venerdì 27 giugno 2014

Perché non finiremo mai il petrolio






DaResource Insights” Traduzione di MR

di Kurt Cobb

L'economista di Harvard Morris Adelman, famoso per aver detto che non finiremo mai il petrolio, è morto il mese scorso. Ciò che è seguito all'annuncio della sua morte è stato un prevedibile insieme di encomi come questo da parte dei difensori dell'industria petrolifera che esaltano l'infinita saggezza di Adelman. Alcuni (compreso mio padre, apparentemente) sono stati così coinvolti nello strano stato d'animo celebrativo – quello che riemerge ogni volta che la gente contempla quante cose ci sono nell'Universo – che il motto piuttosto limitato e quasi insignificante di Adelman è stato presentato come la base di una politica energetica completa. (E non importa che quella politica energetica non menziona assolutamente il cambiamento climatico). Tutto ciò ha senso solo se si evita di pensarci. Ma una semplice illustrazione mostrerà proprio quanto sia insignificante la nozione che non finiremo mai il petrolio. Immaginate per un momento che a partire da domani una metà del petrolio che la società umana normalmente consuma ogni giorno non sia più disponibile e che questo vada avanti per diversi mesi.

Questo certamente non significherebbe che lo abbiamo finito. Avremmo semplicemente molto meno petrolio di quanto ne serva al nostro attuale sistema globale per funzionare così come è progettato. Il risultato sarebbe sicuramente una depressione economica globale. E' così che siamo dipendenti dall'attuale TASSO di produzione di petrolio. E' questa l'importanza che ha l'input continuo di energia di alta qualità da petrolio per il nostro benessere collettivo. Questo spiega la preoccupazione di coloro che credono che un declino del tasso mondiale di produzione di petrolio potrebbe arrivare entro il prossimo decennio. Nessuno in questo gruppo ha mai detto che finiremo il petrolio. Si tratta di una fandonia usata per confondere la gente sul problema reale, che è il TASSO di produzione. Ma questo non si riflette nell'osservazione spesso troncata di Adelman. Inoltre, ciò che ha detto in realtà è stato che il petrolio non finirà finché la tecnologia sarebbe progredita e i prezzi fossero sufficientemente alti da giustificarne l'estrazione. All'interno dei confini molto stretti della sua dichiarazione piuttosto annacquata e quasi tautologica, Adelma ha ragione. La parola chiave in questa dichiarazione, tuttavia, è “sufficientemente”.

E se la tecnologia progredisce, ma non sufficientemente, e se il prezzo del petrolio è alto, ma non abbastanza alto da giustificare di estrarlo dal sottosuolo al TASSO richiesto per il funzionamento dolce della società globale? Cosa succederebbe? L'ironia è che mentre coloro che si sono alleati con l'industria petrolifera stanno lodando il caro estinto, l'industria petrolifera stessa si sta tirando indietro dagli investimenti in esplorazione e sviluppo petrolifero anche a fronte dei prezzi medi record del greggio mondiale. La ragione: un aumento di cinque volte delle spese del cosiddetto capitale a monte per l'esplorazione e lo sviluppo da parte della grandi compagnie petrolifere dal 2000 che è risultato solo in un piccolo aumento della produzione di petrolio per quelle stesse compagnie. Anche con prezzi del petrolio al di sopra dei 100 dollari, il costo e il miserrimo ritorno sull'esplorazione e lo sviluppo sta spingendo le grandi compagnie a tagliare le loro precedenti spese sontuose.

Tutto ciò può significare solo una cosa: meno petrolio consegnato in futuro. E tutto ciò va nella direzione opposta all'osservazione di Adelman. I progressi tecnologici continuano ad essere sviluppati dall'industria, compreso la cosiddetta fratturazione idraulica con grandi volumi di  “acqua liscia” (slickwater hydraulic fracturing), in combinazione con la trivellazione orizzontale usata per estrarre petrolio dai depositi di scisto profondi che erano precedentemente inaccessibili. E mentre con queste tecniche hanno aumentato significativamente la produzione negli Stati uniti, la crescita nella produzione complessiva mondiale nei 7 anni dal 2005 al 2012 è in realtà rallentata drammaticamente a circa un quarto del tasso dei sette anni precedenti. E questo in un'era di nuove tecnologie, di prezzi medi quotidiani da record e, finora, di spese record in esplorazione e sviluppo da parte delle compagnie petrolifere.

Sì, le condizioni di Adelma – prezzi alti e progresso tecnologico – ci hanno evitato di finire il petrolio. Ma ma non è questo il punto. Queste condizioni avrebbero dovuto produrre un eccesso e prezzi bassi. Non sono riusciti a farlo per una ragione semplice. Nella corsa fra la geologia sempre più impegnativa e la localizzazione delle rimanenti risorse petrolifere del mondo e la tecnologia sempre in progresso dell'industria petrolifera, la geologia e la localizzazione stanno vincendo. E in realtà sembra che stiano vincendo da parecchio mentre le scoperte fanno fatica a compensare i consumi. Ciò significa che stiamo vivendo un tempo in prestito, usando riserve facili da ottenere scoperte molto tempo fa – e nella speranza, ma contro ogni speranza, che in qualche modo nuove tecnologie prenderanno il sopravvento prima che arrivi il vero declino della produzione. Ciò rende la politica energetica molto debole. Agli economisti di Harvard piacerebbe pensare che il mondo obbedisca a pochi principi semplici che si applicano sempre ed ovunque. Ma in realtà il mondo è di gran lunga più complesso di quanto qualsiasi economista possa immaginare. Visto che noi come esseri umani siamo a conoscenza di una percentuale molto piccola di quella complessità, l'umiltà e la prudenza dovrebbero essere le nostre parole d'ordine quando affrontiamo problemi epocali come la politica energetica.

Le grandi previsioni nell'anno 2000, da parte della EIA statunitense, della IEA e del National Intelligence Council (che serve le agenzie di intelligence degli Stati Uniti) hanno proclamato con fiducia che la produzione di petrolio poteva salire nel prossimo decennio per compensare l'aumento della domanda e che i prezzi sarebbero rimasti bassi. Incantati dalla logica semplice ma errata di Adelman e di altri, hanno malamente sbagliato i numeri della produzione – erano tutti troppo ottimistici – e ancora di più sui prezzi, prevedendo un prezzo medio di circa 28 dollari al barile nel 2010 quando i prezzi giornalieri sono stati in media di 80 dollari. Gli psicologi hanno imparato da studi che persino quando la gente sa che chi fa le previsioni con troppo confidenza ha in gran parte sbagliato sbagliato in passato, sceglieranno di creder loro a causa della loro presentazione sicura. E la gente, in generale, non crederà ai presentatori sperimentali anche se quella gente sa che i presentatori sperimentali sono stati più precisi in passato. Adelman ed i suoi accoliti hanno dato idee semplici ma fuorvianti con sicurezza – e idee che sono in linea con ciò che molta gente vuole credere. Non vedremo mai tali ideologi ritrattare le proprie idee quando i fatti dimostrano che sono sbagliate. Ignoreranno semplicemente i fatti. E sperano che anche voi lo facciate.