ultimi giorni, a parte dedicare tempo ai molteplici impegni professionali e di divulgazione, sono stato occupato a preparare il tema del post di oggi: la mia analisi del rapporto per eccellenza del panorama energetico mondiale, il World Energy Outlook, che nella sua edizione del 2014 è stato presentato dalla IEA il 12 novembre scorso. Un rapporto come al solito molto lungo (748 pagine), con moltissime informazioni su ciò che le menti pensanti di questa agenzia della OCSE credono che sarà il futuro della fornitura energetica del pianeta. Data la lunghezza di questo post, nel quale analizzo molti aspetti di questo rapporto, lo organizzerò in diverse parti per facilitarne la lettura, vale a dire: Prospettiva storica; Strutture del WEO 2014; Petrolio; Carbone; Nucleare; Gas; Ciò che rimane nel calamaio e Conclusioni.

Prospettiva storica

Come abbiamo discusso in numerose occasioni, la IEA è sempre restia ad accettare la cruda realtà di un mondo finito con risorse finite, ma lentamente i problemi associati alla fornitura di petrolio hanno trasceso i suoi rapporti, nei quali la IEA ha sempre cercato di presentare la faccia più favorevole degli eventi che i suoi modelli di previsione di offerta e domanda le offrivano. Così, nel 2010, la IEA ha riconosciuto per la prima volta che il petrolio greggio era giunto alla sua produzione massima, che dovrebbe mantenersi costante fino al 2035, ma si consolava pensando a quali altri idrocarburi avrebbero preso in gran parte in mano la situazione. Nel 2012, coloro che hanno avuto la pazienza immergersi nel rapporto, hanno trovato la sorpresa del riconoscimento del declino della produzione di petrolio greggio, anche se la stampa si è concentrata solo sulla fantasia secondo la quale gli Stati Uniti sarebbero diventati autosufficienti nel prossimo futuro, anche se semplicemente esaminando il grafico originale di quel rapporto nel quale si sosteneva un'affermazione così azzardata, era già possibile vedere che tale autosufficienza si sarebbe potuta ottenere soltanto, a parte che facendo molte ipotesi  e molto ottimistiche, se in più gli Stati Uniti avessero rinunciato a più del 30% del consumo attuale.


Evoluzione prevista per le importazioni di petrolio degli Stati Uniti  secondo il WEO 2012. Come si vede, gli Stati Uniti non giungono mai all'autosufficienza, dovendo importare ancora più di 3 Mb/g nel 2035. Sopra si ipotizza che altri 3 Mb/g verranno da una maggiore “efficienza da parte della domanda”, cosa che finisce per essere un eufemismo per dire che si distruggerà la domanda come conseguenza di un'importante recessione economica. Altri dettagli nel post World Energy Outlook 2012: fare di necessità virtù.


Nello stesso 2012 ho elaborato un'analisi abbastanza dettagliata, incrociando dati di diverse fonti con le previsioni della IEA, per cercare di offrire una prospettiva sull'evoluzione dell'energia netta del petrolio, la quale ci ha indicato un panorama piuttosto preoccupante.


Evoluzione dell'energia netta del petrolio in uno scenario realista, derivato dallo scenario delle Nuove Politiche del WEO 2012. Altri dettagli su Il tramonto del petrolio

L'anno scorso, il WEO 2013 ci ha mostrato un grafico ancora più inquietante. In questa occasione non ho neanche dovuto lavorare sui dati. Il grafico 14.6 ci ha mostrato una rapida riduzione della produzione di petrolio nei prossimi anni se non si fosse continuato ad investire a sufficienza.


E come abbiamo spiegato ripetutamente in questo blog, nonostante questo “avviso ai naviganti” da parte della IEA, la politica delle grandi compagnie è stata piuttosto quella di annunciare tagli degli investimenti. La ragione di tale strategia di disinvestimento è che l'affare non è più tanto redditizio, visto che gli investimenti in produzione non convenzionale sono rovinosi. Non solo questo, ma tutte le tensioni accumulate nel sistema aumentano il rischio di uno scollegamento improvviso per il quale alcuni paesi potrebbero collassare, specialmente se si protrae l'attuale situazione dei prezzi del petrolio in ribasso. In questo contesto, ho analizzato con attenzione i parametri del WEO 2014, cercando di verificare quali tendenze raccoglie, di quelle enunciate sopra, e quali si permette di tralasciare o di addolcire e in quel caso per quale motivo. E i mie risultati sono piuttosto sorprendenti, come vedrete.

Struttura del WEO 2014

Il WEO 2014 è strutturato in tre parti:

- La parte A parla delle tendenze energetiche globali, secondo i suoi tre scenari di riferimento: Politiche attuali, in cui si suppone che non ci siano cambiamenti delle tendenze attuali; Nuove politiche, in cui si ipotizza che le politiche che si stanno profilando entrino in vigore e Scenario 450, in cui il mondo il mondo si imbarca nell'ambizioso programma di lotta al cambiamento climatico con l'obbiettivo di mantenere la concentrazione di gas ad effetto serra al di sotto delle 450 ppm equivalenti di CO2. Lo scenario di base per la IEA, come sempre, è quello delle Nuove politiche, salvo quando venga detto esplicitamente il contrario, tutti i grafici si riferiscono a questo scenario.

- La parte B è dedicata alla descrizione in dettaglio dell'energia nucleare.

- La parte C si occupa delle prospettive energetiche dell'Africa. In questo post non mi occuperò di questa parte.

L'inizio della parte A è dedicato alla spiegazione di alcuni dettagli dei modelli economici usati per comporre gli scenari. Richiamano l'attenzione, per esempio, i cambiamenti introdotti nello Scenario 450, visto che si riconosce che è poco probabile che ci sia un'azione concentrata prima del 2020. Nella parte delle ipotesi economiche, la IEA ci offre un grafico aggiornato sul rapporto fra energia e PIL per diverse regioni della Terra:



Di questo grafico è interessante evidenziare che anche se il rapporto fra crescita del consumo di energia e crescita del PIL non è costante (non sono linee rette), in generale le inclinazioni sono positive, cioè, che il PIL cresce sempre quando cresce il consumo di energia e decresce quando diminuisce il consumo di energia. Pertanto, la relazione fra energia e PIL è quasi sempre dello stesso tipo, tanto nei periodi di crescita economica quanto nei periodi di recessione. Le poche aree con inclinazioni negative (in cui tipicamente il PIL cresce nonostante la diminuzione del consumo di energia) sono rare e corrispondono a periodi transitori a seguito di una grossa recessione, periodi nei quali l'economia non ha ancora trovato il proprio punto di equilibrio. Di fatto, il periodo più prolungato con inclinazione negativa sembra corrispondere agli ultimi anni dopo il 2008 e soltanto nel caso degli Stati Uniti. Dato che negli Stati Uniti durante questo periodo si sono verificati due effetti di distorsione del rapporto economico (l'importazione di energia esportando inflazione da un lato e l'eccessivo indebitamento delle società energetiche che estraggono idrocarburi di bassa qualità dall'altro), entrambi transitori e difficilmente ripetibili, è difficile credere che si possa convertire questo breve periodo in un paradigma, vi starete forse dicendo. Ma non è ciò che dice la IEA, che invece ha convertito una tale anomalia nella parte centrale del proprio scenario delle Nuove politiche. Da un lato, la IEA ipotizza che la crescita media annuale del PIL in termini reali nell'OCSE sarà del 1,9%, ma allo stesso tempo ipotizza una situazione di stagnazione energetica per il mondo attualmente più industrializzato: gli Stati Uniti passerebbero da un consumo totale di energia primaria di 2135 milioni di tonnellate equivalenti di petrolio (Mtoe, nell'acronimo inglese) nel 2012 a 2190 Mtoe nel 2040, l'Europa passerebbe da 1769 a 1697, il Giappone da 452 a 422 e la Russia da 749 a 819 (ma tenendo conto che nel 1990 consumava 880 Mtoe). Vale a dire: una crescita esigua, dello 0,3% annuale per gli Stati Uniti e leggermente negativa per l'Europa e per il Giappone. Il resto del mondo, invece, vedrà crescere il proprio consumo di energia a ritmi fra l1 e il 2% all'anno, piuttosto considerevoli, ma inferiori alle medie storiche di crescita del consumo energetico: Con questa crescita, il resto del mondo garantirebbe una crescita del PIL reale a un ritmo del 4,6% all'anno, roba da niente.


Come si verificherà un tale prodigio, che contraddice l'intuito ed anche i dati sperimentali che ci offre la stessa IEA sull'evoluzione del PIL rispetto al consumo di energia? La risposta ce l'abbiamo a pagina 53: “Nello scenario di Nuove politiche la domanda di energia primaria mondiale aumenta di circa il 37%fra il 2012 e il 2040. La domanda cresceva più rapidamente nei decenni passati; questo rallentamento della crescita della domanda si avrà dai guadagni in efficienza energetica e cambiamenti strutturali nell'economia globale a favore di attività meno intensive energeticamente" (il grassetto è mio). Cioè: la IEA identifica che l'energia non fluirà con la stessa intensità di prima (anche se non ammette apertamente che ci saranno problemi con diversi combustibili) ma ci dice di non allarmarci, perché il PIL continuerà a crescere nonostante il consumo energetico non lo segua (e che nella OCSE addirittura ristagni), grazie al fatto che i nostri processi energetici sono più efficienti (pare non abbiano ancora sentito parlare del paradosso di Jevons) e propone perché inoltre ci concentreremo in attività di maggior valore aggiunto. Questa riflessione dovrebbe allarmare i paesi come la Spagna, dove non si è predisposto nulla per settori del genere e dove non si stanno ponendo le condizioni per fare questa fortissima e rapidissima transizione, ma dove piuttosto avviene il contrario, con un'espulsione in massa dei giovani attraverso l'emigrazione.

Un punto chiave per il miracolo che sta chiedendo la IEA è l'evoluzione dello sviluppo tecnologico: A pagina 46 da i dettagli di quali sono le principali conquiste che si aspetta: più rinnovabili (anche se riconosce una caduta dell'investimento nelle stesse), più nucleare (la questione sulla quale sembra puntare questo rapporto), sistemi di cattura e sequestro del carbonio (CCS; è interessante evidenziare che, secondo i regolamenti della EPA americana, le nuove centrali termiche a carbone dovranno essere equipaggiate con CCS entro 10 anni – vedremo di cosa si tratta), più biocombustibili negli Stati Uniti (si riconosce che c'è stato un forte crollo nel 2012 – coinciso con la fine dei sussidi negli Stati Uniti – ma che c'è stato un grande recupero nel 2013), più veicoli ibridi ed elettrici e la proverbiale efficienza energetica (Lord Jevons, questo sconosciuto). Tutte idee vecchie, tutte già verificate, in alcuni casi, per decenni e tutte hanno dimostrato di avere dei limiti pratici che negano qualsiasi possibilità che possano avere un impatto significativo su grande scala. Per esempio, nonostante queste espressioni di buona volontà, possiamo leggere più avanti nel rapporto (box 2.2, pagina 61) che il fotovoltaico fornirà nel 2040 il 4% dell'elettricità mondiale, mentre l'eolico darà l'8% della stessa elettricità. Risulta che l'incremento dell'elettrificazione in questo periodo sarà, secondo questo scenario, moderato, per cui il contributo delle rinnovabili all'energia primaria del mondo passerebbe dal 12% nel 2012 al 19% nel 2040 (e non dimenticate che la maggior parte delle rinnovabili sono biomassa – principalmente le legna che usano i contadini di tutto il mondo – e idroelettrico). In nessun punto si discute con quale rame si produrrà questo incremento di elettrificazione, soprattutto tenendo conto del fatto che il picco di produzione del rame sembra essere in un orizzonte prossimo; non ci sono neanche allusioni ai possibili problemi di forniture di terre rare, che sono necessarie per le tecnologie più efficienti. Come vedete, non si profila niente di realmente eccitante nell'orizzonte energetico, non è affatto evidente che si possa ottenere un aumento della nostra fornitura di energia da parte di nuove fonti e da una migliore efficienza. Eppure, sta lì la scommessa della IEA per il futuro.

Petrolio

Per la IEA è chiaro che il consumo di energia continuerà a crescere nei prossimi anni, in modo tale da soddisfare la domanda crescente di una popolazione che vedono in continuo aumento. Ricordiamo che, a parità di altri fattori, la crescita della popolazione è il fattore che contribuisce di più all'aumento del PIL e con il pensiero economico classico – la dottrina religiosa imperante – il PIL deve sempre aumentare, per cui la via più facile è mediante l'aumento della popolazione. Nel caso particolare del petrolio, si prevede un aumento, nei prossimi 26 anni, di circa 14 Mb/g, fino a raggiungere il livello dei 104 Mb/g. Quanto è lontano il WEO del 2007, in cui ci si aspettava di giungere ai 120 Mb/g nel 2025 (secondo il WEO 2014, nel 2025 la produzione di tutti gli idrocarburi liquidi – che non sono esattamente petrolio – sarà circa di 96 Mb/g. Il panorama potrebbe sembrarci un pochino meno promettente di quello dell'anno scorso e la IEA si sforza di proporre un messaggio positivo, anche se non può evitare di dare avvertimenti sul fatto che il cammino verso il futuro può avere delle gravi complicazioni. Così, a pagina 74 possiamo leggere: “Le risorse restanti economicamente sfruttabili dei combustibili fossili e dell'uranio su scala globale sono più che sufficienti per coprire la crescita prevista della domanda fino al 2040, nello scenario Nuove politiche (…). Ma se queste risorse saranno finalmente sviluppate e un po' meno chiaro, date le incertezze risultanti dalla confluenza di fattori geopolitici, economici e politici e all'impatto del cambiamento tecnologico”. Per alimentare maggiormente la confusione, la IEA mostra a pagina 75 il tipico grafico degli anni rimanenti per ogni combustibile: è l'errore tipico Q/P (Quantità di petrolio/Produzione di petrolio), della quale abbiamo già parlato in alcune occasioni, che di solito serve ad illustrare alcuni articoli d'opinione che appaiono sulla stampa. Per evitare che vi disturbiate a cercare il grafico in questione, ve lo copio qui. Naturalmente, non c'è alcun riferimento all'EROEI in tutto il rapporto.


A pagina 76 si riconosce, a parole, che la produzione di petrolio greggio convenzionale diminuirà leggermente: dai 70 Mb/g del 2005 (questo dato non è menzionato in questo WEO, ma ma è stato presentato nelle edizioni precedenti) si manterrebbe a 68 Mb/g fino al 2030 e poi diminuirebbe fino ai 66 Mb/g nel 2040. Il fatto è che questo WEO è molto testuale e meno grafico, meno basato su dati di quelli precedenti, per quanto riguarda il petrolio. Non c'è alcun grafico come quello del 2012, col quale ho fatto l'analisi del post “Il tramonto del petrolio”, ma c'è qualcosa di meglio: una tavola a pagina 117 coi valori numerici di produzione per tipo ed anno (secondo la quale, di sicuro) la produzione di petrolio greggio nel 2013 è stata di 68,6 Mb/g. Traetene le vostre conclusioni). L'analisi di questa tavola sarà il tema del prossimo post. In generale la IEA  da in questo WEO le informazioni col contagocce e le poche cose che mostra le presenta in modo inusuale, cercando di dissimulare i fatti: guardate questo grafico che occupa la pagina 79:




In realtà sono grafici della produzione stimata dei paesi esaminati, ma a tutti è stato sottratto il livello di produzione del 2013. Se guardiamo bene, questi grafici non stanno dicendo che la produzione di petrolio (non dicono “convenzionale, così dobbiamo intendere che si riferiscano a tutti gli idrocarburi liquidi) diminuirà in Russia e nel Mare del Nord (molto leggermente, se si confronta con altre stime), aumenterà molto poco e solo a partire dal 2025 in Arabia Saudita, toccherà il suo massimo produttivo negli Stati Uniti verso il 2017 o 2018 (dove sono finiti i sogni di indipendenza energetica?) e realmente dipenderà principalmente dal Canada e in misura maggiore da Brasile ed Iraq il fatto che non cominci un declino irreversibile. Tenendo conto che in Brasile le prospettive nella pratica non si stanno rivelando tanto buone e che in virtù di ciò che abbiamo visto è possibile che nel 2040 non esista uno stato chiamato Iraq, sembra tutto un esercizio di volontarismo piuttosto che una cosa concreta. Una delle sezioni più interessanti del WEO 2014 è quella che parla degli investimenti nella produzione di energia. Estrapolo alcune frasi che credo siano abbastanza significative:

Pagina 85: “La decisione di impegnare capitale nel settore energetico viene sempre più modellata da misure politiche e incentivi dei governi, più che dai segnali di un mercato competitivo [riferimento ad un rapporto sull'investimento pubblicato dalla IEA qualche mese fa]. Nel settore del petrolio, ci si attende che la dipendenza da paesi con un accesso più restrittivo alle risorse cresca, nella misura in cui la produzione di petrolio del Nord America [NOTA: cioè, Canada, Stati Uniti e Messico] torni piatta dal 2030 in avanti. Le turbolenze geo-politiche come quelle presenti in Iraq, Libia ed altre parti del Medio oriente e del Nord Africa, sono la base dei rischi negativi sulla produzione di petrolio a lungo termine, cosa che indica un rischio significativo del fatto che l'investimento non arrivi in tempo, durante il decennio in corso, per evitare un deficit di fornitura a partire dal 2020”. Come vedete, i problemi possibili “sul terreno”, come piace dire alla IEA, sarebbero la causa del fatto che non si verifichi in tempo l'investimento, se alla fine succede questo. E, come vedete, nessuno si addentra ad analizzare se questi problemi sono il risultato di una instabilità intrinseca frutto dei crescenti costi di estrazione e il crollo del beneficio che corrisponde all'estrazione di fonti con EROEI molto bassi. Come sappiamo, l'incremento della produzione di petrolio degli Stati Uniti non sta portando ad un aumento del consumo della preziosa materia prima in quel paese. In realtà, lo scenario che maneggia la IEA, che è già abbastanza inquietante per l'OCSE, è molto preoccupante in termini di petrolio: dato che la produzione di tutto ciò che la IEA chiama petrolio aumenterebbe solo di 14 Mb/g da qui al 2040 al di sopra degli attuali 90 MB/g di produzione, il suo scenario prevede una drastica redistribuzione del consumo.


Come si vede nel grafico, il consumo dell'OCSE diminuirebbe a 10 Mb/g, cioè, intorno al 23% del suo consumo attuale, perché soprattutto Cina ed India possano aumentare il proprio. Pertanto, lo scenario di riferimento per la IEA, che contempla una stagnazione del consumo energetico per l'OCSE, è in realtà uno scenario di forte discesa del consumo di petrolio in questa area, che dovrà essere compensato da gas, nucleare e rinnovabili. Se si analizzano in modo critico le tendenze degli ultimi anni, una transizione tanto ordinata e di questa dimensione sembra, quanto meno, molto improbabile. Non c'è da meravigliarsi che alla pagina 104 venga dedicato tutto un paragrafo per parlare dei vantaggi del car sharing negli spostamenti e si menziona persino che probabilmente abbiamo superato il picco delle auto nell'OCSE (picco del petrolio non si può dire, ma la sua ombra è lunga). Analizzando le riserve tecnicamente recuperabili di petrolio, il WEO 2014 da da intendere chiaramente che considera che siano più che sufficienti per coprire la domanda prevista in uno qualsiasi dei tre scenari. Detto così non è chiaro se stanno tenendo conto dei ritmi reali di produzione, visto che la questione non è solo se le riserve saranno sufficienti (lo sono senza dubbio), ma se la quantità che si potrà estrarre a ritmi realistici potrà coprire la domanda (cosa abbastanza più incerta, come sappiamo). Come si dice a pagina 111, le risorse mondiali di idrocarburi liquidi non rinnovabili (che comprendono petrolio greggio convenzionale, liquidi del gas naturale, super pesanti, kerogene e tight oil) sarebbero di circa 6 miliardi (spagnoli) di barili di greggio, dei quali 1,7 miliardi sono considerati riserve provate (espressi in termini del quoziente Q/P che da luogo in seguito a tante confusioni, circa 50 anni ai livelli di consumo attuali se si potesse estrarre questo petrolio al ritmo che pare a noi, ma già sappiamo che non è così). Ci sono diverse cose curiose qui. Un miliardo di queste risorse corrispondono al kerogene, che non è chiaro come si possa estrarre economicamente (vedete la discussione nel post sulla redditività del fracking). Ci sono altri quasi 2 miliardi che corrispondono ai petroli superpesanti, alcuni dei quali sono di redditività molto bassa o nulla, e 344.000 milioni sono di tight oil. Non sappiamo a quante di queste tre risorse sia stata assegnata la categoria di “riserve provate”. Dato che per l'insieme di risorse di petrolio si verifica un rapporto di 3,5 a 1 tra risorse e riserve, sembra ragionevole che esista una relazione simile per queste tre risorse concrete e le loro riserve provate, pertanto c'è una quantità sicuramente non molto lontana dai 900.000 milioni di barili di riserve che vengono considerate provate ma che sarà piuttosto difficile sviluppare completamente.

Un'altra cosa curiose è che la IEA dice che, nonostante le riserve provate siano sufficienti a coprire la domanda attesa, è molto importante che se ne trovino di nuove a causa del fatto che la maggior parte delle attuali riserve sono controllate dall'OPEC e, pertanto, non sono troppo affidabili (controllano troppo il prezzo, dice la IEA). Qui si introduce tutta una discussione sul fatto che la classificazione attuale di riserve provate e probabili sia adeguata tenendo conto del modello di estrazione delle risorse non convenzionali, anche se a me pare un po' ipocrita e soltanto una giustificazione al fatto di dire che si continueranno a trovare risorse ad un buon ritmo nei prossimi anni, grazie a queste nuove pratiche contabili.


Infilandolo nella discussione sulle nuove riserve, il WEO 2014 approfitta per dire che due terzi di ciò che si spera di trovare  nei prossimi anni dovranno essere in estrazioni nel mare (off shore). Niente è casuale: la IEA ha il Messico nel mirino e nonostante non ci presenti alcun grafico sull'evoluzione della produzione globale di petrolio per tipologia, ce lo offre invece nel caso del Messico.


Come vedete, ipotizzano una fortissima caduta della produzione di petrolio a partire dai giacimenti attualmente in estrazione nel paese nordamericano (nella notazione della IEA), che verrà compensata da un aumento incredibilmente grande della produzione proveniente da giacimenti ancora da scoprire, principalmente offshore. Si aspettano che accada tutto questo, come dicono esplicitamente, sulle ali della famosa riforma energetica del Messico, che deve permettere che il capitale privato inverta la pessima tendenza produttiva attuale (cosa che non pochi mettono in dubbio). Qui la IEA si allinea con questi interessi economici e, con questo grafico che allego sopra, fornisce argomenti a favore dell'apertura energetica (che temo molto che scatenerà un mare d'inchiostro in Messico, sullo stile del meme falso dell'indipendenza energetica degli Stati Uniti). E' il caso di dire che un incremento tanto rapido e brutale della produzione di petrolio proveniente da giacimenti non ancora conosciuti in un'area in cui, seppure poca, esiste già un'estrazione ed un'esplorazione, risulta difficile da credere. I commenti che si fanno su Iraq ed Iran sono sulla stessa linea: un ottimismo difficile da sottoscrivere. Vi lascio, senza ulteriori commenti, la curva che stimano per l'Iran. Fino al 2013 sono dati, a partire da lì è la loro previsione.


Non riesco a finire l'analisi di questa parte senza tradurre alla lettera un paragrafo sulle “Prospettive di produzione” (pagina 114), nel quale la IEA fa la sua previsione a breve e medio termine, poiché credo che i prossimi anni metteranno a dura prova queste affermazioni.

“La produzione di petrolio fino al 2040 nello scenario di Nuove politiche si può dividere in maniera utile in due periodo, con la transizione fra i due che avviene nel decennio degli anni 20 di questo secolo (Figura3.10). Il primo periodo è caratterizzato da una produzione sostenuta nei paesi non OPEC: il tight oil (e in misura minore il petrolio da acque profonde) degli Stati Uniti, le sabbie bituminose del Canada, i giacimenti in acque profonde del Brasile e la crescente produzione di liquidi del gas naturale da diverse fonti fanno sì che la produzione non OPEC si stabilizzerà e comincerà a retrocedere, a causa della diminuzione della produzione convenzionale in Russia, Cina, più tardi in Kazakistan e alla fine di una saturazione negli Stati Uniti”.

Carbone

Qui troviamo una delle sorprese (relative) di questo WEO: la IEA prevede praticamente una stagnazione del consumo di carbone a partire dal 2020 (crescite fra lo 0,2% e lo 0,3% annuali), dando luogo ad un plateau produttivo che ricorda quello che nel 2010 si era verificato per il petrolio greggio convenzionale. Il grafico si può trovare nella presentazione alla stampa.



Dato che nel 2012 è stato verificato che tale plateau non si era verificato, ma che il petrolio convenzionale in realtà stava già diminuendo, è legittimo chiedersi se qualcosa del genere succederà anche col carbone. In linea di principio ciò non è troppo probabile, poiché questo limite estrattivo sembra essere originato più da una difficoltà intrinseca di consumare più carbone da parte del suo maggior utilizzatore, la Cina, a causa dei problemi logistici ed ambientali che causa, non tanto all'impossibilità di aumentare la produzione. Cioè, che è possibile che in questo caso ciò che prevede il WEO 2014 è un picco della domanda e non della produzione, che alla fine viene a mettere in dubbio una volta di più la perfetta sostituibilità delle diverse fonti di energia. In questo modo, sarebbe possibile mantenere una produzione di carbone approssimativamente costante per vari decenni, come i dati delle riserve sembrano avvallare. In aggiunta, non si deve scartare il fatto che il messaggio che sta mandando la IEA contenga un certo contenuto politico: al prossimo vertice di Parigi si deve decidere come si taglieranno le emissioni di CO2 e il carbone è il combustibile più inquinante e che produce più CO2 per caloria prodotta (anche se, come sembra, le estrazioni da fracking non gli vanno molto lontano). E' piuttosto significativo il grafico delle emissioni previste a seconda del tipo di combustibile:


Come si vede, si pensa che le emissioni associate al petrolio ed al carbone rimangano praticamente costanti a partire dal 2020 (di fatto il petrolio salirebbe ancora leggermente, mentre il carbone manterrebbe il livello più o meno dal 2017), mentre le emissioni di CO2 associate al gas salirebbero a buon ritmo. Obbiettivamente questa è una visione di come dovrebbe essere il mix energetico nei prossimi anni e che favorisce gli interessi degli Stati Uniti grazie al gas di scisto (purtroppo nella IEA, nonostante le numerose notizie apparse sulla stampa, non hanno ancora imparato che il gas di scisto è una rovina). Anche così, queste proiezioni rispetto al carbone contraddicono le attuali tendenze, come quella della Germania (che sta consumando più carbone, principalmente la sua lignite nazionale). Ciononostante, il WEO 2014 afferma che il consumo di carbone in Europa scenderà, principalmente a causa dell'aumento della produzione energetica rinnovabile (che in Europa dicono che raddoppierà), anche se il totale dell'energia primaria consumata sarà inferiore (ma il PIL crescerà, a causa immagino della presunta maggiore efficienza nello sfruttamento dell'energia elettrica negli usi finali, il che è sicuro, se parliamo di motori, abbastanza meno certo se parliamo di altri usi). Per maggiore contraddizione, in un'altra sezione del WEO si afferma che la produzione di petrolio (o meglio, di idrocarburi liquidi) si farà più complessa e diversificata grazie all'introduzione massiccia di impianti di conversione del gas liquido e di trasformazione del carbone in liquido grazie al processo di Fischer-Tropsch, nonostante le prove della sua attuale piccolezza (il WEO parla di una decina di migliaia di barili al giorno di produzione). L'ipotesi di un picco della domanda di carbone sembra, pertanto, abbastanza ragionevole. Tuttavia, a pagina 190 troviamo questo grafico rivelatore, in cui la produzione di carbone è ripartita per tipo di miniera: 



La striscia azzurra corrisponde alle miniere esistenti, che a quanto pare soffriranno di un abbassamento della produzione che accelererà a partire dal 2025. La striscia marrone corrisponde a progetti di espansione, basati su miniere già esistenti. Apportano qualcosa, ma non invertono la tendenza né modificano sensibilmente i tempi. La chiave si trova, pertanto,  nella striscia verde, che corrisponde a miniere nelle quali non è ancora stato fatto il primo buco (e nelle quali pertanto il volume delle riserve e la produzione ottenibile hanno una componente speculativa). La IEA sta preparando il terreno per discutere del picco del carbone nei prossimi anni?Il resto di questa sezione è abbastanza inutile. Evidenzio che, seguendo la moda del momento, una sotto sezione è dedicata alla discussione della cattura e dell'immagazzinamento del carbonio (Carbon Capture and Storage, CCS). I sistemi di CCS si basano sull'iniezione dei gas di combustione delle centrali termiche a carbone in alcuni bacini sotterranei o, allungandone il ciclo, il suo uso nel recupero secondario o terziario del petrolio (nel quale si favorisce il flusso di petrolio iniettando gas in pressione). Dato che l'obbiettivo è catturare il il CO2 per continuare a bruciare carbone, si pongono una serie di difficoltà pratiche. Qualsiasi studente del primo anno di Fisica sa che la resistenza di un gas all'essere iniettato in un bacino aumenta esponenzialmente con la quantità di gas già accumulato al suo interno, cosicché questi sistemi consumano una grande quantità di energia ed alla fine si saturano ad un certo valore, raggiunto il quale non è più possibile iniettare altro gas. I bacini geologici a disposizione di uno di questi impianti ha sicuramente limiti di capacità inferiori alla produzione potenziale di CO2 della centrale termica, quindi, cosa si fa del CO2 in eccesso? C'è anche la questione della tenuta stagna del bacino: se si creano delle crepe, il CO2 uscirà nell'atmosfera e lo sforzo sarà stato vano (e questo senza contare il fatto che le alte pressioni potrebbero, in determinate situazioni, indurre sismicità: i lettori spagnoli ricorderanno senza dubbio il fiasco del magazzino Castor, di fronte alle coste di Castellón. Per ultimo, c'è la questione per cui l'iniezione di gas nel sottosuolo consuma una grande quantità di energia (nei prototipi più avanzati di CCS, un 25% della produzione dell'impianto), proprio in un momento nel quale sicuramente non ci interessa perdere altra energia. Tutte queste cose sono conosciute già da anni eppure si continua ad insistere ripetutamente su questa idea, che è sconfitta in anticipo dalla realtà. 

Gas

Secondo questo WEO, il gas supererà il petrolio come fonte principale di energia degli Stati Uniti prima del 2030, in parte a causa della diminuzione della domanda di quest'ultimo (suppongo che sia perché presumono che le auto elettriche alimentate da rinnovabili prenderanno il sopravvento nei trasporti o perché presumono che i liquidi associati al gas verranno maggiormente usati nell'autotrazione). Questa affermazione della IEA servirà ad alimentare per qualche anno ancora l'idea che la rivoluzione del gas di scisto sia la panacea, finché questa bolla finanziaria non finisca per scoppiare. Significativamente, l'epigrafe di questa sezione è: “Liquidi del gas naturale alla riscossa?”. Per i disinformati, dire che la maggior parte del contenuto dei liquidi del gas naturale , e in modo analogo nei gas di petrolio liquefatti o GPL, è una miscela variabile di butano e propano. Cioè che tutti i progressi nell'autotrazione basati su questi combustibili consistono fondamentalmente nel recuperare, in versione moderna, quei taxi alimentati con bombole di butano che erano frequenti nella Spagna degli anni 70 e 80, cosa interessante ora che la gente usa meno butano nelle abitazioni, ma che ha un percorso limitato perché il prezzo di questa alternativa andrà alle stella quando il mercato cresce. In quanto al gas naturale in sé stesso, secondo le proiezioni della IEA, il suo uso principale sarebbe per la generazione di elettricità. Nonostante le difficoltà di creare nuovi mercati per il gas naturale, soprattutto se il petrolio ed il carbone non andranno ad alimentare più crescita economica, la IEA scommette che il gas crescerà a buon ritmo, prendendo in qualche modo il posto degli altri combustibili. 


Il posto nel mondo in cui dovrebbe crescere di più la domanda di gas naturale sarebbe la Cina, ad un ritmo impressionante del 5,2% all'anno. Evidentemente è questo il modo in cui la Cina potrà livellare il proprio consumo di carbone. Date le tendenze attuali, questa supposizione sembra abbastanza azzardata, tenendo in considerazione inoltre che il commercio e la distribuzione del gas necessita di costose infrastrutture che richiedono anni per essere ripagate. I prossimi anni metteranno alla prova le ipotesi della IEA. La seconda regione col maggior incremento del consumo di gas naturale è il Medio Oriente (2% di crescita annuale). Come ha già fatto per il petrolio, la IEA non vede alcun problema futuro nella produzione di gas, nonostante che a questo punto ci troviamo già a pochi anni dal suo picco produttivo, il quale potrebbe essere accelerato dalle turbolenze col petrolio. Così, con l'animo di poter continuare a comprare le diverse revisioni che si faranno nel prossimo decennio sulla produzione di gas naturale, includo qui il grafico corrispondente a questo WEO. Sicuramente, siccome non vedono ancora arrivare il picco di produzione del gas convenzionale, qui ci suddividono la produzione per tipologie: un dettaglio che sarà utile per riferimenti futuri. 


Merita una menzione anche il fatto che dedichino una sottosezione a discutere dei problemi di sicurezza della fornitura di gas, in particolare alla luce del recente e crescente conflitto fra Russia e Unione Europea alla cui basa c'è l'Ucraina. Mostrano un grafico molto interessante sul quali sono state le importazioni di gas naturale per l'Europa (non l'Unione Europea), che a sua volta può essere utile per tracciare la strada del nostro futuro.


Nucleare

Il WEO 2014 dedica una parte enorme alla discussione di questa fonte di energia, nonostante il suo carattere minoritario (circa il 4% dell'energia primaria generata nel mondo) e delle sue scarse proiezioni di futuro. Perché? Perché fondamentalmente la IEA abbraccia la tesi secondo la quale le riserve di uranio sono enormi e che l'evoluzione tecnologica permetterà di ampliare enormemente le risorse che passeranno ad essere economicamente disponibili – abbiamo molto bisogno di una tecnologia che a breve termine cominci a dare un apporto in mezzo a tante carenze. Ma l'evoluzione dell'energia nucleare negli ultimi decenni non è stata molto brillante, essendo passata dal fornire il 18% dell'elettricità mondiale nel 1998 al 11% di adesso (vedete il grafico più in basso). Ma per la IEA la questione chiave sono le basse emissioni di CO2 di questa fonte: di fatto, nello scenario 450, l'energia nucleare cresce ad un ritmo vertiginoso.


Il WEO 2014 presume che si installeranno 332 Gw di potenza in più da qui al 2040 (il che è una castroneria: attualmente ci sono 392 Gw), principalmente in potenze emergenti e negli Stati Uniti, mentre scommette sul fatto che si prolunghino la vita delle licenze di esercizio in occidente. Richiama l'attenzione l'ipotesi poco delicata secondo la quale il Giappone recupererà progressivamente la sua forza nucleare, a partire dal 2020 per non ferire suscettibilità nei dintorni e soltanto ai tre quarti di quello che avevano prima dell'incidente di Fukushima. In seguito c'è una lunghissima discussione sui costi, scomponendo i diversi fattori che contribuiscono agli stessi e la sensibilità che hanno a diversi fattori (compreso il prezzo dei combustibili fossili). Mi è sembrato interessante vedere che il prezzo del combustibile è già intorno al 10% dei costi della centrale (quando ho cominciato a fare questo, i sostenitori di questa tecnologia si vantavano del fatto che il combustibile rappresentava soltanto l'1% dei costi) e poi un'altra discussione, non meno lunga, sulla percezione pubblica di questa energia. Qui si presentavano tre sotto-scenari disaggregati da quello di riferimento; in uno di questi (Low nuclear) nel 2040 ci sarebbe un po' meno energia nucleare installata (366 Gw). In quanto alle risorse, si dice che c'è uranio sufficiente per alimentare uno qualsiasi dei tre sotto-scenari. C'è anche un certo cinismo implicito, per esempio nel grafico che ci informa quale dovrebbe essere il ritmo di chiusura delle attuali centrali nucleari e qual è quello che prevedono nello scenario di riferimento, dando per scontato che ci saranno molti prolungamenti delle licenze operative oltre la vita utile nominale delle centrali e che di fatto verranno estese per molti decenni. 


Ma quello che risulta estremamente scioccante è il riconoscimento aperto del fatto che con le miniere di uranio esistenti e con l'uranio immagazzinato dei decenni antecedenti (riserve secondarie, nel gergo del settore), presumendo inoltre che tutte le miniere attualmente previste si realizzino in tempo, mancherà uranio a partire dal 2020 e verso il 2040 non si potrà coprire tutta la domanda ma meno del 60% (mancheranno circa 45.000 tonnellate di uranio naturale equivalente su circa 105.000 richieste).


Questo è né più né meno il picco dell'uranio. Sono sicuro che a Pedro Prieto piacerà vedere emergere le fauci di uraniator in questo “supply gap” (“mancanza di fornitura”) che ci ricorda tanto quello già visto un decennio fa nelle previsioni per il petrolio. La sola cosa che la IEA riesce a fare per cercare di scongiurare prospettive così pessime è il paragrafo che segue e che accompagna il grafico che vi ho appena indicato: 

“L'estrazione di risorse di uranio ancora da scoprire potrebbe aggiungere forniture di uranio nel futuro, sempre che si faccia esplorazione e sviluppo su scale significative. Inoltre, le risorse di uranio non convenzionali (acqua di mare e fosfati), così come i cicli di combustibili alternativi come quelli che si basano sul torio, promettono di fornire combustibile nucleare a lungo termine se si fa il necessario sviluppo tecnologico. Un'ampia gamma di tecnologie nucleari è attualmente in via di sviluppo (per esempio, i reattori di quarta generazione), il che congiuntamente alla rielaborazione potrebbero anche contribuire ad allontanare di un tempo ancora maggiore qualsiasi scarsità di combustibile”. 

Ciò che mi sembra preoccupante di questo paragrafo è che tutti questi argomenti vengono usati da decenni senza che nessuno dei progressi desiderati si sia verificato per ragioni tecniche che sono ben conosciute (per me il massimo del ridicolo è il riferimento all'uranio dell'acqua di mare). E' triste giungere a pagina 430 di questo rapporto per vedere che dopo tanto parlare siano rimasti senza parole.

Ciò che rimane nel calamaio

E' tantissimo: ci sono diverse sezioni interessanti, come quella dedicata alle rinnovabili, all'efficienza e all'elettrificazione. E tutta la parte dedicata all'Africa. Secondo il WEO le rinnovabili occuperanno una grande percentuale della produzione energetica futura ed è abbastanza fiducioso soprattutto rispetto al fotovoltaico, data la riduzione del costo dei pannelli, anche se riconosce che i recenti cambiamenti legislativi in diversi paesi lo stanno ostacolando e ricorda che le sovvenzioni statali ai combustibili fossili sono 6 volte maggiori che alle rinnovabili (anche se dimentica di commentare che i combustibili fossili stanno producendo più di 10 volte più energia delle rinnovabili). Nel paragrafo dell'efficienza non c'è il minimo riferimento al Lord Jevons. In quanto all'elettricità, c'è un'interessante discussione sulla sicurezza della fornitura energetica, che potrebbe vedersi compromessa, dice la IEA, a causa della maggior inclusione di energia rinnovabile e la perdita di interesse degli investitori in impianti convenzionali che tuttavia dovrebbero esserci per dare sostegno. Il quadro di questa discussione porta il titolo significativo di: “Mantenere accese le luci” (pagina 209).

Conclusioni

Il linguaggio tranquillizzante che viene sempre impiegato dalla IEA sulle prospettive di futuro in quanto alla fornitura di energia, risulta nettamente smentito quando si entra nei dettagli dei dati da essa stessa forniti. Nel rapporto di quest'anno possiamo trovare riferimenti per nulla velati ai problemi di produzione di petrolio se non c'è sufficiente investimento, a un picco del carbone che si potrebbe interpretare come un picco della domanda (fondamentalmente dovuto alla Cina) ma che in realtà potrebbe giungere ad essere un picco produttivo reale  e al riconoscimento, ormai senza perifrasi, che, senza un cambiamento radicale, la produzione di uranio comincerà a diminuire nel prossimo decennio. L'unica materia prima non rinnovabile per cui i grafici non mostrano problemi è il gas naturale, ed anche questa è abbastanza discutibile. Dati i dubbi crescenti sul buon passo dell'economia mondiale (che verranno confermati o smentiti nei prossimi mesi) non si può escludere che si verifichi una pericolosa retroazione negativa fra la produzione di questi materiali e i cicli di investimento e disinvestimento nella loro produzione. La produzione di petrolio, carbone e uranio (e in realtà anche quella del gas naturale) accumula tensioni tali che, lasciata al suo sviluppo naturale, porterebbe all'arrivo dei picchi contemporanei di tutte e di conseguenza di molte altre materie prime non energetiche. E' il temuto Peak Everything, il cui effetto sociale è la Grande Scarsità

Ponendo lo sguardo indietro, guardando a ciò che facciamo come società con questo corpo di prove crescente sui limiti della crescita, la sola cosa che vedo è che continuiamo a guardare, così come a seguire, le linee di evoluzione e di degrado più o meno previste dai modelli. Insomma, vedo come ci stiamo avvicinando al disastro finale. Se mai ci fosse un momento per reagire, è sicuramente questo. 

Saluti.
AMT