Da “The Oil Crash”. Traduzione di MR
Di Antonio Turiel
Cari lettori,
il tema che affronterò oggi appartiene a un tipo diffuso di argomenti dei quali preferisco non parlare. Non mi piace parlare di questi temi non perché siano un tabù, ma perché non mi considero sufficientemente capace e in possesso della conoscenza adeguata per affrontarli in modo appropriato, per cui più che in altri casi quello che potrei dire è fortemente discutibile e persino sbagliato, almeno in parte, Insomma, che la mia opinione su questi temi non è più qualificata di quella di qualsiasi altro cittadino, pertanto non mi pare sia corretto sbandierarla da questo blog, dandole un rilievo che non ha. Tuttavia, noto che progressivamente le discussioni su internet ed altri media si stanno incancrenendo nella misura in cui ci avviciniamo alla successiva grande ondata recessiva globale (della quale l'attuale tendenza al ribasso del prezzo del petrolio è un sintomo chiaro, visto che non è aumentata la produzione ma i prezzi scendono, ergo è la domanda che retrocede poiché si sta distruggendo a causa della recessione che avanza – e non dell'efficienza, come a volte si dice per confondere ancora di più). E ultimamente rilevo che c'è una certa confusione sul posizionamento politico, in chiave molto classica e partitica, di alcune cifre della discussione della crisi energetica in spagnolo, particolarmente le mie. Posizione partitica che non è rilevante in termini assoluti, come ho ripetuto tante volte, e che pregiudicherebbe la trasmissione di un messaggio di carattere trasversale e non partitico. Tuttavia, e nonostante tutte le premesse che finisco per esprimere, credo che sia interessante chiarire una questione chiave per capire perché il binomio capitalismo-comunismo è, a mio modo di vedere, superato e perché dovremmo esplorare altre dimensioni della discussione. Essenzialmente, parlerò del ruolo dello Stato così come lo vedo io con le mie conoscenze limitate, perché credo che quello che deve venire non potrà somigliare in nulla ai due sistemi apparentemente opposti anche se entrambi si basano su un forte statalismo.
Il ruolo dello Stato
Ci sono molte discussioni storiografiche ed antropologiche sull'origine e la funzione dello Stato, delle quali sono uno scarso conoscitore. Tuttavia, c'è una serie di caratteristiche che vengono attribuite con un sufficiente consenso allo Stato. Una di queste è che lo Stato è il depositario del diritto alla violenza legittima, cioè, è l'unico agente che ha diritto ad agire violentemente in difesa di un bene percepito come comune se non esiste nessun altro mezzo per garantirlo. Lo Stato, che in sé non è altro che una serie di istituzioni create ad un certo punto per la gestione di un paese, diventa, in virtù di questo e di altri diritti, un soggetto di diritto, cioè, un ente con diritti e doveri riconosciuto da altri soggetti di diritto come lui. Per dirlo più semplicemente, lo Stato spagnolo è riconosciuto come l'interlocutore valido per discutere qualsiasi cosa che abbia a che fare col territorio che amministra, cioè la Spagna.
Dato che lo Stato ha il monopolio della violenza legittima, qualsiasi violenza esercitata nel suo territorio da chiunque non sia lo Stato diventa illegittima. Perché le cose siano più chiare, lo Stato, usando il proprio potere legislativo, promulga leggi che esplicitano la non legittimità di quelle azioni per mezzo di disposizioni legali che stabiliscono condizioni penali per i contravventori. Cioè, lo Stato stabilisce con delle leggi quale castigo corrisponde a chi esercita un determinato tipo di violenza che non sia ricoperta dallo Stato stesso. Visto che lo Stato ha diritto di far violenza a qualsiasi aspetto della nostra convivenza (per esempio, sparando a un rapinatore di un supermercato se questo mette in pericolo la vita di altri , o anche negando alcuni assembramenti di massa e inviando polizia antisommossa a picchiare i manifestanti se non se ne vanno, o anche mandando in carcere coloro non pagano le proprie tasse), lo Stato ha un grande potere su tutti noi e per questo è giusto si definiscano in modo molto chiaro quali siano i fini dello Stato e che ci sia un grande consenso sociale sul fatto che questi fini siano legittimi. Qui viene uno degli aspetti più delicati del meccanismo statale: dato che nei sistemi democratici si riconosce che la sovranità è del popolo, tutto il potere in realtà proviene dal popolo e lo Stato, che è un soggetto a parte ma con il grande potere della violenza, come abbiamo detto, deve il suo potere a quel popolo che in realtà glielo ha consegnato. Pertanto, lo Stato deve interpretare correttamente il dettato del popolo e da qui proviene la grande importanza del fatto che le istituzioni dello Stato siano trasparenti e democratiche, come modo per assicurare che si sta compiendo la volontà del popolo.
Come sappiamo tutti, gli Stati moderni sono strutture di una grande complessità e per la loro gestione servono funzionari specializzati e con esperienza. Permettetemi un inciso qui: la parola “funzionario”, in Spagna come in altri paesi, ha molte connotazioni negative, perché la maggioranza della gente di solito la associa a “funzionari di sportello” indolenti che hanno dovuto sopportare nel corso di una qualche operazione con l'Amministrazione. Ed i think tank liberali, nella loro crociata per spogliare lo Stato di tutto ciò che non è monopolio della violenza (curiosamente, ma neanche tanto, come vedremo), sono soliti approfittare di questa cattiva percezione per usare la parola “funzionario” come un insulto. Tuttavia, chiunque abbia avuto a che fare con imprese di grandi dimensioni e complessità si sarà incontrato con amministratori che svolgono funzioni del tutto analoghe a quelle dei funzionari di sportello e di simile indolenza. Si vede che ciò che favorisce quest'atteggiamento (che in realtà non è nemmeno maggioritario ma è più visibile perché è un'attività a contatto col pubblico) è il tipo di lavoro amministrativo tedioso e senza incentivi. Per di più, si è soliti ignorare che la maggioranza dei funzionari sono maestri, professori universitari, medici, infermieri, letterati, militari, pompieri, ispettori fiscali, scienziati, guardie forestali, avvocati, procuratori, giudici e un lungo eccetera di tecnici più diversi il cui lavoro non sempre è visibile ma è fondamentale. A causa della complessità dello Stato che stiamo esponendo, è necessario mantenere questi corpi di funzionari specializzati, che logicamente non possono essere sostituiti allo stesso ritmo dell'alternanza democratica del paese. Per questo è richiesto che i funzionari lavorino in modo fedele al servizio del Governo di turno per il bene del paese, a prescindere dalle loro convinzioni partitiche. In cambio, viene loro riconosciuto uno statuto del lavoro speciale, che in da tempo e specialmente in questi tempi incerti viene percepito come un privilegio inadeguato.
Cosa succede quando un potere sufficientemente forte, tipicamente economico, corrompe qualche struttura dello Stato? Che lo Stato si scollega dalla fonte della sua legittimità, che è il consenso sociale, e si comporta a beneficio di questi altri interessi, naturalmente in modo subdolo per evitare una rivoluzione popolare. Non credo che valga la pena farvi degli esempi, perché sono sicuro che ve ne verranno in mente molti anche senza sforzarvi. Di fatto, il potere economico o di altro tipo non ha bisogno, per i propri fini, di corrompere troppo tutte le strutture dello Stato, perché per costituzione gli Stati tendono ad essere fortemente gerarchici e centralizzati. Se si ottiene il controllo del vertice (per esempio, del Governo) o delle strutture immediatamente inferiori (gli alti funzionari), tutto il resto del macchinario dello Stato lavorerà in modo cieco e implacabile a favore di questo potere corruttore, in applicazione della massima secondo la quale i funzionari di rango inferiore hanno l'obbligo di soddisfare e servire fedelmente ciò che viene loro richiesto in virtù della loro condizione di servitori pubblici, al di là delle loro preferenze ideologiche.
Pertanto, la struttura piramidale e non deliberativa dello Stato lo rende più vulnerabile all'ingerenza illegittima di agenti non popolari, il che dà accesso a questi agenti a forme incontrastate di violenza, non sempre fisica. Si tende a pensare che quando succede questo sia per un difetto concreto dello Stato o persino della società che lo partorisce. Al contrario, da mio punto di vista non sufficientemente documentato ma che si basa sull'osservazione empirica del fatto che non c'è uno Stato non corrotto ma solo gradi diversi di corruzione, credo che la corruzione sia una caratteristica intrinseca degli Stati. Inoltre, che il ruolo dello Stato sia andato rinforzandosi durante la storia in simbiosi con l'ingerenza sempre maggiore dei poteri economici, di modo che alla fine il difetto della corruzione statale non è accidentale ma strutturale.
Capitalismo e comunismo
I due grandi sistemi economici che hanno dominato la discussione durante il ventesimo secolo sono il capitalismo e il comunismo (usare questi nomi è una semplificazione semantica, ma per non rendere questa discussione più complicata, prego i più pignoli che me lo concedano). Al margine di queste discussioni teoriche, la pratica dell'attuazione di entrambi i sistemi è stata completamente subordinata all'esigenza di uno Stato e, nei casi in cui questo non c'era in quanto tale, si è finiti per crearlo a beneficio del sistema economico. A mio modo di vedere, il carattere statalista del comunismo e del capitalismo non è una coincidenza, ma una necessità di entrambi i sistemi per ottenere i propri fini. Nel caso del comunismo di taglio sovietico e simili, la necessità di uno Stato forte risulta evidente a tutti: stiamo parlando di un'economia pianificata, che impone restrizioni ad ogni tipo di attività e che supervisiona in modo estenuante i dettagli della vita pubblica e privata dei suoi cittadini. Nel caso del capitalismo, la percezione popolare, incoraggiata da certi settori della società, è che sia un sistema di libertà e che qualsiasi ingerenza dello Stato in realtà è dannosa. Parrebbe, pertanto, che il capitalismo sia in qualche modo contrario ad uno Stato forte. Niente di più lontano dalla realtà. L'economia capitalista moderna è più pianificata che mai e le percezione di libertà, di capacità elettiva, non è altro che una finzione costruita abilmente.
Molte grandi imprese hanno bisogno che lo Stato le sovvenzioni o le favorisca indirettamente costringendo i suoi cittadini a consumare i suoi prodotti o attraverso esenzioni fiscali. Ha tutta la logica del mondo: l'investimento che queste imprese fanno per influire sullo Stato aumenta i loro benefici, mentre lo Stato beneficia del controllo sociale che queste imprese assicurano, attraverso i loro lavoratori e il loro controllo sui mezzi di comunicazione. E qui la simbiosi Stato-capitale negli Stati capitalisti. I casi nei quali lo Stato favorisce in modo indecente le grandi imprese non sono isolati ma ripetuti: la grande industria aeronautica sta in piedi grazie agli ordini di aerei militari (se qualcuno mi può far passare il collegamento che ho lasciato qualche settimana fa su Facebook...), le grandi banche vengono salvate quando fanno investimenti massicciamente rovinosi, il settore delle auto è sostenuto da piani statali consecutivi di sussidio all'acquisto di un'auto nuova, alle industrie petrolifere riducono le tasse, le grandi società elettriche ottengono regolamenti favorevoli ai propri interessi e contro il bene comune... E questo per non parlare degli scandali ambientali, a volte con gravi conseguenze per la popolazione, taciuti persino con l'uso della forza, grazie al controllo di uno Stato piegato agli interessi di un capitale che non conosce frontiere (“Ricordate Bhopal”).
Non c'è grande settore dell'economia capitalista di oggi che non sia sostenuto dallo Stato e questo non succede da ora, per colpa della crisi, ma è da molto tempo che è così. Di fatto, se uno si scomoda a immergersi nei libri di Storia vedrà che nella configurazione dei moderni Stati capitalisti la cosa è sempre stata così. Ma è solo ora che la sconnessione dalla volontà del popolo sovrano è più evidente. Per esempio in Spagna con l'Iniziativa Legislativa Popolare che promuoveva il pagamento in natura delle abitazioni ipotecate (con l'appoggio di quasi un milione e mezzo di forme) è stata sostanzialmente ignorata nel suo iter parlamentare. Il disprezzo dello Stato della volontà del popolo non è a sua volta una cosa nuova, ma di sempre. Semplicemente prima la gente si guadagnava meglio da vivere e preferiva continuare così piuttosto che passarla nell'impresa di fronteggiare gli abusi dello Stato, cosa quasi sempre inutile. Se si guardano con attenzione le differenza fra comunismo e capitalismo, queste non sono tanto grandi. Il comunismo sovietico è stato molto meno efficace dal punto di vista produttivo ed ha generato molte inefficienze, in molti casi frutto della disaffezione delle classi popolari agli obbiettivi dello Stato (qualcosa di molto naturale se teniamo conto del fatto che lo stato sovietico rifiutava la sovranità popolare anche se formalmente diceva di difenderla). Tuttavia, con l'attuazione di certe misure chiave, il comunismo cinese si è evoluto negli ultimi decenni verso quote di produttività superiori a quelle dell'Occidente, dimostrando che un paese comunista può essere tanto capitalista-statalista quanto qualsiasi democrazia occidentale e senza il costo aggiuntivo (economico) della democrazia.
La crisi dello Stato, conseguenza della crisi energetica?
Si può sostenere che la crisi dello Stato, in particolare quelle degli stati capitalisti come quelli in cui viviamo, è cominciata già da molto tempo. Il sintomo più chiaro di questa crisi di legittimità è stato il rifiuto dell'ingerenza in guerre in terre straniere a difesa di interessi falsi ed assurdi, il cui massimo esponente è stato il movimento di rifiuto della guerra in Vietnam negli Stati Uniti alla fine degli anni 60 e all'inizio degli anni 70 del secolo scorso, o il rifiuto della seconda Guerra del Golfo all'inizio di questo secolo. E' anche legittimo sostenere che la proliferazione delle pubblicazioni indipendenti favorita dalla diffusione di internet alimenta il focus e l'indagine delle disfunzionalità dello Stato e in un certo modo aggrava la percezione delle stesse, cosa che ha a sua volta una parte importante di ragione. Tuttavia, ciò che sta rendendo intollerabile le situazione di disprezzo della volontà popolare che dura già da decenni sono le crescenti difficoltà economiche delle famiglie. E causato del malessere popolare, che non può già più beneficiare del benessere materiale, ciò che porta a mettere sistematicamente in discussione i diversi ruoli esercitati dallo Stato. Le citazioni dello Stato disfunzionale escono continuamente fuori nelle conversazioni quotidiane, con speciale enfasi sui casi concreti e personalizzati di corruzione, ma con un fondo di sfiducia generalizzata verso il buon lavoro e persino verso i fini dell'Amministrazione (un esempio di rabbiosa attualità in Spagna è il primo caso di infezione da ebola in Europa, verificatosi a Madrid per ciò che molti considerano una gestione negligente ed imprudente dell'assistenza a due rimpatriati). In questi giorni è frequente che un notizia falsa apparsa su una pubblicazione satirica venga presa erroneamente da alcuni come vera, semplicemente perché l'atrocità descritta credibile in mezzo all'attuale degrado (nel quale, per esempio, si vede come normale ed accettabile abbandonare bambini la cui famiglia non ha altro sostegno se non quello della mensa scolastica durante i mesi estivi).
Pertanto, credo abbia fondamento dire che la messa in discussione dello Stato e il clamore crescente per la sua riforma, per la sua rigenerazione, provenga in gran parte dello scontento causato dalla crisi economica interminabile che stiamo vivendo. Crisi che, in ultima istanza, non potrà mai finire a causa della decrescita energetica, per colpa della crisi energetica. Potrà essere mantenuto uno Stato centralizzato e complesso in una situazione di ritorni decrescenti, di diminuzione dell'attività economica, di diminuzione delle entrate? E' chiaro che la risposta è no se la diminuzione è grave. E dato il corso prevedibile degli eventi (senza bisogno di scomodare scenari più drammatici) sembra evidente che gli Stati capitalisti ad un certo punto giungeranno alla loro fine. Ed il momento chiave che segna la loro scomparsa è il momento in cui perdono il loro potere principale: il monopolio della violenza. Quando lo Stato smette di pagare gli stipendi alla polizia smetterà di poter imporre la sua volontà e in quel momento smetterà praticamente di esistere.
Il futuro post-statalista
Che futuro attende i nostri paesi dopo la fine dei loro rispettivi Stati? Nessuno lo sa con certezza e questo tema, su quello che hanno teorizzato gli esperti da decenni, è ancora meno propizio per le mie divagazioni personali del tutto non autorizzate. Forse alcuni paesi conserveranno Stati più semplificati, forse in altri si recupereranno forme di organizzazione precedenti, molte delle quali democratiche; altri paesi, disgraziatamente, soccomberanno sotto un nuovo giogo feudale e, in ogni caso, la disgregazione sarà la norma. Ciò che mi è chiaro è che il futuro dipenderà dalle decisioni che prendiamo ora. Niente è perduto se non vogliamo che lo sia. Forse il primo passo per sapere dove si trova questo futuro che interessa a tutti costruire, tanto l'operaio della fabbrica quanto il suo titolare, è uscire dai vecchi schemi di discussione e cominciare a guardare dimensioni del dibattito lungamente ignorate, come per esempio quelle che trattano dei limiti ecologici di questo pianeta che dobbiamo condividere.
Saluti.
AMT
Di Antonio Turiel
Cari lettori,
il tema che affronterò oggi appartiene a un tipo diffuso di argomenti dei quali preferisco non parlare. Non mi piace parlare di questi temi non perché siano un tabù, ma perché non mi considero sufficientemente capace e in possesso della conoscenza adeguata per affrontarli in modo appropriato, per cui più che in altri casi quello che potrei dire è fortemente discutibile e persino sbagliato, almeno in parte, Insomma, che la mia opinione su questi temi non è più qualificata di quella di qualsiasi altro cittadino, pertanto non mi pare sia corretto sbandierarla da questo blog, dandole un rilievo che non ha. Tuttavia, noto che progressivamente le discussioni su internet ed altri media si stanno incancrenendo nella misura in cui ci avviciniamo alla successiva grande ondata recessiva globale (della quale l'attuale tendenza al ribasso del prezzo del petrolio è un sintomo chiaro, visto che non è aumentata la produzione ma i prezzi scendono, ergo è la domanda che retrocede poiché si sta distruggendo a causa della recessione che avanza – e non dell'efficienza, come a volte si dice per confondere ancora di più). E ultimamente rilevo che c'è una certa confusione sul posizionamento politico, in chiave molto classica e partitica, di alcune cifre della discussione della crisi energetica in spagnolo, particolarmente le mie. Posizione partitica che non è rilevante in termini assoluti, come ho ripetuto tante volte, e che pregiudicherebbe la trasmissione di un messaggio di carattere trasversale e non partitico. Tuttavia, e nonostante tutte le premesse che finisco per esprimere, credo che sia interessante chiarire una questione chiave per capire perché il binomio capitalismo-comunismo è, a mio modo di vedere, superato e perché dovremmo esplorare altre dimensioni della discussione. Essenzialmente, parlerò del ruolo dello Stato così come lo vedo io con le mie conoscenze limitate, perché credo che quello che deve venire non potrà somigliare in nulla ai due sistemi apparentemente opposti anche se entrambi si basano su un forte statalismo.
Il ruolo dello Stato
Ci sono molte discussioni storiografiche ed antropologiche sull'origine e la funzione dello Stato, delle quali sono uno scarso conoscitore. Tuttavia, c'è una serie di caratteristiche che vengono attribuite con un sufficiente consenso allo Stato. Una di queste è che lo Stato è il depositario del diritto alla violenza legittima, cioè, è l'unico agente che ha diritto ad agire violentemente in difesa di un bene percepito come comune se non esiste nessun altro mezzo per garantirlo. Lo Stato, che in sé non è altro che una serie di istituzioni create ad un certo punto per la gestione di un paese, diventa, in virtù di questo e di altri diritti, un soggetto di diritto, cioè, un ente con diritti e doveri riconosciuto da altri soggetti di diritto come lui. Per dirlo più semplicemente, lo Stato spagnolo è riconosciuto come l'interlocutore valido per discutere qualsiasi cosa che abbia a che fare col territorio che amministra, cioè la Spagna.
Dato che lo Stato ha il monopolio della violenza legittima, qualsiasi violenza esercitata nel suo territorio da chiunque non sia lo Stato diventa illegittima. Perché le cose siano più chiare, lo Stato, usando il proprio potere legislativo, promulga leggi che esplicitano la non legittimità di quelle azioni per mezzo di disposizioni legali che stabiliscono condizioni penali per i contravventori. Cioè, lo Stato stabilisce con delle leggi quale castigo corrisponde a chi esercita un determinato tipo di violenza che non sia ricoperta dallo Stato stesso. Visto che lo Stato ha diritto di far violenza a qualsiasi aspetto della nostra convivenza (per esempio, sparando a un rapinatore di un supermercato se questo mette in pericolo la vita di altri , o anche negando alcuni assembramenti di massa e inviando polizia antisommossa a picchiare i manifestanti se non se ne vanno, o anche mandando in carcere coloro non pagano le proprie tasse), lo Stato ha un grande potere su tutti noi e per questo è giusto si definiscano in modo molto chiaro quali siano i fini dello Stato e che ci sia un grande consenso sociale sul fatto che questi fini siano legittimi. Qui viene uno degli aspetti più delicati del meccanismo statale: dato che nei sistemi democratici si riconosce che la sovranità è del popolo, tutto il potere in realtà proviene dal popolo e lo Stato, che è un soggetto a parte ma con il grande potere della violenza, come abbiamo detto, deve il suo potere a quel popolo che in realtà glielo ha consegnato. Pertanto, lo Stato deve interpretare correttamente il dettato del popolo e da qui proviene la grande importanza del fatto che le istituzioni dello Stato siano trasparenti e democratiche, come modo per assicurare che si sta compiendo la volontà del popolo.
Come sappiamo tutti, gli Stati moderni sono strutture di una grande complessità e per la loro gestione servono funzionari specializzati e con esperienza. Permettetemi un inciso qui: la parola “funzionario”, in Spagna come in altri paesi, ha molte connotazioni negative, perché la maggioranza della gente di solito la associa a “funzionari di sportello” indolenti che hanno dovuto sopportare nel corso di una qualche operazione con l'Amministrazione. Ed i think tank liberali, nella loro crociata per spogliare lo Stato di tutto ciò che non è monopolio della violenza (curiosamente, ma neanche tanto, come vedremo), sono soliti approfittare di questa cattiva percezione per usare la parola “funzionario” come un insulto. Tuttavia, chiunque abbia avuto a che fare con imprese di grandi dimensioni e complessità si sarà incontrato con amministratori che svolgono funzioni del tutto analoghe a quelle dei funzionari di sportello e di simile indolenza. Si vede che ciò che favorisce quest'atteggiamento (che in realtà non è nemmeno maggioritario ma è più visibile perché è un'attività a contatto col pubblico) è il tipo di lavoro amministrativo tedioso e senza incentivi. Per di più, si è soliti ignorare che la maggioranza dei funzionari sono maestri, professori universitari, medici, infermieri, letterati, militari, pompieri, ispettori fiscali, scienziati, guardie forestali, avvocati, procuratori, giudici e un lungo eccetera di tecnici più diversi il cui lavoro non sempre è visibile ma è fondamentale. A causa della complessità dello Stato che stiamo esponendo, è necessario mantenere questi corpi di funzionari specializzati, che logicamente non possono essere sostituiti allo stesso ritmo dell'alternanza democratica del paese. Per questo è richiesto che i funzionari lavorino in modo fedele al servizio del Governo di turno per il bene del paese, a prescindere dalle loro convinzioni partitiche. In cambio, viene loro riconosciuto uno statuto del lavoro speciale, che in da tempo e specialmente in questi tempi incerti viene percepito come un privilegio inadeguato.
Cosa succede quando un potere sufficientemente forte, tipicamente economico, corrompe qualche struttura dello Stato? Che lo Stato si scollega dalla fonte della sua legittimità, che è il consenso sociale, e si comporta a beneficio di questi altri interessi, naturalmente in modo subdolo per evitare una rivoluzione popolare. Non credo che valga la pena farvi degli esempi, perché sono sicuro che ve ne verranno in mente molti anche senza sforzarvi. Di fatto, il potere economico o di altro tipo non ha bisogno, per i propri fini, di corrompere troppo tutte le strutture dello Stato, perché per costituzione gli Stati tendono ad essere fortemente gerarchici e centralizzati. Se si ottiene il controllo del vertice (per esempio, del Governo) o delle strutture immediatamente inferiori (gli alti funzionari), tutto il resto del macchinario dello Stato lavorerà in modo cieco e implacabile a favore di questo potere corruttore, in applicazione della massima secondo la quale i funzionari di rango inferiore hanno l'obbligo di soddisfare e servire fedelmente ciò che viene loro richiesto in virtù della loro condizione di servitori pubblici, al di là delle loro preferenze ideologiche.
Pertanto, la struttura piramidale e non deliberativa dello Stato lo rende più vulnerabile all'ingerenza illegittima di agenti non popolari, il che dà accesso a questi agenti a forme incontrastate di violenza, non sempre fisica. Si tende a pensare che quando succede questo sia per un difetto concreto dello Stato o persino della società che lo partorisce. Al contrario, da mio punto di vista non sufficientemente documentato ma che si basa sull'osservazione empirica del fatto che non c'è uno Stato non corrotto ma solo gradi diversi di corruzione, credo che la corruzione sia una caratteristica intrinseca degli Stati. Inoltre, che il ruolo dello Stato sia andato rinforzandosi durante la storia in simbiosi con l'ingerenza sempre maggiore dei poteri economici, di modo che alla fine il difetto della corruzione statale non è accidentale ma strutturale.
Capitalismo e comunismo
I due grandi sistemi economici che hanno dominato la discussione durante il ventesimo secolo sono il capitalismo e il comunismo (usare questi nomi è una semplificazione semantica, ma per non rendere questa discussione più complicata, prego i più pignoli che me lo concedano). Al margine di queste discussioni teoriche, la pratica dell'attuazione di entrambi i sistemi è stata completamente subordinata all'esigenza di uno Stato e, nei casi in cui questo non c'era in quanto tale, si è finiti per crearlo a beneficio del sistema economico. A mio modo di vedere, il carattere statalista del comunismo e del capitalismo non è una coincidenza, ma una necessità di entrambi i sistemi per ottenere i propri fini. Nel caso del comunismo di taglio sovietico e simili, la necessità di uno Stato forte risulta evidente a tutti: stiamo parlando di un'economia pianificata, che impone restrizioni ad ogni tipo di attività e che supervisiona in modo estenuante i dettagli della vita pubblica e privata dei suoi cittadini. Nel caso del capitalismo, la percezione popolare, incoraggiata da certi settori della società, è che sia un sistema di libertà e che qualsiasi ingerenza dello Stato in realtà è dannosa. Parrebbe, pertanto, che il capitalismo sia in qualche modo contrario ad uno Stato forte. Niente di più lontano dalla realtà. L'economia capitalista moderna è più pianificata che mai e le percezione di libertà, di capacità elettiva, non è altro che una finzione costruita abilmente.
Molte grandi imprese hanno bisogno che lo Stato le sovvenzioni o le favorisca indirettamente costringendo i suoi cittadini a consumare i suoi prodotti o attraverso esenzioni fiscali. Ha tutta la logica del mondo: l'investimento che queste imprese fanno per influire sullo Stato aumenta i loro benefici, mentre lo Stato beneficia del controllo sociale che queste imprese assicurano, attraverso i loro lavoratori e il loro controllo sui mezzi di comunicazione. E qui la simbiosi Stato-capitale negli Stati capitalisti. I casi nei quali lo Stato favorisce in modo indecente le grandi imprese non sono isolati ma ripetuti: la grande industria aeronautica sta in piedi grazie agli ordini di aerei militari (se qualcuno mi può far passare il collegamento che ho lasciato qualche settimana fa su Facebook...), le grandi banche vengono salvate quando fanno investimenti massicciamente rovinosi, il settore delle auto è sostenuto da piani statali consecutivi di sussidio all'acquisto di un'auto nuova, alle industrie petrolifere riducono le tasse, le grandi società elettriche ottengono regolamenti favorevoli ai propri interessi e contro il bene comune... E questo per non parlare degli scandali ambientali, a volte con gravi conseguenze per la popolazione, taciuti persino con l'uso della forza, grazie al controllo di uno Stato piegato agli interessi di un capitale che non conosce frontiere (“Ricordate Bhopal”).
Non c'è grande settore dell'economia capitalista di oggi che non sia sostenuto dallo Stato e questo non succede da ora, per colpa della crisi, ma è da molto tempo che è così. Di fatto, se uno si scomoda a immergersi nei libri di Storia vedrà che nella configurazione dei moderni Stati capitalisti la cosa è sempre stata così. Ma è solo ora che la sconnessione dalla volontà del popolo sovrano è più evidente. Per esempio in Spagna con l'Iniziativa Legislativa Popolare che promuoveva il pagamento in natura delle abitazioni ipotecate (con l'appoggio di quasi un milione e mezzo di forme) è stata sostanzialmente ignorata nel suo iter parlamentare. Il disprezzo dello Stato della volontà del popolo non è a sua volta una cosa nuova, ma di sempre. Semplicemente prima la gente si guadagnava meglio da vivere e preferiva continuare così piuttosto che passarla nell'impresa di fronteggiare gli abusi dello Stato, cosa quasi sempre inutile. Se si guardano con attenzione le differenza fra comunismo e capitalismo, queste non sono tanto grandi. Il comunismo sovietico è stato molto meno efficace dal punto di vista produttivo ed ha generato molte inefficienze, in molti casi frutto della disaffezione delle classi popolari agli obbiettivi dello Stato (qualcosa di molto naturale se teniamo conto del fatto che lo stato sovietico rifiutava la sovranità popolare anche se formalmente diceva di difenderla). Tuttavia, con l'attuazione di certe misure chiave, il comunismo cinese si è evoluto negli ultimi decenni verso quote di produttività superiori a quelle dell'Occidente, dimostrando che un paese comunista può essere tanto capitalista-statalista quanto qualsiasi democrazia occidentale e senza il costo aggiuntivo (economico) della democrazia.
La crisi dello Stato, conseguenza della crisi energetica?
Si può sostenere che la crisi dello Stato, in particolare quelle degli stati capitalisti come quelli in cui viviamo, è cominciata già da molto tempo. Il sintomo più chiaro di questa crisi di legittimità è stato il rifiuto dell'ingerenza in guerre in terre straniere a difesa di interessi falsi ed assurdi, il cui massimo esponente è stato il movimento di rifiuto della guerra in Vietnam negli Stati Uniti alla fine degli anni 60 e all'inizio degli anni 70 del secolo scorso, o il rifiuto della seconda Guerra del Golfo all'inizio di questo secolo. E' anche legittimo sostenere che la proliferazione delle pubblicazioni indipendenti favorita dalla diffusione di internet alimenta il focus e l'indagine delle disfunzionalità dello Stato e in un certo modo aggrava la percezione delle stesse, cosa che ha a sua volta una parte importante di ragione. Tuttavia, ciò che sta rendendo intollerabile le situazione di disprezzo della volontà popolare che dura già da decenni sono le crescenti difficoltà economiche delle famiglie. E causato del malessere popolare, che non può già più beneficiare del benessere materiale, ciò che porta a mettere sistematicamente in discussione i diversi ruoli esercitati dallo Stato. Le citazioni dello Stato disfunzionale escono continuamente fuori nelle conversazioni quotidiane, con speciale enfasi sui casi concreti e personalizzati di corruzione, ma con un fondo di sfiducia generalizzata verso il buon lavoro e persino verso i fini dell'Amministrazione (un esempio di rabbiosa attualità in Spagna è il primo caso di infezione da ebola in Europa, verificatosi a Madrid per ciò che molti considerano una gestione negligente ed imprudente dell'assistenza a due rimpatriati). In questi giorni è frequente che un notizia falsa apparsa su una pubblicazione satirica venga presa erroneamente da alcuni come vera, semplicemente perché l'atrocità descritta credibile in mezzo all'attuale degrado (nel quale, per esempio, si vede come normale ed accettabile abbandonare bambini la cui famiglia non ha altro sostegno se non quello della mensa scolastica durante i mesi estivi).
Pertanto, credo abbia fondamento dire che la messa in discussione dello Stato e il clamore crescente per la sua riforma, per la sua rigenerazione, provenga in gran parte dello scontento causato dalla crisi economica interminabile che stiamo vivendo. Crisi che, in ultima istanza, non potrà mai finire a causa della decrescita energetica, per colpa della crisi energetica. Potrà essere mantenuto uno Stato centralizzato e complesso in una situazione di ritorni decrescenti, di diminuzione dell'attività economica, di diminuzione delle entrate? E' chiaro che la risposta è no se la diminuzione è grave. E dato il corso prevedibile degli eventi (senza bisogno di scomodare scenari più drammatici) sembra evidente che gli Stati capitalisti ad un certo punto giungeranno alla loro fine. Ed il momento chiave che segna la loro scomparsa è il momento in cui perdono il loro potere principale: il monopolio della violenza. Quando lo Stato smette di pagare gli stipendi alla polizia smetterà di poter imporre la sua volontà e in quel momento smetterà praticamente di esistere.
Il futuro post-statalista
Che futuro attende i nostri paesi dopo la fine dei loro rispettivi Stati? Nessuno lo sa con certezza e questo tema, su quello che hanno teorizzato gli esperti da decenni, è ancora meno propizio per le mie divagazioni personali del tutto non autorizzate. Forse alcuni paesi conserveranno Stati più semplificati, forse in altri si recupereranno forme di organizzazione precedenti, molte delle quali democratiche; altri paesi, disgraziatamente, soccomberanno sotto un nuovo giogo feudale e, in ogni caso, la disgregazione sarà la norma. Ciò che mi è chiaro è che il futuro dipenderà dalle decisioni che prendiamo ora. Niente è perduto se non vogliamo che lo sia. Forse il primo passo per sapere dove si trova questo futuro che interessa a tutti costruire, tanto l'operaio della fabbrica quanto il suo titolare, è uscire dai vecchi schemi di discussione e cominciare a guardare dimensioni del dibattito lungamente ignorate, come per esempio quelle che trattano dei limiti ecologici di questo pianeta che dobbiamo condividere.
Saluti.
AMT
La dimensione Statale dipenderà dalla quantità di energia disponibile.
RispondiEliminaNon penso che si tornerà più all'età dei comuni (Medioevo), in quanto, alcune tecniche per utilizzare le fonti rinnovabili (idroelettrico e biomasse in primis) faranno in modo che un minimo di energia ci sia.
Quindi, penso che gli Stati saranno grandi come le regioni Italiane o poco più.
Questo quando?...
Sicuramente dopo una grande guerra (mondiale) che ridurrà la popolazione mondiale a dei livelli più accettabili dall'ambiente.
Alternative?
Trovare una nuova fonte energetica adeguata e ridurre fisiologicamente la quantità di popolazione.
Alternative che non intaccano il numero di persone al mondo?
Aspettate che chiamo gli Extra-Terrestri e mi faccio dire quando pensano di passare da queste parti. :-)
... ma forse saranno loro i primi a dire che siamo troppi.
L'unica via d'uscita indolore é data da:
Ricerca, Innovazione ed Organizzazione mondiale.
Bello questo articolo di Antonio Turiel.
RispondiElimina.----
Credo che lo Stato sia una caratteristica del Leviatano degli articoli di Jacopo Simonetta.
Senza Stato il Leviatano sarebbe quasi inesistente.
Il che, a mio modo di vedere, sarebbe bellissimo.
Ma ognuno di noi la pensa a suo modo, purtroppo, avendo perso di vista un pensare condiviso, a causa della innaturalità della vita nostra che ci ha resi individui separati fra di noi e quindi con idee strampalate.
E la maggioranza di noi ritiene necessario lo Stato.
Io NO.
Abbiamo vissuto per due milioni di anni senza Stato, lo Stato esiste da pochi millenni, e secondo me ha fallito.
.----
Lo stato scomparirà solo quando non verranno più pagate le forze di polizia, dice Turiel : lo credo anche io, ma penso succederà molto tardi, purtroppo, non conosco alcuno stato nel quale si sia rinunciato alle forze di polizia interna, e pochi stati hanno rinunciato ad un esercito.
In Costarica si è rinunciato ad un esercito, ed i cittadini sono d'accordo con la decisione attuata 60 anni fa dal presidente Pepe Figueres Ferrer.
“Qui le piazze, i monumenti e le vie non ricordano guerre o battaglie, ma i solidi principi su cui si basa questo Paese: piazza della Cultura, parco della Pace, la rotonda delle Garanzie Sociali si possono citare come esempi.”
(fonte http://www.informarexresistere.fr/2013/10/05/un-paese-disarmato-e-possibile-lesempio-della-costa-rica/).
.----
Una frase di Turiel mi trova molto d'accordo :
“Forse il primo passo per sapere dove si trova questo futuro che interessa a tutti costruire, tanto l'operaio della fabbrica quanto il suo titolare, è uscire dai vecchi schemi di discussione e cominciare a guardare dimensioni del dibattito lungamente ignorate, come per esempio quelle che trattano dei limiti ecologici di questo pianeta che dobbiamo condividere.”
E penso che sarebbe solo l'inizio di un comportamento dovuto, se vogliamo essere degni di vivere su questo pianeta Terra che dovremmo condividere “equamente” con altri abitanti umani e non umani con gli stessi nostri diritti a viverci.
Dobbiamo aprire la mente, e capire che si può vivere senza l'esistenza dello Stato.
Gianni Tiziano
Lo Stato serve per gestire le cose in comune, tipo la sicurezza (se no, finisce come nel Far West e ognuno si fa giustizia da se); e per la solidarietà.
EliminaDobbiamo ricordarci che solo aiutandoci l'un l'altro si può essere più forti.
L'individualismo esasperato é un male!
Se c'é qualcuno, di una regione italiana che la pensa diversamente, gli dico che:
un terremoto può portarti via tutto!
Solo la solidarietà permette di superare certi eventi.
A livello di famiglia, a chi guadagna molto con il suo lavoro e si sente migliore di un altro economicamente svantaggiato, ricordo, che anche lui può perdere il lavoro (licenziato o fallimento della ditta).
Il periodo di "vacche grasse" non é detto che duri per sempre!
Solo l'umiltà del riconoscere i propri limiti e che abbiamo bisogno gli uni degli altri, può salvarci.
L'arroganza dell'individualismo sfrenato porta alla distruzione!
Direi che non dobbiamo confondere l'individualismo con l'anarchia (cioè, la mancanza di Stato). Lo Stato serve per gestire sistemi sociali centralizzati, non serve a limitare l'individualismo. Mi sembra piuttosto che negli ultimi 50 anni lo abbia fortemente promosso, in quanto lo Stato si nutre dell'individualismo delle persone che lo compongono. Se ci fossero comunità autoorganizzate (i sistemi sociali non sono diversi da tutti gli altri sistemi che, come sappiamo, hanno la caratteristica diffusa di essere autoorganizzati!), basate sulla collaborazione, la solidarietà, regole comuni condivise e legate alle caratteristiche del territorio in cui vivono, lo Stato (chiamiamolo il Leviatano, se suona meglio) non avrebbe più nulla di cui alimentarsi (e occuparsi).
EliminaE non è che questo l'umanità non lo conosca e non sappia come farlo, le società organiche pre-civilizzazione erano organizzate in questo modo, quindi si può fare. Questo, a sua volta, non significa, come pensano in molti, che ogni comunità rimane chiusa in sé stessa (come uno Stato, appunto), ma che tutte le comunità, specie quelle vicine fra loro, intesseranno una rete di relazioni e scambi a reciproco beneficio. Quindi, una rete interna alla comunità ed una esterna fra comunità.
Tutto questo non è 'utopia' e sarà comunque il nostro futuro, che lo vogliamo o no. Il solo ostacolo che impedisce che questo avvenga in modo proattivo - quindi senza subirlo ma pianificandolo - è che siamo ostaggi del nostro individualismo. Perché questo accada, infatti, dovremmo diventare adulti (mi vien da dire crescere, ma poi la mente va al PIL e non è sano), prenderci le nostre responsabilità e riconoscere di essere interdipendenti e parte di un sistema molto più grande. E che è nostro interesse che quel sistema si mantenga sano e resiliente, molto, ma molto di più dei nostri vezzi da ragazzini capricciosi. In fin dei conti, credo che sia proprio questa la funzione dello Stato: fare da genitore a ragazzini adolescenti cercando, quanto più possibile, di mantenerli in tale condizione di immaturità. Altrimenti che farebbe se tutti fossimo responsabili e capaci di auto-organizzarci?
Non è che questa cosa sia 'un grande complotto'. Dipende da tutt* noi, da ogni nostra scelta o, soprattutto, non scelta. E non è che, come pensano molti anarchici fondamentalisti (direi quasi religiosi), che da domani possiamo fare a meno dello Stato. E' un processo molto lungo, perché lo Stato non è altro che un numero impressionante di persone e relazioni, e non lo si cambia nottetempo. E un processo di riorganizzazione enorme, che ha successo solo se tutti 'vincono', altrimenti è destinato a fallire. Prima di tutto dovremmo mettere da parte le nostre ideologie e darci dei metodi di discussione/confronto/relazione molto diversi da quelli attuali, basati sulla collaborazione, perché in un processo il come è importante tanto quanto il dove o il cosa (se non di più). Se non cambia il setting, le cose difficilmente cambiano. Inoltre, liberarsi dalle ideologie ci aiuterebbe a riportare il focus sull'osservazione della realtà e ci aiuterebbe a capirla meglio. Che poi è lo spirito di base che anima la scienza (o almeno così dovrebbe essere).
Mo' basta che l'ho fatta troppo lunga.
Le comunità che, in passato, hanno vissuto con l'idea che tutti fossero buoni, sono scomparse.
EliminaGli spagnoli quando arrivarono in America Latina, non si commossero davanti alle tribù locali che non erano preparati per la guerra. Ne morirono almeno 100 per ogni spagnolo.
Gli indiani dell'America del Nord, anche se più preparati a difendersi (con arco e frecce) fecero quasi la stessa fine.
Il giorno in cui ci saranno piccole comunità o al massimo regionali, quelli confinanti, se più organizzati, cercheranno di conquistare il loro territorio, alla prima crisi agricola (siccità, calamità, ...).
Anche all'interno delle stesse comunità, chi pensa che ci si voglia tutti bene, si sbaglia di grosso.
Ladri e delinquenti ci sono sempre stati.
Io sono dell'idea che per fare GRANDI cose, c'é bisogno di tantissime persone, che solo con una organizzazione statale o anche federazione di Stati, é possibile.
Già oggi, gli investimenti necessari per produrre PC e smartphone, superano quelli disponibili a molti piccoli Stati.E questi strumenti, sono quelli che ci permettono di comunicare con il minor dispendio di energia pro-capite.
Vi dovete convincere che indietro non si torna!
Andare indietro sarebbe possibile solo se la popolazione umana scendesse al massimo a qualche milione di abitanti; ma che senso avrebbe?
Io sono dell'idea che l'uomo ha un compito più importante del solo esistere.
Non vi siete mai chiesti da dove veniamo e dove andiamo?
Voi cosa vi rispondete?
Massimiliano,
Eliminaper me le tue parole trasudano saggezza.
Sono così esaustive su come dovremmo porci di fronte al Futuro, su cosa è lo Stato, l'Anarchia e l'Individualismo, che le copio in un documento nel mio computer per poterle tirar fuori nei momenti in cui ne ho bisogno (per tenere ben chiaro nella mia mente i metodi per raggiungere l'obiettivo di un mondo migliore, o per contribuire a qualche discussione, se lo permetti, citando la fonte, cioè Massimo Rupalti, presumo che me lo concedi).
Ciao e buona giornata.
Tiziano Gianni
"In Costarica si è rinunciato ad un esercito, ed i cittadini sono d'accordo con la decisione attuata 60 anni fa dal presidente Pepe Figueres Ferrer."
EliminaIl Costa Rica confina con il Nicaragua, che non è in condizioni d'invadere alcunchè e con Panama, dove l'ultima volta che il dittatore locale fece un po' di casino il Grande Fratello americano mandò i marines a prenderlo a calci che ancora se ne ricordano. Direi che non hanno problemi d'invasioni esterne. ma non mi sembra abbiano d'altra parte rinunciato alle forze di polizia.
Per contro il non aver sviluppato uno stato ed un esercito moderno è costato ai polacchi la fine dell'indipendenza nazionale, con lo smembramento e la sottomissione a prussiani, russi ed austriaci per un period abbastanza lungo e finito solo per l'intervento di altre potenze.
Quanto ai bei discorsi sull'elevazione spirituale è improbabile che funzionino sulle bande di criminali spietati che porteranno via tutto quello che avete, fosse pure solo qualche sacco di patate, e poi vi faranno a pezzi solo per il gusto di farlo.
Il che è anche uno dei motivi per cui gente come i talebani od il Califfo hanno avuto un certo consenso sociale: di fronte alla criminalità senza freni ed a gruppi armati che spadroneggiano, com'era in Afghanistan dopo la caduta del regime filosovietico o in parte della Siria chi arrivi a mantenere un po' d'ordine, fosse pure mozzando mani senza troppe formalità, è comunque un miglioramento. Naturalmente nulla vieta che il problema possa essere affrontato con milizie locali ed altri sistemi ma siamo sempre ben lontani dale belle parole.
Buongiorno Alessandro.
Elimina.----
Ladri e delinquenti sono pressochè inesistenti, nelle piccole comunità autosufficienti.
Essendo composte di poche persone, è facile capire chi ha fatto cosa.
Non solo questo fatto scoraggia i comportamenti antisociali, ma sopratutto nella piccola comunità il pensiero di ogni componente è rivolto al bene comune, e il primo comandamento è “il rispetto”.
Inoltre è dato valore alla condivisione e alla generosità, non esiste la proprietà privata.
.----
La costruzione di PC e smartphone è possibile unicamente “con tantissime persone, che solo con una organizzazione statale o anche federazione di Stati, é possibile.”
Non sono i PC e gli smartphone che rendono possibile vivere sul pianeta Terra, che rendono felici.
Una condivisione all'interno dell'ampia comunità ecologica e della piccola comunità umana rendono gli esseri umani felici. Non servono strumenti tecnologici raffinati, anzi questi portano ad un degradamento ambientale (si pensi alle devastazioni conseguenti alla loro costruzione e smaltimento).
.----
Indietro si può ritornare.
Serve la volontà condivisa per farlo.
Un decremento demografico degli esseri umani è necessario ed auspicabile.
.----
Mi sono chiesto da dove vengo e dove vado.
Vengo dalla pancia di mia Madre, vado a concimare la Terra.
Lo credo veramente, non scherzo.
.----
Credo che siamo su questa Terra per godercela.
Abbiamo creato un tipo di società occidentale che ci toglie pace e serenità.
E' tempo di cambiare paradigma.
.----
L'aggressione alle piccole comunità (senza gerarchie) ed il loro asservimento sono la conseguenza della creazione di comunità di maggiore dimensione, con gerarchie, cioè imperi e stati, dove l'individualismo prospera a discapito del pensiero comunitario.
Dobbiamo progressivamente abolire Stati e multinazionali, a favore di piccole comunità autosufficienti.
Per ritornare ad essere felici.
Gianni Tiziano
Buongiorno Gianni,
Eliminasfortunatamente o fortunatamente, non tutte le persone sono uguali.
A non tutti piace o sono in grado di zappare la terra; ad alcuni, dopo qualche ora si annoiano di stare in mezzo alla natura, molti "pretendono" che se stanno male, ci sia una struttura adeguata per curarli.
Le piccole comunità avranno difficoltà anche a fare una semplice radiografia per sapere se e dove si é spezzato un osso dopo un infortunio.
A non tutti piace morire per colpa di una semplice infezione.
A non tutti piace morire dal caldo in estate, specialmente nelle zone tropicale.
Sono modi di vedere e per fortuna che ci é data (fino ad oggi) la possibilità di poter scegliere.
Le piccole comunità autosufficienti?
Forse solo per il semplice cibo, coprirsi e avere un tetto sulla testa;
ma appena stanno male, vedete come vanno nell'ospedale nella prima città più vicina.
Una volta ho visto un film, non ricordo il titolo, in cui un gruppo di giovani vanno ad abitare in un'isola paradisiaca. Tutto va bene, fino a quando uno di loro non viene morso in una coscia da uno squalo. In quel momento finì il paradiso per l'incapacità di poter curare quel giovane e di doverlo abbandonare alla morte.
In quel momento iniziò la depressione del gruppo. L'allegria se ne andò e si resero conto che la natura non é benevola; che la vita é fatta di pericoli e sacrifici.
Che il benessere si conquista con il sudore di tantissime persone coordinate.
Oggi per formare un chirurgo ci vogliono decine d'anni (se contiamo la formazione a partire dalla prima elementare). Se fosse in una piccola comunità sarebbe impossibile per la comunità sostenerlo, e così per tante altre professioni e beni che ci circondano.
Smettiamola di sognare e guardiamo la realtà.
Marcello,
Eliminabisogna credere nei propri sogni, se sono positivi e non fanno male a nessuno.
Bisogna sognare, per diventare saggi.
.----
John Lennon, musicista, ha scritto e musicato la canzone “Imagine”.
Ecco il testo in italiano, fonte http://www.riflessioni.it/testi_canzoni/lennon.htm
Immagina non ci sia il Paradiso
prova, è facile
Nessun inferno sotto i piedi
Sopra di noi solo il Cielo
Immagina che la gente
viva al presente...
Immagina non ci siano paesi
non è difficile
Niente per cui uccidere e morire
e nessuna religione
Immagina che tutti
vivano la loro vita in pace...
Puoi dire che sono un sognatore
ma non sono il solo
Spero che ti unirai anche tu un giorno
e che il mondo diventi uno
Immagina un mondo senza possessi
mi chiedo se ci riesci
senza necessità di avidità o fame
La fratellanza tra gli uomini
Immagina tutta le gente
condividere il mondo intero...
Puoi dire che sono un sognatore
ma non sono il solo
Spero che ti unirai anche tu un giorno
e che il mondo diventi uno
.----
Smohalla (Sognatore, c. 1815-1985), indiano dei Nez Percè ha detto :
“Voi uomini bianchi pretendete da noi che si ari la terra, che si tagli l’erba per farne del fieno, per poi venderlo, diventando così ricchi. Voi uomini bianchi sapete solo lavorare: io non voglio che i giovani della mia tribù diventino uguali a voi. Gli uomini che pensano solo a lavorare non hanno tempo per sognare, e solo chi ha tempo per sognare trova la saggezza.”
.----
Sogniamo un mondo migliore, crediamoci, agiamo con questa visione interiore, perchè non è impossibile.
Era un mondo migliore, prima, ora ci siamo abbruttiti.
Ci dobbiamo rendere conto degli errori commessi, e fare dietro-front.
Con calma, serenità ed amore.
Gianni Tiziano
Alessandro Pulvirenti,
Eliminapresso gli indiani del Nordamerica si prendevano le decisioni pensando a quale effetto avrebbero avuto fino alla settima generazione a venire.
E' una prassi che permette di non danneggiare l'ambiente naturale che dà la vita.
.----
Quello che è successo è anche la “specializzazione” delle attività umane.
Così, dopo anni di formazione, ecco che c'è il chirurgo.
Così abbiamo il radiologo.
Il contadino.
Lo scienziato.
L'impiegato.
Il carpentiere.
Il filosofo.
Il timoniere.
Il manager.
L'astronauta.
Quello che fanno queste persone è iperspecialistico, sempre più legato alle macchine.
E' possibile solo in comunità di grandi dimensioni.
La struttura organizzativa e tecnologica per sostenere questa divisione del lavoro necessita di energia supplementare a quella di cui ci ha dotato Madre Natura.
Ma questo uso abnorme di energia stà distruggendo il mondo.
Solo ritornando a sistemi di vita più naturali è possibile restituire alle generazioni future (i nostri figli) un mondo non peggiorato rispetto a come lo abbiamo trovato noi.
(Purtroppo la divisione specialistica del lavoro e la proprietà privata hanno tristemente prodotto anche situazioni di disoccupazione).
.----
“La Terra non ci è stata donata in eredità dai nostri padri,
la Terra ci è stata affidata in prestito dai nostri figli.
Dobbiamo restituirla loro intatta.”
Non è una frase mia, ma proveniente da diverse parti del mondo, sgorgata autonomamente da saggezze diverse : una frase importante.
La tecnologia non permette di preservare l'ambiente, ma purtroppo lo degrada.
Ecco perchè, Alessandro, credo si devano abbandonare le meganavi da 400 metri di lunghezza, i lanci spaziali, gli esperimenti e manipolazioni genetiche, le estrazioni dei minerali dal sottosuolo, le monoculture.
Anche gli ospedali.
La tecnologia produce più ammalati di quanti ne cura.
Gianni Tiziano
x Gianni
EliminaSpiacente, ma la tecnologia non fa danni, é solo l'uomo menefreghista, egoista: che pensa a se e butta i rifiuti ovunque, a creare danni.
"si devano abbandonare le meganavi da 400 metri di lunghezza, i lanci spaziali, gli esperimenti..."
Spiacente nuovamente, indietro non si torna!
Se vogliamo avere un futuro, si deve regolamentare meglio l'utilizzo e il riciclo dei materiali.
Bisogna responsabilizzare, far maturare la popolazione; fai danni ambientali... li paghi!
"La tecnologia produce più ammalati di quanti ne cura."
Quando avrai bisogno di cure moderne, vedrai come sarai contento di tutta questa tecnologia.
"Era un mondo migliore, prima, ora ci siamo abbruttiti."
EliminaPrima quando? Gli indiani delle praterie si facevano la guerra, si schivizzavano, si torturavano, si derubavano, si massacravano e soffrivano se le fonti di cibo venivano a scarseggiare come gli umani hanno sempre fatto. Ho letto Alce Nero parla ed anche qualcos'altro.
Cert poi i loro schiavi stavano meglio di quelli nelle piantagioni di canna da zucchero dei Caraibi nel 600' e col loro stile di vita si divertivano di più ma ho dei dubbi che il cittadino occidentale medio attuale la troverebbe comunque un'età dell'oro. E comunque è del tutto immateriale bisognerebbe ridurre la popolazione non solo a livelli pre-industriali, il che è ciò che probabilmente avverrà, ma anche a livelli pre-agricoli, il che è un tantino più difficile.
"Spiacente nuovamente, indietro non si torna!"
Certo che si ritorna , se non salta fuori qualche fonte di energia che possa permettere il perdurare della società industriale vedi come non si ritorna indietro. Solo che si ritornerà a farsi il mazzo nel campo per il Don Rodrigo di turno, a tassi di mortalità infantile del 200 per mille e così via. Non a cavalcare felici nelle praterie liberi dagli ospedali.
Buongiorno Alessandro.
Elimina“Spiacente, ma la tecnologia non fa danni, é solo l'uomo menefreghista, egoista: che pensa a se e butta i rifiuti ovunque, a creare danni.”
I popoli primitivi, che vivono in piccole comunità dove tutti si conoscono, immersi nella natura, e che non usano tecnologia, non sono menefreghisti, egoisti. Non buttano i rifiuti ovunque, a creare danni.
“Se vogliamo avere un futuro, si deve regolamentare meglio l'utilizzo e il riciclo dei materiali.
Bisogna responsabilizzare, far maturare la popolazione; fai danni ambientali... li paghi!”
E' impossibile per noi civilizzati non inquinare. Il riciclo non riesce ad evitare in toto i danni ambientali. In questi giorni in Basilicata sono state trovate acque contaminate, radioattive, a causa dei fluidi pompati nel sottosuolo per estrarre petrolio. E' impossibile estrarre petrolio senza inquinare. E' impossibile avere biocarburanti senza abbattere le foreste. E' impossibile creare energia elettrica dalle centrali nucleari senza creare scorie radioattive. E così via ….
“Quando avrai bisogno di cure moderne, vedrai come sarai contento di tutta questa tecnologia.”
Stò cercando di non usare la medicina moderna : l'ultimo esame del sangue l'ho fatto 8 anni fa, alcuni mesi fa credo di essermi rotto un dito della mano, non mi sono fatto curare, ma ho lasciato che si sistemasse da solo, ho passato due mesi con l'orecchio destro quasi sordo, ho fatto una cura dell'uva e in 6 giorni l'orecchio è ritornato normale. Da 10 anni non vado dal dentista. Ora cerco di passare ad una alimentazione più naturale, e rispettosa dell'ambiente.
I nostri antenati riuscivano a vivere senza la moderna tecnologia medica.
Le multinazionali farmaceutiche lavorano per il profitto economico, non per la nostra salute.
Sono convinto che certe aree della medicina moderna siano utili per il nostro benessere (ad esempio 15 anni fa io venni operato al menisco con ottimo risultato), ma ora stò cercando di comportarmi in modo più responsabile verso il mio corpo, in modo da non aver bisogno degli ospedali.
Inoltre, penso che di qualcosa si deve morire, e l'allungamento artificioso della vita è innaturale.
Gianni Tiziano
Marcello,
Eliminaanche io ho letto “Alce Nero parla”, un libro del 1960.
E' la autobiografia di Alce Nero (1863-1950), uomo-medicina dei Lakota Sioux, indiani nordamericani.
Da quel che mi ricordo (lo lessi molti anni fa), ciò che tu affermi (“si schivizzavano, si torturavano, si derubavano, si massacravano”) non è contenuto nel libro.
Ho letto tantissimi libri sugli indiani del Nordamerica (sopratutto autobiografie) e ogni libro mi meraviglia per il grande “rispetto verso tutte le forme di vita, umana e non umana (inclusi i sassi, l'acqua e l'aria)” che essi portavano e tuttora ancora molti di loro portano.
Ho letto delle lacrime che hanno versato per l'aggressione da loro subita da parte dei Bianchi che invasero le terre sulle quali loro vivevano e che sconvolsero la loro vita.
.----
"Allora, io ero la, sulla più alta delle montagne, e tutto intorno a me c'era l'intero cerchio del mondo. E mentre ero la, vidi più di ciò che posso dire e capii più di quanto vidi; perché stavo guardando in maniera sacra la forma spirituale di ogni cosa, e la forma di tutte le cose che, tutte insieme, sono un solo essere. E io dico che il sacro cerchio del mio popolo era uno dei tanti che formarono un unico grande cerchio, largo come la luce del giorno e delle stelle, e nel centro crebbe un albero fiorito a riparo di tutti i figli di un'unica madre e di un unico padre. E io vidi che era sacro... E il centro del mondo è dovunque."
(Alce Nero)
.----
Amico, ti racconterò la storia della mia vita, come tu desideri; e se fosse soltanto la storia della mia vita, credo che non la racconterei, perché che cosa è un uomo per dare importanza ai suoi inverni (anni, ndt), anche quando sono già così numerosi da fargli piegare il capo come una pesante nevicata? Tanti altri uomini hanno vissuto e vivranno la stessa storia, per diventare erba sui colli.
È la storia di tutta la vita che è santa e buona da raccontare, e di noi bipedi che la condividiamo con i quadrupedi e gli alati dell'aria e tutte le cose verdi; perché sono tutti figli di una stessa madre e il loro padre è un unico Spirito.
(Alce Nero)
.----
Grande fortuna volle che fossero scritti tanti libri sugli Indiani d'America da Bianchi che si innamorarono del loro stile di vita, che li fotografarono e riportarono le loro biografie sulla carta.
Loro sono uno dei tanti popoli sul pianeta che vivevano a stretto contatto con la Natura.
Erano molto più liberi di noi.
Ancora alcune di queste popolazioni ci sono.
.----
Sono d'accordo con te che
“ bisognerebbe ridurre la popolazione non solo a livelli pre-industriali, il che è ciò che probabilmente avverrà, ma anche a livelli pre-agricoli, ….”.
Lo ritengo moralmente doveroso, per il “rispetto” che dobbiamo a tutte le forme di vita, con cui condividiamo lo splendido pianeta Terra.
Ciao e buona giornata.
Gianni Tiziano
Molto stimolante (e molto spagnolo) come sempre l'articolo di Turiel, ne condivido pienamente la conclusione: "Forse il primo passo per sapere dove si trova questo futuro che interessa a tutti costruire, tanto l'operaio della fabbrica quanto il suo titolare, è uscire dai vecchi schemi di discussione e cominciare a guardare dimensioni del dibattito lungamente ignorate, come per esempio quelle che trattano dei limiti ecologici di questo pianeta che dobbiamo condividere."
RispondiEliminaCondivido meno l'accenno al "giogo feudale" dal momento che il sistema feudale nacque e si sviluppò esattamente come forma di auto-difesa delle persone contro uno stato che da tutore era diventato predatore. In altre parole, fu un sistema con cui cellule del Leviatano riuscirono ad evitare di essere digerite e diventare così i germi della civiltà successiva. Per quanto pessime fossero le condizioni di vita all'epoca, lo erano comunque meno che nelle ultime fasi di disfacimento dell'Impero.
Personalmente, penso che le caratteristiche dello stato ed i principi da cui deriva la propria legittimità cambino da caso a caso, mentre la dimensione ed il grado di complessità che la struttura statale raggiunge dipendano principalmente da fattori termodinamici uguali per tutti.
Infine, riguardo alla corruzione, a livello locale e regionale (probabilmente anche a livello superiore, ma non ne sono certo) ho osservato che spesso gli amministratori favoriscono imprenditori e lobby anche spudoratamente, anche contro ogni logica ed ogni interesse comune nella sincera convinzione che "fare PIL" sia la priorità assoluta, più che mai in tempi di crisi. E' quindi peggio della corruzione in quanto è legale, e non c'è speranza che possano pentirsi o cambiare idea: peggio andranno le cose e più si affanneranno a farle peggiorare convinti di essere nel giusto.
Jacopo
"Condivido meno l'accenno al "giogo feudale" dal momento che il sistema feudale nacque e si sviluppò esattamente come forma di auto-difesa delle persone contro uno stato che da tutore era diventato predatore."
EliminaNon sono del tutto d'accordo. E' vero che pare che i contadini andassero a mettersi sotto la protezione di signorotti già verso la fine dell'impero anche per sfuggire agli esattori imperiali ma il sistema feudale era principalmente ciò che assicurava un minimo d'ordine in mancanza d'altra autorità. E' possibile che anche armi da fuoco di modesto livello ed accessibili ad una società pre-industriale, come moschetti con baionetta del 700', rendano le fondamenta militari del sistema feudale, come il cavaliere od il samurai di dubbia efficacia. Ciò potrebbe portare ad organizzazioni sociali un po' diverse.
Questo commento è stato eliminato dall'autore.
Elimina