Un contributo di Bruno Sebastiani. Partendo da una riflessione di Konrad Lorenz, nota come il tessuto sociale, urbano e linguistico della nostra società stia gradualmente perdendo differenziazione. Una caratteristica tipica delle neoplasie maligne, ovvero dei tumori. L'analogia è interessante e per molti versi corretta, ma è anche vero che si potrebbe arguire il contrario notando la frammentazione in isole culturali separate del Web. Insomma, sta succedendo di tutto e il contrario di tutto in un mondo che evolve sempre più rapidamente verso nessuno sa dove.
Di Bruno Sebastiani.
Warren
M. Hern nel suo articolo del 1989 “Why Are There So Many of Us” (da me tradotto
e pubblicato in https://ilcancrodelpianeta.wordpress.com/2018/08/31/perche-siamo-cosi-tanti/),
enumera le quattro caratteristiche principali delle neoplasie maligne:
- Crescita rapida e incontrollata
- Invasione e distruzione dei tessuti sani adiacenti
- De-differenziazione
- Metastasi a diversi siti
Successivamente
passa ad esaminare il comportamento del genere umano su questo pianeta e
ritrova tutte e quattro le caratteristiche in modo sorprendentemente analogo.
Relativamente
alle prime due l’analogia è palese: è sotto gli occhi di tutti come negli
ultimi tempi l’uomo si sia moltiplicato in modo iperbolico ed abbia sottomesso
o distrutto ogni bioma a lui circostante.
Anche
la quarta caratteristica è facilmente ascrivibile al modo di procedere della
nostra specie che costruisce strade e mezzi di comunicazione per raggiungere i
punti più remoti della Terra ove portare la cosiddetta “civiltà”. Sulla mia
pagina Facebook ho proposto sette post “tematici” dedicati alle grandi
metastasi. Chi volesse consultarli li trova ora riepilogati nel blog https://ilcancrodelpianeta.wordpress.com/grandi_metastasi/.
La
terza caratteristica – la de-differenziazione - merita un discorso un po’ più
approfondito, non essendo di per sé evidente come le altre.
Senza
scendere in descrizioni eccessivamente particolareggiate, ricordiamo che le
cellule dei corpi viventi non sono tra loro tutte uguali, ma, in base agli
organi e ai tessuti di cui fanno parte, hanno una propria morfologia.
Non
nascono differenziate. Come sappiamo, lo sviluppo degli esseri viventi più
complessi procede dall’incontro di due sole cellule (i gameti) che sono
all’origine dell’embrione. Ed è qui, nello stato embrionale, che prende avvio il
processo di differenziazione cellulare, cioè la maturazione da una forma
primitiva o indifferenziata a una forma matura o differenziata, con funzioni
specializzate, processo che le cellule di un organismo pluricellulare multiforme
subiscono per ripartirsi i compiti.
Se questo
è lo stato naturale delle cose, sappiamo anche che la mutazione del materiale
genetico di cellule normali è all’origine dei tumori.
Ebbene,
le cellule che subiscono la mutazione carcinogenetica, oltre a replicarsi in
modo incontrollato e ad invadere i tessuti sani, perdono gradualmente la loro
particolarità morfologica, ovvero la differenziazione che madre natura aveva
loro assegnato per svolgere i compiti propri degli organi di appartenenza.
Diventano
de-differenziate, ovvero vanno rassomigliandosi tutte le une alle altre,
perdono ogni loro caratteristica distintiva.
Ecco
come il grande etologo Konrad Lorenz descrive questo processo:
«I cancerologi, per caratterizzare una delle
proprietà fondamentali del tumore maligno, parlano di immaturità. Quando una
cellula respinge tutte quelle proprietà che le permettevano di integrarsi in un
determinato tessuto organico … essa ‘regredisce’ necessariamente a una fase
filogeneticamente o ontogeneticamente più antica; essa si comporta cioè come un
organismo unicellulare o come una cellula embrionale, e incomincia a riprodursi
senza riguardo per la totalità dell’organismo. Più si accentua la regressione,
più il tessuto di nuova formazione si distingue da quello normale, più maligno
sarà il tumore. Un papilloma che conserva ancora molte proprietà
dell’epidermide normale, pur invadendo come verruca la sua superficie, è un
tumore benigno; un sarcoma, che è formato da cellule mesodermiche tutte uguali
e completamente indifferenziate, è un tumore maligno.» (K. Lorenz, Gli otto peccati capitali della nostra
civiltà, Adelphi, Milano, 1974, p. 84)
Per determinare
la gravità dei tumori è stata elaborata una apposita ‘scala’ o ‘grading’ che
misura il grado di aggressività delle neoplasie in base al loro grado di
differenziazione cellulare.
Il
sistema di grading più utilizzato prevede 4 gradi possibili:
GX Grado non determinato
G1 Ben differenziato (grado basso): < 25% di cellule non
differenziate
G2 Moderatamente differenziato (grado intermedio) < 50%
di cellule non differenziate
G3 Scarsamente differenziato (grado alto) 50-75% di cellule
non differenziate
G4 Indifferenziato (grado alto) cioè anaplastico: > 75%
di cellule non differenziate
(fonte Wikipedia)
Questo
per quanto riguarda i tumori.
E per
quanto riguarda gli esseri umani?
Non
stiamo andando verso la più completa indifferenziazione di tutte le
caratteristiche che un tempo costituivano gli elementi distintivi di ogni raggruppamento
antropico e, all’interno del medesimo, di ogni ceto o casta sociale?
Il
discorso è delicato. Sappiamo che i fautori del “progresso senza fine”
sbandierano questo livellamento come uno dei risultati più positivi
dell’avanzata della ragione, della marcia trionfale della cosiddetta civiltà.
Per
ottenerlo si sono combattute guerre e sono scoppiate sanguinose rivoluzioni.
Poi, da un certo punto in avanti, il livellamento è iniziato e progredisce a
ritmo crescente.
Ma
vediamo separatamente quali erano gli elementi principali che connotavano la
differenziazione degli esseri umani, quando non erano cellule malignamente
aggressive come oggi.
1.
Innanzitutto
la differenziazione dei tratti somatici (altezza, dimensione corporea, colore
della pelle, taglio degli occhi ecc. ecc.), in una parola tutte quelle
caratteristiche che un tempo venivano definite “razziali”.
2.
Oltre
all’aspetto fisico, l’elemento che maggiormente distingueva e separava i vari
gruppi umani era il linguaggio. All’interno di ogni popolazione, di ogni etnìa,
di ogni tribù si comunicava con idiomi specifici, comprensibili solo dagli
appartenenti al gruppo. Ciò innalzava delle vere e proprie barriere
all’interscambio di informazioni e contribuiva a preservare la specificità dei
singoli raggruppamenti.
3.
Infine
le varie popolazioni si differenziavano in base alle tradizioni, agli usi, ai
costumi, ai rituali, alle credenze religiose, alle superstizioni, al modo di
abbigliarsi e di ornarsi, a tutto l’insieme di elementi che le culture locali
avevano elaborato e tramandato in migliaia e migliaia di anni.
Ebbene,
come nel tumore maligno i tratti caratteristici delle singole cellule vanno
scomparendo per lasciare il posto ad un unico tipo di cellula indifferenziata,
così nel tumore planetario di cui l’uomo è cellula cancerogena si verifica un
analogo processo attraverso:
1.
L’omologazione
dei tratti somatici
2.
L’abolizione
delle barriere linguistiche
3.
L’abbattimento
di ogni tradizione e cultura autoctona
Vediamo
punto per punto come avviene il processo e perché è destinato a proseguire sino
al suo tragico esito finale.
1.
L’omologazione
dei tratti somatici
Nonostante
il colore della pelle e le caratteristiche fisiche collettive siano tra gli
elementi che contraddistinguono gli esseri umani in modo più evidente, la loro
omologazione rappresenta per il cancro del pianeta un elemento di minore
importanza rispetto ai restanti due di cui parleremo. Un uomo può essere
bianco, nero o giallo, ma se parla inglese, veste in giacca e cravatta, guarda
le serie TV, passa gran parte del suo tempo su Facebook e mangia hamburger e
pop corn è pronto a contribuire in modo aggressivo (passivamente o attivamente)
all’opera di distruzione della biosfera.
Ciò
premesso vi è da dire che il rimescolamento dei popoli, iniziato già da qualche
secolo ma in corso di intensificazione avanzata, condurrà inevitabilmente all’omologazione
anche fisica degli appartenenti alla famiglia umana.
La
tendenza ad uniformare l’aspetto corporeo riguarda oggi persino i
rappresentanti dei due sessi, che in numero sempre maggiore tendono a
nascondere le differenze che un tempo venivano messe in risalto e a ostentare i
tratti comuni. Ma questo è un fenomeno più culturale che fisico, conseguente a
quell’abbattimento delle tradizioni di cui parleremo più sotto.
2.
L’abolizione
delle barriere linguistiche
Il
grande tumore planetario, di cui siamo gli agenti inconsapevoli, trova un grave
ostacolo al suo avanzamento nelle barriere linguistiche che da sempre hanno
separato i vari popoli.
La
malattia per progredire richiede un’organizzazione sociale la più coesa
possibile. Il suo ideale sarebbe che l’orbe terracqueo fosse governato da un’Autorità
unica mondiale tramite organi di comando gerarchicamente disciplinati e
capillarmente diffusi.
Questa
visione orwelliana si completerebbe con la diffusione di un unico linguaggio
universale. Questo era l’obiettivo di chi ideò l’Esperanto, ma all’epoca
(seconda metà dell’Ottocento) i tempi non erano maturi, e il tentativo fallì.
Oggi
l’omologazione linguistica ha fatto passi da gigante. Secondo Ethnologue.com
delle 7.000 lingue parlate nel mondo solo 359 sono veramente globali, parlate
da milioni di persone. Le altre sono a rischio estinzione. Pare che scompaia
una lingua ogni due settimane. E il 94% della popolazione mondiale parla il 6%
delle lingue esistenti, mentre il restante 6% degli umani comunicano attraverso
il 94% delle altre lingue.
All’interno
dei circa 200 Stati nazionali esistenti al mondo, costituitisi durante l’800,
dopo la fine della prima guerra mondiale e dopo la seconda con la
decolonizzazione, le autorità statali hanno provveduto a far tabula rasa della
enorme pluralità di dialetti e idiomi locali esistenti. Gli strumenti di
eradicazione sono stati molteplici, dall’istruzione obbligatoria, al servizio
militare, alla pubblica amministrazione, finchè poi è intervenuta la
televisione che, parlando sempre e solo la lingua ufficiale dello Stato, ha
definitivamente rimosso l’uso delle parlate locali nelle nuove generazioni.
Ora
esistono ancora importanti barriere ma già l’inglese si profila all’orizzonte
come lingua universale, in conseguenza della capillare diffusione dell’impero
coloniale britannico.
Il
World Wide Web gioca in tal senso un ruolo importante. Permane il problema del
cinese e dell’arabo, ma il processo di omologazione linguistica è avviato e non
potrà che progredire.
3.
L’abbattimento
delle tradizioni e culture autoctone
Parallelamente
all’uniformazione dei linguaggi si è susseguita quella di mode, costumi e
tradizioni.
In
questo caso gli strumenti più efficaci di livellamento sono stati i mezzi di
comunicazione di massa, dapprima i giornali e le riviste illustrate, poi il
cinema e la televisione.
Ma già
l’istruzione obbligatoria e il trasferimento dei funzionari statali e non
statali (compresi i preti) da regione a regione, da città a città, avevano
fortemente contribuito ad estinguere gran parte delle tradizioni folcloristiche
paesane.
Lo
spopolamento delle campagne e l’emigrazione di massa hanno poi assestato alle
culture locali gravi colpi, finchè anche in questo caso la rete globale dei
computer ha inferto il colpo mortale.
Oramai
quasi tutti ci vestiamo allo stesso modo, mangiamo cibi standardizzati,
seguiamo gli stessi ritmi lavorativi e abitiamo in case pressochè identiche le
une alle altre, sia che si viva in città sia che si viva in campagna o in
montagna.
Due
marchi tra tutti, McDonald e Ikea, insieme a mille altri, danno l’idea di come
le nostre abitudini alimentari e abitative si stiano ormai omologando a livello
mondiale.
Le
grandi religioni, prima di divenire esse stesse obsolete, avevano già iniziato
a spazzare i miti locali, a volte anche inglobandoli.
Ora il
processo di omologazione ha quasi raggiunto il suo obiettivo, e cioè renderci
il più possibile simili gli uni agli altri. In tal modo sarà più semplice
nonché inevitabile giungere all’istituzione di un Governo Unico Mondiale.
La
previsione è terrificante, ma ha una sua logica. Solo un’Autorità globale potrà
gestire i problemi globali che ci aspettano e per farlo avrà bisogno di una
platea di sudditi sufficientemente omogenea.
Questa
impressionante ‘macchina da combattimento’ sarà in grado di completare l’opera
di devastazione dell’intera ecosfera, esattamente come il tumore maligno riesce
a distruggere tutti i tessuti sani dell’ammalato di cancro,
Le
cellule de-differenziate sono le più maligne e aggressive di tutte, e noi
uomini siamo decisamente incamminati su quella strada.
Dobbiamo
prendere atto di questa realtà e divenire ‘cellule maligne consapevoli’, così
come ho cercato di suggerire nella mia nuova opera “Il Cancro del Pianeta
Consapevole”.