Visualizzazione post con etichetta Sebastiani. Mostra tutti i post
Visualizzazione post con etichetta Sebastiani. Mostra tutti i post

venerdì 7 gennaio 2022

Pensieri Eretici

 


Tutte le teorie filosofiche e le visioni del mondo dei maggiori pensatori, pur nella diversità delle opinioni o, addirittura, nella loro acerrima rivalità, hanno sempre sottinteso una base comune di ragionamento, partendo dalla quale è possibile discutere, al di fuori della quale vi è solo ostracismo ed eresia.

La base comune consiste nel riconoscimento della superiorità dell’essere umano su ogni altra forma di vita e, di conseguenza, della liceità dello sfruttamento artificioso della natura, sia animata che inanimata.

Se vi sono state, e sicuramente sono esistite, culture diverse, queste sono state distrutte, annientate, annichilite. Non solo ostracismo, ma anche eresia, e quindi rogo.

L’avanzare dei tempi spinge sempre più a riconsiderare questi dogmi antichi e tutt’ora dominanti.
Sta per concludersi l’era della fiducia illimitata nel progresso tecno-scientifico-economico. Lentamente inizia a farsi strada la diffidenza, il dubbio, la perplessità.

Questo nuovo modo di pensare è indotto dai molteplici danni inferti alla natura dalla civiltà dominante, quella che Servier chiamava civiltà bianca occidentale, ma che ora mi pare più appropriato definire civiltà umana tout court.

La sovrappopolazione, origine di tutti i problemi, e tutte le sue conseguenze, dal riscaldamento globale alla deforestazione, dall’inquinamento alla desertificazione, dall’innalzamento dei mari alla scomparsa della biodiversità ecc. ecc. spingono sempre più persone a ripensare il senso del progresso materiale. Non più positivo, ma, nella migliore delle ipotesi, rischioso, nella più realistica deleterio.

In questo mutamento sempre più diffuso delle opinioni si inserisce la mia attività speculativa con la nascita e la diffusione del Cancrismo, ovvero della teoria secondo cui Homo sapiens, una volta acquisita la capacità di intervenire e di modificare (a proprio vantaggio) il corso degli eventi naturali, si è trasformato in cellula tumorale maligna dell’organismo planetario rappresentato dal fenomeno vita sulla Terra.

Questa teoria è esposta compiutamente nei libri da me finora pubblicati, e cioè Il Cancro del Pianeta, Il Cancro del Pianeta Consapevole, L’Impero del Cancro del Pianeta e Rivelazione – Discorso alle cellule malate.

Per presentare questi libri e per affrontare risvolti particolari della teoria, non sviluppati a sufficienza nei predetti testi, tra il 2018 e il 2021 ho scritto circa un’ottantina di articoli, in genere per blog e siti on line, ma anche per riviste cartacee.

Tutta questa mole di lavoro, magari disomogenea e affastellata, ma comprendente importanti puntualizzazioni della teoria, non meritava di finire nel dimenticatoio, nel grande pozzo nero in cui svaniscono tutti i post e gli articoli di Facebook, Twitter e dei vari blog.

Ho perciò pensato di raccoglierla in unico volume al quale ho dato il titolo di Pensieri eretici – Saggi brevi contro l’ortodossia progressista. Il termine eretici, con la spiegazione che l’ortodossia cui si contrappongono è il progressismo imperante, definisce bene, io credo, quale sia lo scopo del mio lavoro, e cioè aprire gli occhi anche dei più riluttanti sulla reale natura dell’essere umano.
Eretici furono Copernico, Galileo, Giordano Bruno e Darwin. Ognuno di loro sfatò leggende che erano ritenuti veri e propri dogmi dall’intera unamità.

Ma l’ultimo dogma, quello della giusta superiorità della razza umana, è ancora in piedi e attende di essere abbattuto. È un colosso, ma ha i piedi di argilla. I disastri causati da tale superiorità faranno ben presto crollare a terra l’intera impalcatura ideologica che sottende.

Il Cancrismo ha la funzione di accelerare questo processo dissacratorio, e pertanto oggi è eretico, ma, in prospettiva, diverrà la nuova ortodossia di un’umanità liberata dall’iperuranio e dall’immortalità dell’anima.
 
Siamo animali con un organo, il cervello, iper-sviluppato, modificatosi geneticamente in funzione mortifera, distruttiva.

Non possiamo regredire. Ma possiamo prendere coscienza di questa triste realtà e adoperarci per mitigarne le conseguenze.

Questa è la funzione dei miei pensieri eretici. Ogni breve saggio individua e colpisce certezze che hanno contribuito a edificare la globalizzazione nella quale siamo immersi e che sta conducendo il mondo all’eco-catastrofe.

Il miglior modo per far comprendere tale realtà credo che sia riportare in appresso i titoli degli ottanta “pensieri”, lasciando alle persone di buona volomtà di approfondire la questione leggendo i testi completi nel libro che offro alla vostra attenzione:


Prefazione
Il Cancro del Pianeta
Ascetica orientale e occidentale
Per una nuova rivoluzione culturale
L’età di mezzo tra tensioni contrapposte
La de-differenziazione ovvero l’omologazione globale delle cellule
La scoperta del nuovo mondo e il mito del buon selvaggio
E se tutti gli edifici della Terra fossero monopiano?
Di troppa intelligenza … si muore
I vicoli ciechi dell’evoluzione
Il Cancrismo come superamento dell’Ecologia profonda
La nostra intelligenza tra microcosmo e macrocosmo
Cancrismo e limiti dell’intelligenza
Il Cancro del Pianeta Consapevole
Specie maligna
Come funziona il nostro cervello?
Angeli o demoni?
Il software può modificare l’hardware?
Quando diventammo umani?
Un rimedio biochimico per la schizo-fisiologia del cervello umano?
Un monumento enigmatico
Figli delle stelle?
Carne o non carne? Siamo animali vegetariani o onnivori?
Verso cervelli più potenti e con più memoria?
Dopo il secolo dei lumi in Europa irrompe il Romanticismo
La distruzione della Natura nell’antichità
È meglio essere nati o sarebbe stato meglio non essere mai nati?
Verso una rete sinaptica mondiale
Il vero responsabile
Il caso e la colpa
Verso le macchine pensanti?
La mescolanza artificiale delle specie
Stop alla Formula 1
Lettera aperta ai giovani che lottano per la salvezza della biosfera
Il Luddismo. Gli artigiani inglesi contro la Rivoluzione industriale
Il green-business che ci aspetta
Riflessioni sul Cancrismo
Il dilemma ostetrico
Anche nel nuovo mondo c’è chi rimpiange la Natura selvaggia
Aurelio Peccei precursore del Cancrismo?
Kierkegaard, Dostoevskij e Nietzsche nell’analisi di Lev Šestov
Il cane, il gatto e io
Il potere della parola
Cancrismo e pandemia
La rete che ci sta per avvolgere
Antivaccinismo e dintorni
Per una rilettura dell’antispecismo
La torre più alta
Il punto di vista di Unicredit
Sul piacere di rileggersi
L’Impero del Cancro del Pianeta
La retorica del lavoro
Cancrismo e libero arbitrìo
Basta scienza!
Gli Amish, il “popolo semplice” che rifiuta il progresso
Liti … eccellenti
L’adattabilità del genere umano
Siamo virus o cellule cancerogene?
La ripugnanza del sesso
Perché no all’estinzionismo
Il Cancrismo e l’amore per la vita
Cosa è “contro natura”
“Sapere di non sapere” o “sapere di non poter sapere”?
Istinto di conservazione e volontà di potenza
Il vegetariano seminudo
Apologia dell’apofatismo
Spunti per una nuova rivoluzione culturale
Una, nessuna o centomila?
Contra philosophos
Cervello e dintorni. A che punto sono gli studi?
Il blog de Il Cancro del Pianeta
La bellezza salverà il mondo
Un pittore cancrista: Mario Giammarinaro
Come convincere chi non vuole essere convinto
Omaggio a Sergio Orlando, poeta del sublime
Una via senza ritorno
De Rerum Natura
P.I. Punteggio Individuale
Jean Servier precursore del Cancrismo?
Rivelazione – Discorso alle cellule malate
Postfazione



venerdì 18 giugno 2021

Rivelazione - Discorso alle cellule malate, il nuovo libro di Bruno Sebastiani

 


La teoria cancrista, secondo cui l’umanità è divenuta un tumore sulla Terra, consta di tre testi base (“Il Cancro del Pianeta”, “Il Cancro del Pianeta Consapevole” e “L’Impero del Cancro del Pianeta”). A questi ora se ne aggiunge un quarto, “Rivelazione – Discorso alle cellule malate”.

Qualcuno può domandare: ve ne era bisogno? la teoria non era stata già sufficientemente sviluppata nei tre saggi sin qui pubblicati?

Ebbene, non solo di questo quarto volume vi era bisogno, ma di ogni altro ulteriore che uscirà in futuro, scritto da me o da chi vorrà aderire alla teoria.

L’enorme mole di testi e di dottrine che Homo sapiens ha prodotto in cinquemila anni di storia per giustificare e glorificare la sua superiorità su ogni altra specie non può essere certo confutata con i pochi argomenti racchiusi in un volumetto di 200 pagine.

È dunque necessario produrre idee su idee, ragionamenti su ragionamenti, ciascuno finalizzato a rovesciare l’insana tesi secondo cui è nostro diritto sottomettere ogni elemento della natura.

In questa ottica si inserisce ora “Rivelazione – Discorso alle cellule malate”, libro che intende aprire gli occhi di Homo sapiens facendo leva sui falsi miti costruiti dalla ragione e poi dalla ragione ripudiati.

L’uomo, infatti, sin dalla sua uscita dallo stato di natura ha iniziato a costruire intorno a sé un castello ideologico sempre più complesso al fine di dare un senso alla propria esistenza e di giustificare il proprio diritto di supremazia sugli altri viventi.

Animismo e miti si sono nel tempo trasformati in Grandi Favole (alias “religioni”), le quali hanno governato il mondo fino a qualche secolo fa e che ancora tanta influenza hanno in alcune aree del Pianeta.

Ma la cosiddetta “civiltà” contemporanea ha voltato le spalle a questo tipo di costruzioni ideologiche e l’essere umano ha pressoché smesso di ricercare il senso della propria esistenza, dedicandosi interamente al godimento dei beni materiali.

È così caduto il velo che nascondeva la nostra vera natura di cellule tumorali, ma non ce ne siamo resi conto.

Abbiamo edificato “L’Impero del cancro del Pianeta” e grazie alle sue rigide strutture organizzative riusciamo a sfamare otto miliardi di uomini con trenta miliardi di animali (che in attesa della macellazione devono essere a loro volta sfamati) e con una infinita quantità di vegetali (per produrre i quali le foreste scompaiono anno dopo anno e lasciano il posto a sconfinati campi di monoculture).

Questo Impero non potrà vivere a lungo e la sua caduta sarà la più rovinosa della storia.

Per aprire gli occhi a chi non vuole guardare questa realtà avevo già scritto “Il Cancro del Pianeta Consapevole”.

Ma, poiché l’egoismo antropocentrico continua imperterrito a dilagare, a quel libro ora si aggiunge “Rivelazione – Discorso alle cellule malate”.

In quest’ultima opera la “Rivelazione” finale ruota intorno al concetto de “i limiti dell’intelligenza” (al quale è dedicato un intero capitolo). Questo concetto è fondamentale nella teoria cancrista, secondo solo al concetto dell’abnorme evoluzione subìta del nostro cervello.

Se quest’ultima ci ha trasformati in cellule tumorali, i limiti dell’intelligenza ci impediscono di edificare strutture artificiali equilibrate e durature come quelle naturali che abbiamo distrutto.

Questi limiti, oltretutto, non ci consentono di innalzarci alla conoscenza delle verità ultime, e questa, in estrema sintesi, è la Rivelazione finale che il mio saggio intende offrire all’attenzione dell’uomo contemporaneo.

Nel libro, ovviamente, il ragionamento è assai più articolato e complesso, con una conclusione “a sorpresa”.

Al termine del “discorso”, infatti,  si giunge alla conclusione che il contenuto del messaggio “rivelato” altro non è che la riproposizione in termini attuali di quanto era contenuto nelle antiche dottrine mistiche “apofatiche” (nel mio articolo “Apologia dell’Apofatismo” vi è una sommaria descrizione di queste ultime).

Questo concetto de “i limiti dell’intelligenza” è di una tale importanza che in un prossimo futuro gli dedicherò un apposito saggio.

Tutti i maggiori filosofi hanno discettato intorno alle enormi potenzialità della ragione umana e hanno costruito ambiziosi castelli ideologici per tentare di scalare il cielo. Basti pensare alle varie le dimostrazioni razionali dell’esistenza e onnipotenza di Dio.

Qualcuno, per la verità, ha avvertito che oltre a un certo limite non era possibile andare (in particolar modo gli appartenenti alle citate dottrine “apofatiche”), ma i più hanno ignorato questi avvertimenti e si sono inoltrati fin nei più impervi sentieri dell’essere.

A questo orgoglio intellettuale ha fatto da contraltare un analogo orgoglio scientifico, e il combinato disposto di queste due devastanti funzioni cerebrali ha dato vita alla più rovinosa aggressione al corpo del Pianeta.

Cellule sane (animali e vegetali), rocce, terra, sottosuolo, nulla è stato risparmiato dall’aggressività del cancro del Pianeta, neppure le acque dei fiumi e del mare, né l’aria del cielo.

Forse non siamo più in tempo per salvare la biosfera, ma qualunque sia la nostra sorte non possiamo esimerci dal tentare di fare ogni sforzo per raddrizzare l’imbarcazione che sta affondando. Arrendersi prima del tempo significa solo accelerare la fine.

Ben venga dunque la “Rivelazione” della nostra vera natura e ogni altro messaggio finalizzato a conseguire il medesimo obiettivo.

E ben vengano le manifestazioni di consenso e di supporto nei confronti di chi sta dalla parte della Natura contro l’antropocentrismo dilagante.



giovedì 24 settembre 2020

Il Cancrismo e l'amore per la vita

 


Accusare l’uomo di essere il cancro del pianeta secondo alcuni può sottintendere una forma smisurata di misantropia se non addirittura di odio verso la vita in generale.

Nulla di più sbagliato per quanto riguarda il Cancrismo, la teoria che da anni mi sforzo di sostenere e di divulgare, che esprime invece la posizione opposta: l’odio per la forma deviata di vita che l’evoluzione abnorme del cervello ha indotto nella nostra specie nasce dall’amore più profondo e sviscerato per la vita, così come sul nostro pianeta si è sviluppata in milioni e milioni di anni.

Il secondo capitolo del mio libro “L’impero del cancro del pianeta” si intitola “La sinfonia della vita” e cerca di stabilire un parallelismo tra l’armonia regnante in natura e la maestosità delle composizioni dei più grandi musicisti. L’alterazione genica che ha provocato la nostra disgraziata crescita cerebrale è assimilata alle stonature che possono intervenire a seguito di errori interpretativi.

“[…] pensiamo cosa accadrebbe ad una sinfonia di Beethoven se qualche presuntuoso orchestrale decidesse da un certo punto in poi di sostituire ogni “la” con un “sol”, o ogni “do” con un “si”, o di effettuare modifiche ancor più cervellotiche.

L’armonia si spezzerebbe e il risultato sarebbe disastroso.

Ebbene è ciò che noi abbiamo fatto con la natura della biosfera. E la sinfonia della vita rischia ora di trasformarsi in un tragico concerto per la fine del mondo.”

Perché l’amore per la vita?

Essenzialmente per tre ordini di motivi.

Il primo motivo è di natura estetica. La contemplazione della natura, animata e inanimata, è fonte di godimento per la vista e per ogni altro senso che ne sia coinvolto. Non potrebbe essere diversamente, poiché anche noi siamo natura e i nostri canali “percettivi” si sono co-evoluti insieme a ogni altra componente del mondo naturale: sentiamo di farne parte e ne siamo attratti. Restiamo immobili e sbalorditi di fronte alla maestosità della foresta, al fascino del bosco, all’imponenza delle catene montuose, del mare e dinanzi a ogni altro fenomeno che accade al di fuori delle distese di cemento che ormai purtroppo ci circondano. La riprova di questo godimento estetico si ha proprio in relazione alla triste visione delle periferie urbane. Ma, attenzione! Anche da questo impietoso contrasto si può trarre qualche elemento a sostegno della tesi sin qui sostenuta. Taluni ammirano le forme ardite di alcuni edifici ultra-moderni e molti sono affascinati da antiche costruzioni (pensiamo alle cattedrali gotiche): ebbene, queste realizzazioni dell’ingegno umano appaiono tanto più godibili alla vista quanto più richiamano forme, spazi e armonie proprie del mondo della natura. Non profili squadrati e linee rette, ma curve sinuose e un’infinità di decorazioni che riportano alla mente la vegetazione rigogliosa della selva primordiale. Emblematiche al riguardo le opere di Gaudì e, ancor più vicino a noi, i palazzi del cosiddetto “bosco verticale” recentemente edificati a Milano. Qui la superiorità estetica del mondo della natura rispetto a quella del nostro mondo artificiale è addirittura sancita dal tentativo di inserire la prima nella seconda.

Il secondo motivo è di natura intellettiva. Ogni fenomeno della natura è per noi fonte di immenso stupore. Abbiamo le capacità cerebrali più elevate tra gli esseri viventi e osserviamo l’accadimento di fatti che non saremmo mai stati in grado di progettare e men che meno di realizzare. La più intima riprova di questa affermazione sta proprio nella nostra stessa esistenza. Siamo venuti al mondo inconsapevolmente e poi, quando è stato il nostro turno di dare la vita ad altri esseri, lo abbiamo fatto altrettanto inconsapevolmente. Siamo l’anello di una catena, il tramite per la concretizzazione di organismi ultra-complessi che accudiamo amorevolmente ma della cui realizzazione non siamo minimamente responsabili. E così pure osserviamo ogni altra manifestazione della natura, dallo sbocciare di un fiore all’opera delle api sino ai più complessi rituali amorosi delle varie specie viventi, il tutto finalizzato unicamente alla perpetuazione di quella stupefacente realtà che chiamiamo vita. Ciò per noi è fonte di incredula ammirazione e di affascinata contemplazione che non può fare a meno di tradursi in amore per tale realtà.

Il terzo motivo è di natura psicologica. Oltre ad essere soggetti “osservanti” noi siamo anche e soprattutto soggetti “senzienti”. Il che significa che riceviamo sensazioni di ogni tipo dal mondo esterno, le immagazziniamo nel nostro cervello e le traduciamo in emozioni, sentimenti, stati d’animo e così via, come accade per ogni specie animale. La gioia, il dolore, il piacere sono solo alcune tra le infinite manifestazioni che si possono produrre in noi dall’incontro – scontro tra il mondo della natura e la nostra psiche. Alcune di queste manifestazioni inducono dolore e sofferenza, ma si tratta di una parte minoritaria. Non possiedo dati statistici al riguardo e credo che nessuno ne abbia, ma facendo affidamento sul semplice buon senso ritengo che l’esistenza della maggior parte degli esseri umani (e assai di più di quelli non umani!) sia prevalentemente contraddistinta da condizioni di buona salute e quindi di benessere esistenziale. È una delle leggi dell’evoluzione: ciò che apporta vantaggi procede, ciò che apporta svantaggi retrocede. Una sensazione che rende bene l’idea di come la nostra vita (e quindi anche quella degli altri viventi) sia da amare è l’euforia che ci pervade a primavera, al risveglio di tutte le componenti del mondo della natura. Quello è il momento in cui la vita rinasce dopo il letargo invernale e mostra con maggior vigore la potenza che la pervade. Siamo trascinati da tale spettacolo, ne restiamo affascinati e queste sensazioni si traducono nel profondo amore che proviamo nei confronti della vita.

Questi motivi sussistono a prescindere dalla disgraziata opera di devastazione della natura che stiamo compiendo. Per un evento tanto fortuito quanto sfortunato la crescita abnorme del nostro encefalo ci ha trasformati in cellule tumorali della biosfera. Ma questa triste realtà non deve indurci a odiare ciò che stiamo distruggendo, come pare facciano gli adoratori della modernità. Città non è meglio di campagna. Cemento non è meglio di terra. Rumore non è meglio di silenzio. Solo un profondo amore per la vita e per la natura è alla base della teoria cancrista: se si sostiene il diritto dell’uomo a dominare e devastare la natura si è dalla parte del cancro; se si nega questo diritto si è dalla parte della vita.


mercoledì 1 luglio 2020

Basta scienza!


Il 23 giugno 2020 Ugo Bardi ha pubblicato su Facebook (nel Gruppo The Seneca Effect) un post con la foto di una manifestazione in cui veniva innalzato un cartello con la scritta BASTA SCIENZA.
La manifestazione, organizzata dal movimento 3V (Vogliamo Verità Vaccini), si è svolta il 20 giugno in piazza Santa Croce a Firenze e vi hanno partecipato migliaia di persone contrarie all’uso dei vaccini, ma anche alla rete 5G, alla TAV e via dicendo.
Non entro nel merito di questi argomenti, a cui ho già dedicato un paio di articoli (vedi “Antivaccinismo e dintorni” e “La rete che ci sta per avvolgere”); vorrei invece soffermarmi sullo specifico discorso della scienza, che mi pare di assoluto rilievo.
A caldo ho così commentato il post: “Quel cartello andava issato migliaia di anni fa e doveva recitare: "No alla scienza". Ora è troppo tardi. Solo la scienza può tentare di rimediare ai guai che gli scienziati hanno combinato […]”
Cosa intendevo dire? Provo a rispondere infilando i ragionamenti uno dietro l’altro, in modo consequenziale ma anche estremamente sintetico, in modo da non annoiare chi legge e andare diritti al cuore del problema.
1) La scienza è figlia del pensiero astratto (di quel tipo di pensiero cioè che mette in relazione gli oggetti e ne ricava dei collegamenti immateriali)
2) il pensiero astratto nasce nell’uomo in modo graduale, man mano che il suo cervello cresce e con esso il numero dei neuroni
3) esiste una soglia di sviluppo neuronale, che nessuno è in grado di quantificare, al di sopra della quale inizia a formarsi il pensiero astratto e al di sotto della quale il pensiero rimane “oggettivo”, “concreto”, legato alle sensazioni e nulla più
4) una volta superata la soglia, l’uomo inizia a modificare la natura. Il pensiero astratto gli consente di immaginare forme nuove per gli oggetti esistenti e poi di modificarli come immaginato. Nasce così l’industria litica, poi la caccia di gruppo, la pastorizia, l’agricoltura ecc.
5) nasce la matematica, la geometria, la scienza
6) lentamente, passo dopo passo, si concretizza il mondo artificiale. La scienza mette a disposizione dell’uomo ritrovati sempre più sofisticati che gli consentono di impossessarsi degli spazi che la natura aveva riservato ad altre specie (animali e vegetali)
7) lo strumento mediante il quale l’uomo raggiunge gli obiettivi indicati dalla scienza è il lavoro (a questa attività, bollata un tempo come maledizione e oggi incensata come benedizione, ho recentemente dedicato l’articolo “La retorica del lavoro”)
8) la scienza consente all’uomo di moltiplicarsi a dismisura (tramite igiene diffusa, contrasto alle malattie ecc.), nonché di alimentare questa immensa moltitudine e di fornire energia alla ancor più grande moltitudine di macchine che scienza, tecnica e lavoro hanno prodotto (di questi argomenti tratta il mio nuovo libro “L’impero del cancro del pianeta”)
9) la scienza ha quindi contribuito in modo determinante all’edificazione di questa rete mondiale che sta soffocando la biosfera come le masse tumorali distruggono i tessuti sani degli ammalati di cancro
10) ma solo la scienza ha anche le chiavi per il sostentamento di questa enorme massa umana, per continuare a far marciare la macchina finché ci sarà carburante disponibile. Rinunciare oggi alla scienza significherebbe innescare anzitempo la catastrofe. Il mondo artificiale ha i secoli contati (o decenni?). Solo la scienza, la colpevole di tutto, può ancora elargirci cure palliative in grado di allungare un poco l’esistenza della biosfera che noi conosciamo. Dobbiamo rinunciarvi? Chi non tenterebbe di alleviare le sofferenze di un ammalato di cancro in fase terminale?
Ecco riassunti in 10 punti i termini del dramma che stiamo vivendo.
In Siberia si sono toccati 38 gradi di calore. La pandemia partita dalla Cina ha raggiunto tutto il mondo, in conseguenza del global warming, della deforestazione, della desertificazione, dell’inquinamento, della sovrappopolazione, e così via.
Tutto a causa della scienza, figlia del pensiero astratto, che ci ha consentito di dar vita al mondo artificiale.
E, prima ancora, a causa della crescita eccessiva del nostro encefalo.
Causa, non colpa. Qui nessuno è colpevole. È accaduto e basta.
Ma ora, al punto in cui siamo, credo che sia giunto il momento di svelare il vero senso del cammino che abbiamo sin qui percorso.
A questa “impresa” è consacrato il mio prossimo libro, che avrà per titolo “Rivelazione”, e per sottotitolo: “Discorso alle cellule malate”. Con questa opera, che vedrà la luce non prima del 2021, mi propongo di approfondire analiticamente il ruolo svolto dal nostro cervello, dal pensiero astratto e dalla scienza nell’infausta attività di distruzione della natura che stiamo portando avanti con ritmi sempre più frenetici.
Cionondimeno credo che il decalogo sopra riportato possa avere una sua utilità nell’incuriosire il lettore in buona fede sui problemi innescati dalla scienza e sul fatto che solo la scienza è in grado di decifrarli e di tentare di arginarli.
Un’ultima annotazione relativamente al movimento organizzatore della manifestazione di Firenze.
Un suo fan ha scritto: “BASTA SCIENZA!”, ma il secondo punto programmatico di questo neonato movimento afferma: “La Repubblica è fondata sul lavoro ed essa riconosce a tutti i cittadini il diritto al lavoro”.
Alla luce del ragionamento fin qui svolto (vedi punto 7) dovrebbe apparire evidente la contraddizione di chi intendesse fermare la “scienza” e al tempo stesso riconoscere al “lavoro” un ruolo centrale nella vita della Repubblica.
Ma tant’è! Protestare contro tutto e contro tutti è molto più facile che costruire un sistema ideologico coerente.

giovedì 4 giugno 2020

L'impero del cancro del pianeta: il nuovo libro di Bruno Sebastiani

 L'impero del cancro del pianeta


Chi di voi, osservando dal finestrino di un aereo le case, le strade, i capannoni e i campi coltivati sottostanti, non ha avuto l’impressione di trovarsi in presenza di un melanoma, di un vero e proprio tumore maligno ai danni del corpo del pianeta?
In gergo “cancrista” questa si chiama la “prova dell’aeroplano” e ne hanno parlato, tra gli altri, Lewis Mumford e Konrad Lorenz.
Questa raffigurazione terrificante è la conferma visiva di come ormai l’intero globo terracqueo sia diventato un immenso, sconfinato impero dell’essere umano, ovvero del cancro del pianeta.
Ad esso è dedicato il mio nuovo libro, intitolato per l’appunto “L’impero del cancro del pianeta” (Mimesis editore) e sottotitolato “L’organizzazione della società ai tempi dell’ecocidio”.
Per la presentazione dei libri precedenti vedere Il cancro del pianeta e Il cancro del pianeta consapevole.
Ho cercato con questo saggio di scendere metaforicamente dall’aeroplano e di calarmi dentro alla realtà della malattia per vedere come le cellule neoplastiche si sono organizzate al fine di sostenere il loro esorbitante aumento numerico.
Si sa che il cancro è originato da una o più cellule che subiscono un’alterazione genetica tale da rifiutare il meccanismo omeostatico che blocca la proliferazione delle cellule quando il loro numero diventa eccessivo. Venendo meno questo freno, la popolazione delle cellule alterate straborda ovunque, come è accaduto alla nostra specie.
Ogni cellula va nutrita e se il loro numero è elevatissimo, occorre trovare elevatissime quantità di cibo. È il problema con il quale da decenni convive drammaticamente il genere umano, senza che gran parte di esso si renda conto dei problemi e dei drammi che si celano dietro agli scaffali pieni dei supermercati.
Ho cercato di affrontare questa realtà con l’aiuto di altri autori che prima di me l’hanno indagata con grande competenza. Tra questi Raj Patel, Lester R. Brown, Philip Lymbery e Stefano Liberti. Arricchito dai dati, dalle notizie e dai pareri di costoro e di altri autori, ho avuto una ulteriore conferma che quanto accaduto negli ultimi decenni si inquadra perfettamente nell’ottica della teoria cancrista.
Il compito che mi sono assunto, infatti, non è di effettuare una nuova indagine in aggiunta a quelle già esistenti, ma di mostrare all’uomo contemporaneo come i fatti e i processi sociali che si svolgono sotto ai suoi occhi altro non sono che tasselli di un comportamento tipicamente cancerogeno.
Molti autori hanno descritto i mali che affliggono il mondo per cause antropiche, ma poi non sono giunti a trarre le conclusioni più coerenti.
Un nome su tutti, quello di Aurelio Peccei. Il fondatore del Club di Roma nel suo saggio “Cento pagine per l’avvenire” (Giunti Editore, Firenze 2018) scrive:
È […] in uno slancio di creatività eccezionale o in un momento di smarrimento che la Natura produce la sua ultima grande specie […] homo sapiens? È questi il suo capolavoro, o invece non è che un refuso sfuggito al controllo della selezione […]? (pag. 56)
Un […] comportamento aberrante della nostra specie la rende gravemente colpevole davanti al tribunale della vita. Si tratta della sua proliferazione esponenziale, che non si può definire che cancerosa.” (pag. 66)
Siamo per caso una specie di geni, destinati in fin dei conti a trionfare su tutto? O al contrario […] non ci siamo forse trasformati in mostri, magari mostri geniali, che finiranno per restar vittime del loro stesso malsano operare?” (pag. 80)
Questi dubbi e questi atti di accusa non si concretizzano però in una coerente teoria cancrista, ma si stemperano in un atto di fede che sinceramente non condivido:
Pur riconoscendo che questa tesi ha dei punti validi, io sono portato a dare una risposta meno pessimista a questi interrogativi cruciali sulla natura e sul destino dell’uomo. La condizione umana è grave, ma può essere migliorata – a certe condizioni.” (pag. 81)
Questa affermazione fa capire come Peccei, nonostante le sue intuizioni sulla nocività del genere umano, sia sempre rimasto sostanzialmente antropocentrico.
La sua preoccupazione non è per la gravità delle condizioni della biosfera, ma per quella del genere umano.
Per un ulteriore approfondimento del pensiero del fondatore del Club di Roma vedere “Aurelio Peccei precursore del Cancrismo?
È come se un medico si preoccupasse dello stato di salute del tumore anziché di quello dell’ammalato.
Credo che questa metafora renda bene l’idea della inversione di prospettiva operata dalla teoria cancrista: non è del genere umano che ci dobbiamo preoccupare ma della biosfera nel suo complesso, anche perché noi comunque della biosfera facciamo parte e se le sue condizioni di salute migliorassero pure noi ne beneficeremmo.
Ma, al punto in cui siamo, questa opzione non è realistica, al contrario tutto sembra indicare che la strada intrapresa vada esattamente in direzione opposta.
Questo è l’oggetto del mio saggio: vedere come la società si sia strutturata per far fronte alle esigenze alimentari ed energetiche di una popolazione mondiale in costante aumento e, soprattutto, come questa organizzazione non consenta inversioni di rotta, pena l’impossibilità di garantire cibo e energia ai miliardi di uomini e donne che abitano il pianeta.
L’agricoltura intensiva, gli allevamenti concentrazionari e l’acquacoltura sono altrettanti capitoli de “L’impero del cancro del pianeta” dove vengono analizzati origini, sviluppo e prospettive dei sistemi più efficaci per produrre cibo. A guardarli da vicino, questi sistemi non possono che suscitare orrore, ma in un altro capitolo del libro spiego come il pensare di sostituirli con la cosiddetta “agroecologia” sia pura utopia.
È una ulteriore riprova che la via imboccata non ha alternative e non può essere percorsa a ritroso. Anche se la crescita della massa tumorale che noi rappresentiamo per la biosfera un giorno dovesse arrestarsi per mancanza di risorse, ciò avverrebbe al limite di ciò che il Pianeta può offrire in termini di terra coltivabile e di animali macellabili, dopo aver distrutto tutte le cellule sane vegetali e animali esistenti.
Ciò significherebbe comunque il collasso della biosfera, la morte dell’ammalato di cancro.
Il discorso è ancora più drammatico se si pensa alla situazione di quello che ho chiamato il “cibo per le macchine”, ovvero l’energia necessaria a far funzionare i miliardi e miliardi di apparati, dispositivi, congegni e altre attrezzature artificiali realizzate dall’uomo nell’illusione di rendere più comoda la sua vita a tempo indeterminato.
Un apposito capitolo del libro è dedicato a tale realtà e alla disperata ricerca di quelle inesauribili fonti di energia pulita che dovrebbero risolvere ogni nostro problema, ma che appaiono ancora ben lontane dal poter sostituire i combustibili fossili.
A tal proposito il Cancrismo ritiene però che, anche se queste fonti di energia pulita e rinnovabile si rendessero disponibili e fossero in grado di soddisfare le esigenze di tutte le macchine del mondo, la salute della biosfera non ne trarrebbe beneficio.
L’uomo - cancro del pianeta ne approfitterebbe infatti per dilatare a dismisura i suoi consumi ai danni di ogni altra residua realtà sana della biosfera, e con questo suo comportamento non farebbe che affrettare i tempi del collasso.
Non si tratta di pessimismo né di visione cupa della vita. È solo oggettivo realismo che trova la sua spiegazione nella metafora che assimila l’essere umano a una cellula tumorale e l’intera umanità alla massa neoplastica che divora lentamente l’organismo dell’ammalato di cancro.
Pochi pensatori, e non tra i più famosi, hanno sin qui avuto il coraggio di esplicitare una teoria così radicale, e io, giunto al termine della mia “trilogia” su “Il cancro del pianeta”, ho avvertito il desiderio di curiosare in rete per vedere chi mi avesse preceduto nel denunciare il comportamento cancerogeno di Homo sapiens.
È nata così la corposa Appendice su “I precursori del cancrismo” posta in calce al volume. Si tratta del primo documento che riunisce personaggi provenienti da esperienze diverse ma uniti nella visione cancrista dell’essere umano.
Di ognuno ho analizzato i punti di contatto e quelli di divergenza rispetto alla teoria sviluppata nei miei tre saggi.
Ma un elemento su tutti accomuna gli autori presi in considerazione: nessuno di essi ha mai sistematizzato le proprie intuizioni in uno o più lavori storico - dottrinali di ampio respiro, tali cioè da configurare la nascita di una teoria o corrente filosofica sulla nocività dell’essere umano per la biosfera.
Con questo mio nuovo libro e con i due precedenti mi auguro di essere riuscito a colmare almeno in parte questa lacuna nella storia del pensiero, in attesa che altri riprendano questo tema per svilupparlo e diffonderlo in modo ancor più autorevole.

sabato 3 agosto 2019

È MEGLIO ESSERE NATI O SAREBBE STATO MEGLIO NON ESSERE MAI NATI? Un Post di Bruno Sebastiani



La mia seconda nipotina, Beatrice, compie in questi giorni il suo primo mese di vita. L'altra, Aurora, è nata un mese prima. Nonostante tutto il nostro catastrofismo, la vita continua ed è bene che sia così. Ma, certo, viene da pensare a che razza di mondo questi bambini vedranno da adulti. Nel seguito, Bruno Sebastiani ci ragiona sopra in termini molto filosofici. Ma viene anche da pensare in termini molto concreti a quelli che per puro egoismo e imbecillità stanno facendo di tutto per rendere la vita ancora più difficile ai nostri discendenti. E mi vengono in mente cose che è meglio che non dica qui. (UB)




di Bruno Sebastiani

Alcuni autori, non molti, sostengono che nascere sia un triste evento.
Tra i più espliciti Emil Cioran e David Benatar.
Il primo nel 1973 ha scritto “De l’inconveniént d’être né” (“L’inconveniente di essere nati”).
Il secondo nel 2006 ha scritto “Better Never to Have Been: the Harm of Coming into Existence” (“Meglio non essere mai nati – Il dolore di venire al mondo”).
Emil Cioran ha un suo caratteristico stile aforistico. Non elabora complessi ragionamenti, ma punge l’interesse del lettore con aguzze stilettate. “Noi non corriamo verso la morta, fuggiamo la catastrofe della nascita …” “Mi piacerebbe essere libero, perdutamente libero. Libero come un nato morto.” ecc. ecc.
David Benatar è un filosofo e argomenta ampiamente le sue idee che, in estrema sintesi, ruotano intorno al concetto di bene e male: se non fossimo nati non avremmo sperimentato il male, né rimpiangeremmo di non aver sperimentato il bene, in quanto il non essere non esiste e quindi non possiede né pensiero né autocoscienza.
Pochi altri pensatori, fortemente misantropi e pessimisti, hanno sostenuto tesi analoghe.
Perché occuparsi di loro se, come detto in premessa, rappresentano una sparuta minoranza nel panorama storico – letterario – filosofico mondiale?
Per due motivi.
Innanzitutto perché non è detto che la maggioranza abbia ragione e la minoranza torto. La Verità non è democratica, e neppure la Natura: non chiedono ad alcuno cosa desideri e procedono entrambe per vie estranee alla logica umana.
In secondo luogo, e questa è la motivazione più importante, perché Cioran, Benatar e consimili portano alle estreme conseguenze un tipo di ragionamento che, con una necessaria correzione, potrebbe essere condiviso da una grande platea, assai più ampia di quella che attualmente segue questi “antinatalisti estremi”. E la corretta diffusione di questo messaggio “revisionato” potrebbe essere assai utile al pianeta Terra.
In questo mio articolo cercherò di individuare il lato debole delle idee descritte e la correzione che potrebbe renderle ben più condivisibili.
Il punto è l’autocoscienza.
Solo la meditazione del cervello umano su se medesimo, alias l’autoriflessione, consente a Cioran, Benatar ecc. di pensare al male passato, a quello presente e a quello futuro, inducendoli ad argomentare che, se non fossimo mai nati, non lo avremmo sperimentato in passato e non lo potremmo sperimentare in futuro.
Proviamo ora a considerare come vivremmo la medesima realtà che stiamo vivendo in assenza del pensiero “auto – riflettente”, ovvero come la vivono gli animali, anche i più evoluti, che dalla memorizzazione degli eventi passati non estrapolano pensieri astratti, ma solo esperienze concrete.
Gli animali, ma anche le piante, hanno la vita e la sperimentano senza interrogarsi né sulla sua origine, né sul suo significato, né, soprattutto, sul suo futuro (il dolore e la morte). Non lo fanno perché non possono, non ne hanno le capacità cerebrali.
Vivono e basta, così come Madre Natura vuole. Essi si sono evoluti dalle cellule primordiali ed hanno assunto forme diverse. Hanno conseguito la loro individualità di esseri e di specie relazionando la propria vita con quella degli altri viventi circonvicini. E nel caos della foresta, o della prateria o del deserto, hanno stabilito quell’equilibrio che la selezione naturale e la lotta per la vita hanno consentito loro di raggiungere.
Avrebbero preferito non essere mai nati? Tentano di limitare le nascite con adeguati accorgimenti? Procurano l’aborto per evitare che i loro piccoli vengano al mondo?
Non lo pensano e non lo fanno in quanto ogni loro attività fisica e mentale è guidata solo dall’istinto, ovvero da quel codice di comportamento che milioni e milioni di anni di selezione naturale hanno elaborato ed impresso nell'intimo dei loro organi di comando quali il cervello e il sistema nervoso.
E così è stato per tutti gli esseri viventi sino all’avvento di Homo sapiens e del suo encefalo abnormemente evoluto che ha consentito a questa nuova specie dominante di contravvenire a istinti e leggi di natura, permettendole di pensare se stessa, di avere autocoscienza di sé.
Se Benatar e consimili riflettessero su questa realtà (Cioran è morto nel 1995) comprenderebbero come il male per l’essere umano non è l’essere nato (evento che sfugge al volere di ogni nascituro), ma l’averne coscienza, l’avere un organo di comando che si rifiuta di eseguire gli ordini di Madre Natura e che intende trasformare tutta la biosfera in una realtà artificiale a “misura d’uomo”.
E, a seguire, comprenderebbero come l’evoluzione della mente di Homo sapiens sia stata straordinaria rispetto a quella di ogni altro animale, ma sia ben poca cosa in termini assoluti, ovvero relativamente alla possibilità di rendere permanenti le modifiche introdotte nella biosfera.
Un ulteriore passo avanti e comprenderebbero come quel processo evolutivo di tipo straordinario possa assimilarsi alla mutazione che le cellule sane subiscono quando si trasformano in cellule maligne aggressive e distruttrici dell’organismo che le ospita.
Cioran in realtà questo passo lo fece, nel suo famoso aforisma: “Alberi massacrati. Sorgono case. Facce, facce dappertutto. L’uomo si estende. L’uomo è il cancro della terra”. Ma non andò al di là dell’intuizione. Non reinterpretò tutta la realtà alla luce di questa sua folgorante illuminazione (cosa che molto immodestamente sto cercando di fare io con i miei scritti).
Proviamo allora a pensare come le opere di Cioran e di Benatar avrebbero potuto essere assai più incisive se fossero state titolate “L’inconveniente di essere intelligenti” e “Meglio non essere autocoscienti”, e anziché recriminare l’essere vivi avessero recriminato l’essere dotati di autocoscienza.
Anche tutto l’importante dibattito su natalismo e antinatalismo andrebbe reimpostato in questa ottica, perché è ovvio che il problema della sovrappopolazione nasce dal nostro essere “intelligenti”, o, meglio, dall’aver superato quella soglia di capacità cerebrali oltre la quale abbiamo potuto svincolarci dai limiti imposti dall’istinto.
Potranno queste accresciute capacità cerebrali consentirci ora di invertire la rotta? E come? A quale prezzo?
Temi fondamentali, che richiedono adeguati approfondimenti. Ma ogni analisi più dettagliata dovrà prendere avvio dalla consapevolezza che tutti i problemi attuali discendono da quell’abnorme sviluppo subìto dal nostro cervello, evento parafrasato in tanti miti dell’antichità, dal peccato di Eva ed Adamo ai furti di Prometeo, solo per citarne due tra i più famosi.