mercoledì 25 settembre 2013

Il Pianeta Saccheggiato: aggiornamento

Da “Cassandra's Legacy”. Traduzione di MR (Peak & Transition Translators Team)


Questa è una versione scritta di una conferenza che ho tenuto all'incontro del Club di Roma ad Ottawa il 19 settembre 2013.


Signore e signori, in questa breve conferenza vedrò di darvi un aggiornamento dello stato del libro “Il Pianeta Saccheggiato" che, come sapete, è un rapporto al Club di Roma. Come molti di voi sanno, la versione tedesca è stata pubblicata nel giugno di quest'anno, quindi mi trovo nell'interessante situazione di avere un libro pubblicato e di non poterlo leggere! Ma stiamo lavorando alla versione inglese, che dovrebbe uscire all'inizio dell'anno prossimo.

Ora, peremttetemi di riassumere per voi la situazione descritta da “Il Pianeta Saccheggiato”. Avrete sicuramente notato che il titolo non dice “il pianeta sviluppato” o “il pianeta migliorato”. No, dice “saccheggiato”, che significa esattamente questo: stiamo estraendo risorse minerali come se fossimo dei pirati che saccheggiano i forzieri di un galeone preso d'assalto.

A che punto stiamo, quindi? Be', è una storia lunga. Posso dirvi che il Servizio di Rilevamento Geologico degli Stati Uniti (United States Geological Survey – USGS) elenca 88 beni minerali e questo è già un numero rispettabile. Ma non comprende, per esempio, i combustibili fossili nelle loro diverse tipologie (gas, carbone, petrolio, sabbie bituminose, scisti e cose simili). Quindi, ogni bene ha fonti diverse, diverse aree di sfruttamento, diversi classi di prodotto. Come ho detto, non è facile districarsi nella massa di dati disponibili.

Posso dirvi che ci troviamo in quella che sembra una situazione di stabilità, nel senso che la produzione di alcuni beni è in crescita, mentre altri sono in declino, e in media, non vediamo cambiamenti drammatici. Vi posso raccontare che in questo periodo i volumi più grandi prodotti riguardano i materiali da costruzione: sabbia, cemento, pietra e simili. Sono anche i beni minerali che crescono più rapidamente in termini di produzione. Stanno crescendo esponenzialmente, senza mostrare segni di declino. Mi sfugge il perché stiamo lavorando così alacremente per trasformare questo pianeta in una specie di autostrada sferica, ma è così che stanno le cose. Diciamo, come notavo prima, che sembra che siamo in una situazione stabile – nessun declino in vista, ma nemmeno una crescita rapida.

La sensazione, tuttavia, è anche che siamo sull'orlo di un baratro e ci sono diversi fattori che ci danno questa sensazione. Il primo sono i prezzi. Vedete, c'è stata una tendenza alla riduzione dei prezzi che era andata avanti almeno per un decennio e tutti lo avevano notato: i prezzi stanno scendendo, quindi non c'è un problema di esaurimento. Poi, a partire dal 2004: bang! Ci siamo scontrati con un muro verticale. I prezzi sono saliti e non mostrano segni di un'inversione di tendenza. In media, il prezzo di beni come i metalli sono aumentati di un fattore di tre e questa non è una quantità trascurabile. L'esaurimento gioca un ruolo in tutto questo, perché ci spinge ad estrarre da risorse di qualità inferiore. Se poi guardiamo ai combustibili fossili, conosciamo la tendenza di quello più importante: il petrolio. I prezzi sono aumentati di un fattore di 5 in confronto a quello che avevamo 10 anni fa. Ora stiamo fluttuando intorno ai 100 dollari al barile in modo consistente. Se qualcuno avessed 10 anni fa che saremmo arrivati a questi livelli, l'avrebbero considerato un pazzo totale (ricordo di aver detto qualcosa del genere allora, ma non fatemi entrare nei dettagli).

I prezzi alti non sono il solo problema dei combustibili fossili. C'è il problema che stiamo mantenendo la produzione costante o la incrementiamo per mezzo dell'aggiunta di liquidi, come i biocombustibili, che contengono meno energia per unità di volume del petrolio convenzionale. Quindi, ciò che chiamiamo “un barile di petrolio” nel 2013 contiene meno energia di quanta non ne contenesse 10 anni fa. E qui c'è il problema dell'energia netta: l'esaurimento ci sta spingendo ad usare risorse sempre più difficili e dobbiamo usare più energia per produrre la stessa quantità di energia. Quindi rimane meno energia che possiamo usare per altri scopi. E, infine, abbiamo il fatto che le economie dei paesi produttori stanno crescendo e tendono a consumare di più per il loro mercato interno e ad esportare meno. Quindi c'è meno petrolio disponibile per i paesi non produttori, fra i quali ci sono molti paesi occidentali.

Così, vedete, la situazione può essere descritta come molto difficile: possiamo combattere l'esaurimento e lo abbiamo fatto con successo, finora. Ma è una battaglia che abbiamo vinto ad un prezzo molto alto (e solo per un periodo limitato di tempo). Apparentemente, tuttavia, siamo disposti a pagare qualsiasi prezzo per il petrolio, anche a costo di rinunciare a diverse che, una volta, erano date per scontate, come la salute pubblica, la sicurezza sociale, il trasporto pubblico e cose simili.

E' una scelta che abbiamo fatto e di cui potremmo pentirci nel prossimo futuro, perché non solo ci stiamo riducendo in miseria, ma creiamo un problema molto peggiore: un vero disastro climatico. Mentre l'esaurimento ci spinge a consumare più energia per produrre più energia, il risultato finale è che le emissioni stanno aumentando e non mostrano segni di rallentamento.

Fino a pochi anni fa c'era un dibattito sul fatto che il picco del petrolio ci avrebbe salvati o meno. Cioè, se il declino “naturale” della produzione di combustibili fossili avrebbe potuto causare una riduzione delle emissioni e che questo avrebbe risolto il problema del cambiamento climatico. Il dibattito ormai è obsoleto: il picco del petrolio non ci salverà. Sta arrivando, ma troppo tardi per fermare il cambiamento climatico catastrofico.

Alla fine dei conti, l'economia mondiale ha seguito molto da vicino lo scenario base che avevano delineato “I Limiti della Crescita” già nel 1972. In un certo senso, è un trionfo del Club di Roma che ha sponsorizzato uno studio in grado di prevedere il futuro con una tale precisione. E, allo stesso tempo, è un fallimento monumentale, perché non siamo stati capaci di fare nulla per evitare il futuro spaventoso che noi stessi abbiamo previsto. Sapete, è come uno di quegli incubi dove vieni inseguito da un mostro. Vedi il mostro, cerchi di scappare, ma non ci riesci.

Tuttavia, il primo passo per risolvere un problema è capirlo e lo studio dei “Limiti” ci ha dato gli strumenti di cui abbiamo bisogno. Capite, ciò che stiamo cercando di influenzare è un sistema complesso: l'economia mondiale. I sistemi complessi hanno molti modi per opporsi ai cambiamenti: è il risultato di retroazioni interne che tendono ad arrestare lo sviluppo di tentativi dall'esterno di spostare il sistema dalla sua condizione stabile (intesa in senso dinamico). Quindi, i tentativi di cambiare il sistema con la forza bruta o non funziona o riesce a mandare in pezzi il sistema, cosa che naturalmente non vogliamo.

Il modo per guidare i sistemi complessi è di identificare il suoi “punti di leva” o “punti critici”: intervenendo su queste leve è possibile cambiare le cose, è un concetto che ci arriva da Jay Forrester e Donella Meadows, rispettivamente colui che ha dato origine ed una autrice dello studio dei “Limiti”. Se esaminiamo la nostra situazione attuale è piuttosto chiaro che il punto di leva, il punto critico, è uno: sono i combustibili fossili. Ci servono i combustibili fossili, altrimenti non sarebbe possibile tenere in vita sette miliardi di persone su questo pianeta, ma sfortunatamente è anche vero che stiamo mandando in pezzi il pianeta bruciando combustibili fossili. Quindi abbiamo bisogno di bruciare combustibili fossili ma non possiamo bruciarli: sembrerebbe una classica situazione “no win”.

Il punto è, tuttavia, che non ci servono i combustibili fossili. Ciò di cui abbiamo bisogno è qualcosa che i combustibili fossili ci forniscono: la loro energia. E l'energia non necessariamente deve essere prodotta coi combustibili fossili. Così, il modo di spingere la leva nella giusta direzione è chiara: se non possiamo fermarci e allo stesso tempo non possiamo continuare, dobbiamo usare i combustibili fossili per sostituire i combustibili fossili.

Cioè, dobbiamo usare i combustibili fossili per produrre gli impianti rinnovabili che sostituiranno i combustibili fossili (questo si potrebbe dire anche dell'energia nucleare, anche se naturalmente ci sono grossi problemi in proposito). Se decidiamo di farlo, allora c'è una possibilità di risolvere il problema prima che sia troppo tardi. Con una quantità sufficiente di energia pulita possiamo continuare a mantenere le nostre infrastrutture in funzione, a mantenere in vita sette miliardi di persone e possiamo anche continuare ad estrarre; a tassi ridotti, naturalmente, perché l'esaurimento rimane un problema. E non possiamo sperare di continuare con le nostre abitudini dispendiose alle quali ci siamo abituati finora. Ci serviranno grandi cambiamenti nel modo in cui facciamo le cose: dobbiamo essere più efficienti e molto più intelligenti. Ma con l'energia pulita possiamo ancora fornire il sistema industriale di minerali per molti anni e adattarlo gradualmente ad un futuro sistema industriale meno affamato di beni. Ma dobbiamo farlo in fretta e in modo deciso, altrimenti sarà troppo tardi.

Così, è questo il modo in cui vedo la situazione e vorrei chiudere questa breve presentazione con una citazione di William Stanley Jevons, che può essere definito a ragione il precursore dello studio sui “Limiti della crescita”. Già ai sui tempi, metà del 19° secolo, e molto prima dei computer, egli aveva molto chiaro in mente i fattori dinamici del problema e il bisogno cruciale di energia. Così, ecco qua – lui in realtà parlava di carbone, ma ho sostituito il termine “carbone” col termine energia – Jevons capirebbe sicuramente se fosse con noi oggi. Per i problemi che stiamo affrontando, non ci sono miracoli, né trucchi e né scorciatoie: ciò di cui abbiamo bisogno è energia abbondante e pulita. (Da “La Questione del Carbone” di William Stanley Jevons, 1866)

L'energia in realtà non si trova al pari ma del tutto al di sopra degli altri beni. Essa è l'energia materiale del paese – l'aiuto universale – il fattore di qualsiasi cosa facciamo. Con l'energia quasi ogni impresa è possibile o facile; senza di essa veniamo rigettati nella laboriosa povertà dei tempi antichi.