Un Post di Silvano Molfese
Da quando gli stati ed i gruppi industriali più spregiudicati hanno toccato con mano il picco mondiale del petrolio convenzionale, alcune società di investimento, spalleggiate dai propri governi, hanno alzato la testa dalle miniere e preso di mira lo strato più superficiale della crosta terrestre: il suolo.
Da quando gli stati ed i gruppi industriali più spregiudicati hanno toccato con mano il picco mondiale del petrolio convenzionale, alcune società di investimento, spalleggiate dai propri governi, hanno alzato la testa dalle miniere e preso di mira lo strato più superficiale della crosta terrestre: il suolo.
La rapida crescita della popolazione
mondiale pone diversi problemi prima di tutto la disponibilità di cibo:
l’industria agricola ha praticamente esaurito tutte le innovazioni tecniche,
introdotte a partire dalla fine del 1800 tese ad aumentare le rese agricole,
come: i fertilizzanti di sintesi, l’abbassamento della taglia nel riso e nel
grano, l’esaltazione del vigore ibrido per il mais, ecc. (1).
Le ragioni di questo interesse per le
terre altrui si spiega con l’aumento delle bocche da sfamare e con un più
diffuso benessere economico: centinaia di milioni di persone mangiano maggiori
quantità di carne, latte e uova .
A tutto ciò si aggiunge un fenomeno
decisamente preoccupante che è la trasformazione di cereali in carburante per
le auto. (2) Pertanto tra il 2005 ed il
2009 è iniziata la corsa all’accaparramento di terre in altri stati.
Rivedendo la tabella
sull’accaparramento di terre nel mondo, ho pensato di incrociare i dati sulla
popolazione e la superficie territoriale dei principali stati coinvolti
nell’accaparramento di terre.
Tabella n. 1
– Principali Stati accaparratori e Stati bersaglio
Modificata da Gardner, State of the World 2015, pag.
71
In testa alla classifica degli stati
che si accaparrano terre troviamo gli USA con ben 6,9 milioni di ettari
acquisiti in altri stati del mondo. (tabella n. 1)
Caso anomalo è il Brasile che, pur
avendo una bassa densità di abitanti si trova sia nell’elenco dei paesi
accaparratori di terre (1,4 milioni di ha) e sia in quello dei paesi bersaglio,
che subiscono l’accaparramento (1,8 milioni di ha).
Se dall’elenco dei paesi che si
accaparrano terra escludiamo gli stati della penisola arabica, notoriamente
desertici, vediamo che gli Stati Uniti, nonostante siano al secondo posto dopo
il Brasile quanto a disponibilità procapite di terra, sono stati
particolarmente attivi nell’acquisizione di terre all’estero.
Tra i paesi europei Regno Unito e
Olanda si sono accaparrati in complesso ben quattro milioni di ettari di terra:
all’incirca una superficie estesa quanto Veneto ed Emilia-Romagna; il Regno
Unito, che ha una popolazione venti volte inferiore all’India, si è appropriato
di una area superiore a quella di cui si è appropriato il popoloso stato indiano.
In Europa tra gli stati bersaglio
compare l’Ucraina che cede diritti sulle proprie terre con 1,6 milioni di
ettari: una superficie più estesa di tutta la Calabria. La fertile superficie
persa dall’Ucraina rappresenta il 60 % delle terre cedute in Europa. (3)
Tabella n. 2 – Popolazione (1960 e
2016) e superficie territoriale degli stati
Ho riportato
i dati della superficie da Wikipedia; quelli sulla popolazione dalla Banca
Mondiale: https://data.worldbank.org/indicator/SP.POP.TOTL?name_desc=false
La popolazione dei suddetti 19 stati
in quasi sessanta anni è aumentata di
oltre 2,2 miliardi di persone.
Arabia Saudita ed Emirati Arabi Uniti
sono due stati prevalentemente desertici che nel 1960 contavano meno di 4,2
milioni di abitanti, si ritrovano attualmente con il dover sfamare una
popolazione praticamente decuplicata. Negli Emirati Arabi Uniti l’aumento della
popolazione è stato a dir poco vertiginoso: le bocche da sfamare sono aumentate
di quasi cento volte in poco meno di sessant’anni! (tabella 2)
La popolazione ucraina, nell’ arco di
tempo considerato, è quella cresciuta meno di tutte le altre della lista
esaminata, sia in percentuale ( 5,5%) e sia in valore assoluto, circa 2,3
milioni di persone.
La superficie territoriale procapite
(*) ovviamente diminuisce nettamente in tutti gli stati: tra quelli
accaparratori Singapore è cosi piccolo da non essere nemmeno rappresentato a
questa scala: se prima erano quattro are per abitante, è passato ad una sola
ara nel 2016; per gli Emirati Arabi Uniti e l’ Arabia Saudita ho riportato i
valori riferiti al 1960 tra parentesi per evitare che andassero fuori scala (Figura
n. 1).
Figura n. 1
- Stati accaparratori: ettari procapite
1960 e 2016
Tra i paesi bersaglio, che cedono diritti sulle loro terre, possiamo vedere chiaramente che nel 1960 c’erano sei stati con più di dieci ettari di superficie territoriale procapite: dopo quasi sessant’anni il valore più elevato è quello della Repubblica del Congo che raggiunge a mala pena i 6,7 ettari per abitante: prima era quasi cinque volte tanto.(Figura n. 2)
Figura n. 2 - Stati bersaglio:
ettari procapite 1960 e 2016
Il peso dell'industrializzazione
Tra i paesi presenti in questo elenco gli USA, pur essendo al quarto posto per la crescita della popolazione in valore assoluto, (oltre 140 milioni di abitanti in più rispetto al 1960: è come se si fosse aggiunta la popolazione di Italia e Germania.) risulta la nazione più motorizzata del pianeta: indicativo a questo proposito il numero di autovetture circolanti, oltre 268 milioni, una concentrazione di oltre 80 auto per 100 abitanti. (https://www.statista.com/statistics/183505/number-of-vehicles-in-the-united-states-since-1990/)
Tra i paesi presenti in questo elenco gli USA, pur essendo al quarto posto per la crescita della popolazione in valore assoluto, (oltre 140 milioni di abitanti in più rispetto al 1960: è come se si fosse aggiunta la popolazione di Italia e Germania.) risulta la nazione più motorizzata del pianeta: indicativo a questo proposito il numero di autovetture circolanti, oltre 268 milioni, una concentrazione di oltre 80 auto per 100 abitanti. (https://www.statista.com/statistics/183505/number-of-vehicles-in-the-united-states-since-1990/)
Questo aumento della popolazione
negli Stati Uniti ha comportato un’aggiunta di quasi centoventi milioni di
autovetture: se oltre al carburante considero strade, ferro, plastica,
elettronica e quant’altro, si comprende il giro di interessi industriali
coinvolti nella motorizzazione individuale.
Ovviamente il rovescio della medaglia
è dato dagli effetti altamente deleteri dei rifiuti immessi nei cicli vitali della
biosfera prodotti dall’industria, primo fra tutti il carbonio. In modo più o
meno diretto superfici sempre più estese diventano improduttive anche per
l’inquinamento di suolo e acqua legato agli scarichi industriali. A mio avviso
tutto ciò rappresenta il fallimento dell’industrializzazione del mondo.
Crescono i conflitti per la terra e le
disuguaglianze sociali diventano sempre più evidenti. Analizzando questi dati
possiamo dire che il sistema economico in cui siamo immersi, il capitalismo, è
fallimentare.
Si può fare diversamente? Faccio
qualche esempio.
Bruce Leon, un ricercatore americano ripreso da Vandana Shiva, fece un confronto, riferito al 1972, tra la zootecnia tradizionale, rappresentata dai bovini indiani e quella industriale degli USA: in India per l’alimentazione bovina si utilizzavano in minima parte alimenti commestibili dall’uomo, rispetto all’industria zootecnica statunitense. (Tabella n. 3)
Tabella n. 3 - Confronto al 1972 tra zootecnia
industrializzata (USA) e tradizionale (India)
Ridurre il numero di figli per coppia
è semplice con i profilattici: tecnica plurisecolare. Per risparmiare materiali
ed energia basta tener conto che un’ auto pesa 1,5 tonnellate: si possono
costruire circa un centinaio di biciclette.
Le soluzioni alternative ci sono ma
vengono scartate dal sistema perché non promuovono il profitto. Il primo passo
da fare sarebbe chiedersi come uscire da questo sistema economico.
(*) L’Italia ha un territorio di 301 mila km 2 ; nello stesso arco di tempo gli abitanti sono passati da 50,2 a 60,6 milioni; al 2016 la superficie territoriale procapite è di quasi 0,5 ettari.
Bibliografia
1) Brown L. , 1999 – Nutrire nove miliardi di persone. State of the world 1999.
Edizioni Ambiente , 137 - 157.
2) Brown L., 2011 – Un mondo al bivio. Edizioni Ambiente, 94
2) Brown L., 2011 – Un mondo al bivio. Edizioni Ambiente, 94
3)
Gardner G., 2015 – Mounting losses of agricultural resources – State of
the World 2015, Islandpress, 65-78