Da “Resource Crisis”. Traduzione di MR
di Ugo Bardi - 5 novembre 2014
James Schlesinger una volta ha detto che gli esseri umani hanno solo due modalità di funzionamento: la compiacenza e il panico. Questo tipo di funzionamento bimodale sembra applicabile anche al mercato del petrolio, dove tutto viene giudicato sulla base di una semplice regola binaria: prezzi alti = male; prezzi bassi = bene. Quindi, con i prezzi del petrolio che stanno scendendo rapidamente negli ultimi giorni, l'atteggiamento generale sembra essere in prevalenza di giubilo. Tutte le preoccupazioni riguardo al picco del petrolio vengono messe sotto al tappeto e i possessori di SUV sembrano felici e in attesa della diminuzione dei prezzi della benzina che permetteranno loro di riempire i loro serbatoi a buon mercato.
Sfortunatamente, la percezione bimodale del mondo rende le persone cieche al fatto che niente accade isolatamente nel mondo. E' la legge fondamentale dei sistemi complessi: non si può fare una cosa sola. Se qualcosa cambia in un sistema complesso, è perché qualcos'altro l'ha fatta cambiare. E se qualcosa cambia, allora qualcos'altro dovrà cambiare. I sistemi complessi funzionano così. E i cambiamenti sono inevitabili e non sempre per il bene di chi li vive.
Ciò vale anche per il sistema di produzione del petrolio greggio, che non è un sistema isolato. Cambiare alcune delle caratteristiche si riverbera su tutto il mondo. Così, abbassare i prezzi del petrolio ha un effetto su altri parametri. Guardate questa figura (da un articolo di Hall e Murphy su The Oil Drum).
Naturalmente, questi dati devono essere presi con cautela – sono solo stime. Ma ce ne sono altre simili, compreso un rapporto del 2012 di Goldman and Sachs dove si può leggere che gran parte dei recenti progetti di sviluppo di campi petroliferi hanno bisogno di almeno 120 dollari al barile per essere redditizi. Quindi, vedete dov'è il problema? I prezzi al di sotto degli 80 dollari al barile distruggono la redditività di circa il 10% del petrolio attualmente prodotto. Se i prezzi dovessero tornare ai valori considerati “normali” solo 10 anni fa, circa 40 dollari al barile, perderemmo la metà della produzione mondiale. Vi viene in mente “picco del petrolio”? Be', sì, questo è il meccanismo che genera il picco del petrolio: un irreversibile declino della produzione mondiale. Ma non è solo una questione di produzione di petrolio ridotta: se la domanda di petrolio collassa, tutto il mondo sprofonda in una profonda recessione, come è già accaduto nel 2009, quando i prezzi sono brevemente collassati a circa 40 dollari al barile.
Forse questa è solo una fluttuazione temporanea; forse le cose torneranno alla “normalità” in pochi mesi. Dopo tutto, il mercato ha fatto una specie di magia negli ultimi 4-5 anni, mantenendo i prezzi del petrolio abbastanza alti da generare profitti sufficientemente alti da rendere l'industria in grado di continuare a produrre ai livelli usuali (e persino ad aumentarli un po'). Ma, sul lungo termine, è un gioco che non si può vincere. L'esaurimento rende l'estrazione progressivamente più costosa e nemmeno il grande mercato può fare la magia di continuare a vendere una cosa che i clienti non possono permettersi di comprare. Il crash del petrolio ha bisogno di tempo per dispiegarsi, ma sta avvenendo. E sta avvenendo adesso.
Ugo Bardi insegna all'Università di Firenze, Italia. E' un membro del Club di Roma e l'autore di “Extracted, come la ricerca della ricchezza minerale sta saccheggiando il pianeta” (Chelsea Green 2014)
di Ugo Bardi - 5 novembre 2014
James Schlesinger una volta ha detto che gli esseri umani hanno solo due modalità di funzionamento: la compiacenza e il panico. Questo tipo di funzionamento bimodale sembra applicabile anche al mercato del petrolio, dove tutto viene giudicato sulla base di una semplice regola binaria: prezzi alti = male; prezzi bassi = bene. Quindi, con i prezzi del petrolio che stanno scendendo rapidamente negli ultimi giorni, l'atteggiamento generale sembra essere in prevalenza di giubilo. Tutte le preoccupazioni riguardo al picco del petrolio vengono messe sotto al tappeto e i possessori di SUV sembrano felici e in attesa della diminuzione dei prezzi della benzina che permetteranno loro di riempire i loro serbatoi a buon mercato.
Sfortunatamente, la percezione bimodale del mondo rende le persone cieche al fatto che niente accade isolatamente nel mondo. E' la legge fondamentale dei sistemi complessi: non si può fare una cosa sola. Se qualcosa cambia in un sistema complesso, è perché qualcos'altro l'ha fatta cambiare. E se qualcosa cambia, allora qualcos'altro dovrà cambiare. I sistemi complessi funzionano così. E i cambiamenti sono inevitabili e non sempre per il bene di chi li vive.
Ciò vale anche per il sistema di produzione del petrolio greggio, che non è un sistema isolato. Cambiare alcune delle caratteristiche si riverbera su tutto il mondo. Così, abbassare i prezzi del petrolio ha un effetto su altri parametri. Guardate questa figura (da un articolo di Hall e Murphy su The Oil Drum).
Naturalmente, questi dati devono essere presi con cautela – sono solo stime. Ma ce ne sono altre simili, compreso un rapporto del 2012 di Goldman and Sachs dove si può leggere che gran parte dei recenti progetti di sviluppo di campi petroliferi hanno bisogno di almeno 120 dollari al barile per essere redditizi. Quindi, vedete dov'è il problema? I prezzi al di sotto degli 80 dollari al barile distruggono la redditività di circa il 10% del petrolio attualmente prodotto. Se i prezzi dovessero tornare ai valori considerati “normali” solo 10 anni fa, circa 40 dollari al barile, perderemmo la metà della produzione mondiale. Vi viene in mente “picco del petrolio”? Be', sì, questo è il meccanismo che genera il picco del petrolio: un irreversibile declino della produzione mondiale. Ma non è solo una questione di produzione di petrolio ridotta: se la domanda di petrolio collassa, tutto il mondo sprofonda in una profonda recessione, come è già accaduto nel 2009, quando i prezzi sono brevemente collassati a circa 40 dollari al barile.
Forse questa è solo una fluttuazione temporanea; forse le cose torneranno alla “normalità” in pochi mesi. Dopo tutto, il mercato ha fatto una specie di magia negli ultimi 4-5 anni, mantenendo i prezzi del petrolio abbastanza alti da generare profitti sufficientemente alti da rendere l'industria in grado di continuare a produrre ai livelli usuali (e persino ad aumentarli un po'). Ma, sul lungo termine, è un gioco che non si può vincere. L'esaurimento rende l'estrazione progressivamente più costosa e nemmeno il grande mercato può fare la magia di continuare a vendere una cosa che i clienti non possono permettersi di comprare. Il crash del petrolio ha bisogno di tempo per dispiegarsi, ma sta avvenendo. E sta avvenendo adesso.
Ugo Bardi insegna all'Università di Firenze, Italia. E' un membro del Club di Roma e l'autore di “Extracted, come la ricerca della ricchezza minerale sta saccheggiando il pianeta” (Chelsea Green 2014)