Annibale Carracci - Ercole al bivio (indeciso tra virtù e vizio)
Post di Bruno Sebastiani
Il pensiero umano, sin da quando ha iniziato a elaborare concetti astratti, si è diviso tra chi ritiene che Homo sapiens possa agire liberamente e chi lo nega.
Il pensiero umano, sin da quando ha iniziato a elaborare concetti astratti, si è diviso tra chi ritiene che Homo sapiens possa agire liberamente e chi lo nega.
Agli animali sarebbe
preclusa questa possibilità poiché il loro cervello non elabora concetti
astratti e il loro comportamento è guidato unicamente dall’istinto.
Già da questa introduzione
appare chiaro come la diatriba sul “libero arbitrio” poggi sul fatto che il
nostro cervello ha patìto una evoluzione abnorme, sconosciuta a ogni altra
specie vivente.
E poiché, sin dal suo apparire,
questa evoluzione abnorme è stata glorificata come l’evento più importante
nella storia della biosfera, ne consegue che anche il libero arbitrio da allora
è stato considerato condizione preminente rispetto alla “schiavitù” dell’istinto,
tipica del mondo animale.
Le principali religioni, e
in particolare le più diffuse, Cristianesimo e Islam, considerano il libero
arbitrio una caratteristica imprescindibile della natura umana.
Questa attribuzione ha una
sua ben precisa ragion d’essere: è l’espediente escogitato da profeti e teologi
per giustificare la presenza del male nel mondo.
Come sarebbe stato possibile
credere in un Dio perfettissimo che avesse creato degli esseri malvagi? L’ostacolo
è stato aggirato dicendo che Dio aveva creato l’uomo (il “re del mondo”) tanto
perfetto da essere libero, in grado cioè di decidere autonomamente del suo
destino.
Salvo arrabbiarsi, lui,
Dio, quando la scelta dell’uomo cade sul male anziché sul bene. E allora perché
non “inclinarlo” verso il bene sin dall’inizio, impedendogli di fare il male?
Se è veramente onnipotente
avrebbe potuto farlo!
In realtà il mondo della
natura, come già detto, non gode di questa libertà. E, per di più, non conosce
il concetto di bene e di male. O meglio. Il bene in ottica evoluzionista è ciò
che tende a preservare la vita dell’individuo e a perpetrare quella della
specie. Il male è ciò che vi si contrappone. Ciò all’interno di un
complicatissimo sistema di pesi e contrappesi che mantiene la vita nel suo
insieme in una perenne condizione di equilibrio instabile.
Ogni specie tende a
espandersi ed è frenata in questa sua attività dalla capacità espansiva delle
specie circonvicine, in un intreccio di territorialità e di convivenza che
coinvolge tanto il mondo vegetale quanto quello animale.
La foresta con i suoi
grovigli di piante, grida di animali, volo di uccelli, ombre, luci, vento e
quant’altro è la rappresentazione vivente (o meglio: lo era) di questo mondo
tanto complesso e tanto autoregolantesi.
Poi, come sappiamo, a un primate
crebbe il volume del cervello e con esso la capacità di elaborazione delle idee.
Questo evento spostò gradualmente
l’ago della bilancia a favore del primate in questione, divenuto nel frattempo “homo
habilis”, poi “erectus” e infine “sapiens”.
Le specie circonvicine non
furono più in grado di contrastare l’avanzata di questa specie, e iniziarono
fatalmente a ritirarsi.
Ma la specie “homo”
avrebbe potuto decidere di non espandersi ai danni delle specie circonvicine? Questa
è la domanda fondamentale in merito alla questione del libero arbitrio.
Siamo tutti consapevoli di
poter scegliere liberamente se andare al cinema o se restare a casa a guardare,
la televisione.
Ma avremmo potuto
scegliere di rinunciare all’utilizzo della parte superiore del nostro cervello,
la neocorteccia, la quale, essendo intimamente connessa agli strati inferiori ove
risiedono gli istinti primordiali, non poteva che sbilanciare a nostro
vantaggio i delicati equilibri della natura?
Ebbene la risposta è no.
No in via teorica, per il
semplice motivo che il cervello, sebbene tripartito, è tutt’uno (per un approfondimento
su questo argomento si veda il primo capitolo del mio libro “Il
cancro del pianeta consapevole” dal titolo “L’evoluzione abnorme del
cervello”).
No in via empirica, in
quanto tutta la storia del genere umano sta a dimostrare come dalle prime
pietre levigate agli ultimi ritrovati della tecnica, ogni scoperta, invenzione,
applicazione elaborata dal nostro cervello sia sempre stata usata per
accrescere il nostro potere nei confronti del mondo della natura.
Tutto ciò premesso, vi è
da dire che l’evoluzione umana, dopo aver conseguito a livello biologico l’abnorme
evoluzione del cervello (la carcinogenesi), ha proseguito il suo cammino a
livello culturale.
La ragione, frutto dell’evoluzione
di primo tipo, si è dimostrata di gran lunga l’arma più potente nella lotta per
la vita di darwiniana memoria, tanto potente da riuscire a modificare anche le
proprie capacità elaborative.
Sinora lo ha fatto a
proprio esclusivo vantaggio. Non solo. Lo ha fatto esaltando questa sua
caratteristica, glorificando queste sue capacità: è il mito del continuo progresso
che ha sospinto la ruota della storia sino al punto in cui ci troviamo.
Potrà la ragione modificare
questo iter? Potrà assurgere al “libero arbitrio” e utilizzare se stessa contro
se stessa?
Finora i segnali in questa
direzione sono scarsi, diffusi solo a livello personale, del tutto insignificanti
a livello socio - politico.
Il “servo arbitrio” impera
a ogni latitudine. Tutti i popoli vogliono “progredire”, accrescere la
produzione di ogni genere di beni, aumentare i consumi, arricchirsi,
espandersi.
Questa è l’evoluzione
culturale condizionata dagli istinti primordiali di sopravvivenza.
Contro questo modello c’è
chi invoca la decrescita, la chiusura degli allevamenti intensivi, la rinuncia
alla deforestazione e alle grandi monocolture, ma si tratta di una esigua minoranza,
la cui predicazione, oltretutto, si scontra con il livello di complessità
raggiunto dall’organizzazione sociale dell’impero del cancro del pianeta.
Una minoranza che esercita
il libero arbitrio. È l’unico esempio che abbiamo.
Ed è per dare una voce più
vigorosa a questa minoranza che nasce il Cancrismo.
Le idee possono muovere il
mondo? Preferisco non pronunciarmi su ciò che accadrà in futuro, ma se esiste
una tale possibilità, richiede senz’altro di poggiare su basi solide, su idee
coerenti e ben strutturate intorno a una metafora fondante di sicuro impatto
emotivo.
La metafora, l’immagine che
io propongo è quella della cellula sana che si trasforma in cellula tumorale e
si espande indefinitamente nel corpo dell’ammalato.
Lo choc provocato da
questa immagine è del tutto voluto: intende smuovere le coscienze di quanti più
umani è possibile dalla passiva accettazione degli impulsi originati a livello
di cervello limbico e rettiliano per accedere finalmente ad uno spiraglio di
libero arbitrio.
Se ciò non accadrà (e
difficilmente accadrà), sarà la natura prima o poi a intervenire, presentandoci
il conto del sontuoso banchetto sin qui consumato ai danni di tutte le altre
specie vegetali e animali. C’è solo da augurarsi di non essere presenti nel
momento in cui sul pianeta si scatenerà questo “redde rationem”.
Ma, visto che sto scrivendo
queste pagine in tempo di pandemia, riflettiamo sul fatto che anche questo
evento ha potuto verificarsi a causa della distruzione di tanti habitat
naturali da noi causata, dalla nostra eccessiva concentrazione in spazi
ristretti (le megalopoli) e dai numerosi mezzi di comunicazione che hanno
trasformato il pianeta in un villaggio globale.
Le poche settimane di
forzata inattività umana sono bastate alla natura per riprendersi qualche
spazio che le era stato tolto.
Non so cosa accadrebbe se
questo confinamento della nostra specie dovesse prolungarsi per mesi o anni.
A fianco di una espansione
di tante specie vegetali e animali ai nostri danni, assisteremmo all’inceppamento
della macchina sociale, con tutte le conseguenti gravi problematiche.
Ma cosa accadrà una volta
superata l’emergenza sanitaria? Se tutti riprenderanno le loro abituali attività,
proseguiremo la nostra folle corsa verso il baratro.
Vale dunque la pena di
fare un estremo tentativo per conquistare realmente il libero arbitrio e
volgere l’uso della ragione contro se stessa.
Il Cancrismo non vuol
essere un “divertissement” letterario, ma una
vera e propria rivoluzione culturale in questa direzione.