Da “Resource insight”. Traduzione di MR
Di Kurt Cobb
Parafrasando Mark Twain: le voci della morte dell'OPEC sono state ampiamente esagerate. La copertura mediatica asfissiante dell'ascesa della produzione petrolifera statunitense negli ultimi anni ha portato alcuni a dichiarare che il potere dell'OPEC nel mercato del petrolio ora stia diventando irrilevante in quanto l'America probabilmente si sta avviando verso l'indipendenza energetica. Questa copertura mediatica, tuttavia, ha oscurato il fatto che quasi tutto l'aumento della produzione è venuto da tight oil ad alto costo trovato in profondi depositi di scisto. L'ipotesi piuttosto stupida è stata che i prezzi del petrolio avrebbero continuato ad aggirarsi al di sopra dei 100 dollari al barile a tempo indeterminato, rendendo l'estrazione di quel tight oil redditizia a tempo indeterminato. Chiunque abbia capito l'economia di questo tipo di produzione e le dinamiche del mercato del petrolio ne aveva una migliore percezione. Ed ora, la narrazione super pubblicizzata dell'autosufficienza petrolifera americana sta per ricevere un duro colpo. Dopo settimane di speculazione sui veri motivi che stanno dietro alla decisione dell'OPEC di mantenere la produzione di fronte al declino della domanda mondiale – che ha portato ad un grande calo dei prezzi del petrolio – il cartello petrolifero ha dichiarato, durante il suo recente incontro, che sta cercando di distruggere la produzione di tight oil statunitense rendendolo non redditizio.
Una delle cose che può fare un cartello – se controlla una fetta sufficiente di mercato – è distruggere la competizione attraverso una guerra dei prezzi. In qualche modo il pubblico e i decisori politici si sono fissati sulla capacità dell'OPEC di ridurre la produzione in modo da aumentare i prezzi ed ha dimenticato la sua capacità di inondare il mercato mondiale di petrolio, non solo di stabilizzare i prezzi, ma di causarne il crollo. L'industria sostiene che gran parte dei giacimenti di tight oil statunitense siano redditizi al di sotto degli 80 dollari. E i trivellatori dicono che stanno abbassando i costi e che possono sostenere prezzi inferiori. La mossa dell'OPEC ora metterà alla prova queste dichiarazioni. L'attuale riferimento americano dei prezzi di circa 65 dollari al barile suggerisce che l'OPEC ha preso in considerazione i punti di pareggio citati nell'articolo linkato sopra. E' in gran parte l'Arabia Saudita che permette all'OPEC di avere una flessibilità di produzione, visto che il suo regno conserva una significativa capacità di riserva, che si dichara sia fra gli 1,5 e i 2 milioni di barili al giorno (Mb/g). L'OPEC dice, ne suo “World Oil Outlook 2014” che tutta l'OPEC ha circa 4 MB7g di capacità di riserva, anche se un analista di recente a fissato la cifra a 3,3 Mb/g. Qualsiasi sia il numero preciso, in termini pratici l'Arabia Saudita è la Walmart del mercato mondiale del petrolio, capace di condizionare un calo del prezzo girando qualche valvola o non chiudendole di fronte al calo della domanda. In questo caso, il paese non ha chiuso nessuna delle proprie produzioni in risposta all'indebolimento della domanda mondiale. Né lo hanno fatto gli altri membri dell'OPEC. Avendo incrociato braccia sufficienti nel recente incontro dell'OPEC, l'Arabia Saudita l'ha avuta vinta con un impegno dei membri dell'OPEC a mantenere la produzione stabile, mettendo così ulteriore pressione sul prezzo del petrolio sull'onda del calo della domanda. Entrambi i principali contratti future sono scesi del 7% dopo l'annuncio.
L'effetto in Nord Dakota è stato di gran lunga maggiore di quanto l'attuale calo dei prezzi dei future del petrolio indichi. Quello stato, che è al centro del boom del tight oil statunitense, è lontano da raffinerie ed oleodotti. I produttori di petrolio usano trasporti ferroviari costosi per portare il loro petrolio sul mercato. Il risultato è che i produttori del Nord Dakota sono di fronte ad una diminuzione significativa alla bocca di pozzo. In ottobre, la diminuzione media è stata di 15,40 dollari a barile al di sotto del riferimento statunitense dei prezzi dei future del greggio leggero. Se prendiamo quella diminuzione e la applichiamo alla chiusura dello scorso venerdì, ciò implicherebbe che i produttori del Nord Dakota ora ricevono 50,59 dollari a barile – un livello che è improbabile che sia redditizio eccetto che per i pozzi più prolifici. Se i prezzi rimangono bassi, l'OPEC raggiungerà quasi sicuramente il proprio obbiettivo di impedire un investimento significativo in nuova produzione nello stato. Un'altra grande produzione di tight oil si trova in Texas, vicino agli oleodotti e quindi non soggetta a diminuzioni di questa grandezza. Tuttavia, con il petrolio intorno ai 65 dollari al barile, è probabile che la produzione aumenterà pochissimo in Texas nei giacimenti di tight oil, sempre che aumenti. I i depositi che non siano “sweet spots” che vengono attualmente trivellati sono quasi sicuramente antieconomici con dei prezzi del genere. Se un prolungato prezzo basso del petrolio porta a perdite dolorose e permanenti per i possessori di azioni ed obbligazioni dei trivellatori del tight oil – e per quelli investiti direttamente in pozzi veri e propri – ci sarà meno appetito fra gli investitori a gettarsi nella mischia anche quando il prezzo del petrolio recupera. E' esattamente ciò su cui conta l'OPEC. Sa che il flusso libero di contanti (il contante guadagnato da operazioni meno le spese di capitale) dei trivellatori indipendenti è stato fortemente negativo dal 2010. Le trivellazioni forsennate degli ultimi anni sono state finanziate in gran parte da emissione di titoli e debito, piuttosto che dai guadagni dei pozzi precedenti.
Con questi nuovi prezzi bassi del petrolio, è improbabile che molti investitori saranno disposti a mettere più soldi per lavorare nei depositi di tight oil americani. Ciò renderò arduo per i trivellatori finanziare nuove trivellazioni, visto che non hanno contante sufficiente generato dalle attuali operazioni. In aggiunta, coi prezzi del petrolio significativamente bassi, molti trivellatori indipendenti potrebbero avere difficoltà a ripagare i loro debiti, a parte pagare i costi di trivellare un gran numero di nuovi pozzi. E coi tassi di declino annuali della produzione nelle aree di tight oil di circa il 40% - che significa semplicemente che non trivellare per un anno avrebbe come conseguenza un declino del 40% - i trivellatori devono trivellare un gran numero di pozzi solo per compensare i declini di produzione dei pozzi esistenti PRIMA che ottengano nuovi pozzi che si aggiungano realmente al tasso generale di produzione. Un calo significativo del tasso di trivellazioni nei giacimenti di tight oil statunitensi potrebbe in effetti risultare in una produzione complessiva generale più bassa. Prezzi del petrolio più bassi tendono ad aumentare la domanda di petrolio, in quanto le persone si possono permettere più energia a scopo industriale e di consumo. Così, l'OPEC si aspetta in pieno l'aumento della domanda e quindi l'aumento dei prezzi sul medio termine – ma no, spera, sufficientemente presto da salvare i trivellatori di petrolio. Se le cose restano come sono, prezzi del petrolio bassi tendono ad aumentare l'attività economica e potrebbero aiutare l'Europa e l'Asia ad evitare la recessione abbassandone i costi energetici in modo significativo. Ma le cose potrebbero non rimanere come sono, visto che almeno un analista crede che rotta nei mercati petroliferi potrebbe portare a dei default a cascata che cominciano con i titoli spazzatura del debito dei trivellatori e passano attraverso le banche pesantemente coinvolte nel debito delle compagnie petrolifere. Questo, a sua volta, potrebbe causare un collasso generale delle borse. Così, anziché promuovere la crescita economica, i bassi prezzi del petrolio sarebbero la causa del prossimo crollo in borsa e della prossima recessione mondiale. Una tale recessione farebbe ulteriormente sprofondare i prezzi del petrolio, mettendo un'estrema pressione finanziaria sui membri dell'OPEC meno ben forniti dell'Arabia Saudita. E sconvolgerebbe il programma dell'OPEC per il ritorno a prezzi e profitti più alti – ritardandolo forse per anni. Metterebbe anche un altro chiodo sulla bara della storia dell'indipendenza economica americana – di quelli che persino il sempre ottimista Dipartimento per l'Energia degli Stati Uniti non avrebbe mai pensato coi prezzi alti – spostando molti dei giacimenti di petrolio statunitensi precedentemente ritenuti praticabili nella categoria degli antieconomici.
Di Kurt Cobb
Parafrasando Mark Twain: le voci della morte dell'OPEC sono state ampiamente esagerate. La copertura mediatica asfissiante dell'ascesa della produzione petrolifera statunitense negli ultimi anni ha portato alcuni a dichiarare che il potere dell'OPEC nel mercato del petrolio ora stia diventando irrilevante in quanto l'America probabilmente si sta avviando verso l'indipendenza energetica. Questa copertura mediatica, tuttavia, ha oscurato il fatto che quasi tutto l'aumento della produzione è venuto da tight oil ad alto costo trovato in profondi depositi di scisto. L'ipotesi piuttosto stupida è stata che i prezzi del petrolio avrebbero continuato ad aggirarsi al di sopra dei 100 dollari al barile a tempo indeterminato, rendendo l'estrazione di quel tight oil redditizia a tempo indeterminato. Chiunque abbia capito l'economia di questo tipo di produzione e le dinamiche del mercato del petrolio ne aveva una migliore percezione. Ed ora, la narrazione super pubblicizzata dell'autosufficienza petrolifera americana sta per ricevere un duro colpo. Dopo settimane di speculazione sui veri motivi che stanno dietro alla decisione dell'OPEC di mantenere la produzione di fronte al declino della domanda mondiale – che ha portato ad un grande calo dei prezzi del petrolio – il cartello petrolifero ha dichiarato, durante il suo recente incontro, che sta cercando di distruggere la produzione di tight oil statunitense rendendolo non redditizio.
Una delle cose che può fare un cartello – se controlla una fetta sufficiente di mercato – è distruggere la competizione attraverso una guerra dei prezzi. In qualche modo il pubblico e i decisori politici si sono fissati sulla capacità dell'OPEC di ridurre la produzione in modo da aumentare i prezzi ed ha dimenticato la sua capacità di inondare il mercato mondiale di petrolio, non solo di stabilizzare i prezzi, ma di causarne il crollo. L'industria sostiene che gran parte dei giacimenti di tight oil statunitense siano redditizi al di sotto degli 80 dollari. E i trivellatori dicono che stanno abbassando i costi e che possono sostenere prezzi inferiori. La mossa dell'OPEC ora metterà alla prova queste dichiarazioni. L'attuale riferimento americano dei prezzi di circa 65 dollari al barile suggerisce che l'OPEC ha preso in considerazione i punti di pareggio citati nell'articolo linkato sopra. E' in gran parte l'Arabia Saudita che permette all'OPEC di avere una flessibilità di produzione, visto che il suo regno conserva una significativa capacità di riserva, che si dichara sia fra gli 1,5 e i 2 milioni di barili al giorno (Mb/g). L'OPEC dice, ne suo “World Oil Outlook 2014” che tutta l'OPEC ha circa 4 MB7g di capacità di riserva, anche se un analista di recente a fissato la cifra a 3,3 Mb/g. Qualsiasi sia il numero preciso, in termini pratici l'Arabia Saudita è la Walmart del mercato mondiale del petrolio, capace di condizionare un calo del prezzo girando qualche valvola o non chiudendole di fronte al calo della domanda. In questo caso, il paese non ha chiuso nessuna delle proprie produzioni in risposta all'indebolimento della domanda mondiale. Né lo hanno fatto gli altri membri dell'OPEC. Avendo incrociato braccia sufficienti nel recente incontro dell'OPEC, l'Arabia Saudita l'ha avuta vinta con un impegno dei membri dell'OPEC a mantenere la produzione stabile, mettendo così ulteriore pressione sul prezzo del petrolio sull'onda del calo della domanda. Entrambi i principali contratti future sono scesi del 7% dopo l'annuncio.
L'effetto in Nord Dakota è stato di gran lunga maggiore di quanto l'attuale calo dei prezzi dei future del petrolio indichi. Quello stato, che è al centro del boom del tight oil statunitense, è lontano da raffinerie ed oleodotti. I produttori di petrolio usano trasporti ferroviari costosi per portare il loro petrolio sul mercato. Il risultato è che i produttori del Nord Dakota sono di fronte ad una diminuzione significativa alla bocca di pozzo. In ottobre, la diminuzione media è stata di 15,40 dollari a barile al di sotto del riferimento statunitense dei prezzi dei future del greggio leggero. Se prendiamo quella diminuzione e la applichiamo alla chiusura dello scorso venerdì, ciò implicherebbe che i produttori del Nord Dakota ora ricevono 50,59 dollari a barile – un livello che è improbabile che sia redditizio eccetto che per i pozzi più prolifici. Se i prezzi rimangono bassi, l'OPEC raggiungerà quasi sicuramente il proprio obbiettivo di impedire un investimento significativo in nuova produzione nello stato. Un'altra grande produzione di tight oil si trova in Texas, vicino agli oleodotti e quindi non soggetta a diminuzioni di questa grandezza. Tuttavia, con il petrolio intorno ai 65 dollari al barile, è probabile che la produzione aumenterà pochissimo in Texas nei giacimenti di tight oil, sempre che aumenti. I i depositi che non siano “sweet spots” che vengono attualmente trivellati sono quasi sicuramente antieconomici con dei prezzi del genere. Se un prolungato prezzo basso del petrolio porta a perdite dolorose e permanenti per i possessori di azioni ed obbligazioni dei trivellatori del tight oil – e per quelli investiti direttamente in pozzi veri e propri – ci sarà meno appetito fra gli investitori a gettarsi nella mischia anche quando il prezzo del petrolio recupera. E' esattamente ciò su cui conta l'OPEC. Sa che il flusso libero di contanti (il contante guadagnato da operazioni meno le spese di capitale) dei trivellatori indipendenti è stato fortemente negativo dal 2010. Le trivellazioni forsennate degli ultimi anni sono state finanziate in gran parte da emissione di titoli e debito, piuttosto che dai guadagni dei pozzi precedenti.
Con questi nuovi prezzi bassi del petrolio, è improbabile che molti investitori saranno disposti a mettere più soldi per lavorare nei depositi di tight oil americani. Ciò renderò arduo per i trivellatori finanziare nuove trivellazioni, visto che non hanno contante sufficiente generato dalle attuali operazioni. In aggiunta, coi prezzi del petrolio significativamente bassi, molti trivellatori indipendenti potrebbero avere difficoltà a ripagare i loro debiti, a parte pagare i costi di trivellare un gran numero di nuovi pozzi. E coi tassi di declino annuali della produzione nelle aree di tight oil di circa il 40% - che significa semplicemente che non trivellare per un anno avrebbe come conseguenza un declino del 40% - i trivellatori devono trivellare un gran numero di pozzi solo per compensare i declini di produzione dei pozzi esistenti PRIMA che ottengano nuovi pozzi che si aggiungano realmente al tasso generale di produzione. Un calo significativo del tasso di trivellazioni nei giacimenti di tight oil statunitensi potrebbe in effetti risultare in una produzione complessiva generale più bassa. Prezzi del petrolio più bassi tendono ad aumentare la domanda di petrolio, in quanto le persone si possono permettere più energia a scopo industriale e di consumo. Così, l'OPEC si aspetta in pieno l'aumento della domanda e quindi l'aumento dei prezzi sul medio termine – ma no, spera, sufficientemente presto da salvare i trivellatori di petrolio. Se le cose restano come sono, prezzi del petrolio bassi tendono ad aumentare l'attività economica e potrebbero aiutare l'Europa e l'Asia ad evitare la recessione abbassandone i costi energetici in modo significativo. Ma le cose potrebbero non rimanere come sono, visto che almeno un analista crede che rotta nei mercati petroliferi potrebbe portare a dei default a cascata che cominciano con i titoli spazzatura del debito dei trivellatori e passano attraverso le banche pesantemente coinvolte nel debito delle compagnie petrolifere. Questo, a sua volta, potrebbe causare un collasso generale delle borse. Così, anziché promuovere la crescita economica, i bassi prezzi del petrolio sarebbero la causa del prossimo crollo in borsa e della prossima recessione mondiale. Una tale recessione farebbe ulteriormente sprofondare i prezzi del petrolio, mettendo un'estrema pressione finanziaria sui membri dell'OPEC meno ben forniti dell'Arabia Saudita. E sconvolgerebbe il programma dell'OPEC per il ritorno a prezzi e profitti più alti – ritardandolo forse per anni. Metterebbe anche un altro chiodo sulla bara della storia dell'indipendenza economica americana – di quelli che persino il sempre ottimista Dipartimento per l'Energia degli Stati Uniti non avrebbe mai pensato coi prezzi alti – spostando molti dei giacimenti di petrolio statunitensi precedentemente ritenuti praticabili nella categoria degli antieconomici.