Un articolo di venti anni fa, ancora perfettamente attuale, anche in relazione al Brexit. (U.B.)
Da “Donnella Meadows Institute”. Traduzione di MR
Di Donella Meadows
19 gennaio 1995
"Datemi le vostre genti stanche, i vostri poveri,
Le vostre masse accalcate che anelano a respirare libere,
I miseri reietti dei vostri lidi brulicanti,
Mandateli a me i senza casa, sbattuti dalla tempesta,
Io alzo la mia fiaccola vicino alla porta d'oro!"
Emma Lazarus ha scritto queste parole ispirate in dedica alla Statua della Libertà nel 1886. Sono scese in profondità nella psiche di questa terra di immigrati, anche se la porta d'oro di fatto non è mai stata del tutto aperta. I soli miseri reietti che abbiamo accolto in un primo momento erano quelli del Nord Europa. Abbiamo fatto entrare persone di culture non occidentali principalmente come schiavi o lavoratori a contratto. Eppure, nel corso della nostra storia, abbiamo accettato rifugiati con una grazia senza paralleli fra le nazioni. Siamo stati premiati con una popolazione variegata e talentuosa e con un'immagine internazionale che ancora brilla nonostante il suo appannamento.
Ora arriva la fine del XX secolo e la nostra generosità è evaporata. La Florida sta facendo causa al governo federale per i costi che ha l'affrontare la marea migratoria di Miami. Milioni di californiani hanno votato di non fornire scuole o sanità per gli alieni illegali. Fra di noi ci sono sostenitori non solo di dare un giro di vite all'immigrazione clandestina, ma di porre il tasso di immigrazione legale a zero – come hanno fatto Francia, Giappone ed altre nazioni.
A causa della nostra Statua e della nostra Storia, è difficile per gli americani discutere di immigrazione in modo spassionato. E su entrambi i lati del problema si possono trovare motivazioni nobili ed ignobili. Le anime nobili difendono le leggi liberali sull'immigrazione descrivendo i governi oppressivi e le vite miserabili dalle quali le masse accalcate tentano di scappare e mettendo in discussione il nostro diritto, in quanto discendenti di immigrati, di chiudere le porte dietro di noi. In modo meno nobile, coloro che cercano lavoratori nelle fattorie, come servitori domestici, come operai del tessile ed di altre tipologie, hanno un interesse diretto ad allargare la base di nuovi arrivi che lavoreranno con piacere per lunghi orari a paga bassa solo per restare qui.
Coloro che vogliono fermare l'immigrazione potrebbero essere semplicemente razzisti o essere avidi. O potrebbero essere lavoratori a salario basso che evidenziano che i liberali dal cuore tenero in genere non hanno il tipo di lavoro la cui paga viene ribassata ripetutamente dai senza casa. Gli oppositori all'immigrazione possono essere motivati anche dalla preoccupazione onesta della sovrappopolazione, della contrazione delle foreste, dei suoli, delle forniture d'acqua, del pesce, dei combustibili, della natura selvaggia e dall'obbligo morale di lasciare alle future generazioni perlomeno tanta ricchezza naturale quanta ne è stata lasciata a noi.
L'argomentazione della sovrappopolazione, che piaccia o no, acquisisce forza man mano che l'immigrazione continua. Quando Emma Lazarus ha scritto il suo poema, gli Stati Uniti avevano 60 milioni di abitanti. Ora ne hanno 255 milioni e crescono di 2 milioni all'anno di aumento naturale, più 1,8 milioni per l'immigrazione legale, più forse un altro milione per l'immigrazione illegale. L'Ufficio Demografico prevede 383 milioni di abitanti per il 2050. Al di fuori dei nostri confini ci sono perlomeno 2 miliardi di poveri. La popolazione dell'America Latina aumenta di 9,4 milioni di persone ogni anno, quella dell'India di 17,3 milioni, quella della Cina di 13 milioni.
La terra è finita. Ogni nazione è finita, persino la nostra. Nessuna nazione, sebbene ben intenzionata, può mettere fine alla povertà accogliendo e prendendosi cura di tutti i poveri. Dare il benvenuto a tutti è autodistruttivo. Ma erigere mura abbastanza alte da tenerli fuori è immensamente costoso ed alla fine impossibile.
Stranamente, o forse non tanto stranamente, gli approcci nobili al tema dell'immigrazione, da entrambe le parti, sembrano essere approcci pratici. In nome di coloro che sono già all'interno dei nostri confini e i loro bambini, dobbiamo capire i nostri limiti fisici e sociali e vivere al loro interno. Ciò significa, prima o poi, portare l'aumento naturale e l'immigrazione netta a zero. Per impedire che la pressione esterna ci schiacci, dobbiamo aiutare il resto del mondo a fare lo stesso.
Matthew Connelly e Paul Kennedy in un articolo spaventoso dal titolo “Dev'essere la tregua contro l'occidente? - Must it be the Rest Against the West?” nel numero di Atlantic Monthly del dicembre del 1994 è giunto ad una conclusione analoga. Per “rallentare, o se possibile invertire, l'accumulo di pressioni demografiche ed ambientali in tutto il mondo”, dobbiamo, dicono, soddisfare l'obbiettivo vecchio di decenni di dedicare lo 0,7% del nostro PIL per l'aiuto allo sviluppo (attualmente ne didichiamo lo 0,2%). Dobbiamo assicurarci che l'aiuto vada realmente ai poveri, piuttosto che ai corrotti ed ai potenti, o alle ditte di ingegneria che costruiscono dighe e centrali elettriche. Dobbiamo mettere gli scienziati al lavoro su tecnologie per i poveri, come l'energia solare, le stufe efficienti e le colture resistenti alle malattie. Dobbiamo sostenere di tutto cuore la pianificazione famigliare e l'educazione femminile, migliorare la capacità dell'ONU di mantenere la pace e fermare l'esportazione di armi che risucchiano investimenti da parte dei paesi poveri e troppo spesso sostengono dittatori pericolosi.
Si potrebbe facilmente aggiungere altro all'elenco di Connelly e Kennedy. Smettere di spremere il pagamento dei debiti del Terzo Mondo da parte dei poveri. Incoraggiare una vera riforma terriera. Frenare il nostro consumo sprecone di risorse. Pagare i lavoratori in patria e all'estero con salari decenti.
Questi suggerimenti non sono nuovi e non sono al di là delle nostre possibilità, intelligenza e mezzi finanziari, ma al momento sono al di là della nostra immaginazione politica. Ma l'immaginazione può cambiare, specialmente quando si confronta con costi pratici. Una volta, ai tempi dell'Apartheid, stavo passando in macchina con un amico sudafricano di fianco ad una grande area di cisterne di petrolio vicino a Città del Capo. Intorno all'area c'era una tripla barriera, lunga molti isolati, di torri di guardia, muri di cemento e recinzioni alte 12 metri. “Perché tutto questo?” Ho chiesto. “C'è gente disperata che si impossessa di mortai”, ha risposto. “Ma quelle barriere devono essere enormemente costose”, ho detto. “Sì”, ha detto il mio amico, “ed è solo una piccola parte di quello che spendiamo per mantenere le nostre iniquità”.
Una politica migratoria, o una qualsiasi politica, può essere basata su paura, odio e conservazione a breve termine, oppure su compassione, cooperazione e bene a lungo termine per tutti. Il Sud Africa alla fine ha ammesso che solo la seconda di queste opzioni è conveniente, oltre che umanamente tollerabile. Potremmo fare la stessa cosa.