Da “The Oil Crash”. Traduzione di MR
Di Antonio Turiel
Cari lettori,
qualche giorno fa c'è stata una ricorrenza importante per me: sono passati 5 anni dalla mia prima conferenza divulgativa sul Picco del Petrolio. E' stato di fronte al Dipartimento di Oceanografia Fisica dell'Istituto di Scienza del mare, il mio dipartimento nel mio istituto. Quel seminario è stato il culmine di un processo di diversi mesi nei quali, alla fine, mi ero messo a studiare in profondità il problema delle risorse naturali. Ricordo quei mesi d'estate in cui stavo studiando per preparare il seminario e non riuscivo a credere quello che stavo scoprendo. Dato dopo dato, era sempre più chiaro che c'era una crisi energetica gravissima che stava cominciando a svilupparsi e che non c'erano soluzioni semplici per affrontarla. Che non si sarebbe una sostituzione rapida ed efficace delle vecchie energie fossili da parte di nessuna soluzione di quelle che allora si presumeva l'avrebbero sostituita, che fossero le rinnovabili o il nucleare. Per quanto lontana ed inverosimile mi sembrava tutto quanto, i dati erano lì. Da anni conoscevo (e mi preoccupava) il problema del picco del petrolio, anni in cui di tanto in tanto curiosavo fra le pagine di Crisis Energética e di altri siti web in inglese (Energy Bulletin, The Oil Drum), ma avevo sempre mantenuto una certa distanza, assumendo che il problema del petrolio sarebbe stato risolto da “coloro che sono al comando”. E' stato in quei mesi che ho scoperto che nessuno è al comando o, forse anche peggio, che se non si provava una soluzione è perché non ce n'erano.
Conclusa la mia prima ricerca, essendo giunto a conclusioni che mi sembravano inesorabili, ho passato molti giorni con una sensazione di irrealtà (sensazione che ha iniziato a svanire soltanto, e molto gradualmente, quando ho cominciato a mettere in ordine le mie idee e a plasmarle per iscritto in questo blog), di futilità di tutto quello che aveva occupato il mio tempo fino a quel momento, di paura per i miei cari, di fine della civiltà... Cercavo disperatamente qualche notizia che confutasse tutti i dati che avevo letto e qualche giorno prima della mia conferenza al dipartimento – che ho tenuto con l'aiuto del mio collega Jordi Solé – sono stato ad una conferenza che Pedro Prieto ha casualmente ed opportunamente tenuto presso il Consorci del Far di Barcellona. Avevo ancora una lieve speranza che Pedro, che conoscevo per averlo letto in alcuni suoi articoli su Crisis Energética e di sapevo che era un grande studioso del tema energetico, avrebbe smontato i miei timori facendo un bel resoconto dei grandi piani di sostituzione che mi erano sfuggiti. Ovviamente, è successo il contrario: Pedro ha confermato uno per uno i miei timori, ponendo l'accento sulle mie stesse conclusioni... Il giorno dopo ho preso la decisione di dedicarmi, perlomeno nel tempo libero, a fare divulgazione su questo tema tanto cruciale.
Cos'è cambiato in cinque anni?
Se potessimo guardare le cose sufficientemente in prospettiva vedremmo che ci sono stati moltissimi cambiamenti e molto radicali, ma facciamo fatica ad accettarlo, perché la nostra mente tende ad aggrapparsi a ciò che ha e non a ciò che può perdere. A livello locale, nel 2009 la disoccupazione in Spagna cominciava ad aumentare con forza, ma agli inizi di quell'anno era ancora al 14%, quasi dieci punti al di sotto di dove si trova ora (e potremmo stare peggio se l'emigrazione non stesse “alleviando” questo problema, anche se a costo di lasciare la Spagna più debole per il futuro). C'è stato un impoverimento generalizzato, una chiara diminuzione del reddito medio: stipendi congelati dei lavoratori pubblici e riduzioni di stipendio massicce attraverso il taglio dei tagli di più precari del settore privato e due terzi degli spagnoli soffrono di carenze in aspetti essenziali (secondo il rapporto FOESSA della Caritas). In questi anni si è parlato diverse volte di una possibile ripresa e dei problemi del debito pubblico. Le impropriamente chiamate “politiche di austerità” si sono trasformate in norma, generando molta disillusione, movimenti di protesta generalizzati (di cui il 15M è stato il loro esponente di punta) ed una rabbia crescente nei confronti della classe politica a delle istituzioni, sempre di più percepite come intrinsecamente corrotte, sempre più insultate perché la maggioranza crede che siano le cause della nostra disgrazia. In Spagna il sentimento di rabbia cresce, senza che la ripresa promessa (che probabilmente sprofonderà nei prossimi mesi) riesca a calmare gli animi. E questo sta scatenando processi inimmaginabili cinque anni fa. Per esempio, 5 anni fa era impensabile che la Catalogna si separasse dalla Spagna, ora in questa comunità non c'è praticamente altro tema di discussione per le strade, nei giorni che precedono la consultazione, che non è una consultazione ma è una consultazione del 9 di novembre. La Catalogna ha optato di rigenerarsi attraverso il taglio a favore del sano, uscendo dalla povera e insultata Spagna, e lasciare che il resto marcisca. E quel resto ha optato per la propria vita rigenerativa, con uno spiegamento massiccio di elettori verso una nuova forza politica, Podemos, di orientamento progressista e martello dialettico (a volte con tono populista) della “casta politica”. L'irruzione di Podemos provoca sempre più inquietudine e sofferenza nei partiti tradizionali e in alcuni recenti sondaggi Podemos è diventato già la prima forza politica della Spagna per intenzioni di voto.
Ma se apriamo lo zoom e guardiamo l'Europa, ci renderemo conto che la Spagna non sta vivendo un fenomeno isolato. Nella vicina Francia si prevede che un movimento populista, in questo caso di tendenze di destra, potrebbe ottenere la prossima presidenza della repubblica; Italia e Grecia, legate nell'economia ed avendo sofferto, entrambe, di cambiamenti non molto dissimili da un colpo di stato; la Germania, che se la passa meglio ma che vede nuvoloni neri nel suo futuro... Se si guarda il fattore petrolio, siccome la domanda sta crollando in mezzo ad una crisi che non può finire mai, si capisce che la scarsità di energia, e in particolare di petrolio, probabilmente ha molto a che fare con quello che sta succedendo. La Germania è potuta ricorrere al carbone per diminuire il suo declino energetico, utilizzando in quantità la propria lignite, in un viaggio dal breve percorso e dal finale incerto. E tutti hanno dovuto affrontare la caduta, che in alcuni casi (Italia, Spagna e Portogallo) è stata semplicemente brutale.
Allargando di più l'obbiettivo e andando alle porte dell'Europa, possiamo vedere diverse guerre civili in questo momento: Ucraina, Libia, Siria, Egitto, ora l'Iraq... E se guardiamo infine il panorama globale, ci sono numerose fonti di preoccupazione in America Latina, Asia, Africa... Solo un pugno di paesi, che comprendono Stati Uniti e Cina, sono riusciti a venire a capo, con non poche difficoltà, al peggiore di questi danni, anche se in questo stesso momento in lontananza non si intravedono giorni di rose e fiori per questo gruppo eletto di paesi (guardando per esempio il deterioramento delle prospettive economiche dei due paesi).
Per quanto sia stato drammatico il corso degli eventi durante l'ultimo lustro, non è stato così male come temevamo in molti di noi che ci siamo dedicati alla divulgazione della crisi energetica. Bisogna riconoscere che è emerso un freno imprevisto al crollo della produzione di petrolio, una risorsa che non consideravamo e che spiega la relativa stabilità dell'offerta di petrolio e del suo prezzo (anche se è stato alto) durante gli ultimi 5 anni: l'irruzione del fracking negli Stati Uniti. Grazie all'introduzione di questa tecnica su scala massiccia, prima nella ricerca di gas di scisto e poi per estrarre il molto più interessante e redditizio petrolio leggero di roccia compatta (Light Tight Oil), gli Stati Uniti sono riusciti ad invertire la tendenza al declino della loro produzione di petrolio, che stava già intorno ai 5 milioni di barili al giorno (Mb/g) ed aggiungervi in tempo record 3 Mb/g di LTO e condensati. E il Dipartimento per l'Energia sogna ancora che il prossimo anno gli Stati Uniti potrebbero raggiungere il loro massimo storico di produzione di petrolio greggio del 1970, che è stato di 10 Mb/g.
Nota per coloro che si sentano confusi perché hanno letto che gli stati Uniti superano già l'Arabia saudita nella produzione di petrolio: queste notizie si riferiscono a “tutti gli idrocarburi liquidi” o, come si dice a volte impropriamente, “tutti i liquidi del petrolio”, il che include anche i biocombustibili (che non apportano energia netta) e i liquidi del gas naturale (che possono sostituire il petrolio solo parzialmente).
Ma se una cosa non è cambiata negli ultimi 5 anni sono le strategie di negazione sul fatto che possa esistere un problema con l'energia. Continuiamo con le stesse sparate e tecno fantasie: continuiamo a parlare dell'energia nucleare (convenzionale, di quarta generazione, di fusione...) o dell'immenso futuro delle rinnovabili, con notizie ripetute fuori contesto ed esagerate che fanno pensare al lettore disinformato che sia prossima una rivoluzione energetica e che tutti i problemi si risolveranno presto... e siamo qui un lustro dopo, impantanati in problemi sociali ed economici crescenti e alla vigilia di una nuova ondata recessiva che nessuno vuole accettare che sia già qui. L'opzione nucleare ha perso di forza dopo il disastro di Fukushima e il progressivo abbandono del nucleare convenzionale in Europa. D'altra parte, tuttavia, sentiamo ancora canti di sirena che ci promettono di portarci nel paradiso rinnovabile. E' vero che il governo spagnolo, questo e quello precedente, ha boicottato questa alternativa, ma non è meno sicuro che i nuovi sistemi di energia rinnovabile hanno molti limiti, poche volte riconosciuti (a cominciare dal fatto che non è l'elettricità che ci manca, ma quel 79% di energia finale non elettrica che è difficile da elettrificare. E nonostante questo, ogni volta che si parla di energia nei mezzi di comunicazione si insiste sul settore elettrico). L'unica rivoluzione energetica che è stata fatta realmente è quella del fracking ed è stato un costo disumano: con gli Stati Uniti che esportano inflazione nei paesi fornitori, sfruttando giacimenti dal rendimento economico, nonostante questo, più che incerto, incorrendo sempre di più in problemi economici... E tutto per cosa? Per portare alle 127 compagnie produttrici di gas e petrolio più grandi del mondo sull'orlo del fallimento che non si farà attendere a lungo, soprattutto ora che la domanda debole frutto della recessione nascente trascina i prezzi verso il basso. Abbiamo guadagnato qualche anno semplicemente per metterci in una situazione peggiore quando tutto scoppia, perché gli stati si vedranno obbligati a intervenire per salvare un sacco di imprese strategiche per il loro vincolo con l'energia. Ma qui continuano le strategie di negazione (l'ultima consiste nel dire che è l'Arabia saudita che sta aumentando la propria produzione per affossare i prezzi del petrolio e far fuori così il fracking americano, quando in realtà l'Arabia Saudita a settembre ha ridotto la sua produzione per contenere l'attuale emorragia dei prezzi).
Non solo le strategie di negazione della crisi energetica non sono cambiate negli ultimi 5 anni, nonostante i problemi sempre più gravi che ci affliggono. Si continua anche ad accusare noi che avvertiamo dei problemi e del fatto che non ci sono soluzioni facili di essere dei catastrofisti. Forse con maggiore virulenza e violenza verbale, ultimamente, quello sì. E, tuttavia, se nel 2009 avessimo raccontato che saremmo stati come stiamo in questo momento, ci avrebbero presi per pazzi indovini e ci avrebbero denigrati come irrimediabili catastrofisti. E, in realtà, siamo qui, nonostante tanti brindisi al Sole, nonostante tanti annunci fatti in questo lustro (come in tutti i precedenti) sul fatto che l'Eldorado energetico era alla nostra portata. Che contributo hanno dato, che contributo danno, coloro che definiscono la mera descrizione della nostra realtà come “catastrofismo”? Si potrebbe dire niente, ma non è vero. Tutta questa gente che reagisce con aggressività quando si parla della crisi energetica, questa gente che mi scrive adirata e con aria vanagloriosa, con un “Ah” in bocca ogni volta che legge una notizia in un quotidiano di un nuovo progresso che credono definitivo ma che non uscirà mai dal laboratorio o dai test preliminari. Tutta questa gente che crede con la fede del carbonaro nelle stesse stupidaggini e nelle nuove tecno fantasie che abbiamo visto negli ultimi 40 anni e che entro 5 anni verranno sostituite da altre allo stesso tempo uguali e nuove. Tutte queste persone che vanno avanti ingannate e cieche ad una realtà sgradevole, sognando un futuro “pieno di energia” mentre nel mondo reale il consumo energetico della Spagna crolla... tutte queste persone insomma, senza volerlo ovviamente, stanno facendo un danno terribile e stanno mettendo in pericolo il nostro futuro. Poiché il tempo di prendere decisioni, in modo adulto, valutando correttamente la situazione sia che piaccia sia che non piaccia, è adesso. I veri catastrofisti non siamo noi che denunciamo un sistema distruttivo che si sta disintegrando e sta facendo soffrire tanta gente, no. I veri catastrofisti sono coloro che si rifiutano di guardare la realtà in faccia; i veri catastrofisti sono coloro che rifiutano che ci possa essere un cambiamento e preferiscono continuare in questa disgrazia e approfondirla; i veri catastrofisti sono coloro ai quali costa meno immaginare la fine del mondo che la fine del capitalismo e che di fatto credono che le cose si equivalgono quando in realtà non è così, quando in realtà ci può essere un futuro brillante per l'Umanità se decide di smettere di fare l'adolescente (tentando l'impossibile crescita senza limiti in un pianeta finito) e di abbracciare una serena maturità. Accusano noi che parliamo come adulti di essere catastrofisti quando sono loro che ci trascinano verso una catastrofe perfettamente evitabile, semplicemente perché non vogliono immaginare altre possibilità e soprattutto se la sognano.
Sono anche passati 5 anni da quando la missione europea SMOS decollava da una base russa. Era il primo satellite capace di misurare la salinità superficiale dell'oceano dallo spazio. Questo lancio ha comportato un grande cambiamento nella mia vita, poiché la mia attività professionale si è andata progressivamente allineando con la gestione della nostra attività nella missione ed attualmente occupa una buona parte della mia giornata lavorativa. Una nuova realtà, quella della gestione di un gruppo di ricerca, che mi porta a dover viaggiare continuamente adempiendo a impegni e cercando soldi per mantenere in piedi la mia squadra, un gruppo di persone molto capaci e competenti (e, soprattutto, persone buone) che hanno la sfortuna di avere un capo schizofrenico che durante il giorno mantiene una intensa attività "Bautomatica", mentre la sera nei tempi morti degli aeroporti, scrive della fine della società industriale su questo blog.
In questi 5 anni anche la mia vita personale è cambiata molto. Allora avevo una figlia, ora anche un figlio. Durante questo lustro ho perso capelli e vista ma non molto peso, solo un po' quando stavo per morire solo pochi mesi fa. Anche questo terribile evento ha cambiato la mia vita. Non scrivo più all'alba, non mangio più quando capita per rimanere sveglio e cerco di fare una vita più sana, solo un pizzico, solo una mollica. Con più frequenza mi viene da pensare cosa sarà della mia famiglia quando io non ci sarò più. A volte ho il sentore che a lungo andare posso solo mettermi nei guai (come le minacce di morte di un pazzo che ho dovuto sopportare fino a poco più di un anno fa e come le cose che senza dubbio stanno per arrivare in questi tempi turbolenti che già si intuiscono) e che non vale la pena continuare per quel poco o niente che otterremo. Ma mi dico anche, sono ancora vivo.
Cosa succederà nei prossimi 5 anni? Non lo so. E' difficile da sapere. Molte delle strategie della fuga in avanti che sono state intraprese negli ultimi anni sembra che stiano giungendo alla loro fine, senza aver migliorato la situazione globale e in molti casi avendola peggiorata, avendo creato più stress nel sistema e rendendo più probabile una caduta precipitosa e disordinata. 5 anni fa credevo che saremmo stati peggio di quanto stiamo in realtà. Oggi credo che in 5 anni staremo in una situazione francamente nefasta, spero di sbagliarmi. In realtà, dove arriveremo dipende solo da noi. E' sempre stato così.
Saluti.
AMT
Di Antonio Turiel
Cari lettori,
qualche giorno fa c'è stata una ricorrenza importante per me: sono passati 5 anni dalla mia prima conferenza divulgativa sul Picco del Petrolio. E' stato di fronte al Dipartimento di Oceanografia Fisica dell'Istituto di Scienza del mare, il mio dipartimento nel mio istituto. Quel seminario è stato il culmine di un processo di diversi mesi nei quali, alla fine, mi ero messo a studiare in profondità il problema delle risorse naturali. Ricordo quei mesi d'estate in cui stavo studiando per preparare il seminario e non riuscivo a credere quello che stavo scoprendo. Dato dopo dato, era sempre più chiaro che c'era una crisi energetica gravissima che stava cominciando a svilupparsi e che non c'erano soluzioni semplici per affrontarla. Che non si sarebbe una sostituzione rapida ed efficace delle vecchie energie fossili da parte di nessuna soluzione di quelle che allora si presumeva l'avrebbero sostituita, che fossero le rinnovabili o il nucleare. Per quanto lontana ed inverosimile mi sembrava tutto quanto, i dati erano lì. Da anni conoscevo (e mi preoccupava) il problema del picco del petrolio, anni in cui di tanto in tanto curiosavo fra le pagine di Crisis Energética e di altri siti web in inglese (Energy Bulletin, The Oil Drum), ma avevo sempre mantenuto una certa distanza, assumendo che il problema del petrolio sarebbe stato risolto da “coloro che sono al comando”. E' stato in quei mesi che ho scoperto che nessuno è al comando o, forse anche peggio, che se non si provava una soluzione è perché non ce n'erano.
Conclusa la mia prima ricerca, essendo giunto a conclusioni che mi sembravano inesorabili, ho passato molti giorni con una sensazione di irrealtà (sensazione che ha iniziato a svanire soltanto, e molto gradualmente, quando ho cominciato a mettere in ordine le mie idee e a plasmarle per iscritto in questo blog), di futilità di tutto quello che aveva occupato il mio tempo fino a quel momento, di paura per i miei cari, di fine della civiltà... Cercavo disperatamente qualche notizia che confutasse tutti i dati che avevo letto e qualche giorno prima della mia conferenza al dipartimento – che ho tenuto con l'aiuto del mio collega Jordi Solé – sono stato ad una conferenza che Pedro Prieto ha casualmente ed opportunamente tenuto presso il Consorci del Far di Barcellona. Avevo ancora una lieve speranza che Pedro, che conoscevo per averlo letto in alcuni suoi articoli su Crisis Energética e di sapevo che era un grande studioso del tema energetico, avrebbe smontato i miei timori facendo un bel resoconto dei grandi piani di sostituzione che mi erano sfuggiti. Ovviamente, è successo il contrario: Pedro ha confermato uno per uno i miei timori, ponendo l'accento sulle mie stesse conclusioni... Il giorno dopo ho preso la decisione di dedicarmi, perlomeno nel tempo libero, a fare divulgazione su questo tema tanto cruciale.
Cos'è cambiato in cinque anni?
Se potessimo guardare le cose sufficientemente in prospettiva vedremmo che ci sono stati moltissimi cambiamenti e molto radicali, ma facciamo fatica ad accettarlo, perché la nostra mente tende ad aggrapparsi a ciò che ha e non a ciò che può perdere. A livello locale, nel 2009 la disoccupazione in Spagna cominciava ad aumentare con forza, ma agli inizi di quell'anno era ancora al 14%, quasi dieci punti al di sotto di dove si trova ora (e potremmo stare peggio se l'emigrazione non stesse “alleviando” questo problema, anche se a costo di lasciare la Spagna più debole per il futuro). C'è stato un impoverimento generalizzato, una chiara diminuzione del reddito medio: stipendi congelati dei lavoratori pubblici e riduzioni di stipendio massicce attraverso il taglio dei tagli di più precari del settore privato e due terzi degli spagnoli soffrono di carenze in aspetti essenziali (secondo il rapporto FOESSA della Caritas). In questi anni si è parlato diverse volte di una possibile ripresa e dei problemi del debito pubblico. Le impropriamente chiamate “politiche di austerità” si sono trasformate in norma, generando molta disillusione, movimenti di protesta generalizzati (di cui il 15M è stato il loro esponente di punta) ed una rabbia crescente nei confronti della classe politica a delle istituzioni, sempre di più percepite come intrinsecamente corrotte, sempre più insultate perché la maggioranza crede che siano le cause della nostra disgrazia. In Spagna il sentimento di rabbia cresce, senza che la ripresa promessa (che probabilmente sprofonderà nei prossimi mesi) riesca a calmare gli animi. E questo sta scatenando processi inimmaginabili cinque anni fa. Per esempio, 5 anni fa era impensabile che la Catalogna si separasse dalla Spagna, ora in questa comunità non c'è praticamente altro tema di discussione per le strade, nei giorni che precedono la consultazione, che non è una consultazione ma è una consultazione del 9 di novembre. La Catalogna ha optato di rigenerarsi attraverso il taglio a favore del sano, uscendo dalla povera e insultata Spagna, e lasciare che il resto marcisca. E quel resto ha optato per la propria vita rigenerativa, con uno spiegamento massiccio di elettori verso una nuova forza politica, Podemos, di orientamento progressista e martello dialettico (a volte con tono populista) della “casta politica”. L'irruzione di Podemos provoca sempre più inquietudine e sofferenza nei partiti tradizionali e in alcuni recenti sondaggi Podemos è diventato già la prima forza politica della Spagna per intenzioni di voto.
Ma se apriamo lo zoom e guardiamo l'Europa, ci renderemo conto che la Spagna non sta vivendo un fenomeno isolato. Nella vicina Francia si prevede che un movimento populista, in questo caso di tendenze di destra, potrebbe ottenere la prossima presidenza della repubblica; Italia e Grecia, legate nell'economia ed avendo sofferto, entrambe, di cambiamenti non molto dissimili da un colpo di stato; la Germania, che se la passa meglio ma che vede nuvoloni neri nel suo futuro... Se si guarda il fattore petrolio, siccome la domanda sta crollando in mezzo ad una crisi che non può finire mai, si capisce che la scarsità di energia, e in particolare di petrolio, probabilmente ha molto a che fare con quello che sta succedendo. La Germania è potuta ricorrere al carbone per diminuire il suo declino energetico, utilizzando in quantità la propria lignite, in un viaggio dal breve percorso e dal finale incerto. E tutti hanno dovuto affrontare la caduta, che in alcuni casi (Italia, Spagna e Portogallo) è stata semplicemente brutale.
Immagine da “Energy briefing: Global Crude oil demand & supply”, di Yardeni Research:http://www.yardeni.com/pub/globdemsup.pdf
Allargando di più l'obbiettivo e andando alle porte dell'Europa, possiamo vedere diverse guerre civili in questo momento: Ucraina, Libia, Siria, Egitto, ora l'Iraq... E se guardiamo infine il panorama globale, ci sono numerose fonti di preoccupazione in America Latina, Asia, Africa... Solo un pugno di paesi, che comprendono Stati Uniti e Cina, sono riusciti a venire a capo, con non poche difficoltà, al peggiore di questi danni, anche se in questo stesso momento in lontananza non si intravedono giorni di rose e fiori per questo gruppo eletto di paesi (guardando per esempio il deterioramento delle prospettive economiche dei due paesi).
Per quanto sia stato drammatico il corso degli eventi durante l'ultimo lustro, non è stato così male come temevamo in molti di noi che ci siamo dedicati alla divulgazione della crisi energetica. Bisogna riconoscere che è emerso un freno imprevisto al crollo della produzione di petrolio, una risorsa che non consideravamo e che spiega la relativa stabilità dell'offerta di petrolio e del suo prezzo (anche se è stato alto) durante gli ultimi 5 anni: l'irruzione del fracking negli Stati Uniti. Grazie all'introduzione di questa tecnica su scala massiccia, prima nella ricerca di gas di scisto e poi per estrarre il molto più interessante e redditizio petrolio leggero di roccia compatta (Light Tight Oil), gli Stati Uniti sono riusciti ad invertire la tendenza al declino della loro produzione di petrolio, che stava già intorno ai 5 milioni di barili al giorno (Mb/g) ed aggiungervi in tempo record 3 Mb/g di LTO e condensati. E il Dipartimento per l'Energia sogna ancora che il prossimo anno gli Stati Uniti potrebbero raggiungere il loro massimo storico di produzione di petrolio greggio del 1970, che è stato di 10 Mb/g.
Nota per coloro che si sentano confusi perché hanno letto che gli stati Uniti superano già l'Arabia saudita nella produzione di petrolio: queste notizie si riferiscono a “tutti gli idrocarburi liquidi” o, come si dice a volte impropriamente, “tutti i liquidi del petrolio”, il che include anche i biocombustibili (che non apportano energia netta) e i liquidi del gas naturale (che possono sostituire il petrolio solo parzialmente).
Ma se una cosa non è cambiata negli ultimi 5 anni sono le strategie di negazione sul fatto che possa esistere un problema con l'energia. Continuiamo con le stesse sparate e tecno fantasie: continuiamo a parlare dell'energia nucleare (convenzionale, di quarta generazione, di fusione...) o dell'immenso futuro delle rinnovabili, con notizie ripetute fuori contesto ed esagerate che fanno pensare al lettore disinformato che sia prossima una rivoluzione energetica e che tutti i problemi si risolveranno presto... e siamo qui un lustro dopo, impantanati in problemi sociali ed economici crescenti e alla vigilia di una nuova ondata recessiva che nessuno vuole accettare che sia già qui. L'opzione nucleare ha perso di forza dopo il disastro di Fukushima e il progressivo abbandono del nucleare convenzionale in Europa. D'altra parte, tuttavia, sentiamo ancora canti di sirena che ci promettono di portarci nel paradiso rinnovabile. E' vero che il governo spagnolo, questo e quello precedente, ha boicottato questa alternativa, ma non è meno sicuro che i nuovi sistemi di energia rinnovabile hanno molti limiti, poche volte riconosciuti (a cominciare dal fatto che non è l'elettricità che ci manca, ma quel 79% di energia finale non elettrica che è difficile da elettrificare. E nonostante questo, ogni volta che si parla di energia nei mezzi di comunicazione si insiste sul settore elettrico). L'unica rivoluzione energetica che è stata fatta realmente è quella del fracking ed è stato un costo disumano: con gli Stati Uniti che esportano inflazione nei paesi fornitori, sfruttando giacimenti dal rendimento economico, nonostante questo, più che incerto, incorrendo sempre di più in problemi economici... E tutto per cosa? Per portare alle 127 compagnie produttrici di gas e petrolio più grandi del mondo sull'orlo del fallimento che non si farà attendere a lungo, soprattutto ora che la domanda debole frutto della recessione nascente trascina i prezzi verso il basso. Abbiamo guadagnato qualche anno semplicemente per metterci in una situazione peggiore quando tutto scoppia, perché gli stati si vedranno obbligati a intervenire per salvare un sacco di imprese strategiche per il loro vincolo con l'energia. Ma qui continuano le strategie di negazione (l'ultima consiste nel dire che è l'Arabia saudita che sta aumentando la propria produzione per affossare i prezzi del petrolio e far fuori così il fracking americano, quando in realtà l'Arabia Saudita a settembre ha ridotto la sua produzione per contenere l'attuale emorragia dei prezzi).
Non solo le strategie di negazione della crisi energetica non sono cambiate negli ultimi 5 anni, nonostante i problemi sempre più gravi che ci affliggono. Si continua anche ad accusare noi che avvertiamo dei problemi e del fatto che non ci sono soluzioni facili di essere dei catastrofisti. Forse con maggiore virulenza e violenza verbale, ultimamente, quello sì. E, tuttavia, se nel 2009 avessimo raccontato che saremmo stati come stiamo in questo momento, ci avrebbero presi per pazzi indovini e ci avrebbero denigrati come irrimediabili catastrofisti. E, in realtà, siamo qui, nonostante tanti brindisi al Sole, nonostante tanti annunci fatti in questo lustro (come in tutti i precedenti) sul fatto che l'Eldorado energetico era alla nostra portata. Che contributo hanno dato, che contributo danno, coloro che definiscono la mera descrizione della nostra realtà come “catastrofismo”? Si potrebbe dire niente, ma non è vero. Tutta questa gente che reagisce con aggressività quando si parla della crisi energetica, questa gente che mi scrive adirata e con aria vanagloriosa, con un “Ah” in bocca ogni volta che legge una notizia in un quotidiano di un nuovo progresso che credono definitivo ma che non uscirà mai dal laboratorio o dai test preliminari. Tutta questa gente che crede con la fede del carbonaro nelle stesse stupidaggini e nelle nuove tecno fantasie che abbiamo visto negli ultimi 40 anni e che entro 5 anni verranno sostituite da altre allo stesso tempo uguali e nuove. Tutte queste persone che vanno avanti ingannate e cieche ad una realtà sgradevole, sognando un futuro “pieno di energia” mentre nel mondo reale il consumo energetico della Spagna crolla... tutte queste persone insomma, senza volerlo ovviamente, stanno facendo un danno terribile e stanno mettendo in pericolo il nostro futuro. Poiché il tempo di prendere decisioni, in modo adulto, valutando correttamente la situazione sia che piaccia sia che non piaccia, è adesso. I veri catastrofisti non siamo noi che denunciamo un sistema distruttivo che si sta disintegrando e sta facendo soffrire tanta gente, no. I veri catastrofisti sono coloro che si rifiutano di guardare la realtà in faccia; i veri catastrofisti sono coloro che rifiutano che ci possa essere un cambiamento e preferiscono continuare in questa disgrazia e approfondirla; i veri catastrofisti sono coloro ai quali costa meno immaginare la fine del mondo che la fine del capitalismo e che di fatto credono che le cose si equivalgono quando in realtà non è così, quando in realtà ci può essere un futuro brillante per l'Umanità se decide di smettere di fare l'adolescente (tentando l'impossibile crescita senza limiti in un pianeta finito) e di abbracciare una serena maturità. Accusano noi che parliamo come adulti di essere catastrofisti quando sono loro che ci trascinano verso una catastrofe perfettamente evitabile, semplicemente perché non vogliono immaginare altre possibilità e soprattutto se la sognano.
Sono anche passati 5 anni da quando la missione europea SMOS decollava da una base russa. Era il primo satellite capace di misurare la salinità superficiale dell'oceano dallo spazio. Questo lancio ha comportato un grande cambiamento nella mia vita, poiché la mia attività professionale si è andata progressivamente allineando con la gestione della nostra attività nella missione ed attualmente occupa una buona parte della mia giornata lavorativa. Una nuova realtà, quella della gestione di un gruppo di ricerca, che mi porta a dover viaggiare continuamente adempiendo a impegni e cercando soldi per mantenere in piedi la mia squadra, un gruppo di persone molto capaci e competenti (e, soprattutto, persone buone) che hanno la sfortuna di avere un capo schizofrenico che durante il giorno mantiene una intensa attività "Bautomatica", mentre la sera nei tempi morti degli aeroporti, scrive della fine della società industriale su questo blog.
In questi 5 anni anche la mia vita personale è cambiata molto. Allora avevo una figlia, ora anche un figlio. Durante questo lustro ho perso capelli e vista ma non molto peso, solo un po' quando stavo per morire solo pochi mesi fa. Anche questo terribile evento ha cambiato la mia vita. Non scrivo più all'alba, non mangio più quando capita per rimanere sveglio e cerco di fare una vita più sana, solo un pizzico, solo una mollica. Con più frequenza mi viene da pensare cosa sarà della mia famiglia quando io non ci sarò più. A volte ho il sentore che a lungo andare posso solo mettermi nei guai (come le minacce di morte di un pazzo che ho dovuto sopportare fino a poco più di un anno fa e come le cose che senza dubbio stanno per arrivare in questi tempi turbolenti che già si intuiscono) e che non vale la pena continuare per quel poco o niente che otterremo. Ma mi dico anche, sono ancora vivo.
Cosa succederà nei prossimi 5 anni? Non lo so. E' difficile da sapere. Molte delle strategie della fuga in avanti che sono state intraprese negli ultimi anni sembra che stiano giungendo alla loro fine, senza aver migliorato la situazione globale e in molti casi avendola peggiorata, avendo creato più stress nel sistema e rendendo più probabile una caduta precipitosa e disordinata. 5 anni fa credevo che saremmo stati peggio di quanto stiamo in realtà. Oggi credo che in 5 anni staremo in una situazione francamente nefasta, spero di sbagliarmi. In realtà, dove arriveremo dipende solo da noi. E' sempre stato così.
Saluti.
AMT